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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


70458
DDL5997-0002
Progetto di legge Camera n. 5997 - testo presentato - (DDL13-5997)
(suddiviso in 4 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C5997. TESTIPDL
...C5997.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC5997 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Colleghi! - Sappiamo che le leggi hanno
  l'unico compito di organizzare i bisogni di un vivere
  complesso, la società, garantendo/permettendo doveri e diritti
  comuni, ovvero le libertà dei singoli cittadini, limitando e
  sanzionando coloro i quali possono mettere in discussione
  queste libertà, diritti e doveri all'interno delle comunità.
  Tuttavia, è da evidenziare che, in generale, l'esame di un
  testo di legge d'iniziativa parlamentare o del Governo
  prescinde talvolta da un'analisi delle conseguenze pratiche
  che le singole disposizioni sviluppano nella relazione
  imprenscindibile di causa-effetto, ovvero di impatto sociale.
  Conseguentemente, le leggi divengono unicamente lo strumento
  indispensabile per realizzare un progetto, una propria idea, o
  idee condivise da altri soggetti, a prescindere da una
  valutazione dei benefìci o dei danni sociali che queste future
  leggi provocheranno.
     Considerazioni e valutazioni sul testo di legge di
  disciplina dell'immigrazione, la legge n. 40 del 1998,
  assorbita dal testo unico emanato con decreto legislativo n.
  286 del 1998, comportano inevitabilmente un superamento della
  valutazione meramente oggettiva dei contenuti legislativi e
  della loro efficacia applicativa per assestarsi in un campo
  soggettivo, emozionale, in cui i fatti si piegano a
  motivazioni o a scelte che li prescindono.
     Il citato testo unico sull'immigrazione emanato con
  decreto legislativo n. 286 del 1998 determina quattro
  situazioni relative all'ingresso ed al soggiorno degli
  stranieri appartenenti a Paesi non facenti parte dell'Unione
  europea:
       1) autorizzare cittadini stranieri a fare ingresso e a
  soggiornare in Italia anche con la propria famiglia e con i
  propri parenti sino al terzo grado per garantire il
 
                               Pag. 2
 
  diritto all'unità familiare e al ricongiungimento familiare;
  accordare ai cittadini stranieri, anche se disoccupati o in
  cerca di lavoro, la possibilità di soggiorno in Italia
  attraverso la garanzia di enti pubblici o privati, cittadini
  italiani o stranieri, organizzazioni di volontariato;
       2) sanzionare eventuali atteggiamenti di soggetti
  pubblici o privati che possono essere considerati
  discriminanti nei confronti degli immigrati.  L'iniziativa può
  essere avanzata dallo straniero, da associazioni, da
  sindacati;
       3) sanzionare, con numerosi limiti, chi entra o
  soggiorna in Italia in maniera irregolare con provvedimenti in
  generale di natura amministrativa;
       4) non scoraggiare l'immigrazione illegale attraverso:
  a)  disposizioni che non riconoscono la stessa come
  reato;  b)  la non attuazione di un'espulsione immediata
  per lo straniero che è in Italia senza i documenti richiesti,
  dando la possibilità discrezionale al giudice e al prefetto di
  valutare l'opportunità di emetterla;  c)  l'impedimento
  sempre e comunque di espellere i minorenni e i cittadini
  stranieri in possesso di carta di soggiorno (ottenuta dopo
  cinque anni di soggiorno in Italia), degli stranieri
  conviventi con parenti sino al quarto grado, delle donne in
  stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del
  figlio/a;  d)  la possibilità data allo straniero intimato
  di espulsione di provvedervi autonomamente entro quindici
  giorni;  e)  il divieto da parte delle strutture sanitarie
  di denunciare alle Forze dell'ordine uno straniero che vi ha
  avuto accesso senza essere in regola con le norme sul
  soggiorno;  f)  il lasciare soggiornare in Italia lo
  straniero irregolare del quale non sia stato possibile
  accertare il Paese di origine o di provenienza.
     Da quanto sopra esposto risulta che, con riferimento al
  numero 4), risulta violata la Convenzione di applicazione
  dell'Accordo di Schengen, reso esecutivo con legge 30
  settembre 1993, n. 388 (per la quale straniero è chi "non è
  cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee", come
  recita l'articolo 1 della citata Convenzione) per quanto
  concerne non tanto i controlli alle frontiere da parte degli
  organi preposti (articolo 6 della Convenzione), ma il non
  impegno italiano ad ostacolare con fermezza flussi immigratori
  illegali con disposizioni di legge che realmente abbiano
  questo intento.  Se infatti la Convenzione (articolo 3, comma
  2) dà mandato ad ogni Stato membro di determinare le sanzioni
  per ingressi non autorizzati, la stessa al contempo stabilisce
  che i requisiti dettagliatamente elencati per fare ingresso in
  uno degli Stati membri devono essere rispettati (articolo 5,
  comma 1).  Infatti, qualora non sussistano le condizioni,
  l'ingresso nel territorio delle Parti contraenti deve essere
  rifiutato.  Anche nel caso in cui uno Stato decida, per motivi
  umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi
  internazionali, di concedere l'ammissione (limitata al proprio
  territorio) ad una persona, lo stesso deve provvedere ad
  avvertire le altre Parti contraenti (articolo 5, comma 2).
  Alla luce di tali disposizioni pattizie si può anche prevedere
  un'esposizione dell'Italia a sanzioni per violazione degli
  obblighi comunitari.  Si ricorda in particolare che la legge 6
  marzo 1998, n. 40, recante "Disciplina dell'immigrazione e
  norme sulla condizione dello straniero", ha introdotto un
  istituto giuridico nuovo, la carta di soggiorno (articolo 9
  del testo unico emanato con decreto legislativo n. 286 del
  1998), che stravolge implicitamente il diritto di cittadinanza
  italiana consentendo agli stranieri di beneficiare di diritti
  connessi alla cittadinanza italiana o a quella europea.  In
  aggiunta, si ricorda che ai sensi della legge 10 aprile 1981,
  n. 158, con riferimento alla ratifica ed esecuzione della
  Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (n.
  143) sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione
  della parità di opportunità e trattamento dei lavoratori
  migranti, l'articolo 3, al comma 1, dispone che: "Ogni Stato
  membro deve adottare tutte le disposizioni necessarie ed
  opportune, sia che siano di sua competenza, sia che richiedano
  una collaborazione con altri Stati membri:
 
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           a)  per sopprimere migrazioni clandestine e
  l'occupazione illegale di lavoratori migranti;";
         b)  si obbliga lo Stato ad accettare situazioni di
  diffusa illegalità anche attraverso i ripetuti ricorsi ai
  provvedimenti di sanatoria, in base ai quali chi si trova in
  una situazione di irregolarità antecedente alla data di
  entrata in vigore della legge beneficia di una
  regolarizzazione;
         c)  le disposizioni legislative non possono essere
  considerate nel loro insieme una vera difesa della dignità
  dell'Uomo, ma nel loro complesso demagogiche: siamo di fronte
  ad una legge che, nel tentativo di fare apparire l'Italia un
  Paese progressista e aperto al mondo, offre in definitiva allo
  straniero di soggiornare in Italia anche con l'arte
  dell'arrangiarsi e, qualora la situazione relativa
  all'immigrazione diventi più complessa, impone allo Stato e
  agli enti locali di affrontare e risolvere le situazioni di
  emergenza con provvedimenti meramente assistenziali che non
  offrono soluzioni ma hanno effetti solamente dilatori.
     La citata legge n. 158 del 1981 è stata inoltre emanata in
  difetto di un approfondimento di due aspetti non
  trascurabili:
       1) una valutazione dell'impatto sociale della legge
  stessa negli anni a venire, ovvero quali sono gli aspetti
  positivi e negativi di una società multietnica in termini di
  convivenza pacifica e di rispetto delle reciproche identità.
  Viene da chiedersi se i cittadini siano favorevoli a che sia
  data possibilità alle culture d'immigrazione di apportare
  profondi sovvertimenti di natura sociale e culturale a quella
  autoctona.  Ricordiamo che anche l'UNESCO, pur propugnando il
  valore di una società multiculturale, si oppone fortemente
  alla perdita di identità delle singole culture e dei singoli
  popoli.  Ciò è tanto più vero se si considera che le
  immigrazioni che investono l'Italia provengono da Paesi nei
  quali la democrazia è  in fieri,  e la cui affermazione è
  talvolta avversata da contrasti religiosi che tendono ad
  imporsi sulla laicità dello Stato, con azioni anche violente e
  radicali.  La legge sull'immigrazione avrebbe quindi dovuto
  essere preceduta da una attenta valutazione e da uno studio su
  quello che il fenomeno "immigrazione" nei suoi aspetti deviati
  ha sino ad ora provocato ed anche per i riflessi religiosi e
  culturali che potrebbero prodursi in futuro.  La questione
  immigrazione dovrebbe quindi essere oggetto di una
  consultazione referendaria e non di una decisione assunta con
  voto favorevole espresso da una non schiacciante e momentanea
  maggioranza parlamentare;
       2) il fatto che risultino esservi molte migliaia di
  stranieri che delinquono, sono recidivi nel delinquere, e che
  possono soggiornare liberamente nel territorio dello Stato in
  virtù di leggi elaborate dal Parlamento o dal Governo.  La
  questione "immigrazione" è stata invece dibattuta dal
  Parlamento, essenzialmente sotto il profilo di ricchezza
  culturale aggiunta, di manodopera, di soluzione alla bassa
  natalità, e solo in maniera assolutamente marginale di
  sicurezza interna del Paese.
     L'immigrazione irregolare o regolare ma deviata ha
  prodotto indubbiamente un aumento della criminalità, poiché a
  quella endogena si è associata quella di "importazione".
  Ricordiamo alcuni dati che si riferiscono a reati o
  provvedimenti ascrivibili a cittadini stranieri:
       1) Direzione centrale dei servizi antidroga (DCSA): le
  persone straniere differite alle autorità giudiziarie per
  reati connessi al possesso o allo spaccio di sostanze
  stupefacenti sono state 9.271, delle quali 1.011 provenienti
  dall'Albania, 910 dall'Algeria, 3.311 del Marocco e 1.649
  dalla Tunisia;
       2) Ministero dell'interno: gli stranieri denunciati sono
  stati più di 82.000, gli arrestati 23.518 (nel 1996 erano
  34.000), gli intimati di espulsione 48.965 - non è reso noto
  il dato di coloro che effettivamente hanno abbandonato il
  territorio nazionale -, i segnalati di espulsione 8.444, i
  denunciati-indagati 56.457, i detenuti 10.941, i condannati
 
                               Pag. 4
 
  più di 32.296, gli entrati dallo stato di libertà negli
  Istituti di prevenzione e pena più di 25.393;
       3) Ministero di grazia e giustizia: 11.884 detenuti, dei
  quali 1.539 dall'Albania, 1.105 dall'Algeria, 281 dalla
  Colombia, 182 dall'Egitto, 985 dall'ex-Jugoslavia, 3.083 dal
  Marocco, 262 dalla Nigeria, 1.946 dalla Tunisia.  Dal 1997 vi è
  stata un'evoluzione in negativo della delittuosità degli
  stranieri non comunitari.
     Procedendo nella lettura della relazione del Ministero
  dell'interno " Sulla situazione della criminalità nelle
  singole Regioni " è evidente che la criminalità di origine
  straniera si mostri ora competitiva con quella autoctona e si
  stia radicando in tutta la penisola, ma in special modo nelle
  aree più ricche del Paese, le regioni del nord Italia.
     Ad una situazione che investe anche l'ambito della
  sicurezza del cittadino, il Governo e parte del Parlamento,
  venendo meno ad un loro impegno fondamentale di salvaguardia e
  difesa degli interessi e delle esigenze della collettività,
  hanno infatti utilizzato lo strumento legislativo per evitare
  di varare norme efficienti per un vero controllo e una vera
  repressione dei reati, ed in questo senso il Parlamento ed il
  Governo devono ammettere che hanno favorito e favoriscono il
  diffondersi di forme malavitose nel Paese e ostacolano il
  lavoro di contrasto alla criminalità operato dalle Forze
  dell'ordine.
     Che sia necessaria da parte del Parlamento una revisione
  della normativa sull'immigrazione, modificando al contempo il
  codice di procedura penale affinché attività gravi contro la
  comunità non siano illeciti amministrativi ma penali, è
  desumibile dalle periodiche relazioni del Ministero
  dell'interno e della Presidenza del Consiglio dei ministri al
  Parlamento, che sottolineano la gravità della situazione; ad
  esempio la 41^ Relazione sulla politica informativa e della
  sicurezza, primo semestre 1988:
     "Molteplici segnali evidenziano la propensione della
  diffusa criminalità presente in Puglia ad innalzare il livello
  di aggressività (...) Proseguono intensi i contatti con
  esponenti criminali dell'Albania e del Montenegro, soprattutto
  per la gestione dell'immigrazione clandestina e del traffico
  di armi e droga.  (...)
     I vari sodalizi delinquenziali stranieri hanno
  gradualmente assunto dimensioni e capacità organizzative tali
  da potersi affrancare da pregresse sudditanze rispetto alle
  consorterie endogene, sino a conquistare posizioni egemoniche
  in talune realtà territoriali ed in alcuni settori criminali,
  quali lo sfruttamento della prostituzione ed il traffico di
  droghe leggere e sintetiche.  I clan albanesi, di cui sono
  stati più volte evidenziati la pericolosità ed il sistematico
  coinvolgimento in ogni sorta di attività illegali, vanno
  acquisendo piena autonomia anche in regioni come la Campania,
  tradizionalmente connotate dalla presenza di una forte
  criminalità organizzata autoctona.  (...)
     La malavita cinese (...) Secondo recenti evidenze,
  elementi legati alle Triadi starebbero investendo nel
  Meridione ingenti capitali, anche a fini di riciclaggio,
  avviando fabbriche, laboratori ed imprese commerciali.  I
  gruppi delinquenziali nigeriani, forti dei vincoli di natura
  etnico-tribale (...) si confermano particolarmente attivi nel
  narcotraffico e nel lenocinio" (pagine 19-20).
     Sul piano europeo, le parti contraenti l'Accordo di
  Schengen, con nota formale del Comitato esecutivo dell'Accordo
  con sede a Vienna, hanno chiesto all'Italia di intensificare
  "i controlli alle frontiere esterne", di "raccogliere le
  impronte digitali di ogni straniero che entra clandestinamente
  nel territorio di Schengen (sovente, come è a tutti noto,
  l'identità del clandestino non può essere appurata con
  certezza per mancanza di documenti di identificazione o in
  quanto fornisce generalità false) ed archiviare tali impronte
  ai fini degli scambi di informazione con le autorità delle
  altre Parti contraenti".  Le Parti contraenti hanno infatti
  ribadita la necessità di potere trattenere "i cittadini
  stranieri che entrano illegalmente nel territorio di Schengen,
  la cui identità è incerta, fino a che essa sarà stata
 
                               Pag. 5
 
  chiaramente accertata o fino a che saranno state disposte ed
  eseguite le misure richieste dalla polizia degli
  stranieri".
     Molte sono inoltre le città italiane che non riescono a
  far fronte ad un' escalation  di microcriminalità
  originata da cittadini extracomunitari, talvolta capace anche
  di crimini o di azioni criminose di particolare violenza ed
  efferatezza.  Le periodiche leggi di sanatoria o la mancanza di
  volontà politica di combattere con fermezza i flussi migratori
  clandestini e le azioni criminose compiute da moltissimi
  cittadini extracomunitari, producono una diffusione e un
  radicamento sul territorio nazionale di nuovi soggetti
  criminali, e qualora questi siano in possesso di un regolare
  permesso di soggiorno, di una diffusione della criminalità
  anche negli altri Paesi dell'Accordo.
     Sul piano concreto, sono da registrare le cifre ufficiali
  (fornite dai Ministeri dell'interno e del lavoro e della
  previdenza sociale) che rivelano già alla fine del 1997 la
  presenza di un milione e 200 mila stranieri regolarmente
  soggiornanti, di cui 400 mila senza lavoro, in quanto iscritti
  agli uffici del collocamento.  Rientrano inoltre sempre più nel
  quotidiano aumenti continui non solo degli sbarchi
  clandestini, ma anche dell'impiego di manodopera irregolare,
  del lenocinio e degli abusi sui minori.
     Proponiamo quindi di abrogare tutte le disposizioni della
  legge che assorbite dal testo unico emanato con decreto
  legislativo n. 286 del 1998, contrastano con la possibilità di
  garantire sicurezza alla collettività; che non permettono alle
  Forze dell'ordine di operare in maniera efficiente nella lotta
  alla criminalità; che non si basano su un rapporto di
  reciprocità; che garantiscono privilegi garantiti
  costituzionalmente a coloro che sono cittadini italiani o
  europei; la cui applicazione in termini di erogazioni
  rappresenta un danno alla collettività, che si accolla spese
  per i cittadini clandestini, che aprono brecce, eccezioni e
  deroghe alle espulsioni immediate di coloro che soggiornano
  illegalmente sul nostro territorio; che permettono ai
  cittadini stranieri di entrare nelle graduatorie per
  l'edilizia residenziale pubblica; che impediscono alle
  strutture ospedaliere di segnalare i cittadini stranieri
  irregolarmente presenti sul territorio nazionale che giungono
  nelle medesime strutture.
     Una soluzione di carattere penale per scoraggiare e
  reprimere attività illecite condotte da stranieri è stata
  quindi, ribadiamo, nel complesso accuratamente evitata.  Le
  seguenti dichiarazioni rilasciate dal sottosegretario di Stato
  onorevole Piero Fassino in occasione della sua audizione del
  29 luglio 1997 richiesta dai componenti della III Commissione
  affari esteri ed immigrazione della Camera dei deputati lo
  dimostrano, rendendo superflue ulteriori considerazioni:
     "(...) Il problema però è che la legge va applicata, e la
  legge stabilisce che entro 30 giorni (facciamo tutto per
  farlo) dobbiamo identificare una persona tenendola in un
  centro di accoglienza ma, se non ci riusciamo entro questo
  termine, purtroppo la persona diventa libera.  (...) Non vi è
  titolo per tenerla in prigione, perché non denunciare la
  propria identità non è reato".
 
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