| Signore Colleghe, Signori Colleghi! - Nel 1994, la
Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani decise di
costituire un gruppo di lavoro per redigere un protocollo
opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo, in
merito al coinvolgimento dei bambini nei conflitti
Risoluzione 1994/91: implementation of the Convention on
the rights of the child (CRC).
Lo studio, oltre a proporre un piano di lavoro per i
bambini in situazione di conflitto armato, conteneva la
raccomandazione agli Stati di portare a conclusione la
redazione del citato protocollo opzionale alla CRC al fine di
innalzare l'età per il reclutamento e la partecipazione
volontaria nelle Forze armate a diciotto anni.
Oltre 300 mila bambini e adolescenti sono attualmente
impegnati a combattere in conflitti armati e, secondo indagini
svolte dalle agenzie specializzate dell'ONU, il fenomeno è in
ulteriore crescita. Benché la maggior parte dei bambini armati
abbia dai quindici ai diciotto anni, molti sono addirittura
stati reclutati a soli dieci anni di età. L'Italia stessa è
fra i quarantanove Paesi che permettono il reclutamento di
minorenni nelle proprie Forze armate, mentre almeno trentadue
Paesi (fra cui Afganistan, Algeria, Repubblica democratica del
Congo, Etiopia, Israele, Myanmar, Sierra Leone e Uganda)
impegnano bambini e adolescenti in conflitti armati.
Altre centinaia di migliaia di bambini sono arruolate in
eserciti regolari o gruppi armati di opposizione e possono
essere chiamate a combattere in ogni momento. Mentre molti
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sono reclutati legalmente, altri sono rapiti, reclutati con la
forza o comunque costretti ad arruolarsi.
Sebbene la maggior parte dei bambini soldato abbia tra i
quindici ed i diciotto anni, molti sono reclutati a dieci anni
e, in alcuni casi, anche prima.
La vita per le giovani reclute è immancabilmente dura. I
ragazzi cominciano con il servire come facchini, messaggeri o
spie, ma troppo spesso finiscono in prima linea.
E' stato, per esempio, accertato che durante il conflitto
tra l'Iran e l'Iraq, alcuni bambini soldato sono stati usati
come carne da macello e perfino come avanguardia nelle aree
minate. I bambini che fanno parte delle Forze armate, in caso
di ostilità, diventano un bersaglio legittimo e non godono più
della protezione riservata alla popolazione civile. In
combattimento i ragazzi corrono più pericoli degli adulti, a
causa della loro relativa immaturità, e questa tendenza è
rafforzata dalla disponibilità di droga e/o alcool che sono
spesso costretti a prendere.
Perfino nelle Forze armate governative i bambini sono
trattati brutalmente ed ogni errore da loro commesso è punito
severamente.
Secondo una ricerca effettuata per le Nazioni Unite, un
tentativo di diserzione può essere punito con l'incarcerazione
e perfino con un'esecuzione sommaria.
"Stop all'uso dei bambini soldato!" E' una campagna
internazionale promossa in Italia da una coalizione di
organizzazioni, quali Amnesty International,
Bice-Italia, COCIS, Telefono azzurro, UNICEF Comitato
italiano in occasione della ricorrenza del decennale della
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia.
Il diritto internazionale attualmente in vigore stabilisce
un'età minima di quindici anni per il reclutamento nelle Forze
armate e la partecipazione alle ostilità. Questo limite è
stato stabilito dopo la seconda guerra mondiale, per lo più
perché coincideva con la fine della scuola dell'obbligo nei
principali Paesi occidentali. Il diritto internazionale
umanitario - vale a dire il diritto che regola la condotta dei
conflitti armati - disciplina il reclutamento nelle Forze
armate sia governative che non governative. Nel caso di un
conflitto armato internazionale, gli Stati hanno l'obbligo di
prendere tutte le misure praticamente possibili per impedire
che i ragazzi al di sotto di quindici anni partecipino
direttamente alle ostilità, in particolare astenendosi dal
reclutarli nelle loro Forze armate.
Esistono vari motivi per portare a diciotto anni l'età
minima per il reclutamento e la partecipazione ai conflitti
armati. Infatti, diciotto anni è l'età in cui la legislazione
nazionale della maggior parte dei Paesi conferisce il diritto
di voto. Essa segna il passaggio dalla adolescenza all'età
adulta, con tutte le responsabilità legali e morali che
incombono all'individuo in base al diritto di voto
concessogli. In secondo luogo, perché tale età è in armonia
con la definizione generale di bambino contenuta nel diritto
internazionale relativo ai diritti dell'uomo - per qualsiasi
altro fine che non sia il reclutamento e la partecipazione ai
conflitti armati - come enunciata nella Convenzione delle
Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia del 1989.
Benché, nel passato, le Nazioni Unite abbiano tacitamente
permesso l'arruolamento dei minori di diciotto anni nelle
forze per la tutela della pace, oggi questo non è più
possibile. E' palesemente contraddittoria la posizione di
alcuni Paesi occidentali che esigono dagli altri il rispetto
dei diritti umani, ma poi non sanno far seguire alle parole i
fatti, quando si tratta dei diritti umani dei propri bambini.
A tale proposito è interessante paragonare il reclutamento
nelle Forze armate e nelle Forze di polizia, i due organi
dello Stato tipicamente autorizzati, in determinate
circostanze, ad usare il potere letale delle armi. Nei Paesi
Bassi, per esempio, l'età minima per arruolarsi nelle Forze di
polizia è stata recentemente portata da sedici a diciannove
anni. Sembra che tale cambiamento sia stato determinato da
preoccupazioni relative all'immaturità degli ufficiali. L'età
minima per arruolarsi nelle Forze armate è stata portata
invece a diciassette anni, lasciando così intendere che un
soldato immaturo con un fucile in mano desta meno
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preoccupazioni di un ufficiale di polizia immaturo. Lo stesso
vale per gli Stati Uniti, dove un ragazzo di diciassette anni
può arruolarsi nell'esercito, ma l'età minima per entrare
nelle Forze di polizia è in genere di diciotto anni e in molti
casi di ventuno anni; nel Regno Unito l'età minima per le
reclute della Polizia è fissata a diciotto anni.
La presente proposta di legge, composta da un unico
articolo, ha l'obiettivo di abrogare l'articolo 3 della legge
31 maggio 1975, n. 191, che permette di partecipare alle
operazioni militari a soli diciassette anni. La sua
approvazione sarebbe pertanto un chiaro segnale di scelta di
campo, anche davanti alla comunità internazionale.
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