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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


70465
DDL5999-0002
Progetto di legge Camera n. 5999 - testo presentato - (DDL13-5999)
(suddiviso in 3 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C5999. TESTIPDL
...C5999.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC5999 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Signore Colleghe, Signori Colleghi! - Il tipo di
  organizzazione statale tracciato dal Costituente è quello di
  uno Stato sociale di diritto che, per garantire eguali libertà
  e dignità a tutti i cittadini, si fa carico di intervenire
  attivamente in prima persona nella società e nell'economia per
  rimuovere gli ostacoli alla piena realizzazione della persona
  umana e alla sua partecipazione attiva e consapevole alla vita
  politica, economica e sociale.  Tra i princìpi fondamentali
  della Costituzione c'è quello affermato dall'articolo 3, dove
  è ripreso il principio propugnato dalla rivoluzione francese
  secondo il quale, la "legge è uguale per tutti".  Questa
  solenne affermazione del principio di eguaglianza formale
  vieta al legislatore di introdurre norme discriminatorie.
  L'uguaglianza formale trova, inoltre, riscontro anche in altre
  disposizioni costituzionali: nell'articolo 29, quando
  attribuisce ai coniugi, all'interno della famiglia, pari
  dignità morale e giuridica; nell'articolo 37, quando riconosce
  alla donna lavoratrice gli stessi diritti dell'uomo.
     Con la "rimozione" degli ostacoli previsti dal secondo
  comma dell'articolo 3, la Costituzione auspica una forma di
  Stato sociale interventista che, puntando sulla liberazione
  dei cittadini dal bisogno e dall'ignoranza, tenda a creare le
  condizioni opportune per consentire ai soggetti più deboli,
  anche bambini ed anziani, di esercitare concretamente i propri
  diritti ed essere effettivamente liberi ed uguali.
     Dalla lettura e dall'attenta analisi delle categorie
  elencate al primo comma dell'articolo 3 della Costituzione si
  evince la mancanza di un riferimento all'età.  Si ritiene che
  non si tratti di una mancanza superflua visto che l'articolo 3
 
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  rappresenta il cuore della Costituzione.  Inoltre, l'articolo
  3, come si diceva prima, vieta, o meglio condiziona l'intero
  ordinamento, impedendo che: "(...) la legge ponga in essere
  una disciplina che, direttamente o indirettamente, dia vita ad
  una non giustificata disparità di trattamento delle situazioni
  giuridiche, indipendentemente dalla natura e dalla
  qualificazione dei soggetti ai quali queste vengono imputate"
  (Corte costituzionale, sentenza n. 25 del 1966).
     Non mancano disposizioni normative nazionali ed
  internazionali a tutela dei minori e dell'infanzia.  Occorre
  ricordare anzitutto la Convenzione internazionale sui diritti
  del fanciullo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni
  Unite il 20 novembre 1989 a New York: questa data coincideva
  con un duplice anniversario, la Dichiarazione universale dei
  diritti dell'uomo (1789) e la Dichiarazione dei diritti del
  bambino (1959).  Essa rappresenta il più importante tra gli
  strumenti per la tutela dei diritti dei bambini.
     La citata Convenzione non si limita infatti ad una
  dichiarazione di princìpi generali ma, se ratificata,
  rappresenta un vero e proprio vincolo giuridico per gli Stati
  contraenti che devono uniformare le norme di diritto interno a
  quelle della Convenzione per far sì che i diritti e le libertà
  in essa proclamati siano resi effettivi.  La Convenzione è
  stata, finora, ratificata da 191 Paesi, tra i quali l'Italia,
  con legge 27 maggio 1991, n. 176.
     La Convenzione pone un forte accento sui diritti materiali
  e sulla necessità di interventi a sostegno delle politiche per
  l'infanzia.  Inoltre, sancisce il diritto al benessere per
  tutti i bambini e alla loro valorizzazione come persone,
  attraverso il diritto al gioco, all'informazione,
  all'espressione della propria opinione, ad associarsi
  liberamente.
     Per verificare l'applicazione della Convenzione è stato
  istituito un Comitato sui diritti dell'infanzia con il compito
  di monitorare il processo di cambiamento.  Il Governo,
  pertanto, è obbligato a presentare un rapporto al Comitato
  ogni cinque anni specificando i provvedimenti presi per
  modificare le leggi nazionali, per formulare politiche
  adeguate e per attuarle.  Su oltre 40 Paesi i cui rapporti sono
  stati esaminati, 14 avevano incluso nella loro Costituzione i
  princìpi della Convenzione e 35 avevano approvato nuove leggi,
  o emendato quelle esistenti, per conformarsi ad essa.
     Sarebbe auspicabile che, nel presentare il prossimo
  rapporto, il nostro Governo includesse in esso quanto
  contenuto nella presente proposta di legge costituzionale.
     Oltre al dovere dello Stato di ascoltare i bambini,
  sancito dalla Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia,
  vi sono altri motivi per i quali il coinvolgimento dei
  bambini, come soggetti attivi, è indispensabile.  In primo
  luogo, la loro partecipazione oggi deve essere valutata come
  un investimento per il futuro, come fattore essenziale nella
  costruzione di una democrazia compiuta.
     Già molto è stato fatto in questi ultimi anni, come il
  piano di azione nazionale per i diritti all'infanzia, la legge
  n. 285 del 1997, l'istituzione della Commissione speciale per
  l'infanzia e dell'Osservatorio nazionale sui minori.
     Tanto fervore di attività è giustificato dal cambiamento
  di rotta del mondo della politica e delle istituzioni nei
  confronti dei più giovani.  Questo diverso approccio, seppur
  ancora settoriale, arriva a riconoscere il principio
  essenziale secondo cui il bambino è soggetto di diritti.
     La modifica proposta all'articolo 3 della Costituzione
  intende essere un'ulteriore stimolo al fermento, legislativo e
  non, sui temi dell'infanzia.
     Inserire, nei princìpi fondamentali della nostra
  Costituzione, l'età come elemento antidiscriminatorio
  nell'azione positiva delle attività delle pubbliche
  amministrazioni sia a livello centrale che a livello locale,
  significherebbe impostare una strategia globale per lo
  sviluppo dei soggetti in età evolutiva.
     Completare il principio di uguaglianza con un richiamo
  esplicito all'età nella Costituzione non è soltanto un riparo
  ad una dimenticanza, ma un'attribuzione di valore
 
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  costituzionale, vincolante sia per il legislatore ordinario,
  sia per gli organi della Repubblica.
     E' superfluo ricordare che una volta introdotto il
  principio dell'età, questo varrà, oltre che per i minori,
  anche per gli anziani.  Se consideriamo quest'ultima categoria,
  gli anziani, i recenti dati della relazione generale sulla
  situazione economica del Paese, elaborata dal Ministero del
  tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
  l'improcrastinabilità di tale provvedimento risulta ancora più
  urgente.  Infatti, l'indice di vecchiaia - che misura il
  rapporto tra le persone di sessantacinque anni e oltre e i
  giovani minori di quindici anni - è ovunque aumentato in
  maniera consistente.  Il valore nazionale è risultato nel 1998
  pari a 119,4, mostrando quindi un sensibile incremento
  rispetto al 61,7 del 1981.  L'indice è assai più elevato per la
  popolazione femminile - 144,2 contro 95,9 dei maschi - e
  risulta quasi il doppio al nord (153,7) rispetto alle regioni
  del Mezzogiorno (81,2).  La distribuzione percentuale della
  popolazione per classi di età mostra sempre la minore
  consistenza dei giovani: l'incidenza dei ragazzi fino a
  quattordici anni sul totale si è infatti ridotta dal 21,5 per
  cento del 1981 al 14,6 per cento del 1998, mentre è aumentata
  quella degli anziani, passati dal 13,2 per cento al 17,4 per
  cento.
     Il riferimento all'età varrebbe, comunque, anche per
  evitare discriminazioni nel mondo del lavoro, in una
  situazione nella quale sempre di più ci si appresta ad entrare
  in questa realtà in età avanzata.  Se poi consideriamo le
  difficoltà che incontra chi ha perso il lavoro a reinserirsi
  nel mondo produttivo, allora ci troviamo di fronte ad una vera
  e propria emergenza.  Valgono, anche qui i dati della relazione
  generale sulla situazione economica del Paese, elaborata dal
  Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
  economica, che indicano per il 1998 un aumento degli iscritti
  nelle liste del collocamento.  Il dato medio del 1998 rispetto
  a quello del 1997 ha registrato un incremento pari al 6,1 per
  cento.  L'aumento più vistoso riguarda sia gli iscritti in
  cerca di prima occupazione, con una differenza pari a più 9,5
  per cento, sia gli iscritti con precedenti lavorativi, con una
  differenza pari a più 3,8 per cento.
     Si auspica, per le ragioni esposte, la rapida approvazione
  della presente proposta di legge costituzionale.
 
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