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Onorevoli Colleghi! - Il provvedimento di condono delle
sanzioni disciplinari della censura, della pena pecuniaria e
della deplorazione, inflitte agli appartenenti al Corpo di
polizia penitenziaria, trova il suo fondamento nella avvenuta
emanazione, con decreto del Presidente della Repubblica 15
febbraio 1999, n. 82, del nuovo regolamento di servizio del
Corpo, ai sensi dell'articolo 29 della legge 15 dicembre 1990,
n. 395. Detto regolamento, nello spirito della legge di
riforma, ha proceduto alla smilitarizzazione del Corpo,
rimodulando altresì la gamma dei doveri cui sono tenuti gli
appartenenti alla polizia penitenziaria, la cui disciplina
risale alle prescrizioni contenute nel regio decreto 30
dicembre 1937, n. 2584, nel decreto legislativo
luogotenenziale 21 agosto 1945, n. 508, e nella legge 18
febbraio 1963, n. 173.
Atteso che la responsabilità disciplinare deriva
necessariamente dall'inottemperanza ai doveri connessi al
proprio status, si comprende come una nuova definizione
dei suddetti doveri, ad oltre cinquanta anni dalla loro prima
individuazione, non può che spiegare immediate e dirette
conseguenze sul regime disciplinare.
Il provvedimento risponde certamente a ragioni di equità e
di buona amministrazione, anche in considerazione dell'effetto
deflattivo che avrà sui procedimenti in corso. Esso concede,
con la norma recata dall'articolo 1, il condono delle sanzioni
disciplinari irrogate agli appartenenti al Corpo di polizia
penitenziaria, indicando con precisione i limiti di
applicazione, anche temporali, del condono stesso e i
procedimenti disciplinari da dichiarare estinti.
L'articolo 2 rimette ad un decreto del Ministro della
giustizia, da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in
vigore della legge, la definizione delle modalità di
applicazione della legge medesima.
L'articolo 3 fa salvi gli effetti già prodotti dalle
sanzioni disciplinari inflitte e dispone che non rimanga
traccia delle sanzioni condonate nel foglio matricolare.
La Commissione ha apportato talune modifiche al disegno di
legge presentato dal Governo; in primo luogo, al fine di
rendere più preciso il momento processuale in cui risulta
preclusa l'applicazione del condono, si è ritenuto opportuno
sostituire il generico riferimento al procedimento penale con
il momento specifico della condanna penale. Si è inteso
inoltre circoscrivere l'inapplicabilità del condono ai soli
comportamenti avvenuti in danno dei detenuti ed internati,
eliminando il diverso criterio proposto dal Governo della
inapplicabilità del suddetto provvedimento di clemenza in
tutti i casi di infrazioni concernenti i rapporti con i
detenuti e gli internati. Tali modifiche hanno portato ad una
diversa formulazione, rispetto all'originario testo del
Governo, del comma 2 dell'articolo 1.
Si è proceduto quindi, al comma 1 dell'articolo 2, ad un
intervento di coordinamento con la normativa vigente, mediante
la sostituzione delle parole: "Ministro di Grazia e Giustizia"
con le parole "Ministro della Giustizia".
Sul testo in esame le Commissioni I e XI hanno espresso
parere favorevole con osservazioni, la prima, e parere
favorevole senza osservazioni la seconda.
Per quanto riguarda la richiesta di fissare un termine per
l'adozione dei decreti ministeriali di cui all'articolo 2 del
testo in esame, come formulata nel parere della I Commissione,
pur ritenendo il relatore la stessa non indispensabile, ha
comunque aderito alla ipotesi di aggiungere all'articolo in
oggetto un ulteriore comma, volto a fissare il termine di
emanazione dei predetti decreti ministeriali entro il
sessantesimo giorno dall'entrata in vigore della legge,
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proprio al fine di assicurare una maggiore chiarezza sui tempi
di attuazione della suddetta norma.
La Commissione non ha invece ritenuto opportuno aderire
alla ulteriore osservazione contenuta nel richiamato parere
della I Commissione in quanto nel corso del dibattito sul
testo in esame si è sempre ritenuto di poter interpretare la
dizione condanna penale, in relazione all'ipotesi di
inapplicabilità del condono prevista dal comma 2 dell'articolo
2, nel senso di sentenza passata in giudicato; l'eventuale
aggiunta a tale dizione del termine "definitiva" creerebbe
infatti un inopportuno ed ingiustificato precedente
nell'ordinamento giuridico, avendo la condanna penale già di
per sé carattere definitivo.
Occorre in conclusione sottolineare che tale
provvedimento, su cui è emerso un ampio consenso da parte di
tutti i gruppi della Commissione nel corso dell'esame dello
stesso, risponde certamente alla pressante esigenza di
affermare concretamente e compiutamente i principi che sono
alla base dell'ordinamento penitenziario, anche alla luce
della disciplina recentemente introdotta dal nuovo regolamento
di servizio del Corpo di polizia penitenziaria.
OLIVIERI, Relatore.
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