| Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si
inserisce in una logica di razionalizzazione della normativa
che disciplina gli organi speciali della giurisdizione
tributaria. In particolar modo, interviene sul decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e precisamente sul testo
dell'articolo 8, comma 1, lettera i), riguardante il
regime di incompatibilità di coloro che svolgono libere
professioni direttamente attinenti alla materia tributaria.
Il problema oramai annoso è quello di conciliare le
esigenze di una magistratura non professionale, che deve
giudicare su una materia dal tecnicismo esasperato, con la
necessità di garantire un giudizio imparziale.
Le soluzioni precedentemente utilizzate hanno di volta in
volta privilegiato le esigenze di funzionalità della
magistratura tributaria o la necessità di assoluta
imparzialità delle commissioni tributarie, seppure a discapito
della loro funzionalità.
Alla difficoltà di trovare una risposta al problema, si
aggiunge il fatto che, considerato il ruolo particolare di
questi giudici, i tradizionali istituti processuali della
astensione e della ricusazione non risultano sufficienti a
garantire l'assoluta trasparenza del giudizio.
Dubbi e polemiche, nonché notevoli problemi applicativi
che hanno parzialmente paralizzato l'attività delle
commissioni tributarie, ha suscitato anche la recente modifica
dell'articolo 8, comma 1, lettera i), effettuata
dall'articolo 31, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n.
449, modifica che pure ha privilegiato la scelta di
un'assoluta imparzialità.
La presente proposta di legge prevede un'ulteriore
modifica della norma in oggetto, nel tentativo di dipanare le
ombre della legislazione vigente.
I due princìpi su cui si fonda l'unico articolo di cui si
compone la proposta di legge, mirano proprio ad una
razionalizzazione dell'attuale sistema. Innanzi tutto, si
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intende porre un limite alla causa di incompatibilità
ancorandolo all'ambito territoriale, e per la precisione
regionale, per coloro che trattano la materia tributaria ed
intendono svolgere l'attività di giudice in questo stesso
settore. Vale a dire che i professionisti che esercitano, in
una determinata regione, la consulenza tributaria o
l'assistenza o la rappresentanza dei contribuenti nei rapporti
con l'amministrazione finanziaria o nelle controversie di
carattere tributario e, in modo particolare, gli iscritti agli
albi professionali, non possono, nella medesima regione,
svolgere contemporaneamente la funzione di giudice
tributario.
In secondo luogo si rende possibile la partecipazione alle
commissioni tributarie in base ad un parametro di carattere
economico. L'incompatibilità, infatti, opera solo se le
attività di consulenza, di assistenza o di rappresentanza
presentano il carattere dell'abitualità. Ossia, solo se coloro
che svolgono le predette attività ricevono dei compensi
superiori ad un terzo di quelli percepiti complessivamente
nell'esercizio precedente.
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