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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


70574
DDL6017-0002
Progetto di legge Camera n. 6017 - testo presentato - (DDL13-6017)
(suddiviso in 7 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C6017. TESTIPDL
...C6017.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC6017 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Colleghi! - La Costituzione precisa,
  all'articolo 48, che i requisiti per poter esercitare il
  diritto di voto sono la cittadinanza e la maggiore età.
  Conseguentemente, gli italiani maggiorenni che vivono
  stabilmente all'estero, e che non incorrano in une delle
  disposizioni contenute nell'articolo 2 del testo unico delle
  leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tutela
  e la revisione delle liste elettorali, approvato con decreto
  del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, sono
  titolari del diritto di elettorato attivo.
     Come è noto, non vi è alcuna normativa che preveda la
  possibilità per gli italiani di votare all'estero o di
  esprimere il voto per corrispondenza; possono votare solamente
  nel comune italiano di residenza.
     Si ricorda inoltre che gli elettori di cui rimane traccia
  nel comune italiano sono scritti d'ufficio nelle liste
  elettorali del comune in base ai dati dell'anagrafe della
  popolazione residente; al contempo gli italiani all'estero
  possono richiedere in qualunque momento di essere iscritti
  nelle liste elettorali del comune di nascita.
     Per quanto riguarda l'iscrizione alle liste elettorali dei
  cittadini italiani che vivono all'estero per un periodo
  superiore ai dodici mesi, le modalità sono previste dalla
  legge 27 ottobre 1988, n. 470, recante anagrafe e censimento
  degli italiani all'estero, e dal suo regolamento di
  attuazione, approvato con decreto del Presidente della
  Repubblica 6 settembre 1989, n. 323.
     La tradizione parlamentare occidentale riconosce, quale
  principio generale, la rappresentanza parlamentare come
  rappresentanza totalitaria della cittadinanza.
     Nel corso dell'attuale e della precedente legislatura la
  questione del voto degli italiani all'estero è stata
  affrontata sotto il profilo costituzionale anziché di legge
 
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  ordinaria, ovvero di rappresentanza dedicata, che introduce un
  principio innovativo di non trascurabile portata e apre nuove
  problematiche.
     L'istituzione, infatti, con legge costituzionale, di una
  "circoscrizione estero" affinché i residenti all'estero
  possano eleggere i propri parlamentari determinerebbe una
  irrimediabile rottura del principio generale, creando il
  precedente per il quale qualsiasi categoria di cittadini
  potrebbe richiedere di essere rappresentata.
     La legge fondamentale sulla cittadinanza (legge 13 giugno
  1912, n. 555, abrogata dall'articolo 26 della legge 5 febbraio
  1992, n. 91) attribuiva automaticamente alla donna straniera
  che sposava un cittadino italiano sia la cittadinanza italiana
  che la possibilità di mantenere la cittadinanza originaria.  In
  tale modo un numero cospicuo di soggetti sono diventati
  automaticamente cittadine italiane.
     Con la legge 21 aprile 1983, n. 123, recante disposizioni
  in materia di cittadinanza, abrogata dall'articolo 26 della
  legge 5 febbraio 1992, n. 91, veniva mantenuto il principio di
  acquisizione della cittadinanza, e lo si estendeva
  all'uomo.
     Questi sono gruppi consistenti di persone per le quali la
  cittadinanza italiana è solamente una seconda cittadinanza,
  generalmente priva di vincoli culturali profondi con il nostro
  Paese, legami che, evidentemente, possono difficilmente
  sorgere sulla base di un contratto matrimoniale.
     Ricordiamo, inoltre, che la legge n. 123 del 1983
  sopprimeva l'automaticità del procedimento di acquisizione
  della cittadinanza, disponendo che vi fosse l'esplicita
  richiesta del soggetto, disposizione rimasta invariata anche
  dopo l'introduzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91,
  recante nuove norme sulla cittadinanza (vedi articolo 7).  La
  cittadinanza italiana si acquisisce ora con decreto del
  Ministro dell'interno, su istanza dell'interessato presentata
  al sindaco del comune italiano di residenza, ovvero al
  prefetto competente per territorio, ovvero alla competente
  autorità consolare.
     Il diritto al voto per gli italiani all'estero si rivolge
  innanzitutto agli italiani iscritti all'Anagrafe dei cittadini
  italiani residenti all'estero (AIRE), con l'obiettivo di
  allargare quanto più possibile il numero dei propri iscritti,
  includendovi non solamente quanti sono provvisoriamente
  all'estero, ad esempio per ragioni connesse all'attività
  lavorativa, ma anche gli "italiani" di terza età o quarta
  generazione.
     Si pone ora la questione se gli italiani permanentemente
  all'estero, ed i loro discendenti, siano da considerare un
  interessante prolungamento internazionale dello Stato in
  termini socio-economici e politici o cittadini ormai a tutti
  gli effetti di altri Stati, anche se possono nutrire
  sentimenti di simpatia e di affetto per l'Italia.  Ovvero è da
  chiedersi se la cittadinanza sia solamente un atto giuridico e
  burocratico o debba anche indicare appartenenza e fedeltà ad
  una comunità, e quindi se sia possibile esercitare il diritto
  di voto quando si è anche cittadini di un altro o più
  Stati.
     L'orientamento più volte espresso nei progetti di legge di
  iniziativa parlamentare per estendere il voto a cittadini
  residenti all'estero è in contrasto con quello dell'Unione
  europea tendente a collegare il diritto di voto alla residenza
  effettiva su un territorio dell'Unione europea.
     Un altro punto da affrontare è se la cittadinanza (che può
  essere anche di fatto accidentale, per nascita casuale in
  Italia da genitori stranieri temporaneamente presenti in
  Italia per i motivi più diversi) possa ragionevolmente essere
  tenuta nettamente distinta dal diritto di voto.  Infatti,
  qualora il voto sia espressione di una valutazione favorevole
  o contraria compiuta dall'elettore sull'attività dei partiti
  (ad esempio prelievi fiscali e servizi offerti alla
  collettività), è giusto che chi non vive in Italia da anni, e
  attinge informazioni in maniera indiretta sul Paese (giornali,
  televisione) possa esercitare il diritto di voto in modo
  responsabile?
     Altro punto da valutare è se il diritto di voto, che
  implica appartenenza attiva ad un determinato Stato, debba
 
                               Pag. 3
 
  essere anche legato alle prestazioni contributive della
  persona.
     A fronte delle domande sopra esposte, con la presente
  proposta di legge si intendono individuare alcuni "paletti"
  nell'introduzione di norme per l'esercizio del diritto di voto
  degli italiani all'estero:
       a)  introduzione del voto per corrispondenza presso
  l'ambasciata italiana o la sede consolare nello Stato in cui
  il cittadino residente all'estero vive, senza iscrizione
  d'ufficio, con spoglio delle schede pervenute al comune di
  ultima residenza con le modalità previste dalla legislazione
  nazionale;
       b)  impossibilità di esercitare il diritto di voto
  qualora la persona abbia altre cittadinanze oltre a quella
  italiana, ovvero eserciti il diritto di voto in più di uno
  Stato;
       c)  possibilità di esercitare il diritto di voto
  per coloro che risiedono in uno Stato dell'Unione europea,
  sempre che i soggetti non rientrino nella categoria di cui
  alla lettera  b);
       d)  possibilità di esercitare il diritto di voto
  per coloro che risiedono da più di dieci anni in Stati non
  appartenenti all'Unione europea, qualora abbiano trascorso nei
  cinque anni precedenti a qualsiasi consultazione elettorale un
  periodo continuativo in Italia di almeno sei mesi;
       e)  diritto di elettorato nel comune italiano nelle
  cui liste elettorali il cittadino residente all'estero risulta
  iscritto.  A tale fine nell'articolato (articolo 1, comma 1),
  si enunciano i criteri che devono regolare tale iscrizione.  In
  tale modo si consente altresì di superare le attuali
  incongruenze nella disciplina vigente.  Tale problema nasce
  precisamente da una catena di ambiguità contenute nella legge:
  in primo luogo, la definizione dei "cittadini nati e residenti
  all'estero dei quali nessuno degli ascendenti è nato nel
  territorio della Repubblica o vi ha mai risieduto", di cui
  all'articolo 5 della legge 27 ottobre 1988, n. 470, recante
  anagrafe e censimento degli italiani all'estero, è priva di
  significato, a meno che per ascendenti non si intenda, con
  dichiarata forzatura, i genitori; infatti, per essere italiano
  è necessario che almeno uno degli antenati sia nato in Italia.
  Pur ammettendo che la citata legge volesse riferirsi ai
  genitori, ne consegue che i discendenti di emigrati dalla
  seconda generazione in su devono (in realtà "possono", perché
  nessuno li obbliga) trascrivere i loro dati anagrafici
  solamente nel comune di Roma (in base ad altre disposizioni di
  natura regolamentare mille volte smentite e confermate),
  mentre i figli di emigrati (cioè coloro dei quali almeno uno
  degli "ascendenti" è italiano) possono essere iscritti
  nell'ultimo comune di residenza di quell'ascendente.  Per
  evitare inoltre inutili e dannose duplicazioni si propone
  l'istituzione di un'unica banca dati dei cittadini italiani
  residenti all'estero.
 
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