| Onorevoli Colleghi! - Se i Governi in tutti i
continenti esprimono allarme per la crescente ampiezza del
fenomeno "rifugiati e immigrazione" - più di 15 milioni i
rifugiati secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per
i rifugiati (UNHCR) ed oltre 30 milioni di immigrati
clandestini secondo quanto stimato dall'Organizzazione
internazionale del lavoro (OIL) - e per i costi che il
fenomeno impone loro - parecchie centinaia di milioni di
dollari per Paese -, non si può ignorare quanto affermato a
suo tempo dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i
rifugiati, la signora Sadako Ogata: "Una delle sfide più
impegnative del XXI secolo consisterà nel far sì che i popoli,
in ogni parte del mondo, godano della sicurezza e della
libertà: sicurezza dai conflitti armati, dalla violenza, dalle
violazioni dei diritti umani e dalla povertà; e libertà di
realizzare le proprie potenzialità, di partecipare al governo
del proprio Paese, e di esprimere la propria identità
individuale e collettiva (...). Nella nostra azione a favore
delle popolazioni esuli e in pericolo, va scrupolosamente
rispettato il diritto di chiedere asilo in un altro Stato. Nel
contempo, tuttavia, occorre un impegno ancora maggiore per
garantire che le persone possano vivere in sicurezza e senza
eccessive difficoltà nel proprio Paese di origine. Nessuno
dovrebbe essere costretto a diventare rifugiato per
sopravvivere".
Purtroppo, infatti, è sotto gli occhi di ognuno di noi che
i conflitti internazionali e le guerre civili ed
inter-etniche, non sono in diminuzione, e che a tali conflitti
si aggiungono forme di violento fondamentalismo e l'esistenza
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di governi non democratici che drammaticamente aumentano la
possibilità che i diritti fondamentali naturali dell'uomo
vengano ignorati o calpestati.
Tuttavia se in tema di rispetto dei diritti umani le
democrazie occidentali hanno fatto molto sul piano teorico -
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, Carta europea
dei diritti dell'uomo - sul piano pratico sovente accade che,
in maniera ipocrita, gravi violazioni dei diritti umani
vengano tollerate dai Capi di Stato o di Governo per interessi
prettamente economici (la guerra può essere anche utilizzata
realisticamente per dare lavoro a persone e ad aziende in fase
di ricostruzione del Paese danneggiato, per sviare
l'attenzione da altri problemi o per fare accettare come
ineluttabile una data situazione - immigrazione) con
l' escusatio del superiore interesse nazionale o
dell'opportunità di collaborare con quel Paese nel processo
della sua evoluzione democratica.
Tale situazione di violazione del rispetto dei diritti
umani più volte ribadita a livello internazionale dalle
Nazioni Unite - ad esempio la Conferenza mondiale delle
Nazioni Unite sui diritti umani (25 giugno 1993) - è stata una
delle motivazioni che nel 1998 ha portato i plenipotenziari
delle Nazioni Unite a riunirsi a Roma per l'istituzione di un
Tribunale penale internazionale.
Questo importante incontro al quale hanno partecipato
oltre 176 Stati è risultato interessante anche per comprendere
come va il mondo in quanto ha registrato la presenza, proprio
perché le Nazioni Unite sono un'organizzazione di Stati che
vive con le donazioni degli Stati membri, di Paesi nei quali i
diritti umani o delle minoranze non sono rispettati, Paesi che
tuttavia nel loro discorso di apertura non hanno mancato di
celebrare l'importanza di garantire il rispetto dei diritti
umani.
Le organizzazioni non governative risultano essere le più
attive nel denunciare questa non superata situazione di
violazione dei diritti umani in molte parti del pianeta. Si
tratta di organizzazioni che spesso, e crediamo giustamente,
criticano la vaghezza delle discussioni intergovernative,
l'assenza di decise condanne e la mancanza di concrete
decisioni.
La presente proposta di legge si inserisce nell'attuale
dibattito parlamentare sulla concessione del diritto di asilo,
dibattito che a sua volta si colloca per i suoi contenuti in
un ambito di discussione più articolato che impegna il
Parlamento da oltre un anno e che comprende la legge
sull'ingresso e sul soggiorno dei cittadini stranieri nel
territorio nazionale, i vari provvedimenti, più volte
corretti, sulle quote annuali di ingresso per lavoro, e la
proposta di legge in materia di libertà religiosa.
Anche il diritto di asilo è infatti un provvedimento che
riguarda i cittadini stranieri, e pur nella giusta necessità
di disciplinare il diritto di asilo e lo status di
rifugiato, ciò che preoccupa è che le scelte del Governo, in
un Paese che al momento non è in grado di soddisfare i bisogni
primari dei suoi cittadini - occupazione, alloggio, servizi
sociali - possano essere causa di nuove forme di tensione e di
insicurezza sociale, ovvero che il diritto di asilo possa
diventare uno strumento aggiuntivo per allargare ulteriormente
le già larghe maglie dell'ingresso e del soggiorno nel
territorio nazionale di persone che vi hanno fatto ingresso
illegalmente.
Preoccupa che il fenomeno del diritto di asilo si possa
trasformare da dolorosa situazione umana, in legittimazione
delle passate immigrazioni illegali e mezzo per l'ingresso di
ulteriori migliaia di cittadini stranieri, potenziali
richiedenti asilo, che aggirano in tale modo le poche
restrizioni all'immigrazione. Stranieri provenienti da Paesi a
reddito basso o medio che, non essendo in regola con le norme
sull'ingresso ed il soggiorno, ricorrono all'immigrazione
clandestina per soggiornare nello Stato prescelto e che nel
momento in cui questa possibilità è difficile da attuare
ricorrono alla possibilità di vedersi riconosciuto il diritto
di asilo.
Non è da dimenticare il dato reale che molte immigrazioni
sono favorite od agevolate dai Paesi all'origine di tali
fenomeni, che utilizzano tale strumento per liberarsi di
persone indesiderate, per diminuire scontri sociali, come
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valvola di sfogo all'aumento della popolazione e alla mancanza
di garanzie sociali ed economiche per i loro cittadini, per
barattare uno stop momentaneo all'emigrazione di massa
con sostanziosi aiuti economici.
Dalle proposte del Governo non si evincono modalità che
permettano di distinguere i potenziali rifugiati da quei
migranti economici che utilizzano appunto il canale dell'asilo
come espediente per entrare nel Paese prescelto. Ciò non
significa negare ad una persona il diritto di vivere e di
vivere meglio, ma significa che vi deve essere la certezza che
esistono delle regole e che queste devono essere applicate e
rispettate.
Ciò che ulteriormente preoccupa è che di tali
provvedimenti che tutelano e sanano fenomeni di dichiarata
illegalità beneficiano in maniera massiccia anche la piccola e
la grande criminalità organizzata che, come è possibile
riscontrare nei rapporti del Ministero dell'interno, dell'Arma
dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, si
diffondono e prosperano.
Vi è la necessità di intervenire con decisione e fermezza
verso quegli evidenti comportamenti di illegalità che
indiscutibilmente sono la causa da un lato dell'aumento della
criminalità nel Paese e dall'altro di quei sentimenti di
crescente avversione dell'opinione pubblica verso l'immigrato
che è ora oggetto dell'ingiusta equazione generalizzata:
straniero = persona pericolosa o di disturbo sociale.
Inoltre non paiono essere considerate dal Governo le
problematiche sociali, culturali, religiose connesse
all'immigrazione di massa, quali ad esempio, considerando i
Paesi di origine della maggioranza dei cittadini stranieri:
a) il ruolo della donna nella società islamica e
la discriminazione di cui è oggetto dalla nascita, quali anche
le pericolose pratiche in uso alle quali è soggetta, ad
esempio l'infibulazione;
b) i rapporti tra religione e Stato, dove la
religione per il musulmano è sopra lo Stato e permea lo
Stato.
E' inoltre nell'interesse non solamente della
collettività, ma anche dei rifugiati e del cittadino straniero
in generale, che il Governo distingua nettamente coloro che
necessitano di protezione dalle altre categorie di migranti, e
ponga fine alle periodiche sanatorie che, regolarizzando la
situazione di soggiornanti senza titolo, costituiscono un
ulteriore elemento di attrazione della migrazione clandestina.
Occorre evidenziare il ruolo di una politica che manifesta il
non rispetto di alcuni accordi internazionali sottoscritti
dall'Italia e che partecipa alla crescente intolleranza da
parte di molte comunità locali verso il cittadino
straniero.
Come ha affermato il direttore generale
dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM):
"Non è forse tempo di porre l'accento sulle ragioni per cui
tante persone chiedono asilo, molte delle quali presentano una
domanda pur sapendo benissimo di non avere diritto all'asilo?
Non è forse tempo di riconoscere che questo enorme numero di
domande d'asilo infondate riflette, in gran parte, l'assenza
di altre misure per fronteggiare le pressioni migratorie? Non
è tempo infine di intervenire a monte dei problemi?".
E' necessario insomma ripensare al modo di gestire i
rapporti tra Paesi non industrializzati e Paesi
industrializzati, meta di migliaia di migranti clandestini e
di migliaia di richiedenti asilo. Paesi questi ultimi che
mettono a bilancio miliardi di dollari per la sorveglianza
delle frontiere, per le procedure di asilo, per gli interventi
di natura assistenziale, per i centri di accoglienza, ma che
sono in via di massima completamente disinteressati a
realizzare lo sviluppo dei Paesi ad economia debole o a varare
azioni anche di natura economica oltre che politica che
spronino l'effettivo riconoscimento dei diritti umani nei
Paesi che sono all'origine di più consistenti fenomeni di
emigrazione, qualora questi Paesi siano funzionali a
realizzare profitti economici di enti o soggetti privati o
pubblici. Ma in una società a villaggio globale quali sono le
conseguenze di questo agire? Sono una crescita esponenziale di
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problemi che ricadono sulla generalità dei cittadini, ma non
su tutti.
La politica attuata in materia di immigrazione, quindi,
deve andare oltre le tradizionali misure di carattere
umanitario sino ad ora varate, in modo che la gestione delle
politiche migratorie venga ad essere parte integrante degli
obiettivi economici, politici e di sicurezza dei vari Paesi.
Un'effettiva gestione delle migrazioni richiede infatti una
visione a lungo termine, con un atteggiamento politico attivo
attraverso soprattutto quegli interventi decentrati in loco
che siano funzionali ad una diminuzione al fenomeno delle
ondate migratorie incontrollate, attraverso una soluzione di
quei problemi sociali ed economici che sono la causa
principale delle migrazioni clandestine e delle richieste di
asilo: scarse opportunità di lavoro, bassa qualità della vita,
mancanza di democrazia.
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