| Onorevoli Colleghi! - L'istituto della delega
legislativa collide, in astratto, con i princìpi democratici
di sovranità popolare e di garanzia della divisione dei poteri
e con il principio di inderogabilità delle competenze. Esso
costituisce infatti un pur parziale e temporaneo recedere
dell'organo legislativo dalle sue funzioni, vulnera
l'equilibrio delle competenze, può determinare una
concentrazione eccessiva di potere nell'Esecutivo e
rappresenta una eccezione al principio della inderogabilità
delle competenze, espressione dell'antica massima (elaborata
dai glossatori in margine ad un passo di Paolo) " delegatus
(il Parlamento) delegare non potest. ".
Che si tratti di uno strappo alle regole generali è
dimostrato dalle forti obiezioni mosse all'istituto in sede di
Assemblea costituente, superate dalle indicazioni degli
articoli 76 e 77 della Costituzione che, pur consentendo al
Governo l'emanazione di norme delegate, ne ha vincolato
l'esercizio ai princìpi ed ai criteri direttivi enunciati nel
provvedimento di delega e soltanto per un tempo limitato. La
Costituzione ha quindi concepito la delegazione come una
deroga ed una eccezione ai princìpi generali dell'ordinamento
giuridico ed al normale funzionamento del sistema, ha escluso
la possibilità di deleghe tacite, implicite e generiche, e ha
lasciato solo al giudizio della Corte costituzionale l'esame
della violazione ai princìpi (eccesso di delega).
L'espressione "oggetti determinati", poi modificata in
quella attuale di "oggetti definiti" (approvata nella seduta
pomeridiana del 16 ottobre 1947), nacque da un'iniziativa del
presidente della seconda sottocommissione (onorevole
Terracini), intesa a restringere l'ambito della delegazione
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ritenendo l'"oggetto" meno ampio della "materia", talché oggi
comunemente si intende che l'ambito del potere delegato debba
essere definito esattamente dalla legge delega ed in termini
non troppo ampi, sempre inferiori all'ambito della materia
generale. A tale proposito è stato osservato (Cervati-Ferri)
che, seppur con una legge a contenuto plurimo possa essere
attribuito al Governo un ambito di normazione afferente ad una
"materia", ciò dovrà accadere solo per tutti gli oggetti, e,
dunque, le situazioni, gli istituti ed i rapporti la cui
disciplina è delegata.
Tale materia è stata altresì disciplinata, come è noto,
dall'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, che tra
l'altro, richiede il parere obbligatorio delle Commissioni
parlamentari permanenti per le deleghe da espletare nel
termine superiore ai due anni. L'articolo 16 della legge n.
400 del 1988 ha eliminato il controllo della Corte dei conti
che, in precedenza, interveniva, secondo le regole generali,
dopo il decreto presidenziale di emanazione.
L'elaborazione interpretativa ritiene ammissibile, anche
in mancanza di un'esplicita od implicita autorizzazione della
legge delegante, l'espletamento della delega attraverso una
serie di decreti tra loro complementari, nonché l'esercizio
attraverso atti non più solo complementari, ma sovrapposti
l'uno all'altro, con modifica od abrogazione delle precedenti
norme emanate in virtù della delega.
Di recente, dopo la sentenza della Corte costituzionale
che ha vietato la reiterazione dei decreti-legge, è stato
registrato un aumento considerevole delle leggi delegate per
oggetti e materie di rilevante importanza, talvolta con
un'indicazione generica dei criteri e dei princìpi direttivi
ai quali il provvedimento delegato deve uniformarsi ed,
inoltre, considerando le modalità di svolgimento del
procedimento, di fatto sottraendo al Parlamento ogni
possibilità di intervento giacché il parere delle Commissioni
parlamentari è meramente consultivo e non vincolante. Inoltre,
per cause diverse, alle Commissioni parlamentari è lasciato un
tempo ristrettissimo per l'elaborazione del parere.
Appare quindi opportuno intervenire sulla delicata
questione con una modifica alla legge n. 400 del 1988, in
merito al procedimento di delegazione legislativa per
restituire al Parlamento la possibilità di un esame
approfondito e di un intervento efficace, così da accentuare
il carattere di eccezione e di deroga della delega al sistema
generale tracciato dalla Costituzione.
Nel ripetere l'espressione di "oggetto definito" indicata
nella Costituzione, si è inteso stabilire l'obbligo della
omogeneità delle disposizioni, in coerenza con le indicazioni
per l'ordinata legislazione. Inoltre, nell'indicare i tempi
precisi per l'emanazione dei pareri, si è altresì previsto
che, qualora le Commissioni permanenti della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica esprimano entrambe una
conforme richiesta di modifica dello schema di decreto
legislativo, tale richiesta sia vincolante ed ad essa il
Governo debba uniformarsi. In ogni caso, il Governo dovrà
restituire alle Camere lo schema definitivo (eventualmente
corretto dopo le prime osservazioni) per il parere
definitivo.
In coerenza con le indicazioni venute dalla prassi
(accolta anche in recenti leggi delega) si è altresì precisato
che lo schema di decreto legislativo debba pervenire alle
Camere con allegati gli altri pareri eventualmente
richiesti.
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