| Onorevoli Colleghi! - L'industria della comunicazione e
dello spettacolo ha da tempo superato, nei Paesi più
industrializzati, come fatturato e come importanza generale,
altre industrie importanti come quelle del turismo e
dell'automobile. L'asse portante di tale industria è
costituito dalla musica popolare contemporanea, caratterizzata
da una molteplicità di espressioni musicali la cui somma
costituisce almeno il 90 per cento del movimento economico e
culturale dell'intero settore. Un fenomeno presente anche in
Italia come testimonia ogni anno il bilancio della Società
italiana degli autori ed editori (SIAE).
Negli altri Paesi d'Europa e del centro e nord America,
dopo aver preso coscienza dell'importanza economica e
culturale di tale fenomeno, si sono elaborate strategie di
mercato e politiche di orientamento culturale. L'esempio più
eclatante è costituito dall'Inghilterra che, dopo aver
pareggiato a suo tempo la bilancia dei pagamenti tramite il
fenomeno dei Beatles, ancora oggi domina il mercato mondiale
del settore, anche e soprattutto attraverso gli indotti
(strumenti musicali, strumenti elettrici ed elettronici di
registrazione, amplificazione, informatizzazione,
luminotecnica, video-discografia, ma anche con influenze sulla
moda, sull'abbigliamento, sulle abitudini e sugli orientamenti
sociali).
L'Italia ha invece privilegiato fino ad oggi una politica
tesa a preservare e a valorizzare il grandissimo patrimonio
musicale del passato, trascurando però di governare le mode e
i fenomeni musicali del presente. I mass-media hanno
fatto il resto. Oggi siamo fatti oggetto di una vera e propria
colonizzazione che influenza i costumi e gli orientamenti
Pag. 2
giovanili, condiziona il mercato interno anche in merito agli
indotti, provoca emorragia valutaria verso l'estero in diritti
d'autore e rischia di cancellare le nostre tradizioni ed il
nostro patrimonio culturale.
Inoltre, le nostre case discografiche ed editoriali più
importanti sono state assorbite dalle multinazionali e la
professione di musicista sta progressivamente scomparendo per
l'impossibilità di lavorare con dignità, rispetto e sicurezza
economica e normativa.
Diventa quindi indispensabile occuparsi oggi in maniera
compiuta di questo settore, individuando strategie atte a
renderci competitivi sul mercato internazionale, a valorizzare
e a promuovere nuovi artisti, ad indirizzare al meglio su basi
culturali e artistiche di valore la nostra produzione e a
tutelare adeguatamente il lavoro dei nostri autori e dei
nostri operatori. Una necessità che non può diventare
operativa senza adeguati ed aggiornati strumenti
legislativi.
La tutela dei lavoratori del settore.
In tutta la legislazione internazionale il lavoratore
dello spettacolo è inquadrato come un lavoratore atipico, in
parte autonomo perché svolge attività creativa, in parte
subordinato perché la sua attività si svolge quasi
esclusivamente in luoghi appartenenti ad imprenditori pubblici
o privati, dotati di un potere contrattuale prevaricante e
condizionante.
Anche il nostro ordinamento giuridico si è preoccupato, in
origine, di tutelare il lavoratore dello spettacolo secondo le
caratteristiche atipiche del suo lavoro; istituendo l'ufficio
speciale di collocamento per i lavoratori dello spettacolo,
l'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i
lavoratori dello spettacolo (ENPALS) e l'istituto della
"scrittura", ovvero di un contratto d'ingaggio atipico, che
non rientra tra i contratti a tempo determinato né tra quelli
a tempo indeterminato, che non rientra tra i contratti di
lavoro autonomo né tra quelli di lavoro subordinato.
Purtroppo, con il passare degli anni la ratio
originale dei provvedimenti legislativi è stata dimenticata. I
provvedimenti successivi hanno tentato di omologare una
categoria atipica alle altre consuete senza riuscirci. Il
risultato è stato lo sviluppo di una prassi normativa confusa,
contraddittoria, spesso iniqua ed inapplicabile, favorendo
vistosamente e sistematicamente il lavoro nero, il caporalato
più deteriore e lo sfruttamento degli artisti e dei lavoratori
del settore. Una situazione che riguarda almeno 150 mila
operatori (forse 200 mila), costretti a subire gli oneri dei
lavoratori dipendenti unitamente a quelli dei lavoratori
autonomi senza poter accedere alle forme di tutela e ai
benefìci degli uni o degli altri. Una situazione ancora una
volta reiterata dall'ultima legge finanziaria, che divide i
lavoratori con l'accetta, da una parte gli autonomi e
dall'altra i subordinati, senza prevedere particolari
provvedimenti per i cosiddetti "parasubordinati o autonomi
subordinati".
Per poter tutelare e rilanciare la musica popolare in
Italia occorre in primo luogo tutelare il lavoro del
musicista, sia sul piano normativo sia sul piano
occupazionale, sia sul piano della qualificazione
professionale, un concetto che occorre estendere anche alle
nuove figure professionali che l'industria culturale ha fatto
emergere in questi ultimi anni.
Le nuove norme, proposte attraverso la presente proposta
di legge, secondo gli studi da noi effettuati, avranno il
potere di regolarizzare almeno 150 mila lavoratori precari,
creare 30 mila nuovi posti di lavoro, incentivare
l'organizzazione di almeno 18 mila concerti alla settimana dal
vivo, rilanciare la produzione musicale italiana, facendo nel
contempo confluire nelle "casse" dello Stato almeno 1.000
miliardi di lire nette ogni anno.
Le agenzie di spettacolo e di produzione.
L'Italia è l'unico Paese in cui il ruolo dell'agente o del
produttore non è regolamentato, è tollerato e viene
considerato ai margini della legge. Il collocamento nello
Pag. 3
spettacolo è ufficialmente demandato ad un ufficio speciale
istituito secondo le esigenze degli enti lirici, della RAI e
di Cinecittà. A tale scopo è collocato solamente a Roma, a
Milano, a Napoli e a Palermo, lasciando scoperto il resto del
territorio nazionale. L'ufficio è diretta emanazione del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ma non
possiede né le professionalità, né l'organizzazione per
rispondere alle esigenze del settore. Il risultato è il
sistematico scavalcamento e la vanificazione dell'ufficio
stesso e l'affermarsi del collocamento privato semiclandestino
con caratteristiche sempre più di vero e proprio caporalato e
di sfruttamento dei lavoratori, come l'ultima più recente
vicenda della danza negli spettacoli prodotti dalla RAI e
dalla Fininvest ha ampiamente dimostrato.
E' indispensabile quindi regolamentare di nuovo tutta
l'attività del collocamento nello spettacolo, legalizzando
l'attività delle agenzie ma, nel contempo, portandole sotto il
controllo rigido del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, riqualificando in tale senso il ruolo dell'ufficio
speciale.
Un provvedimento in tale senso, previsto dalla presente
proposta di legge, ha il potere di risolvere una situazione
contingente, nel rispetto delle disposizioni vigenti in
materia di collocamento.
La copertura finanziaria.
Essa è garantita soprattutto dal recupero degli
adempimenti previsti in merito al venire meno delle condizioni
che favoriscono il lavoro nero. Come già sottolineato, si
prevede in merito un introito netto di almeno 1.000 miliardi
di lire ogni anno.
| |