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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


70706
DDL6033-0002
Progetto di legge Camera n. 6033 - testo presentato - (DDL13-6033)
(suddiviso in 3 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C6033. TESTIPDL
...C6033.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC6033 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Colleghi! - La nostra Costituzione
  repubblicana detta norme diverse in tema di validità dei
  referendum.  Difatti l'articolo 75, dedicato al
  referendum  abrogativo, contempla al quarto comma sia un
  numero legale, o  quorum  strutturale che dir si voglia,
  sia un  quorum  funzionale.  Stabilisce così che "La
  proposta soggetta a  referendum  è approvata se ha
  partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi
  diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente
  espressi".  Il successivo articolo 138, dedicato al
  referendum  costituzionale, al contrario non contempla al
  secondo comma un numero legale ma semplicemente un  quorum
  funzionale.  Dice infatti: "La legge sottoposta a
  referendum  non è promulgata se non è approvata dalla
  maggioranza dei voti validi".
     E' scarsamente credibile la tesi che la lacuna sia frutto
  di una distrazione da parte dei padri fondatori della
  Costituzione.  Basti considerare il fatto che la nostra suprema
  legge della Repubblica, a differenza di quelle francesi
  dell'immediato secondo dopoguerra, non venne sottoposta a
  referendum  confermativo, per giungere alla conclusione
 
                               Pag. 2
 
  che allora - a dimostrazione che la prudenza non è mai troppa
  - si preferì privilegiare la sovranità parlamentare rispetto
  alla sovranità popolare.  Non è difficile, del resto, provare
  questa affermazione.
     Con il suo linguaggio immaginifico all'Assemblea
  costituente Pietro Nenni disse che se i tre maggiori partiti -
  la Dc, il Pci e il Psi - si fossero trovati d'accordo, nulla
  sarebbe stato impossibile.  In certo qual modo tali parole
  spiegano i  quorum  funzionali previsti dall'articolo 138
  della Costituzione.  Se nella seconda deliberazione i due rami
  del Parlamento approvano una legge costituzionale con la
  maggioranza dei due terzi dei componenti, non si dà luogo a
  referendum.  Il ricorso al  referendum  confermativo
  è possibile solo se la maggioranza è più bassa, e precisamente
  la metà più uno dei componenti.  Non basta.  Qualora fosse stato
  contemplato per il  referendum,  come previsto
  dall'articolo 75 della Costituzione, oltre a un  quorum
  funzionale anche un  quorum  strutturale, o numero
  legale che dir si voglia, si sarebbe corso il rischio di far
  colare a picco una legge costituzionale approvata dai due rami
  del Parlamento.  Evidentemente si volle evitare un simile
  pericolo.
     Un criterio diametralmente opposto ispirò i padri
  fondatori della Costituzione a proposito del  referendum
  abrogativo codificato nell'articolo 75.  Valga la ricostruzione
  di Falzone, Palermo e Cosentino  (La Costituzione della
  Repubblica italiana illustrata con i lavori preparatori,
  Milano, Mondadori, 1976, pagina 218): "Propose l'onorevole
  Paolo Rossi al quarto comma di elevare il  quorum -
  previsto nel progetto in due quinti degli aventi diritto - per
  evitare il pericolo che una legge, magari approvata a
  larghissima maggioranza dai due rami del Parlamento, possa
  essere abrogata con il sedici o anche con il quindici per
  cento degli elettori iscritti.  Questa ipotesi, seppur rara,
  potrebbe verificarsi perché, secondo il proponente, può
  accadere che in un momento di stanchezza, quando si siano
  verificate più elezioni in un anno e talora anche nello stesso
  mese, o addirittura i cittadini siano stati chiamati alle urne
  per un altro  referendum,  vi sia una certa indifferenza
  pubblica per una determinata legge che non investa interessi
  abbastanza sentiti e i votanti si riducano a cifre minime".  E
  ancora: "Il mio emendamento - concluse il proponente - ha
  anche un altro scopo.  Il  referendum  abrogativo è un'arma
  assai delicata.  Se i partiti sapranno che una legge non può
  essere abrogata senza la partecipazione alle urne di un
  considerevole numero di elettori iscritti, sarà più difficile
  che essi ricorrano alla consultazione popolare senza avere una
  fondata speranza di riuscire".  Queste preoccupazioni furono
  condivise dalla Commissione, e l'Assemblea finì poi con
  l'accettare la formula (maggioranza degli aventi diritto)
  proposta dall'onorevole Perassi".
     Nonostante la Costituzione dica all'articolo 48 che
  l'esercizio del voto è dovere civico, l'affluenza alle urne si
  è ridotta con il passare degli anni e negli ultimi tempi ha
  assunto proporzioni preoccupanti.  Non è questa la sede per
  accertarne le cause, che sono complesse.  Fatto sta che in
  tutti i sistemi politici che hanno un basso tasso di
  polarizzazione si registra, in misura più o meno marcata, un
  simile fenomeno.  E di tutto questo in tempi recenti hanno
  fatto le spese anche diversi  referendum  abrogativi, che
  non sono risultati validi in quanto meno della metà più uno
  degli iscritti nelle liste elettorali è andata a votare.
     Il  quorum  non è stato raggiunto nel 1987 sulla
  caccia (43,4), nel 1990 sull'accesso dei cacciatori nei fondi
  privati (42,9) e sull'uso dei pesticidi (43,1), nel 1997 sulle
  privatizzazioni (30,2), sull'obiezione di coscienza (30,3),
  sulla caccia (30,2), sulle carriere dei magistrati (30,2),
  sull'ordine dei giornalisti (30), sugli incarichi
  extragiudiziari dei magistrati (30,2) e sul Ministero per le
  Politiche agricole (30,1), infine il 18 aprile di quest'anno
  sull'abolizione della quota proporzionale della legge per
  l'elezione della Camera dei deputati (49,8).  Si noti che nella
  maggior parte dei casi citati i "sì" hanno di gran lunga
  prevalso sui "no".  Ciò nondimeno, le leggi non sono state
  abrogate.
     A questo punto ci domandiamo se sia equo che i cittadini
  politicamente attivi siano sconfitti non già da coloro che la
 
                               Pag. 3
 
  pensano in maniera diversa, ma da una massa amorfa di
  indifferenti che, per il fatto stesso di non recarsi alle
  urne, dimostra di non voler prendere partito su nessuna delle
  questioni sul tappeto.  A nostro sommesso avviso, tutto ciò non
  è equo.  Perciò proponiamo una modifica all'articolo 75 della
  Costituzione in guisa tale da allinearlo con il successivo
  articolo 138 per quanto concerne la validità del
  referendum,  e confidiamo che questa iniziativa
  legislativa sia coronata da successo al fine di dare maggiore
  spessore all'articolo 1 della Costituzione, a norma del quale
  la sovranità appartiene al popolo.
 
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