| Onorevoli Colleghi! - Nella normativa vigente si
verifica una grave disparità di trattamento nei riguardi degli
assistenti sociali che operano nel Servizio sanitario
nazionale (SSN) rispetto a quelli operanti presso la restante
pubblica amministrazione; infatti gli assistenti sociali e le
organizzazioni professionali, in particolare il Sindacato
unitario nazionale assistenti sociali (SUNAS), rappresentano
la loro penalizzante condizione giuridica e operativa nei
servizi sanitari.
E' necessario risalire al decreto del Presidente della
Repubblica n. 761 del 1979 (recante norme sullo stato
giuridico del personale delle unità sanitarie locali) che
inquadrava gli "assistenti sociali collaboratori" al VI
livello e gli "assistenti sociali coordinatori" al VII livello
(se con otto anni di anzianità al 31 dicembre 1979) e al
successivo decreto del Presidente della Repubblica n. 821 del
1984, che ha stabilito le competenze operative dell'assistente
sociale collaboratore e dell'assistente sociale coordinatore
sancendo la necessità della compresenza delle due figure nei
posti di lavoro.
Nel SSN finora non si è provveduto a mettere in atto
procedure di progressione e/o di equilibrio tra le due
posizioni; i rinnovi contrattuali non hanno nel tempo, finora,
attribuito alla figura dell'assistente sociale riconoscimenti
ed emolumenti, per cui ne è conseguita una sorta di
cristallizzazione che ha lasciato la maggior parte degli
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assistenti sociali costretta da oltre vent'anni nella medesima
collocazione iniziale, anche se le funzioni svolte sono da
assimilare quanto meno a quelle del profilo di coordinatore,
previsto dal citato decreto del Presidente della Repubblica n.
821 del 1984.
In tutti i comparti, tranne la sanità, già dal 1990 è
stato soppresso il profilo e anche la posizione iniziale (VI
livello): a seguito di ciò gli assistenti sociali sono stati
ricollocati al profilo iniziale di VII livello. Dalle
difformità di trattamento discende altresì una difficoltà di
"mobilità" degli assistenti sociali tra i vari comparti che
sta producendo non solo una situazione di disagio per questa
evidente condizione di disparità, ma anche un contenzioso in
atto visto che le istanze di mobilità degli assistenti sociali
della sanità verso enti locali e Ministeri generalmente non
vengono accolte proprio a causa di tale disomogeneità di
trattamento.
Anche se in occasione dei recenti rinnovi contrattuali
sono state disapplicate le "vecchie" normative e previsti
nuovi sistemi di classificazione del personale, nonostante nel
comparto sanità siano stati acquisiti alcuni cambiamenti
favorevoli, la posizione di accesso degli assistenti sociali
risulta tuttavia diversa e inferiore a quella della restante
pubblica amministrazione: su questo particolare aspetto il
sindacato professionale, nel dichiarare la decisa opposizione
a tale discriminazione, va sollecitando una definitiva
soluzione.
Nell'ultimo decennio gli assistenti sociali hanno
ottenuto, svolgendo un ruolo attivo e promozionale, importanti
acquisizioni legislative: il decreto del Presidente della
Repubblica n. 14 del 1987 (valore giuridico del titolo di
studio), il decreto del Ministro dell'università e della
ricerca scientifica e tecnologica 23 luglio 1993, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 1994
(diploma universitario in servizio sociale), la legge n. 84
del 1993 (ordinamento professionale).
La complessa situazione esposta non appare pertanto
coerente con la necessaria osservanza della legge n. 84 del
1993 che sancisce il profilo professionale, i requisiti e le
competenze degli assistenti sociali.
La lunga discriminante penalizzazione degli assistenti
sociali della sanità non può non essere considerata in
correlazione con i risvolti di valutazione della valenza
sociale delle problematiche riferite al tema dell'integrazione
socio-sanitaria, nonché con le costose tendenze verso la
"sanitarizzazione" del sociale.
La realizzazione degli obiettivi della integrazione
socio-sanitaria, il Piano sanitario nazionale 1998-2001, e con
essi gli enunciati del decreto legislativo in itinere
recante norme per la razionalizzazione del SSN non possono non
fondarsi, tra l'altro, se non su criteri di omogeneità per
l'apprezzamento dei requisiti di accesso e di progressione al
lavoro nella pubblica amministrazione di questi
professionisti, così come non si può prescindere dal trovare
soluzione a questo ormai annoso problema secondo princìpi e
obiettivi di equità.
Al fine di facilitare la realizzazione degli obiettivi
della integrazione socio-sanitaria di cui alla legge delega n.
419 del 1998 e al Piano sanitario nazionale, e di dare
coerente attuazione alla legge n. 84 del 1993, definendo
criteri omogenei di valutazione per l'accesso al lavoro nella
pubblica amministrazione per superare l'evidente sperequazione
da tempo in atto per gli assistenti sociali del SSN e la
conseguente difficoltà di mobilità tra i diversi ambiti
lavorativi, si presenta la proposta di legge, della quale si
auspica la rapida approvazione.
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