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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


70888
DDL6054-0002
Progetto di legge Camera n. 6054 - testo presentato - (DDL13-6054)
(suddiviso in 16 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.2 dello stampato)
...C6054. TESTIPDL
...C6054.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC6054 ZZ13 ZZRL ZZPR
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     Onorevoli Colleghi! - L'articolo 24 della Costituzione
  solennemente afferma: "Tutti possono agire in giudizio per la
  tutela dei propri diritti e interessi legittimi.  La difesa è
  diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
  Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, mezzi
  per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.  La legge
  determina le condizioni e i modi per la riparazione degli
  errori giudiziari".  Secondo unanime lezione dottrinaria la
  nostra Costituzione, con la norma riportata, ha inteso
  introdurre un vero e proprio obbligo per lo Stato di garantire
  realmente ed effettivamente a tutti l'esercizio del diritto di
  difesa.  La migliore dottrina, peraltro, non manca di porre in
  evidenza il nesso normativo tra l'articolo 24 e l'articolo 3
  della Costituzione, giacché "la garanzia di una effettiva
  assistenza legale per i non abbienti rappresenta uno degli
  obblighi dello Stato diretti a rimuovere gli ostacoli di
  ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà
  e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
  della persona umana" (Cascini G. " L'assistenza legale dei
  meno abbienti: una riforma che non può più attendere " in Q.
  Giustizia 1998, pagina 668).  Da tale nesso normativo emerge
  altresì una forte caratterizzazione del diritto di difesa, che
  si esprime non soltanto nella sua natura costituzionale come
  diritto insuscettibile di limitazioni, bensì anche come
  diritto sociale, in relazione al quale, pertanto, insorgono
  obblighi di fare da parte dello Stato. Né può nutrirsi dubbio
  ragionevole in ordine all'osservazione decisiva che
  "un'autentica democrazia non può contentarsi di proclamare in
  astratto i diritti fondamentali del cittadino, ma deve
  preoccuparsi di garantire i mezzi concreti per il loro
  esercizio, riconoscendo "realmente" a tutti, nelle forme di un
  diritto di "libertà positiva", la possibilità di tutela
  giudiziaria, mediante una "conveniente assistenza" degli
  indigenti" (Luigi Paolo Camoglio, dai lavori della prima
  sottocommissione della Costituente in relazione all'articolo
  24, riportato in " Commentario della Costituzione " a cura
  di G. Branca, articolo 24, pagina 120, Bologna 1981).
  L'effettività del diritto di difesa trova peraltro un suo
  importante riconoscimento non soltanto nella nostra Suprema
  carta, ma anche nel Patto internazionale relativo ai diritti
  civili e politici firmato a New York il 19 dicembre 1966, reso
  esecutivo dallo Stato italiano con legge 25 ottobre 1977, n.
  881, e nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti
  dell'uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4
  novembre 1950) e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n.
  848.
     L'articolo 14, comma 3, lettera  d),  del Patto di New
  York riconosce infatti il diritto di "ogni persona accusata di
  un reato (...) ad avere l'assistenza di un difensore di sua
  fiducia; se essa è priva di difensore, ad essere informata del
  suo diritto di averlo, e ogni volta che l'interesse della
  giustizia lo esiga a vedersi attribuito di ufficio un
  difensore senza oneri se esso non ha i mezzi per pagarlo".
     Analogamente la citata Convenzione, all'articolo 6, comma
  3, lettera  c),  riconosce a ciascun accusato il diritto,
  "se non ha i mezzi per remunerare un difensore, di essere
  assistito gratuitamente da un difensore d'ufficio".  Nonostante
  la solennità e l'importanza dei riferimenti normativi occorre
  registrare nel nostro Paese un ritardo non più ammissibile in
  ordine alla tutela ed al riconoscimento effettivo del diritto
  delle persone alla difesa in giudizio, con riferimento agli
  oneri economici che l'esercizio di tale diritto comporta.  In
  altri termini, i costi del processo limitano, contengono e
  quindi negano il corretto esercizio del diritto di difesa, di
 
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  guisa che il diritto costituzionale di cui all'articolo 24
  della Suprema carta dello Stato non è realmente garantito.
     La difesa in giudizio dei non abbienti trova oggi la sua
  disciplina normativa nel testo approvato con regio decreto 30
  dicembre 1923, n. 3282, recante la legge sul gratuito
  patrocinio, negli articoli 10, 11, 12, 13, 14 e 15 della legge
  11 agosto 1973, n. 533, recante la disciplina delle
  controversie individuali di lavoro e delle controversie in
  materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, nella
  parte relativa alle disposizioni sulla gratuità del giudizio e
  sul patrocinio statale, e nella legge 30 luglio 1990, n. 217,
  recante l'istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i
  non abbienti.
     La legge sul gratuito patrocinio, approvata con regio
  decreto n. 3282 del 1923, che pur consta di 43 articoli, può
  essere condensata nel disposto dell'articolo 1: "Il patrocinio
  gratuito dei poveri è un ufficio onorifico ed obbligatorio
  della classe degli avvocati e dei procuratori".  Essa ha
  consentito l'accesso al gratuito patrocinio ad un numero
  limitatissimo di persone, percentualmente quantificato nelle
  statistiche sempre al di sotto dell'unità.  Detta normativa,
  infine, rimane tuttora in vigore nei procedimenti esclusi
  dalla legge n. 533 del 1973 e dalla legge n. 217 del 1990.
     La legge n. 533 del 1973 assicura il patrocinio dello
  Stato "per le controversie di cui agli articoli 409 e 422 del
  codice di procedura penale", ovvero in relazione alle
  controversie in materia di lavoro e di previdenza e pone come
  requisiti per l'accesso alla prevista provvidenza il reddito
  annuo non superiore a lire 2 milioni e la non manifesta
  infondatezza delle ragioni che si intendono far valere.  Il
  tetto reddituale, inoltre, non risulta essere stato mai
  aggiornato.
     La legge n. 217 del 1990, infine, ha disciplinato
  organicamente il patrocinio a spese dello Stato nei
  procedimenti penali con riferimento alla difesa degli imputati
  e nei procedimenti civili con riferimento alle parti
  danneggiate dal reato.  Recitano, infatti, i commi 1 e 2
  dell'articolo 1: "1.  E' assicurato il patrocinio a spese dello
  Stato nel procedimento penale ovvero penale militare per la
  difesa del cittadino non abbiente, imputato, persona offesa da
  reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile,
  responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena
  pecuniaria.
     2.  Il patrocinio è altresì assicurato nei procedimenti
  civili relativamente all'esercizio dell'azione per il
  risarcimento del danno e le restituzioni derivanti da reato,
  sempreché le ragioni del non abbiente risultino non
  manifestamente infondate".  Anche quest'ultima normativa
  individua un limite minimo di reddito quale requisito per
  usufruire del diritto, limite allo stato indicato in lire
  10.890.000 in virtù di adeguamento disposto con decreto del
  Ministro di grazia e giustizia 28 ottobre 1995, pubblicato
  nella  Gazzetta Ufficiale  n. 280, del 30 novembre 1995.
  La legge citata, inoltre, ha introdotto un procedimento di
  accertamento dei requisiti estremamente complesso. "Il
  risultato è un clamoroso fallimento anche di questa normativa.
  I dati sull'applicazione nei primi quattro anni di vita sono
  eloquenti.  Dal 1990 al 1994 solo 20.000 persone, tra imputati
  e parti civili, hanno avuto accesso al patrocinio a spese
  dello Stato, pari a circa l'1 per cento dei "clienti" della
  giustizia penale (...) l'istituto del gratuito patrocinio è
  dunque, nella realtà quasi inesistente (...)" (Cascini, cit.
  pagina 671).
     Non deve pertanto stupire la circostanza che il nostro
  Paese abbia subìto la condanna della Corte europea per la
  violazione del terzo comma dell'articolo 6 della Convenzione
  (innanzi citato).  E' accaduto con la sentenza del 13 maggio
  1980, riportata in Foro it., 1980, IV, pagina 141 e seguenti,
  con nota di A. Pizzorusso " Rossi di vergogna, anzi
  scarlatti ".
     Due sono le opzioni sistematiche sulle quali fondare una
  disciplina generale del patrocinio gratuito avanti ad ogni
  giurisdizione, disciplina generale alla quale peraltro il
  legislatore si era impegnato già nel 1990, con la citata legge
  n. 217 (confronta articolo 1, comma 7).
     Secondo una prima opzione il sistema di gratuito
  patrocinio dovrebbe organizzarsi secondo moduli privatistici
  di assistenza legale, collegati al finanziamento parziale
 
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  ovvero totale a carico dello Stato, per quelle controversie il
  cui onere incida in modo notevole sul reddito delle
  persone.
     Secondo una seconda opzione il patrocinio gratuito a
  carico dello Stato dovrebbe essere assicurato da uffici
  pubblici di difesa giudiziaria ovvero extragiudiziaria.
     La seconda soluzione appare allo stato godere di consensi
  minori rispetto alla prima ed appare altresì, politicamente,
  di difficile praticabilità.
     La presente proposta di legge si muove, pertanto,
  sviluppando i princìpi della prima ipotesi ed intende colmare
  una grave lacuna del nostro ordinamento.
 
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