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Onorevoli Colleghi! - L'articolo 24 della Costituzione
solennemente afferma: "Tutti possono agire in giudizio per la
tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è
diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, mezzi
per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge
determina le condizioni e i modi per la riparazione degli
errori giudiziari". Secondo unanime lezione dottrinaria la
nostra Costituzione, con la norma riportata, ha inteso
introdurre un vero e proprio obbligo per lo Stato di garantire
realmente ed effettivamente a tutti l'esercizio del diritto di
difesa. La migliore dottrina, peraltro, non manca di porre in
evidenza il nesso normativo tra l'articolo 24 e l'articolo 3
della Costituzione, giacché "la garanzia di una effettiva
assistenza legale per i non abbienti rappresenta uno degli
obblighi dello Stato diretti a rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà
e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana" (Cascini G. " L'assistenza legale dei
meno abbienti: una riforma che non può più attendere " in Q.
Giustizia 1998, pagina 668). Da tale nesso normativo emerge
altresì una forte caratterizzazione del diritto di difesa, che
si esprime non soltanto nella sua natura costituzionale come
diritto insuscettibile di limitazioni, bensì anche come
diritto sociale, in relazione al quale, pertanto, insorgono
obblighi di fare da parte dello Stato. Né può nutrirsi dubbio
ragionevole in ordine all'osservazione decisiva che
"un'autentica democrazia non può contentarsi di proclamare in
astratto i diritti fondamentali del cittadino, ma deve
preoccuparsi di garantire i mezzi concreti per il loro
esercizio, riconoscendo "realmente" a tutti, nelle forme di un
diritto di "libertà positiva", la possibilità di tutela
giudiziaria, mediante una "conveniente assistenza" degli
indigenti" (Luigi Paolo Camoglio, dai lavori della prima
sottocommissione della Costituente in relazione all'articolo
24, riportato in " Commentario della Costituzione " a cura
di G. Branca, articolo 24, pagina 120, Bologna 1981).
L'effettività del diritto di difesa trova peraltro un suo
importante riconoscimento non soltanto nella nostra Suprema
carta, ma anche nel Patto internazionale relativo ai diritti
civili e politici firmato a New York il 19 dicembre 1966, reso
esecutivo dallo Stato italiano con legge 25 ottobre 1977, n.
881, e nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4
novembre 1950) e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n.
848.
L'articolo 14, comma 3, lettera d), del Patto di New
York riconosce infatti il diritto di "ogni persona accusata di
un reato (...) ad avere l'assistenza di un difensore di sua
fiducia; se essa è priva di difensore, ad essere informata del
suo diritto di averlo, e ogni volta che l'interesse della
giustizia lo esiga a vedersi attribuito di ufficio un
difensore senza oneri se esso non ha i mezzi per pagarlo".
Analogamente la citata Convenzione, all'articolo 6, comma
3, lettera c), riconosce a ciascun accusato il diritto,
"se non ha i mezzi per remunerare un difensore, di essere
assistito gratuitamente da un difensore d'ufficio". Nonostante
la solennità e l'importanza dei riferimenti normativi occorre
registrare nel nostro Paese un ritardo non più ammissibile in
ordine alla tutela ed al riconoscimento effettivo del diritto
delle persone alla difesa in giudizio, con riferimento agli
oneri economici che l'esercizio di tale diritto comporta. In
altri termini, i costi del processo limitano, contengono e
quindi negano il corretto esercizio del diritto di difesa, di
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guisa che il diritto costituzionale di cui all'articolo 24
della Suprema carta dello Stato non è realmente garantito.
La difesa in giudizio dei non abbienti trova oggi la sua
disciplina normativa nel testo approvato con regio decreto 30
dicembre 1923, n. 3282, recante la legge sul gratuito
patrocinio, negli articoli 10, 11, 12, 13, 14 e 15 della legge
11 agosto 1973, n. 533, recante la disciplina delle
controversie individuali di lavoro e delle controversie in
materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, nella
parte relativa alle disposizioni sulla gratuità del giudizio e
sul patrocinio statale, e nella legge 30 luglio 1990, n. 217,
recante l'istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i
non abbienti.
La legge sul gratuito patrocinio, approvata con regio
decreto n. 3282 del 1923, che pur consta di 43 articoli, può
essere condensata nel disposto dell'articolo 1: "Il patrocinio
gratuito dei poveri è un ufficio onorifico ed obbligatorio
della classe degli avvocati e dei procuratori". Essa ha
consentito l'accesso al gratuito patrocinio ad un numero
limitatissimo di persone, percentualmente quantificato nelle
statistiche sempre al di sotto dell'unità. Detta normativa,
infine, rimane tuttora in vigore nei procedimenti esclusi
dalla legge n. 533 del 1973 e dalla legge n. 217 del 1990.
La legge n. 533 del 1973 assicura il patrocinio dello
Stato "per le controversie di cui agli articoli 409 e 422 del
codice di procedura penale", ovvero in relazione alle
controversie in materia di lavoro e di previdenza e pone come
requisiti per l'accesso alla prevista provvidenza il reddito
annuo non superiore a lire 2 milioni e la non manifesta
infondatezza delle ragioni che si intendono far valere. Il
tetto reddituale, inoltre, non risulta essere stato mai
aggiornato.
La legge n. 217 del 1990, infine, ha disciplinato
organicamente il patrocinio a spese dello Stato nei
procedimenti penali con riferimento alla difesa degli imputati
e nei procedimenti civili con riferimento alle parti
danneggiate dal reato. Recitano, infatti, i commi 1 e 2
dell'articolo 1: "1. E' assicurato il patrocinio a spese dello
Stato nel procedimento penale ovvero penale militare per la
difesa del cittadino non abbiente, imputato, persona offesa da
reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile,
responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena
pecuniaria.
2. Il patrocinio è altresì assicurato nei procedimenti
civili relativamente all'esercizio dell'azione per il
risarcimento del danno e le restituzioni derivanti da reato,
sempreché le ragioni del non abbiente risultino non
manifestamente infondate". Anche quest'ultima normativa
individua un limite minimo di reddito quale requisito per
usufruire del diritto, limite allo stato indicato in lire
10.890.000 in virtù di adeguamento disposto con decreto del
Ministro di grazia e giustizia 28 ottobre 1995, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 280, del 30 novembre 1995.
La legge citata, inoltre, ha introdotto un procedimento di
accertamento dei requisiti estremamente complesso. "Il
risultato è un clamoroso fallimento anche di questa normativa.
I dati sull'applicazione nei primi quattro anni di vita sono
eloquenti. Dal 1990 al 1994 solo 20.000 persone, tra imputati
e parti civili, hanno avuto accesso al patrocinio a spese
dello Stato, pari a circa l'1 per cento dei "clienti" della
giustizia penale (...) l'istituto del gratuito patrocinio è
dunque, nella realtà quasi inesistente (...)" (Cascini, cit.
pagina 671).
Non deve pertanto stupire la circostanza che il nostro
Paese abbia subìto la condanna della Corte europea per la
violazione del terzo comma dell'articolo 6 della Convenzione
(innanzi citato). E' accaduto con la sentenza del 13 maggio
1980, riportata in Foro it., 1980, IV, pagina 141 e seguenti,
con nota di A. Pizzorusso " Rossi di vergogna, anzi
scarlatti ".
Due sono le opzioni sistematiche sulle quali fondare una
disciplina generale del patrocinio gratuito avanti ad ogni
giurisdizione, disciplina generale alla quale peraltro il
legislatore si era impegnato già nel 1990, con la citata legge
n. 217 (confronta articolo 1, comma 7).
Secondo una prima opzione il sistema di gratuito
patrocinio dovrebbe organizzarsi secondo moduli privatistici
di assistenza legale, collegati al finanziamento parziale
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ovvero totale a carico dello Stato, per quelle controversie il
cui onere incida in modo notevole sul reddito delle
persone.
Secondo una seconda opzione il patrocinio gratuito a
carico dello Stato dovrebbe essere assicurato da uffici
pubblici di difesa giudiziaria ovvero extragiudiziaria.
La seconda soluzione appare allo stato godere di consensi
minori rispetto alla prima ed appare altresì, politicamente,
di difficile praticabilità.
La presente proposta di legge si muove, pertanto,
sviluppando i princìpi della prima ipotesi ed intende colmare
una grave lacuna del nostro ordinamento.
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