| Onorevoli Colleghi! - La materia dell'adozione,
disciplinata dal titolo VIII del libro primo del codice
civile, è stata radicalmente modificata dalla legge 5 giugno
1967, n. 431, e dalla legge 4 maggio 1983, n. 184. L'adozione
dei minori (cosiddetta "adozione legittimante") ha la finalità
prevalente di assicurare una sistemazione familiare ai minori
abbandonati, inserendoli in una famiglia nella quale possano
essere mantenuti ed educati.
La presente proposta di legge non intende assolutamente
essere esaustiva dei problemi derivanti dall'affidamento dei
minori, in quanto interviene solo su alcuni aspetti ritenuti
oggetto di necessaria modifica che, così come disciplinati
oggi, finiscono con il rappresentare solo un ostacolo nel
procedimento di adozione dei minori. Basti pensare che,
secondo dati disponibili, dal 1984 al 1992 risultano essere
stati adottati circa 27 mila minori abbandonati, che
nonostante ciò ancora 50 mila bambini rimangono in istituto e
che la legge in tema di adozioni interessa oggi non meno di 10
mila coppie l'anno. Tale legge nella sua pratica attuazione ha
messo in evidenza alcune lacune e contraddizioni, che hanno
dato luogo a rilevanti difficoltà. In quest'ottica, senza
voler cambiare le linee fondamentali della legge, le modifiche
che si propongono riguardano, innanzitutto, i soggetti
adottanti.
La questione riguardante l'affidabilità di minori da parte
di single è stata molto dibattuta alcuni anni or sono,
arrivando alla ribalta della cronaca per la particolare
notorietà della persona che chiedeva la legittimazione ad
adottare. In tale occasione, preso in esame l'articolo 6 della
Convenzione di Strasburgo che consente l'adozione del minore
da parte del singolo, la Suprema Corte ebbe modo di affermare
come tale articolo avesse come destinatari immediati i
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legislatori nazionali dei singoli Stati aderenti e non i
privati cittadini, per cui le disposizioni in essa contenute
non erano immediatamente applicabili nell'ordinamento
italiano, non potendo essere derogati dal legislatore
nazionale solo i criteri da essa enunciati. In tale occasione
la Corte giungeva alla conclusione che solo il legislatore
nazionale, recependo la direttiva, avrebbe avuto facoltà di
ampliare l'ambito di applicabilità dell'adozione di un minore
da parte di un solo adottante. Fino ad oggi quindi, de iure
condito, non sembra ammissibile in linea di principio
l'adozione da parte del singolo. Questo limite del nostro
ordinamento giuridico è direttamente ricollegabile
all'archetipo della famiglia attuale che si fonda sull'idea
del "luogo di affetti", come sede di ricerca di gratificazioni
affettive ed emotive, funzione costituzionalmente affermata
della famiglia quale "società naturale fondata sul
matrimonio". La legge n. 184 del 1983 - come formulata oggi -
ritiene necessaria la contemporanea presenza delle due figure
genitoriali, materna e paterna, per la corretta strutturazione
del carattere e per la crescita del minore. La ratio
della legge n. 184 del 1983 è quella di consentire al minore
di trovare una famiglia. Si reputa che tale soluzione
corrisponda, meglio di ogni altra, all'interesse del minore a
recuperare quell'assistenza affettiva che il rapporto
familiare può dargli integralmente e che incide sulla
formazione della sua personalità. L'adozione legittimante
evidenzia l'esigenza di assicurare al minore quella stabilità
e quella cura che la famiglia di origine non può o non vuole
dargli. Se lo spirito che sta alla base dell'istituto
dell'adozione è "l'interesse esclusivo del minore", la
previsione formulata in favore della sola coppia della
capacità di adottare è troppo restrittiva ed appare dunque
opportuno che l'adozione possa essere consentita anche a
persone singole. Tale possibilità, anche se rigorosamente
limitata in funzione dell'interesse del minore, permette di
allargare la rosa dei soggetti tra i quali lo Stato può
scegliere per offrire al minore la migliore cura possibile.
Negli ultimi anni si è assistito ad una evoluzione del
concetto di famiglia. Oggi, infatti, con tale termine è
indicato il "luogo degli affetti", cioè la sede in cui il
minore vive una vita serena e felice. Ora tale luogo degli
affetti può comprendere, nella sua ampia accezione, la
famiglia come entità composta anche da un solo soggetto,
accanto a quella naturale fondata sul matrimonio ai sensi
dell'articolo 29 della Costituzione.
Accanto al concetto di famiglia "naturale", si è venuta a
creare una nuova famiglia "legale", che è distinta da quella
naturale, ma si muove su un piano ad essa parallelo. Pertanto,
il contrasto con i princìpi costituzionali è più apparente che
reale. Se la Carta costituzionale esprime dei princìpi
fondamentali, il cui significato muta nel tempo con
l'evolversi dei valori "etico-sociali" che sono alla base di
una società in un certo momento storico, si deve riconoscere
che oggi, accanto alla famiglia naturale, si è andato
affermando il concetto di famiglia "legale", comprensivo di
tanti modelli di famiglia, tra cui quella composta da coppia
non legata da matrimonio e quella composta da un solo
soggetto, le quali sono in grado di offrire al minore quella
"stabilità" che sta alla base dell'adozione legittimante.
In conseguenza di quanto detto, all'articolo 4 della
proposta di legge si stabilisce che l'adozione è consentita
alle persone singole ed ai conviventi more uxorio ai
sensi dell'articolo 13 del regolamento approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223. E'
soppresso il termine previsto dall'articolo 6 della legge 4
maggio 1983, n. 184, in base al quale l'adozione è permessa ai
coniugi che siano uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tale
termine è ritenuto eccessivamente lungo e penalizzante per
coppie che abbiano manifestato una positiva ed espressa
volontà di adozione; la riduzione di esso, infatti, non
impedisce di avvicinarsi per quanto possibile al tipo ideale
offerto dal rapporto familiare su base naturale.
Per quanto riguarda il divario di quaranta anni tra
adottante ed adottato, si intende
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eliminare questo limite in
quanto non necessario e non utile.
Novità fondamentale della proposta di legge è
l'introduzione del Garante per l'adozione, previsto
all'articolo 7. Il Garante è organo monocratico che rimane in
carica cinque anni ed è nominato di intesta tra il Presidente
della Camera dei deputati e il Presidente del Senato della
Repubblica. Il suo compito fondamentale consiste nel segnalare
al Governo l'opportunità di interventi, anche legislativi, in
relazione all'evoluzione, sul piano internazionale, del
settore delle adozioni.
All'articolo 7 si stabilisce altresì che le modalità di
funzionamento dell'ufficio del Garante per l'adozione sono
definite con decreto del Ministro per la solidarietà sociale,
sentito il Ministro per le pari opportunità. Nello stesso
decreto sono altresì disciplinati l'organizzazione, nonché il
contingente, suddiviso per qualifiche, del personale
appartenente alla pubblica amministrazione da utilizzare ai
fini dell'attività del Garante.
Infine, si prevede l'istituzione presso il Garante del
Consiglio nazionale degli adottandi, composto da esperti
designati dalle associazioni più rappresentative, che esprime
pareri e formula proposte al Garante, al Parlamento e al
Governo e a tutti gli organismi pubblici e privati che operano
nel settore, promuovendo altresì iniziative di confronto e di
dibattito su tali temi. Con proprio regolamento il Garante
detta i criteri per la designazione, l'organizzazione e il
funzionamento del Consiglio nazionale degli adottanti e fissa
il numero dei suoi componenti, che non deve essere superiore a
undici.
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