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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


70980
DDL6062-0002
Relazione Camera n. 6062-A ter - di minoranza - (DDL13-6062-A-ter)
(suddiviso in 4 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.2 dello stampato)
...C6062Ater. TESTIPDL
...C6062Ater.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNAVA ZZMIN3 ZZDDLC6062A3 ZZ13 ZZRL ZZMI
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     Onorevoli Colleghi! - La riforma dell'imposta sulle
  successioni e sulle donazioni ormai già da qualche tempo è
  entrata nel dibattito politico e nelle discussioni di studiosi
  ed esperti in materia tributaria.  Appare quindi opportuno che
  anche il Parlamento vi si dedichi, trattandosi di un tema che
  interessa inevitabilmente la generalità dei cittadini.  E'
  infatti convinzione del gruppo di alleanza nazionale che le
  diverse problematiche che appassionano l'opinione pubblica,
  con particolare riferimento a quelle di natura tributaria (che
  investono la sfera giuridica patrimoniale dei cittadini),
  debbano comunque trovare spazio nell'attività parlamentare, in
  modo da assicurare un costante aggiornamento del Parlamento.
  Questo organo deve avvalersi dei suggerimenti e delle
  richieste che provengono dalla società civile, comunque da
  esaminare accuratamente, se intende evitare il rischio di
  perdere la capacità di svolgere la funzione di rappresentanza
  che gli è propria.  Nel caso specifico dell'imposta sulle
  successioni e sulle donazioni, l'opportunità di promuovere
  l'avvio di un serio e approfondito confronto in sede
  parlamentare discende in primo luogo dall'ormai avanzato stato
  cui è pervenuto il dibattito dottrinario e dal progressivo
  diffondersi, tra i contribuenti, di condivisibili aspettative
  di riforma di un tributo, la cui stessa legittimità risulta
  fortemente incrinata dall'evoluzione economico-sociale.  Per
  questo motivo, abbiamo sostenuto la necessità di inserire nel
  calendario dell'Assemblea l'argomento in discussione
  nell'odierna seduta, senza attendere la presentazione della
  più volte preannunciata presentazione di una specifica
  iniziative legislativa da parte del Governo in materia.  La
  richiesta non deve intendersi come un gesto velleitario di
  contestazione del ruolo centrale che deve essere attribuito al
  Governo, quanto, piuttosto, nella rivendicazione delle
  funzioni che competono al Parlamento, soprattutto quando si
  tratti di materia tributaria.  Nella legislatura in corso,
  infatti, troppo spesso il Parlamento si è limitato a subire
  l'iniziativa del Governo, in pratica rinunciando ad esercitare
  prerogative tipicamente proprie.  In sostanza, il Governo ha
  potuto realizzare una complessa e macchinosa riforma, che ha
  coinvolto quasi tutti i settori della disciplina fiscale,
  senza che il Parlamento abbia potuto svolgere un approfondito
  dibattito che gli consentisse di promuovere eventuali
  correzioni e modifiche.  L'avvio della discussione sulla
  proposta di legge n. 6062 deve intendersi proprio come un atto
  di dignità da parte del Parlamento, che mette in mora il
  Governo per la mancata presentazione di un disegno di legge
  ripetutamente preannunciato.  Si tratta, in sostanza, di non
  subire passivamente la tempistica imposta dal Governo per
  quanto concerne la discussione delle problematiche che
  attengono alla materia fiscale; l'opposizione ritiene,
  infatti, che siano mature le condizioni per avviare i lavori
  parlamentari per pervenire alla riforma della imposta sulle
  successioni.  La stessa scelta di assumermi la responsabilità
  di svolgere, accanto all'onorevole Conte, le funzioni di
  relatore di minoranza, si giustifica con la volontà di
  impedire al Governo di avvalersi di motivazioni pretestuose al
  solo scopo di rinviare l'avvio del dibattito parlamentare
  sulla materia in discussione.  In altri termini, si è voluto
  costringere il Governo a pronunciarsi su una ipotesi
  alternativa e meno radicalmente innovativa rispetto a quella
  indicata nella proposta di legge n. 6062, che si muove nel
  senso di sopprimere l'imposta, in modo da evidenziare
  chiaramente che 1' indisponibilità del Governo non si fonda
  esclusivamente sulla riduzione di gettito che l'abrogazione
  dell'imposta comporterebbe, ma concerne la stessa opportunità
  di porre mano alla normativa vigente, nonostante gli impegni
  ripetutamente assunti al riguardo.  Desidero peraltro chiarire
 
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  che il mio gruppo condivide il contenuto della proposta di
  legge n. 6062, e che le proposte emendative che ad essa sono
  state presentate rappresentano soltanto il tentativo di
  proporre al Governo soluzioni meno drastiche.  Vi è, comunque,
  la consapevolezza che le soluzioni proposte non esauriscono le
  diverse problematiche connesse alla riforma dell'imposta sulle
  successioni.
     Venendo al merito della proposta in discussione, dicevo in
  precedenza che la stessa legittimità dell'imposta è
  attualmente oggetto di diffuse critiche, in primo luogo alla
  luce dell'evoluzione della situazione socioeconomica del
  Paese, e in secondo luogo in considerazione di alcune
  significative novità intervenute nel settore tributario
  nell'ultimo triennio.  Per quanto concerne il primo aspetto, va
  rilevato che la composizione e la ripartizione della ricchezza
  sono profondamente cambiate nell'arco degli ultimi decenni.  In
  particolare, appare sempre più rilevante il peso dei cespiti
  di origine finanziaria, che in larga parte sfuggono alla
  imposizione sulle successioni.  Quest'ultima, in pratica,
  finisce per diventare una ennesima imposta sugli immobili, con
  evidenti ricadute in termini di iniquità della ripartizione
  del carico tributario.  Vi è poi un secondo profilo da
  considerare, che attiene all'obiettivo, cui l'imposta
  tradizionalmente rispondeva, di evitare l'accumulazione di
  ricchezze ritenute eccessive; in sostanza, l'imposta era
  riconducibile al carattere fortemente progressivo che
  improntava il sistema fiscale italiano.  Al riguardo, un
  autorevole studioso di sinistra, il professor Gallo, ha
  recentemente rilevato che i redditi di capitali sfuggono ormai
  alla tassazione progressiva; lo stesso varrà per i redditi di
  fabbricati e, almeno in parte, per i redditi di impresa, così
  che soltanto i redditi di lavoro continuano ad esservi
  soggetti.  A fronte di questa tendenza, l'esasperata
  progressività che ispira l'attuale disciplina dell'imposta
  sulle successioni appare in controtendenza, tanto più che,
  come affermerò più avanti, stante l'estrema facilità di
  eludere l'imposta, essa finisce per gravare esclusivamente sui
  meno abbienti.  L'esperienza ha ormai ampiamente evidenziato le
  incongruenze e i difetti di un tributo che assicura all'erario
  un gettito relativamente modesto, stimato per il 1998 in poco
  più di 1.700 miliardi.  In termini estremamente sintetici, si
  può affermare che, a sfavore dell'imposta sulle successioni e
  sulle donazioni militano, in primo luogo ragioni di carattere
  generale, che attengono alla necessità che i singoli tributi
  siano ispirati ai principi fondamentali che dovrebbero
  conformare il sistema fiscale, quali l'equità del prelievo e
  l'esistenza di una apprezzabile giustificazione economica,
  oltre che ragioni di carattere eminentemente tecnico.
     Sotto il primo profilo, va rilevato come qualunque forma
  di imposizione fiscale che preveda aliquote troppo elevate
  induca inevitabilmente i suoi destinatari ad attivarsi per
  individuare le modalità e gli artifici idonei a consentirne
  l'elusione.  Costituisce infatti un dato comunemente condiviso
  la constatazione che un'incidenza tributaria superiore alla
  soglia ritenuta accettabile condiziona negativamente
  l'iniziativa economica, penalizza lo spirito imprenditoriale e
  favorisce la diffusione dei fenomeni dell'evasione e
  dell'elusione.  In effetti, sia pure soltanto da pochi anni, il
  dibattito politico sembra aver colto i diffusi e crescenti
  segni di disaffezione da parte dei contribuenti nei confronti
  di un fisco avido ed ingiusto e la domanda di una riduzione
  del carico fiscale è finalmente entrata negli obiettivi di
  politica economica da perseguire in via prioritaria.
     Nel caso specifico dell'imposta sulle successioni e sulle
  donazioni, appare evidente che aliquote, quali sono quelle
  indicate nel decreto legislativo n. 346 del 1990, che arrivano
  fino al 50 per cento del valore dell'eredità, rappresentano
  più che un prelievo tributario una vera e propria
  espropriazione.  L'incidenza della tassazione sulle successioni
  e donazioni appare particolarmente ingiusta nel caso in cui
  gli eredi siano figli o coniuge del defunto; per tali
  soggetti, le aliquote previste nel citato decreto legislativo,
  variabili a seconda del valore dell'asse ereditario, partono
  da un minimo del 3 per cento ad un massimo del 27 per cento.
  Si tratta, comunque, di misure eccessive, di cui non si
  comprende la giustificazione.  In sostanza, mediante l'imposta
  sulle successioni, lo Stato interferisce pesantemente in un
  rapporto, qual è quello tra genitori e figli ovvero tra
  coniugi, che meriterebbe invece la massima tutela, anche sotto
 
                               Pag. 4
 
  il profilo patrimoniale.  Paradossalmente, anziché preservare
  la continuità del patrimonio formatosi all'interno del nucleo
  familiare, l'ordinamento tributario vigente impone un
  onerosissimo sacrificio, che decurta pesantemente l'integrità
  dell'asse ereditario.  Inoltre, la tassazione penalizza i
  soggetti che, assumendo comportamenti improntati ad oculatezza
  e cautela, preferiscono destinare all'accumulazione e al
  risparmio parte delle risorse a loro disposizione, allo scopo
  di garantire condizioni di sicurezza economica ai propri figli
  e al coniuge superstite, piuttosto che caratterizzarsi per
  un'alta propensione al consumo.  Ciò appare tanto più grave
  quando oggetto della successione a favore dei figli siano
  aziende; molto spesso, infatti, l'adempimento
  dell'obbligazione connessa al pagamento dell'imposta costringe
  ad effettuare consistenti esborsi, che determinano un
  impoverimento dell'azienda stessa.
     Occorre considerare che il trasferimento di un'eredità non
  ha, in sostanza, un valore meramente economico, ma costituisce
  uno dei momenti più significativi attraverso i quali si
  manifesta la continuità dei legami, in primo luogo di natura
  affettiva, esistenti all'interno del nucleo familiare.  Con la
  successione si trasferisce non soltanto un complesso di beni e
  diritti, ma anche e soprattutto il frutto di attività svolte e
  di sacrifici sopportati a beneficio dei propri eredi.  In una
  corretta logica economica, peraltro, la tassazione dei
  trasferimenti a titolo gratuito, quando non si riferisca ad
  atti posti in esseri per finalità elusive, non trova
  giustificazione, non potendosi ritenere che il solo
  trasferimento sia tale da fare emergere materia impositiva.
  Infatti, la tassazione dei singoli cespiti che costituiscono
  l'asse ereditario non subisce soluzione di continuità,
  determinandosi soltanto una modificazione del soggetto
  d'imposta che non è più il  de cuius  ma l'erede.  Inoltre,
  i singoli beni che compongono l'attivo ereditario sono già
  soggetti a specifica imposizione; ciò vale in particolare per
  i beni immobili, per i quali si determina una amplificazione
  del fenomeno della cosiddetta doppia imposizione.  Se ne deduce
  che l'imposta sulle successioni, nel caso in cui gli eredi
  siano i figli del  de cuius,  si giustifica esclusivamente
  in base ad un pregiudizio ideologico per cui tutto ciò che
  comporta un incremento delle capacità reddituali, o meglio un
  arricchimento, tanto più quando non tragga origine da un
  sacrificio direttamente sopportato dal soggetto interessato,
  debba essere penalizzato. Né si può affermare, alla luce dei
  dati relativi al gettito derivante da tale imposta, che la
  stessa si giustifichi per il fatto di garantire un flusso di
  entrate consistenti all'Erario.  A quest'ultimo proposito, da
  più parti si è ironizzato sul fatto che in Italia morirebbero
  esclusivamente i poveri o quanto meno gli sprovveduti, visto
  che i più previdenti provvederebbero per tempo a sistemare la
  propria successione a favore degli eredi in termini tali da
  ridurre l'onerosità del carico fiscale.  Ciò avverrebbe in
  primo luogo mediante l'occultamento di quella parte di
  patrimonio che, non essendo soggetta a registrazione, sfugge a
  controlli puntuali da parte degli uffici.  Un secondo e forse
  più significativo strumento utilizzato per sottrarsi
  all'obbligo tributario è costituito dal ricorso ad atti di
  liberalità, quali la cointestazione dei conti bancari ovvero
  l'effettuazione di compravendite già a nome dei figli con
  denaro dei genitori.  Le proposte emendative che si
  sottopongono alla vostra attenzione sono appunto finalizzate
  ad apportare alcuni correttivi alla vigente disciplina
  tributaria in materia di successioni, dirette a favorire gli
  eredi che siano figli o coniuge del defunto e comunque parenti
  in linea retta.  Esse si propongono, quindi, un obiettivo
  limitato, che certamente non esaurisce le diverse
  problematiche che si pongono con riferimento all'esigenza di
  intervenire in maniera organica e compiuta sull'intera materia
  del trattamento fiscale delle successioni.  Sotto questo
  profilo sono pienamente consapevole della necessità di
  affrontare in termini più ampi la materia; ciononostante, si è
  ritenuto opportuno adottare una iniziativa che promuovesse
  l'avvio di un dibattito, che si auspica sarà approfondito,
  segnalando quello che sembra essere il più evidente e
  inaccettabile difetto della normativa vigente, vale a dire la
  tassazione delle successioni nei confronti dei figli e del
  coniuge.  Allo stesso tempo, in forza della previsione della
  esclusione dalla tassazione delle successioni a favore dei
 
                               Pag. 5
 
  figli e del coniuge, alle stesse si applicherebbero le
  disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 1 e del comma 3
  dell'articolo 10 del testo unico approvato con decreto
  legislativo n. 347 del 1990, per cui le relative formalità,
  essendo incluse tra quelle concernenti i trasferimenti di cui
  all'articolo 3 del testo unico approvato con decreto
  legislativo n. 346 del 1990, non sarebbero soggette alle
  imposte ipotecaria e catastale.  Peraltro, stante l'esigenza di
  assicurare comunque la pubblicità dei medesimi trasferimenti,
  nei casi in cui gli stessi comprendano beni immobili, in base
  alle proposte emendative presentate, ad essi si applicherebbe
  l'imposta ipotecaria nella misura fissa di 250 mila lire.
  Infine, per quanto concerne l'imposta di registro, nelle
  donazioni si prospetta la tassazione nella misura di 500 mila
  lire.
                      Antonio PEPE,  relatore di minoranza.
 
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