| Onorevoli Colleghi! - Le Province - enti autonomi
locali, territoriali intermedi tra Comuni e Regioni -, hanno,
in via di mero principio nella Repubblica italiana, un
particolare riconoscimento e godono, altresì, di garanzia
costituzionale ai sensi dell'articolo 5 della Costituzione che
ha carattere generale e solenne essendo inserito nei dodici
princìpi fondamentali che introducono la Carta. Com'è noto,
tali princìpi rappresentano sia i valori centrali e
qualificanti della Repubblica, sia gli obiettivi primari e
permanenti che la Costituzione prescrive al legislatore
ordinario perché essi abbiano rigorosa tutela e piena
attuazione.
A rafforzare il principio generale autonomistico di cui
all'articolo 5 della Costituzione - che riguarda tutte le
autonomie locali territoriali e che la stessa normativa
costituzionale tiene a ben distinguere da quello del
decentramento amministrativo, che è pure richiamato nel citato
articolo 5 - va ricordato che nella Costituzione sono ad esso
anche collegate significative norme di carattere
ordinamentale: parte seconda, titolo V, articoli 114 ("La
Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni") e
articolo 128 ("Le Provincie e i Comuni sono enti autonomi
nell'ambito dei princìpi fissati da leggi generali della
Repubblica, che ne determinano le funzioni").
L'autonomia delle Province va altresì considerata, sotto
il profilo costituzionale, anche per i combinati disposti
dall'articolo 116 della Costituzione ("Alla Sicilia, alla
Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli- Venezia Giulia e
alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni
particolari di autonomia secondo Statuti speciali adottati con
leggi costituzionali") e delle disposizioni del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per
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il Trentino-Alto Adige, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, della legge 31 dicembre
1962, n. 1777, della legge costituzionale 10 novembre 1971, n.
1, e della legge costituzionale 23 febbraio 1972, n. 1, nonché
delle modificazioni apportate dalle leggi costituzionali 12
aprile 1989, n. 3, 23 settembre 1993, n. 2, 30 novembre 1989,
n. 386.
Ai sensi di questa normativa, alle Province autonome di
Trento e di Bolzano sono attribuite forme e condizioni
particolari di autonomia (articolo 3, terzo comma, dello
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) che si
concretano, tra l'altro, ma non esclusivamente, nella potestà
legislativa primaria in numerose ed importanti materie
(articolo 8 dello Statuto) e nella potestà legislativa
secondaria in altre rilevanti materie (articolo 9 dello
Statuto). Alle Province autonome di Trento e di Bolzano sono
anche attribuite, o devolute, cospicue quote del gettito delle
entrate tributarie dello Stato percette nei rispettivi
territori (articoli 70, 71, 75 e 78 dello Statuto).
E' evidente che in questo modo si è creata ed andata
consolidandosi sempre più una grave situazione di disparità di
condizione costituzionale tra i cittadini delle due Province
di Trento e di Bolzano e quelli delle altre Province che non
possono essere destinatari della normativa richiamata. Tale
discriminazione appare gravemente lesiva di alcuni
fondamentali princìpi della Costituzione, soprattutto in una
situazione parlamentare ed istituzionale nazionale nella quale
da circa tre lustri - ed attraverso l'attività di ben tre
Commissioni parlamentari per le riforme costituzionali e di
altre iniziative sia governative sia parlamentari e delle
Regioni -, la revisione dell'intera parte seconda della
Costituzione e, quindi, anche dell'intero titolo V, è stata
posta come impegno inderogabile primario.
Indipendentemente, quindi, dalle conseguenze gravissime
che i mancati risultati della terza Commissione bicamerale -
istituita con la legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1 -
palesano a danno di tutte le autonomie, risulta ormai pacifico
che, nel dibattito politico e parlamentare, nell'opinione
pubblica e nella comune cultura giuridico-politica, il nucleo
essenziale ed innovativo delle progettate, ma sinora
totalmente mancate, riforme, è individuato proprio nella piena
attuazione costituzionale delle autonomie locali, nel
completamento e nella traduzione nell'ordinamento del
principio fondamentale autonomistico di cui all'articolo 5
della Costituzione.
La presente proposta di legge costituzionale, che viene
qui illustrata, propone una revisione profonda di tutte le
norme riguardanti in modo specifico le Province, quali
risultano essere attualmente normate dagli articoli 114 e
seguenti, che formano il titolo V della parte seconda della
Costituzione.
Lo scopo della presente proposta di legge costituzionale è
in primo luogo quello di superare, dal punto di vista
costituzionale, l'ormai insostenibile ed ingiustificabile
discriminazione sopra denunciata e che coinvolge, insieme ai
diritti dei cittadini, anche quelli delle loro istituzioni
territoriali di autonomia, in particolare delle Province.
Sul piano generale la proposta di legge costituzionale
evidenzia, infatti, come in forza dei princìpi fondamentali
della Costituzione della Repubblica debbano essere eliminate
due gravi e dannose violazioni di essenziali princìpi
costituzionali. Esse riguardano anzitutto l'eguaglianza di
tutti i cittadini davanti alla legge, che deve essere attuata
sempre e senza distinzione alcuna di sesso, razza, lingua,
religione, opinioni pubbliche, condizioni personali e sociali
(articolo 3 della Costituzione). In effetti, la
discriminazione costituzionale che favorisce, ad esempio, i
cittadini della Provincia di Trento, per la quale non si
possono certamente invocare le particolari condizioni
storiche, etno-linguistiche e di garanzia internazionale di
Bolzano, rispetto ai cittadini delle Province prive dello
Statuto speciale, non può essere sollecitamente eliminata.
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La seconda violazione costituzionale è rappresentata dalla
mancata attuazione a favore delle Province del diritto di
autonomia che è sancito in termini prescrittivi assai netti e
perentori nell'articolo 5 della Costituzione, ma che risulta
da sempre reso inoperante ed inefficace nella parte
ordinamentale della stessa Costituzione a causa, come già
accennato, di alcune norme del titolo V della parte seconda
della Carta.
In termini propositivi, la presente proposta di legge
costituzionale vuole, oltre che rendere coerenti ed effettive
le norme concernenti l'ordinamento della Repubblica con i
princìpi fondamentali, per quanto previsto e prescritto in
materia di autonomie dall'articolo 5 della Costituzione,
assicurare anche la loro piena e sollecita attuazione. Tutto
ciò tenendo conto di un contesto culturale socio-economico, di
competitività di "aree produttive" che si colloca entro il
mercato unico e la moneta unica europea ed entro la
globalizzazione delle comunicazioni, delle produzioni, degli
scambi.
Per conseguire questi essenziali obiettivi, senza i quali
la Costituzione risulta inattuata e disattesa e le autonomie
diventano una pura velleità, la presente proposta di legge
costituzionale delinea una revisione degli articoli 114, 115,
116, 117 e 118 della Costituzione per dare giuridica vigenza
al principio autonomistico e per promuovere effettivamente le
autonomie locali e adeguare così i princìpi ed i metodi della
legislazione repubblicana alle esigenze dell'autonomia e del
decentramento.
Su queste premesse di principio, di coerenza e di
effettività può essere delineato e costruito un autentico
pluralismo istituzionale ed autonomistico della Repubblica che
secondo questa nuova normativa non più si riparte in Regioni,
Province e Comuni (articolo 114 della Costituzione) ma,
correttamente dal punto di vista costituzionale, risulta
costituita dai Comuni, dalle Regioni, dalle Province e dallo
Stato.
Una pari dignità è conseguentemente prevista espressamente
tra le autonomie dei Comuni, delle Province e delle Regioni
che sono tutti classificati e definiti come enti autonomi.
Essi hanno distinti quanto effettivi ed articolati poteri e
funzioni stabiliti dalla presente proposta di legge
costituzionale ed articolati secondo il principio di
sussidiarità derivante, tra l'altro, dalle statuizioni del
Trattato di Maastricht e dalle conseguenti limitazioni della
sovranità nazionale, non ancora recepite e formalizzate nella
Costituzione (articolo 11 della Costituzione).
Infine, per accennare solo agli elementi di maggiore
caratterizzazione generale della revisione, la potestà
legislativa viene ripartita tra le Regioni, le Province e lo
Stato mentre le funzioni regolamentari e amministrative sono
attribuite ai Comuni.
Il quadro autonomistico viene in questo modo nettamente
riequilibrato e reso vitale e vigoroso con il vantaggio della
funzionalità, della separazione delle competenze e dei ruoli
di legislazione e gestione tra i diversi enti autonomi che
operano sul territorio e lo Stato, e della cooperazione nella
responsabilizzazione di ciascun ente.
Un ulteriore elemento di riequilibrio e di affermazione
dell'eguaglianza costituzionale tra tutti i cittadini è, poi,
rappresentato dalla conservazione alle Regioni Sicilia,
Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Trentino-Alto
Adige ed alle due Province autonome di Trento e di Bolzano,
nelle quali già oggi quest'ultima si articola, delle forme e
condizioni di autonomia regionale e provinciale stabilite dai
loro vigenti Statuti di autonomia e dalle relative leggi
costituzionali. Tuttavia, come profonda innovazione
istituzionale, viene affermata la possibilità che a tutte le
Province siano attribuite, tramite specifici Statuti di
autonomia provinciale adottati con leggi costituzionali, forme
e condizioni particolari di autonomia normativa, finanziaria,
organizzativa ed amministrativa adeguate ai caratteri
comunitari delle popolazioni e dei territori, alle loro
culture, storie, nonché alle caratteristiche produttive,
economiche e sociali ed alla loro contribuzione all'erario.
Si tratta di una opzione di autonomia e di assunzione di
responsabilità che in un momento storico e politico di così
accentuata e grave crisi, com'è quella attuale, deve essere
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offerta alla Provincia di Parma che ha senza dubbio le
caratteristiche sopra indicate, nonché un tasso di sviluppo e
di crescita capace di sorreggere una struttura istituzionale
di autonomia provinciale come quella delineata, che si rifà
molto da vicino al modello già esistente e positivamente
operante nella Provincia di Trento. Questa possibilità di
optare per il nuovo regime costituzionale o di conservare
l'attuale deve essere introdotto con la migliore sollecitudine
e deve essere operante subito perché i cittadini della
Provincia di Parma sono fortemente interessati ad uscire
dall'inerzia nella quale sono costretti. Tenendo conto di
questo esposto è nato un Comitato di sostegno alla presente
proposta di legge costituzionale che è maturata dopo un
periodo di ricerca e di discussione con la popolazione di
Parma.
Tenendo perciò conto di tutte queste diffuse situazioni ed
aspirazioni, la presente proposta di legge costituzionale
prevede già mediante l'articolo 116- bis della
Costituzione (articolo 5), che in attuazione del disegno
autonomistico sopradelineato, avendo la Provincia di Parma
tutti i requisiti indicati, le sia attribuito lo Statuto di
autonomia provinciale.
Le specificità proprie della Provincia di Parma, sia sotto
il profilo della identità culturale e storica che del capitale
umano e in termini di produttività, sorreggono la richiesta di
attribuzione dello Statuto di autonomia provinciale.
Di fronte all'intensa e vitale dinamica produttiva e
commerciale della comunità che rappresenta, la Provincia di
Parma non ha oggi la possibilità di sorreggere come dovrebbe
(e come la comunità richiede) con infrastrutture, viabilità,
formazione, servizi alle persone e qualità della vita i suoi
abitanti. La necessità urgente di disporre di una reale
autonomia provinciale, secondo il modello delle Province
autonome di Trento e di Bolzano, che bene si adatta alla
realtà di Parma, nasce dall'attuale stato d'impotenza
normativa e finanziaria e ciò continuerà ad essere impossibile
sino a quando il quadro normativo-costituzionale non sarà
modificato secondo le linee che la presente proposta di legge
costituzionale indica con precisione e fattibilità.
L'introduzione della specifica richiesta di autonomia per
la Provincia di Parma nella prevista revisione costituzionale,
non prefigura alcuna posizione di privilegio, ma solo
l'attuazione di forme variabili di geometria costituzionale
del tutto in linea con il principio autonomistico che è
rifiuto dell'appiattimento e della uniformità che uccidono
ogni spirito di iniziativa e di intrapresa. Solo con simili
procedure è possibile togliere il tema dell'autonomia in
generale - e quella provinciale in particolare -
dall'astrattezza retorica e dall'impotenza pratica in cui oggi
tutte le autonomie sono immerse e paralizzate.
Un sano ed ottimistico empirismo suggerisce di avere
fiducia nei princìpi, nelle capacità di autogoverno delle
Province, soprattutto di quelle Province che - come quella di
Parma - e come altre, sono state, con il loro enorme impegno
di lavoro e avendo sopportato e continuando a sopportare un
altrettanto enorme onere fiscale, le vere artefici
dell'entrata dell'Italia nella moneta unica europea. Va ora
tenuto ben presente che un'autonomia reale ed affidata alle
istituzioni provinciali e locali, secondo quanto prevede la
presente proposta di legge costituzionale sinteticamente
illustrata, è condizione imprescindibile per restare in Europa
con dignità e con la giusta forza che nasce da istituzioni che
sono vicine alla fatica quotidiana che sarà sempre più ardua e
difficile per tutti e che, perciò, dovrà trovare le
istituzioni partecipi, sollecite ed efficienti.
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