| Onorevoli Colleghi! - Con le sentenze n. 179 del 1976,
n. 76 del 1983, n. 358 del 1995 e n. 12 del 1998, la Corte
costituzionale ribadiva l'incongruità e l'indiscutibile
disparità di trattamento fra le famiglie monoreddito e quelle
in cui ciascun coniuge produca un reddito proprio, per il
fatto che le prime vengono di fatto tassate in base ad
un'aliquota dell'imposta sul reddito delle persone fisiche
(IRPEF) superiore a quella che viene applicata alle seconde, e
rinnovava al Governo l'invito a provvedere in merito,
rimuovendo l'ingiusto danno determinato dalla normativa in
oggetto.
La Consulta sosteneva ancora che: "Il legislatore non
dovrà consentire ulteriormente, per il rispetto anche dei
princìpi costituzionali, il protrarsi della su accennata
sperequazione in danno delle famiglie monoreddito".
Inoltre, con la sentenza n. 176 del 1976, la Corte ha
dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità per contrasto con gli
articoli 3, 29, 31 e 53 della Costituzione delle norme che
prevedono il cumulo dei redditi ai fini dell'applicazione
dell'aliquota IRPEF.
La questione è più che mai viva ed attuale, ma i
risultati, purtroppo, allo stato attuale, non appaiono
prossimi, perché il Governo, malgrado i pressanti inviti, si
rifiuta di provvedere e, allorché sollecitato, spiega la
propria inerzia con motivazioni incompatibili con uno Stato di
diritto: pretestuose ed inconferenti difficoltà di bilancio,
che nulla possono giustificare al cospetto dei sacrosanti
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diritti dei cittadini più deboli, da troppo tempo vessati da
un fisco per loro doppiamente iniquo.
Si consideri altresì che ove lo Stato avesse
tempestivamente adempiuto ai dettami della citata sentenza n.
179 del 1976, irrisoria ne sarebbe risultata la spesa rispetto
a quella da stanziare per un'ottemperanza la cui tardività si
è trascinata sino ai nostri giorni, e che comunque appare
ormai indifferibile.
La presente proposta di legge intende porre fine ad una
perdurante lacerazione nei rapporti tra Paese istituzionale e
Paese reale, saldando il debito che il Parlamento -
espressione suprema della volontà popolare - ha verso le
classi sociali più svantaggiate in forza di precisi e
conclamati motivi di diritto.
Rimuova il potere legislativo, riappropriandosi delle
responsabilità e delle prerogative troppo sovente usurpategli
dall'Esecutivo, le pretese difficoltà di bilancio ostative al
realizzarsi di quell'eguaglianza sostanziale tra i cittadini
voluta dal secondo comma dell'articolo 3 della Carta
costituzionale.
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