| Onorevoli Colleghi! - La legge 5 febbraio 1992, n.104,
legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i
diritti delle persone handicappate, definisce tali coloro che
"presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale
(...) che determina un processo di svantaggio sociale o di
emarginazione".
Si stabilisce quindi, tra le varie tipologie di
handicap, una netta distinzione che permette di
evidenziare i problemi specifici e di proporre gli interventi
legislativi necessari per risolverli.
La classificazione operata dalla legge quadro ci offre
l'occasione per verificare in che misura la normativa vigente
corrisponda ai bisogni dei cittadini handicappati.
Minorazione fisica e sensoriale.
Una particolare attenzione è stata riservata dallo Stato
alle persone affette da cecità, sordomutismo e da menomazioni
fisiche, al punto che si può affermare che esse possono
sentirsi veramente tutelate, per quanto gravi siano le
difficoltà connesse con la loro condizione.
Ciechi, sordomuti ed invalidi fisici possono infatti
appellarsi rispettivamente alle leggi n.381 del 1970, n.382
del 1970, n.118 del 1971 e n.18 del 1980 e ad una serie di
modificazioni e integrazioni successive.
Sono significative anche le date di emanazione di tali
interventi legislativi.
Dell'attenzione dello Stato hanno beneficiato anche le
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associazioni di categoria; infatti l'Unione italiana ciechi
(UIC), l'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei
sordomuti (ENS), l'Associazione nazionale mutilati e invalidi
civili (ANMIC) hanno il privilegio del finanziamento pubblico.
Inoltre esse hanno la facoltà di nominare i propri
rappresentanti nei comitati provinciali di assistenza e
beneficienza pubblica (CPABP) delle prefetture.
Minorazione psichica.
Prima che si costituisse l'ANFFAS (Associazione nazionale
delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali), le persone
affette da cerebropatia (sindrome di Down, insufficienza
mentale, autismo, oligofrenia, eccettera) erano destinate alla
segregazione in casa o negli appositi istituti, per cui "sono
state semplicemente dimenticate e non vengono considerate
nelle norme che si rivolgono alla generalità dei
cittadini".
Questa è stata una delle conclusioni più significative dei
più illustri giuristi del nostro Paese al congresso nazionale
sulla "Condizione giuridica del cittadino handicappato
psichico" (Perugia, 25-27 gennaio 1986).
L'ANFFAS, costituitasi a Roma nel 1958, promosse il
coinvolgimento diretto dei genitori e dei familiari che oggi,
a prezzo di sacrifici personali, di rinunce e anche di tante
umiliazioni, condividono fe difficoltà esistenziali del
congiunto minorato psichico.
Le condizioni di vita di queste persone meritano di essere
valutate con estrema attenzione.
La nascita di un bambino subnormale sconvolge i suoi
genitori e coinvolge loro ed i familiari in un'esistenza nuova
e diversa, fatta di isolamento, di emarginazione, di stati
conflittuali permanenti con le istituzioni nel tentativo di
conseguire ciò che per gli altri è normalità di vita.
Gli adempimenti e i doveri comuni a tutti i cittadini
diventano preoccupazioni più gravi per l'umiliante difficoltà
di doversi adeguare a norme che "dimenticano" o ignorano la
condizione di questi figli "diversi". A ciò si aggiunge la
particolare, assillante preoccupazione del loro futuro, del
"dopo i genitori", a causa della loro incapacità di conseguire
autonomia personale, della loro incapacità di amministrare
eventuali beni, per cui si rende necessaria la nomina di un
tutore.
L'ANFFAS ha rappresentato a suo tempo questa situazione
alle istituzioni, unitamente ad una conseguente serie di
richieste e di proposte. La risposta fu avvilente quanto
deludente: i problemi del cittadino minorato psichico devono,
ancora oggi, cercare soluzioni adeguate nelle leggi che
riguardano gli invalidi civili. Praticamente si è risposto con
la semplice concessione di provvidenze economiche le quali,
dapprima attribuite equamente per l'indiscutibile gravità
della condizione, oggi sono sempre più subordinate a criteri
restrittivi che inducono persino a trascurare l'aspetto
psichico della minorazione. Ora, mentre un cieco, un
sordornuto, un invalido fisico sono perfettamente in grado di
evidenziare, direttamente, la loro condizione di fronte ai
medici delle commissioni competenti, la persona minorata
psichica, che non è capace nemmeno di compilare la domanda
relativa e deve perciò delegarne i genitori, che non si rende
conto che si sta decidendo del suo futuro, è soggetta ad una
singolare fiscalità nella determinazione di gradi di
invalidità, il che è semplicemente assurdo.
Se invalido civile deve essere, ben difficilmente esisterà
un invalido in condizione di gravità superiore alla sua.
I rapporti con le commissioni mediche e la prefettura,
l'assillo delle pratiche, delle visite, dei ricorsi, assumono
per i genitori di un minorato psichico aspetti incredibili,
incomprensibili, talora allucinanti.
Ora è possibile, oltre che doveroso, da parte dello Stato
eliminare questo inutile motivo di ulteriori difficoltà al già
gravoso compito delle famiglie.
La legge quadro n.104 del 1992, all'articolo 3, comma 3,
riconosce implicitamente la condizione della persona con
handicap psichico come situazione che assume
connotazione di gravità.
La presente proposta di legge vuole conseguire che
l'accertamento dello stato di minorazione psichica di cui
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all'articolo 4 della citata legge n.104 del 1992, abbia il
carattere di una constatazione definitiva, data
l'irreversibilità della situazione, e dia luogo al diritto ad
un'indennità o vitalizio come avviene, ad esempio, per i casi
di minorazione sensoriale.
Si fa notare che ciò non costituirebbe aggravio di spesa
per lo Stato perché l'indennità proposta:
sarebbe concessa in sostituzione delle attuali
provvidenze economiche di cui alle leggi che riguardano gli
invalidi civili (leggi n. 118 del 1971, n. 18 del 1980,
eccetera);
riconoscerebbe ai genitori il merito della riduzione
delle spese già a carico delle istituzioni per il ricovero dei
figli in istituto.
Le disparità di trattamento riservate ai cittadini
minorati, che la legge quadro pone sullo stesso piano di
diritto, appaiono difficilmente giustificabili, ma, come sopra
dimostrato, possono essere facilmente superate con
l'approvazione della presente proposta di legge.
La stessa disparità di attenzione è riservata alle
rispettive associazioni per cui si va dalla situazione di
privilegio (UIC, ENS, ANMIC) alla pratica emarginazione
(ANFFAS).
Si deve però dare atto dei recenti segnali di maggiore
apertura e di considerazione da parte dello Stato nei
confronti dell'Associazione nazionale delle famiglie dei
fanciulli e adulti subnormali:
l'ANFFAS è stata ammessa a far parte del Comitato
nazionale per le politiche dell' handicap (articolo 41,
comma 6, lettera c) della legge n. 104 del 1992)
insieme con l'UIC e l'ENS;
la legge n. 295 del 1990 (articolo 1, comma 3) ha
riconosciuto all'ANFFAS il diritto di essere rappresentata da
propri medici presso le commissioni mediche per il
riconoscimento degli stati d'invalidità, diritto prima
riservato all'UIC, all'ENS ed all'ANMIC.
Questa nuova realtà, che costituisce un esplicito
riconoscimento dell'attività dell'ANFFAS, va considerata una
premessa per la sua ammissione al diritto al finanziamento
pubblico ed alla presenza nel Comitato provinciale di
assistenza e beneficenza pubblica (CPABP) della prefettura,
diritto ancora oggi riservato all'UIC, all'ENS ed
all'ANMIC.
I cittadini handicappati con minorazione fisica, psichica
e sensoriale saranno finalmente posti sullo stesso piano di
diritto perché anche le loro associazioni avranno le stesse
possibilità di rappresentarli.
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