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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


94
DDL0004-0002
Relazione Camera n. 4-A bis - di minoranza - (DDL13-4-A-bis)
(suddiviso in 55 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.5 dello stampato)
...C4Abis, C280Abis, C1653Abis, C2493bisAbis, C3390Abis, C3883Abis, C3952Abis, C4397Abis, C4416Abis, C4552Abis. TESTIPDL
...C4Abis, C280Abis, C1653Abis, C2493bisAbis, C3390Abis, C3883Abis, C3952Abis, C4397Abis, C4416Abis, C4552Abis.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNAVA ZZMIN2 ZZDDLC4A2 ZZ13 ZZRL ZZMI
                               Pag. 5
 
     Onorevoli Colleghi! - L'esigenza di una riforma globale
  degli ordinamenti scolastici è avvertita dall'intero mondo
  scolastico, giustamente sensibile alla necessità di fornire
  alle giovani generazioni gli strumenti indispensabili di
  conoscenza e di maturazione per il pieno e consapevole
  inserimento nella società moderna.
     Riforma globale però non è detto che debba significare
  abbattimento dell'intera architettura dell'attuale sistema né
  cancellazione di colpo di ogni varietà di formazione e di
  preparazione per sacrificare, in nome di un assurdo
  egualitarismo, le attitudini, le capacità, i progetti delle
  nuove generazioni.
     Non si può, quindi, iniziare a parlare di riforma senza
  una attenta valutazione dei punti deboli del nostro sistema
  scolastico e senza verificare che nuovo tipo di scuola serva
  alla nostra società.
     Pochi e mal distribuiti territorialmente risultano i
  diplomati rispetto agli altri Pesi europei, pochissimi
  laureati (solo 3 iscritti all'Università su 10 arrivano alla
  laurea), elevati tassi di dispersione (oltre il 30 per cento
  della popolazione abbandona il percorso scolastico,
  soprattutto tra i 14 ed i 16 anni), debolezza della attuale
  scuola di base (il 46 per cento dei ragazzi ne esce con appena
  il giudizio finale di "sufficiente"), mancanza di rapporto tra
  scuola e mondo del lavoro, mancato adeguamento dei programmi
  didattici, eccessivo numero di sperimentazioni, formazione non
  sempre adeguata della classe docente e dei capi d'istituto,
  assenza di un adeguato sistema nazionale di valutazione utile
  a supportare e verificare la bontà delle innovazioni apportate
  nel nostro sistema scolastico.
     Troppi i ritardi accumulati, troppi e discontinui i
  provvedimenti innovativi assunti negli ultimi anni, spesso per
  semplice volontà di "protagonismo".
     Nelle altre Nazioni europee ci si è resi conto del valore
  strategico dell'istruzione e della formazione nella società
  contemporanea e quindi della necessità di investire fortemente
  in esse; analogamente non è avvenuto in Italia.
     Ritengo utile ribadire le finalità che Alleanza Nazionale
  affida all'istituzione scuola, rappresentando questa una delle
  fondamentali categorie morali, ove la cultura si fa educazione
  e da entità astratta si trasforma in strumento di civiltà e di
  libertà.
     Per noi la scuola è la struttura portante della società
  nazionale e pertanto essa, nei contenuti e nelle strutture,
  deve risultare funzionale ad un disegno politico che si deve
  concretamente realizzare attraverso una istituzione educativa
  che stimoli e favorisca la partecipazione di tutte le
  componenti, in maniera organica, secondo la natura dei valori,
  delle dignità e delle funzioni che volitivamente affermano i
  meriti e l'intelligenza.  La scuola è la struttura principale
  alla quale affidare il compito di formare cittadini liberi,
  coscienti e consapevoli che la libertà è garanzia di una
  società autenticamente libera.
     Per questo ci opponiamo alla "faciloneria", al
  "pressappochismo", alla arbitrarietà che sono divenuti
  l'espressione più congeniale del "fare scuola", mentre i
  giovani, proprio nella scuola, devono apprendere il senso
  della fatica e del sacrificio, l'amore per la libertà, senza i
  quali non si realizza alcuna formazione umana, né è dato poi
  di svolgere coscientemente e attivamente il proprio ruolo
  nella società, che dobbiamo ormai vedere come inserita e
  proiettata nell'ambito europeo.
 
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     La riforma della scuola rappresenta il grande
  appuntamento, finora mancato, della nostra politica
  scolastica.  Oggi la riforma non è più rinviabile, pena
  l'approfondirsi del distacco del nostro Paese rispetto agli
  altri Paesi europei, l'accentuarsi sempre più preoccupante
  della separazione tra scuola e società.
     Ma oggi, nel trattare la parte principale della riforma
  scolastica, quella del riordino dei cicli, ci sentiamo
  vincolati non solo e non tanto perché, quale forza di
  opposizione abbiamo trovato le porte sbarrate di fronte a
  qualsiasi volontà propositiva e migliorativa, bensì dalle
  norme che, nel frattempo, sono state poste in essere nel
  nostro sistema di istruzione e di formazione.
     Ci occupiamo tanto, ed è pur giusto, della situazione
  economica, del futuro delle nostre attività produttive, della
  disoccupazione crescente, ma ritengo, dovremmo anche occuparci
  con maggiori consapevolezza e determinazione del sapere che
  sta alla base del processo di sviluppo di una società.  Il tema
  dovrebbe essere trattato con la stessa importanza delle
  riforme istituzionali.  Ne va dell'avvenire dei nostri giovani
  e dell'intero Paese.
     In Italia si assiste con preoccupazione ad un graduale
  sgretolamento delle identità e ad un inaridimento di quelle
  radici senza le quali una società è destinata a mutamenti
  dolorosi e profondi e proprio la scuola rappresenta
  l'istituzione che dovrebbe in qualche modo salvaguardare
  questa identità contenendo talune perverse ed irreversibili
  demolizioni.
     Ed allora perché non trovare il coraggio di predisporre un
  riordino dei cicli scolastici che contenga anche i punti
  pedagogici, che non rappresenti semplicemente un documento
  numerico e soprattutto che non sia la solita "delega" al
  Ministro della pubblica istruzione, a dimostrazione che questo
  Parlamento non è in grado di operare delle scelte.
     Frantumazioni delle identità, quindi, tempi di grandi
  mutamenti, di bombardamenti di messaggi contraddittori, di
  sollecitazioni che chi ha maggiore potere riesce a propugnarci
  attraverso i media; in questo caos noi legislatori dovremmo
  capire che solo l'educazione, l'istruzione e la formazione
  potrebbero orientare i nostri giovani verso la
  riorganizzazione del mondo che li circonda.  Ma educazione,
  istruzione e formazione non possono essere sottomesse ad
  esigenze o logiche di gruppi, di religione, d'azienda o di
  partito.  Non possono limitarsi a farci sognare scopi
  professionalizzanti chiaramente aleatori, non possono e non
  devono trascinare tutto e tutti in riforme che non tengono in
  alcuna considerazione i grandi temi esistenziali.
     Serve una scuola esigente, piena di contenuti culturali, a
  forte profilo educativo, aperta al sociale, in permanente
  dialogo con i centri di elaborazione della cultura e con i
  nuclei vivi della produzione e del lavoro.  Una scuola attenta
  alle vicende della vita e capace essa stessa di farsi
  espressione di vita democratica e di civile partecipazione.
     Non bisogna costruire una scuola che renda tutti eguali ad
  ogni costo; occorre formare, istruire, preparare, nella
  diversità, i giovani alla vita, al lavoro, ad affrontare la
  sfida del sapere, puntando sulla qualità dell'istruzione e
  della formazione respingendo l'appiattimento e l'egualitarismo
  innaturale.
     La riforma della scuola deve aderire alle esigenze di una
  società e di una cultura mutate e di soggetti in formazione
  sottoposti a stimoli nuovi e diversi.
     Credo sia impensabile non immaginare una scuola coniugata
  ai valori o una scuola che non sappia portare con sé ogni
  tentativo di miglioramento della società.
     La riforma dei cicli non solo è la parte più importante
  dell'intera riforma scolastica, ma lo è dopo quella di
  Giovanni Gentile e ridisegnerà completamente il volto
  dell'istruzione nel nostro Paese.
     Il documento introduttivo dei lavori della conferenza dei
  Ministri dell'istruzione degli Stati membri dell'Unione
  Europea, svoltasi circa due anni fa a Varsavia, fa riferimento
  ad un progetto strategico di istruzione che possa costruire
  l'Europa del XXI secolo.  Tale progetto strategico è basato
  essenzialmente sull'assunzione coraggiosa e determinata della
 
                               Pag. 7
 
  posta in gioco costituita dalla nuova conoscenza che elegge
  l'istruzione, la formazione, la ricerca, la cultura e
  l'innovazione quali fondamenti dinamici.
     L'istruzione diventa, quindi, parte attiva nella
  formazione personale e sociale dei cittadini e nella
  realizzazione della integrazione europea.
     Serve poi una scuola che cambi sì con lo spirito
  dell'autonomia, ma che abbia, contemporaneamente la capacità
  di coinvolgere tutti i soggetti che la compongono.  Nessuno può
  immaginare di riformare un sistema scolastico senza pensare al
  coinvolgimento delle competenze.
     Eppure la proposta che oggi siamo chiamati a discutere
  appare produttrice di un ulteriore grande numero di docenti
  soprannumerari, ai quali non potranno che essere affidate
  funzioni di sostegno, di orientamento, di tutoraggio, di
  arricchimento del progetto formativo in genere; per cui si
  finirà col far diventare il nuovo sistema scolastico un grande
  contenitore nel quale sistemare figure create certo per
  necessità di sopravvivenza di ruoli e che finirà con
  l'abbattimento di quell'immagine sostanzialmente e
  qualitativamente alta del nostro sistema educativo.
     Alleanza Nazionale, consapevole di tutto quanto sopra
  esposto, intendeva contribuire al varo di una nuova legge sul
  riordino dei cicli scolastici.  Paradossalmente l'intero
  Parlamento è stato bloccato una prima volta, perché chiamato
  allo stralcio sull'innalzamento dell'obbligo di istruzione e
  che ha portato ad una legge estremamente criticabile così come
  definita, ma che è diventata lesiva rispetto a delle libertà
  che avrebbero dovuto determinare l'intero riordino dei
  cicli.
     Ciononostante avevamo poi ritenuto, anche di accettare la
  griglia di lavoro proposta dal relatore, onorevole Soave,
  pensando che la stessa potesse essere solo una base di
  discussione.  Non avremmo mai immaginato che quella griglia,
  frutto di mera logica ingegneristica, dovesse diventare il
  testo unificato sul quale oggi stiamo discutendo.  Ci siamo
  immediatamente accorti che il testo risultava privo di
  qualsiasi respiro pedagogico e culturale.  Sempre in
  commissione abbiamo posto tutto l'impegno possibile per
  migliorarlo; purtroppo le nostre buone intenzioni sono state
  colte come demagogiche e strumentali, probabilmente solo
  perché targate Alleanza Nazionale.
     Il testo unificato potrà anche essere riuscito a mantenere
  integra la attuale maggioranza politica governativa ma non
  potrà certamente contribuire alla crescita culturale del
  nostro Paese e soprattutto non potrà assicurare la creazione
  di una scuola competitiva a livello europeo e garante del
  futuro dei nostri giovani.
     Il testo è vuoto (troppo semplicistico definirlo snello!),
  privo di contenuti e riferimenti pedagogici; appare come un
  semplice documento nel quale vengono definite:
       una scuola dell'infanzia della durata di tre anni;
       una scuola primaria della durata di tre anni;
       una scuola secondaria della durata di cinque anni;
       la durata dell'obbligo scolastico con la diminuzione di
  un anno rispetto al percorso d'istruzione in vigore.
     Tutto il resto potrà essere colmato dalla fantasia di
  ciascuno e soprattutto da quella del Ministro della pubblica
  istruzione.
     Non si parla di saperi, di obiettivi, di filosofia
  generale, di organizzazione, di collegamento con i
  provvedimenti innovativi già posti in essere, di formazione
  degli adulti, di docenti, di strutture e di quant'altro possa
  far definire il testo una vera proposta di legge.
     Il testo sembra far apparire l'assoluta mancanza di
  un'idea scuola; non è definito il suo impianto educativo, ma
  solo quello quantitativo; troppi risultano essere i margini
  lasciati all'indeterminatezza.
     L'intero impianto progettuale del periodo dell'obbligo
  alimenta l'idea di una grande indecisione nel disegnare questo
  tratto del sistema scolastico; appare chiaro come la durata
  dell'obbligo, e quindi la legge esistente, sia stata decisa
  prima della designazione dell'impianto complessivo.
 
                               Pag. 8
 
     La scuola primaria finirà col divenire una vecchia
  immagine dei cicli precedenti: non sono stabilite le
  competenze di base e la sistemazione degli attuali moduli
  didattici.  Senza l'indicazione dei "paletti" sui quali dovrà
  essere impostato il nuovo percorso, si finirà anche col far
  sentire gli insegnanti o "elementarizzati" oppure promossi per
  una scuola che non conoscono.
     E poi il testo unificato finisce col riformare quelle
  scuole che in un modo o nell'altro hanno già avuto processi di
  riforma, la cui verifica è tuttora in atto.
     La riforma della scuola secondaria si è mostrata essere
  nel nostro Paese un'impresa ad alto rischio.  Tuttavia è
  proprio qui che occorrerebbe esercitare le migliori doti
  progettuali di chi oggi ha in mano il governo della cosa
  pubblica.
     Per anni la nostra scuola secondaria è stata improntata
  all'insegna delle sperimentazioni e qualcuna ha avuto anche
  esiti positivi.  Perché non trovare il coraggio di considerare
  le positività esistenti, perché lasciare nell'assoluta
  indeterminazione la ripartizione delle aree in indirizzi!
     Il testo unificato, inoltre, insiste sulla flessibilità,
  sull'articolazione modulare dei vari cicli, sulla possibilità
  dei ragazzi di transitare fra i diversi ambiti formativi.  Ma
  il cambio di indirizzo, se pur prevedibile, dovrebbe essere
  considerato eccezione e non norma.  Considerarlo con tale
  frequenza richiederà automaticamente una impostazione dei
  programmi all'insegna della superficialità.
     Lo stesso Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione ha
  evidenziato coma la flessibilità dei moduli tolga spazio
  eccessivo alla possibilità di acquisire una solida formazione
  culturale generale; ciò potrebbe comportare un abbassamento di
  livelli formativi, pregiudicando il principale obiettivo
  strategico della nuova scuola riformata.
     Il settore della formazione professionale deve colmare un
  vuoto che è probabilmente l'aspetto che più ci differenzia
  dalla realtà e dall'esperienza degli altri Paesi europei, ed è
  destinato a svolgere nei prossimi anni un ruolo strategico,
  nella integrazione con il sistema dell'istruzione.
     La formazione professionale è senza dubbio la seconda
  gamba di un moderno sistema educativo, ma non la si può non
  coniugare con la formazione culturale.  Non si può creare una
  scuola che faccia un individuo solo funzionale al mondo del
  lavoro, non si possono abbattere le conoscenze per creare un
  processo educativo anonimo che non tenga conto della complessa
  personalità dello studente.  La riduzione dei contenuti, senza
  peraltro indicare i nuclei fondanti sostitutivi, finisce con
  il parcellizzare la formazione e non favorire la libertà
  dell'individuo.
     Ed infine non si può parlare di riforma innovativa del
  sistema senza tenere conto delle esigenze del pluralismo
  istituzionale quale conseguenza del rispetto dovuto al
  pluralismo culturale esistente nel nostro Paese.
     Chiamare il Paese ad uno sforzo di condivisione e di
  cooperazione attorno ad una difficile revisione globale del
  sistema scolastico e formativo implica l'appello a valori
  comuni di natura morale.  E' assolutamente negativo non
  prenderne consapevolezza e non esplicitare la filosofia
  dell'educazione su cui poggia il progetto di riforma.
     Il risanamento della società italiana ed europea passa
  anche attraverso la difesa del ruolo della scuola,
  l'importanza della formazione, il patrimonio di libertà, di
  valori e di cultura che fanno della nostra nazione un Paese
  civile.
                     Angela NAPOLI,  Relatore di minoranza.
 
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