| DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE
ALL'UTILIZZAZIONE DI INTERCETTAZIONI
DI CONVERSAZIONI TELEFONICHE
nei confronti dei deputati
BOSSI, CALDEROLI, CHIAPPORI, VASCON, MARONI e CAVALIERE
nell'ambito dei procedimenti penali nn. 96/000081,
96/000100, 96/000101, 96/014398, 96/014531, 97/000803,
97/001440, 97/001805, 97/001860, 97/001861, 97/001914,
97/002128, 97/002303, 97/002312, 97/002426, 97/002586,
97/002723, 97/002762, 97/002807, 97/2866 R.G.N.R.
TRASMESSA DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI VERONA
il 4 febbraio 1998
All'Onorevole Presidente
della Camera dei Deputati
Venezia, 4 febbraio 1998.
Trasmetto per ulteriore corso l'allegata richiesta di
autorizzazione di intercettazioni telefoniche, avanzata dal
Sig. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Verona.
Con ossequio.
Il procuratore generale
Mario Daniele
Pag.2
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI VERONA
IL PUBBLICO MINISTERO
Letti gli atti dei procedimenti penali nn. 96/000081,
96/000100, 96/000101, 96/014398, 96/014531, 97/000803,
97/001440, 97/001805, 97/001860, 97/001861, 97/001914,
97/002128, 97/002303, 97/002312, 97/002426, 97/002586,
97/002723, 97/002762, 97/002807, 97/2866 R.G.N.R.
nei confronti di:
1) BORGHEZIO MARIO nato il 3 dicembre 1947 a Torino
(omissis);
2) BOSIO BERNARDINO nato l'11 maggio 1953 a Montabone
(omissis);
3) BOSSI UMBERTO nato il 19 settembre 1941 a Cassano
Magnago (omissis);
4) FLEGO ENZO nato l'11 agosto 1940 a Verona
(omissis);
5) GNUTTI VITO BRUNO nato il 14 settembre 1939 a
Lumezzane (omissis);
6) MARCHINI CORINTO AMEDEO nato l'8 agosto 1947 a Melzo
(omissis);
7) MARONI ROBERTO nato il 15 marzo 1955 a Varese
(omissis);
8) MAZZONETTO ALBERTO nato il 24 maggio 1950 a Scorzè
(omissis);
9) PAGLIARINI GIANCARLO nato il 23 aprile 1942 a Milano
(omissis);
10) SPERONI FRANCESCO ENRICO nato il 4 ottobre 1946 a
Busto Arsizio (Varese) (omissis);
11) AUGUSSORI LUIGI nato il 27 ottobre 1972 a Lodi
(omissis);
12) BACCHIN FRANCESCO MARIA nato il 20 giugno 1941 a
Farra d'Isonzo (omissis);
13) BALDANI LUCA nato l'11 agosto 1970 a Mantova
(omissis);
14) BEVEGNI LORENZO nato il 19 aprile 1950 a Genova
(omissis);
15) BOSISIO ALBERTO MARIA nato il 1^ settembre 1953 a
Lecco (omissis);
16) BRAGANTINI MATTEO nato il 23 settembre 1975 a
Verona (omissis);
Pag.3
17) CAVALIERE ENRICO nato il 13 dicembre 1958 a Venezia
(omissis);
18) CAVALLIN STEFANO nato il 1^ febbraio 1967 a Varese
(omissis);
19) CAVALLINI SERGIO nato il 14 aprile 1955 a Torino
(omissis);
20) CERESA ROBERTO nato il 15 settembre 1954 a Torino
(omissis);
21) CERINI FABIANO nato il 27 ottobre 1971 a Asola
(omissis);
22) CORINI ANGELO nato il 13 dicembre 1976 a Cremona
(omissis);
23) FORMENTINI MARCO nato il 14 aprile 1930 a La Spezia
(omissis);
24) GOBBO GIAN PAOLO nato il 1^ aprile 1949 a Treviso
(omissis);
25) GOMARASCA MORENO nato il 15 settembre 1967 a
Corbetta (omissis);
26) GRAMMATICA LUCIANO nato l'8 luglio 1969 a Como
(omissis);
27) MADDALENA GIUSEPPE nato il 17 agosto 1965 a Vicenza
(omissis);
28) MAGAGNINI PATRIZIO nato il 24 aprile 1957 a Cison
di Valmarino (omissis);
29) MAGROTTI STEFANO nato il 9 settembre 1964 a Broni
(omissis);
30) MAZZONI FABIO nato il 20 luglio 1967 a Milano
(omissis);
31) MERCANZIN MARCO nato il 23 giugno 1968 a Padova
(omissis);
32) NICOLETTO GIOVANNI nato il 12 gennaio 1953 a
Fonzaso (omissis);
33) PAGGI RICCARDO nato il 18 luglio 1969 a Chiavenna
(omissis);
34) PERIN RENZO nato l'8 luglio 1949 a Spresiano
(omissis);
35) PINI TIZIANO nato il 18 aprile 1948 a Modena
(omissis);
36) POLLINI ALFREDO nato il 22 dicembre 1925 a Milano
(omissis);
37) PROVENZI PIERCARLO nato il 3 febbraio 1969 a Milano
(omissis);
Pag.4
38) ROBBIANI ANDREA AMBROGIO nato il 13 agosto 1967 a
Milano (omissis);
39) SAVOI ALESSANDRO nato il 17 agosto 1958 a Cembra
(omissis);
40) SECCO GIAMPIETRO nato il 9 settembre 1946 a Meolo
(omissis);
41) ZANARDINI MARIO nato il 19 ottobre 1966 a Brescia
(omissis);
IMPUTATI:
a) del reato di cui agli articoli 110, 241 codice
penale per avere, agendo in concorso tra loro e con molte
altre persone, alcune identificate ed altre ancora da
identificare, commesso fatti diretti a disciogliere l'unità
dello Stato italiano attraverso la disgregazione del suo
territorio, ed a creare una nuova entità statuale, denominata
"padania", e costituita da una federazione di stati
comprendente le regioni del Nord Italia ed il relativo
territorio, mediante la realizzazione e concreta operatività
di una complessa ed articolata struttura di carattere militare
denominata "camicie verdi" o "guardia nazionale padana",
dotata di apposita uniforme e rappresentante le istituzioni
militari e di polizia della nuova entità statuale -
giustificata artificiosamente da una pretesa identità
nazionale "padana" distinta da quella italiana, ed a
quest'ultima contrapposta - della quale sono stati istituiti
ed organizzati in apposite sedi gli organismi più
rappresentativi, espressamente qualificati "governo" e
"parlamento della repubblica federale padana", con la
conseguente pubblicazione di una gazzetta ufficiale contenente
la raccolta "degli atti delle istituzioni della padania"; poi
convocando, dopo alcuni tentativi di ottenere il
riconoscimento da parte della comunità internazionale di
questa nuova entità artificiosamente creata, apposite
"elezioni padane", e chiamando così al voto tutti i cittadini
italiani residenti nel territorio del Nord Italia per
eleggere, secondo le regole di una presunta "regolare"
competizione elettorale, e dopo la presentazione di numerose
liste con appositi candidati, i rappresentanti del cosiddetto
"parlamento della padania";
b) del reato di cui agli articoli 110, 283 del
codice penale per avere, agendo in concorso con numerose altre
persone, alcune identificate ed altre da identificare, tenendo
i comportamenti descritti nel capo a), compiuto fatti
diretti a mutare la costituzione dello Stato ed i modi di
esercizio della sovranità e, in particolare, a modificare i
princìpi fissati dagli articoli 5 e 12 secondo i quali la
Repubblica è "una ed indivisibile" (essa sola) "riconosce e
promuove le autonomie locali", ed ha come bandiera "il
tricolore italiano, verde, bianco e rosso";
c) del reato di cui all'articolo 271 del codice
penale per avere, mediante la costituzione degli organismi
rappresentativi della cosiddetta repubblica federale della
padania promosso, costituito, diretto ed
Pag.5
organizzato una associazione diretta a distruggere e
deprimere il sentimento nazionale istigando al disprezzo ed al
vilipendio della bandiera nazionale, tenendo tutti i
comportamenti descritti nel capo a) che precede e, in
particolare, rappresentando lo Stato italiano come
colonizzatore delle terre del Nord Italia ed impegnando, con
apposito giuramento espressamente pronunciato, da ultimo, nel
corso della manifestazione tenutasi a Venezia il 14 settembre
1997, tutti gli aderenti a tale associazione ad opporsi con
"ogni mezzo" allo Stato italiano e ad impegnarsi "nella lotta
per la libertà e l'indipendenza della padania" portando a
testimonianza del giuramento la "vita, la fortuna ed il sacro
onore";
d) del reato di cui agli articoli 81 del codice
penale, 1 e 2 del decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43,
per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, promosso, costituito, diretto, e partecipato - con
molte persone, alcune identificate ed altre da identificare -
ad una associazione di carattere militare con scopi politici,
denominata "camicie verdi", poi confluita in altra più
complessa struttura denominata GNP (guardia nazionale padana),
organizzata secondo precise regole di ammissione e
reclutamento degli aderenti - tutti dotati di uniforme
costituita da una camicia verde con maniche lunghe recante un
particolare stemma sulla manica sinistra e sul taschino
sinistro - e di inquadramento in gruppi territoriali
gerarchicamente organizzati, con l'individuazione di
responsabili locali tenuti a seguire rigorosamente le
direttive del "capo" o delle persone da lui delegate, ed a
riferire periodicamente sull'attività compiuta in esecuzione
di tali direttive: associazione contigua al movimento politico
Lega Nord ed avente lo scopo di meglio attuare e di rendere
praticabili le proclamate finalità politiche di tale movimento
di creazione di nuove realtà statuali - rappresentandone in
qualche modo le istituzioni di polizia e militare - mediante
la creazione di una struttura gerarchicamente organizzata ed
opportunamente addestrata per un eventuale impiego collettivo
in azioni di violenza e minaccia - peraltro presentate come
azioni di legittima difesa di pretesi diritti violati - ed
utilizzata, anche, per intimidire gli aderenti contrari alle
direttive politiche dei vertici del movimento, e quindi
impedirne la partecipazione al dibattito interno, e così
imporre, attraverso la riduzione al silenzio dei dissenzienti,
all'interno dello stesso movimento Lega Nord, una precisa
linea politica.
Con l'aggravante di armi, essendo state rinvenute
numerose armi, peraltro legittimamente detenute, munizioni ed
esplosivo nelle abitazioni di vari aderenti
all'associazione.
IN VERONA IN UN PERIODO RICOMPRESO TRA GIUGNO E SETTEMBRE
1996;
come da richiesta di rinvio a giudizio in data odierna qui da
intendersi integralmente trascritta ed al presente atto
allegata.
Pag.6
RILEVATO:
che, a seguito di distinte autorizzazioni del Giudice per
le indagini preliminari del Tribunale di Verona del 19 agosto
1997; 5 settembre 1997; 10 settembre 1997; 19 settembre 1997
(e successive autorizzazioni di proroghe), sono state disposte
ed eseguite intercettazioni telefoniche sulle utenze intestate
ed in uso, rispettivamente, alle seguenti persone sottoposte
ad indagini:
1) utenza in uso a Flego Enzo n. (omissis);
2) fax in uso a Flego Enzo n. (omissis);
3) utenza in uso a Flego Enzo n. (omissis);
4) utenza in uso a Mazzonetto Alberto n.
(omissis);
5) utenza in uso a Mercanzin Marco n. (omissis);
6) utenza in uso a Mercanzin Marco n. (omissis);
7) fax in uso a Mercanzin Marco n. (omissis);
che tra tutte le conversazioni telefoniche
conseguentemente intercettate e registrate, la Procura
generale ha individuato nelle conversazioni che saranno di
seguito elencate, come sicuri interlocutori del
controllato:
BOSSI Umberto: per le conversazioni ritenute rilevanti e
qui di seguito elencate
1) ore 21,06 del 3 settembre 1997 ut. Flego;
2) ore 16,10 del 21 settembre 1997 ut. Flego;
3) ore 18,33 del 29 settembre 1997 ut. Flego;
4) ore 09,16 del 30 settembre 1997 ut. Flego;
5) ore 09,03 del 17 ottobre 1997 ut. Flego;
6) ore 07,55 del 3 novembre 1997 ut. Flego;
7) ore 09,21 del 3 novembre 1997 ut. Flego;
8) ore 16,11 del 30 settembre 1997 ut. Mazzonetto.
CALDEROLI Roberto: per la conversazione ritenuta
rilevante e qui di seguito elencata
1) ore 20,17 del 5 settembre 1997 ut. Flego.
CHIAPPORI Giacomo: per la conversazione ritenuta
rilevante e qui di seguito elencata
1) ore 13,20 del 18 settembre 1997 ut. Flego.
Pag.7
VASCON Luigino: per le conversazioni e fax ritenuti
rilevanti e qui di seguito elencati
1) ore 19,21 dell'8 settembre 1997 ut. Mercanzin
Marco;
2) ore 11,06 del 22 settembre 1997 ut. Mercanzin
Marco;
3) ore 16,03 dell'11 settembre 1997 ut. Mercanzin
Marco;
4) ore 13,13 del 6 ottobre 1997 (fax Mercanzin);
5) ore 07,51 del 27 settembre 1997 (fax Mercanzin).
MARONI Roberto: per le conversazioni ritenute rilevanti e
qui di seguito elencate
1) ore 12,32 del 28 settembre 1997 ut. Flego;
2) ore 13,52 del 30 ottobre 1997 ut. Flego;
3) ore 19,18 del 30 ottobre 1997 ut. Flego;
4) ore 10,18 del 31 ottobre 1997 ut. Flego.
CAVALIERE Enrico: per la conversazione ritenuta rilevante
e qui di seguito elencata
1) ore 15,26 dell'11 settembre 1997 ut. Flego.
tutti membri del Parlamento tutelati dalle immunità di cui
all'articolo 68 della Costituzione, e persone computate nei
suelencati procedimenti ovvero sottoposte anch'esse ad
indagine in procedimento connesso.
CONSIDERATO:
che queste conversazioni non appaiono, a differenza di
altre, manifestamente irrilevanti, riferendosi comunque, nel
più ampio contesto delle diverse, convergenti risultanze
processuali, a fatti concernenti la possibile utilizzazione a
scopi politici dell'associazione, presuntivamente di tipo
militare, variamente denominata delle Camicie verdi o Guardia
nazionale padana e/o della Compagnia della Libertà;
che le risultanze anzidette scaturiscono da
intercettazioni non suscettibili di richiesta di preventiva
autorizzazione ex articolo 68 comma 3, della
Costituzione, proprio perché non riguardanti utenze
telefoniche intestate o in uso a parlamentari;
che, dopo la mancata conversione in legge, il
decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 555, recante "disposizioni
urgenti per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione",
ha "perso efficacia sin dall'inizio" ex articolo 77
della Costituzione, e che pertanto, in assenza di specifica
previsione normativa, si deve pienamente condividere
l'indirizzo già espresso in talune decisioni secondo cui "la
peculiare garanzia di cui all'articolo 68 della Costituzione
concerne il caso dell'assoggettamento a controllo di utenze in
uso a membri del Parlamento, a tanto la Autorità Giudiziaria
dovendo essere autorizzata dalla Camera di appartenenza, a
tutela della funzione parlamentare", apparendo
Pag.8
quindi indiscutibile "la piena utilizzabilità" delle
conversazioni nei confronti di "soggetti non appartenenti
all'organo costituzionale", ai quali non può certo essere
estesa, nel silenzio della legge ordinaria e costituzionale, e
in contrasto con i principi di eguaglianza di tutti i
cittadini davanti alla legge e di obbligatorietà dell'azione
penale, la garanzia eccezionalmente riservata
dall'articolo 68 della Costituzione alla persona del
parlamentare a salvaguardia della fondamentale funzione dallo
stesso esercitata.
Proprio in un'ottica di assoluta e incondizionata
salvaguardia di tale funzione, e delle garanzie ad essa
strumentali, possono tuttavia prudenzialmente condividersi
quegli orientamenti interpretativi che dilatandone al massimo
l'applicazione, e ben oltre la lettera e il meccanismo stesso
delle previsioni costituzionali sub articolo 68 della
Costituzione, subordinano però ad una autorizzazione,
inevitabilmente postuma della Camera di appartenenza, la
utilizzabilità delle conversazioni intercettate presso utenze
di "terzi", anche nei confronti del membro del Parlamento che
a tali conversazioni risulti aver partecipato. E poiché, nella
fattispecie, accanto alla sicura, ed allo stato pacifica,
utilizzabilità delle conversazioni nei confronti dei "laici"
coimputati non parlamentari si pone altresì un problema di
utilizzabilità di tali risultanze anche a carico di BOSSI,
MARONI, CAVALIERE parlamentari coimputati, e CHIAPPORI,
CALDEROLI e VASCON sottoposti anch'essi ad indagine per
l'ipotizzata partecipazione ai medesimi reati, si ritiene
doverosa la trasmissione di copia dei relativi atti al
Presidente della Camera di appartenenza dei suddetti
parlamentari BOSSI Umberto, CALDEROLI Roberto, CHIAPPORI
Giacomo, VASCON Luigino, MARONI Roberto, CAVALIERE Enrico per
il seguito di competenza ex articolo 68 comma 3 della
Costituzione in ordine alla autorizzazione ad utilizzare anche
nei loro confronti le intercettazioni sopra elencate;
PQM
richiede al Sig. Presidente della Camera dei Deputati
l'autorizzazione ad utilizzare nei confronti di: BOSSI
Umberto, CALDEROLI Roberto, CHIAPPORI Giacomo, VASCON Luigino,
MARONI Roberto, CAVALIERE Enrico le risultanze delle
intercettazioni telefoniche in premessa descritte e
conseguentemente dispone la trasmissione di copia integrale
dei relativi atti.
Verona, lì 27 gennaio 1998.
I pubblici ministeri:
Dott. Guido Papalia
Dott. Mario Giulio Schinaia
Dott. Antonino Condorelli
Pag.9
ALLEGATO
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI VERONA
nn. 96/000081, 96/000100, 96/000101, 96/014398, 96/014531,
97/000803, 97/001440, 97/001805, 97/001860, 97/001861,
97/001914, 97/002128, 97/002303, 97/002312, 97/002426,
97/002586, 97/002723, 97/002762, 97/002807, 97/2866
R.G.N.R.
RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO
Il Pubblico Ministero;
Visti gli atti dei procedimenti penali in epigrafe
indicati nei confronti di:
1) BORGHEZIO MARIO nato il 3 dicembre 1947 a Torino
(omissis);
2) BOSIO BERNARDINO nato l'11 maggio 1953 a Montabone
(omissis);
3) BOSSI UMBERTO nato il 19 settembre 1941 a Cassano
Magnago (omissis);
4) FLEGO ENZO nato l'11 agosto 1940 a Verona
(omissis);
5) GNUTTI VITO BRUNO nato il 14 settembre 1939 a
Lumezzane (omissis);
6) MARCHINI CORINTO AMEDEO nato l'8 agosto 1947 a Melzo
(omissis);
7) MARONI ROBERTO nato il 15 marzo 1955 a Varese
(omissis);
8) MAZZONETTO ALBERTO nato il 24 maggio 1950 a Scorzè
(omissis);
9) PAGLIARINI GIANCARLO nato il 23 aprile 1942 a Milano
(omissis);
10) SPERONI FRANCESCO ENRICO nato il 4 ottobre 1946 a
Busto Arsizio (Varese) (omissis);
11) AUGUSSORI LUIGI nato il 27 ottobre 1972 a Lodi
(omissis);
12) BACCHIN FRANCESCO MARIA nato il 20 giugno 1941 a
Farra d'Isonzo (omissis);
13) BALDANI LUCA nato l'11 agosto 1970 a Mantova
(omissis);
14) BEVEGNI LORENZO nato il 19 aprile 1950 a Genova
(omissis);
15) BOSISIO ALBERTO MARIA nato il 1^ settembre 1953 a
Lecco (omissis);
16) BRAGANTINI MATTEO nato il 23 settembre 1975 a
Verona (omissis);
17) CAVALIERE ENRICO nato il 13 dicembre 1958 a Venezia
(omissis);
18) CAVALLIN STEFANO nato il 1^ febbraio 1967 a Varese
(omissis);
19) CAVALLINI SERGIO nato il 14 aprile 1955 a Torino
(omissis);
Pag.10
20) CERESA ROBERTO nato il 15 settembre 1954 a Torino
(omissis);
21) CERINI FABIANO nato il 27 ottobre 1971 a Asola
(omissis);
22) CORINI ANGELO nato il 13 dicembre 1976 a Cremona
(omissis);
23) FORMENTINI MARCO nato il 14 aprile 1930 a La Spezia
(omissis);
24) GOBBO GIAN PAOLO nato il 1^ aprile 1949 a Treviso
(omissis);
25) GOMARASCA MORENO nato il 15 settembre 1967 a
Corbetta (omissis);
26) GRAMMATICA LUCIANO nato l'8 luglio 1969 a Como
(omissis);
27) MADDALENA GIUSEPPE nato il 17 agosto 1965 a Vicenza
(omissis);
28) MAGAGNINI PATRIZIO nato il 24 aprile 1957 a Cison
di Valmarino (omissis);
29) MAGROTTI STEFANO nato il 9 settembre 1964 a Broni
(omissis);
30) MAZZONI FABIO nato il 20 luglio 1967 a Milano
(omissis);
31) MERCANZIN MARCO nato il 23 giugno 1968 a Padova
(omissis);
32) NICOLETTO GIOVANNI nato il 12 gennaio 1953 a
Fonzaso (omissis);
33) PAGGI RICCARDO nato il 18 luglio 1969 a Chiavenna
(omissis);
34) PERIN RENZO nato l'8 luglio 1949 a Spresiano
(omissis);
35) PINI TIZIANO nato il 18 aprile 1948 a Modena
(omissis);
36) POLLINI ALFREDO nato il 22 dicembre 1925 a Milano
(omissis);
37) PROVENZI PIERCARLO nato il 3 febbraio 1969 a Milano
(omissis);
38) ROBBIANI ANDREA AMBROGIO nato il 13 agosto 1967 a
Milano (omissis);
39) SAVOI ALESSANDRO nato il 17 agosto 1958 a Cembra
(omissis);
40) SECCO GIAMPIETRO nato il 9 settembre 1946 a Meolo
(omissis);
41) ZANARDINI MARIO nato il 19 ottobre 1966 a Brescia
(omissis);
IMPUTATI:
a) del reato di cui agli articoli 110, 241 codice
penale per avere, agendo in concorso tra loro e con molte
altre persone, alcune identificate ed altre ancora da
identificare, commesso fatti diretti a disciogliere l'unità
dello Stato italiano attraverso la disgregazione del suo
territorio, ed a creare una nuova entità statuale, denominata
"padania", e costituita da una federazione di stati
comprendente le regioni del Nord Italia ed il relativo
territorio, mediante la realizzazione e concreta operatività
di una complessa ed articolata struttura di carattere militare
denominata "camicie verdi" o "guardia nazionale padana",
dotata di apposita uniforme e rappresentante le istituzioni
militari e di polizia della nuova entità statuale -
giustificata artificiosamente da una pretesa identità
nazionale "padana" distinta da quella italiana, ed a
quest'ultima contrapposta - della quale sono stati istituiti
ed organizzati in
Pag.11
apposite sedi gli organismi più rappresentativi,
espressamente qualificati "governo" e "parlamento della
repubblica federale padana", con la conseguente pubblicazione
di una gazzetta ufficiale contenente la raccolta "degli atti
delle istituzioni della padania"; poi convocando, dopo alcuni
tentativi di ottenere il riconoscimento da parte della
comunità internazionale di questa nuova entità
artificiosamente creata, apposite "elezioni padane", e
chiamando così al voto tutti i cittadini italiani residenti
nel territorio del Nord Italia per eleggere, secondo le regole
di una presunta "regolare" competizione elettorale, e dopo la
presentazione di numerose liste con appositi candidati, i
rappresentanti del cosiddetto "parlamento della padania";
b) del reato di cui agli articoli 110, 283 del
codice penale per avere, agendo in concorso con numerose altre
persone, alcune identificate ed altre da identificare, tenendo
i comportamenti descritti nel capo a), compiuto fatti
diretti a mutare la costituzione dello Stato ed i modi di
esercizio della sovranità e, in particolare, a modificare i
princìpi fissati dagli articoli 5 e 12 secondo i quali la
Repubblica è "una ed indivisibile" (essa sola) "riconosce e
promuove le autonomie locali", ed ha come bandiera "il
tricolore italiano, verde, bianco e rosso";
c) del reato di cui all'articolo 271 del codice
penale per avere, mediante la costituzione degli organismi
rappresentativi della cosiddetta repubblica federale della
padania promosso, costituito, diretto ed organizzato una
associazione diretta a distruggere e deprimere il sentimento
nazionale istigando al disprezzo ed al vilipendio della
bandiera nazionale, tenendo tutti i comportamenti descritti
nel capo a) che precede e, in particolare,
rappresentando lo Stato italiano come colonizzatore delle
terre del Nord Italia ed impegnando, con apposito giuramento
espressamente pronunciato, da ultimo, nel corso della
manifestazione tenutasi a Venezia il 14 settembre 1997, tutti
gli aderenti a tale associazione ad opporsi con "ogni mezzo"
allo Stato italiano e ad impegnarsi "nella lotta per la
libertà e l'indipendenza della padania" portando a
testimonianza del giuramento la "vita, la fortuna ed il sacro
onore";
d) del reato di cui agli articoli 81 del codice
penale, 1 e 2 del decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43,
per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, promosso, costituito, diretto, e partecipato - con
molte persone, alcune identificate ed altre da identificare -
ad una associazione di carattere militare con scopi politici,
denominata "camicie verdi", poi confluita in altra più
complessa struttura denominata GNP (guardia nazionale padana),
organizzata secondo precise regole di ammissione e
reclutamento degli aderenti - tutti dotati di uniforme
costituita da una camicia verde con maniche lunghe recante un
particolare stemma sulla manica sinistra e sul taschino
sinistro - e di inquadramento in gruppi territoriali
gerarchicamente organizzati, con l'individuazione di
responsabili locali tenuti a seguire rigorosamente le
direttive del "capo" o delle persone da lui delegate, ed a
riferire periodicamente sull'attività compiuta in esecuzione
di tali direttive: associazione contigua al movimento politico
Lega Nord ed avente lo scopo di meglio attuare e di rendere
praticabili le proclamate finalità politiche di tale movimento
di creazione di nuove realtà statuali - rappresentandone in
qualche modo le istituzioni di polizia e militare - mediante
la creazione di una struttura gerarchicamente organizzata ed
opportunamente addestrata per un eventuale impiego collettivo
in azioni di violenza e minaccia - peraltro
Pag.12
presentate come azioni di legittima difesa di pretesi diritti
violati - ed utilizzata, anche, per intimidire gli aderenti
contrari alle direttive politiche dei Vertici del movimento, e
quindi impedirne la partecipazione al dibattito interno, e
così imporre, attraverso la riduzione al silenzio dei
dissenzienti, all'interno dello stesso movimento Lega Nord,
una precisa linea politica.
Con l'aggravante di armi, essendo state rinvenute
numerose armi, peraltro legittimamente detenute, munizioni ed
esplosivo nelle abitazioni di vari aderenti
all'associazione.
IN VERONA IN UN PERIODO RICOMPRESO TRA GIUGNO E SETTEMBRE
1996;
PREMESSO:
che il presente procedimento riguarda fatti, e cioè
azioni e comportamenti che, seppure politicamente motivati,
hanno travalicato il limite delle intenzioni o delle mere
manifestazioni di pensiero, ponendo concretamente in essere
un'attività esecutiva di lesione di beni penalmente
protetti;
che, in linea generale e con riferimento alle singole
ipotesi delittuose indicate nei capi di imputazione, non viene
mai contestata la semplice diffusione o propaganda dell'idea
secessionista mirante alla creazione di una nuova entità
statuale, e ciò in quanto nel nostro ordinamento non esiste
una norma che punisce la diffusione di tali idee (come,
invece, avviene per la diffusione di idee fondate sulla
superiorità o sull'odio razziale o etnico, punita
dall'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975 n. 654 come
modificato dalla c.d. legge Mancino 25 giugno 1993 n. 205), né
le associazioni che si pongono tale finalità, se non nei casi
in cui tali comportamenti realizzano le ipotesi di istigazione
o apologia di reato;
che queste considerazioni valgono anche per la
contestazione di cui al capo c) in quanto le condotte
ivi previste non riguardano la semplice attività di propaganda
tendente a distruggere o deprimere il sentimento nazionale, ma
il compimento di singoli atti concreti chiaramente ed
univocamente finalizzati a distruggere il sentimento
nazionale, quanto meno sotto il profilo della coscienza
dell'unità territoriale dello Stato, ed a suscitare violente
reazioni contro lo Stato italiano definito "oppressore" (v. la
formula del giuramento prestato a Venezia il 14 settembre
1997);
che sono particolarmente significativi a tal fine,
oltre ai comportamenti indicati nel capo d'imputazione, le
rituali manifestazioni di c.d. "alzabandiera" tenute in
occasione dell'inizio dei lavori del c.d. "parlamento della
padania" in varie parti del territorio del Nord Italia con una
particolare simbologia tendente a rendere visibile, oltre alla
bandiera della nuova entità statuale, anche le strutture
"militari" rappresentative di tale nuova entità (cfr. le note
DIGOS del 13 marzo 1997, 17 giugno 1997 e 23 luglio 1997);
che, pertanto, nessun capo d'imputazione riguarda
semplici manifestazioni del pensiero e può, quindi, essere
ricondotto nel novero dei reati d'opinione;
Pag.13
che, in particolare, i delitti di attentato contestati
riguardano atti concreti idonei ed univocamente diretti alla
"rottura" della Costituzione ed alla "disgregazione" del
territorio dello Stato italiano;
che tutte le condotte poste in essere realizzano le
ipotesi di reato specificamente indicate nei capi di
imputazione per la realizzazione delle quali, peraltro, non è
richiesto dalle norme incriminatrici alcuno specifico, atto
fraudolento o violento;
che fra gli elementi acquisiti ed utilizzati nel
presente procedimento ve ne sono alcuni derivanti da
conversazioni telefoniche intercettate - sulla base delle
prescritte autorizzazioni del Gip del Tribunale di Verona - su
utenze intestate a imputati non tutelati dall'immunità di cui
all'articolo 68 Costistuzione;
che peraltro, nel corso di queste intercettazioni, sono
in taluni casi, intervenuti, oltre alle persone titolari delle
utenze sottoposte al controllo, parlamentari, e che ai fini
della eventuale utilizzazione di tali specifiche conversazioni
anche nei confronti degli stessi parlamentari, imputati nel
presente procedimento o persone sottoposte ad indagini in
procedimento connesso, è stata in data odierna richiesta
apposita autorizzazione all'assemblea parlamentare di
appartenenza; cosicché si deve, allo stato ed in mancanza
delle dette autorizzazioni, ribadire che il deposito, e la
conseguente utilizzazione, di tali conversazioni intercettate,
abbiano effetto, e siano limitati, esclusivamente nei riguardi
degli imputati non parlamentari;
RILEVATO:
che dalle dichiarazioni rese in moltissime occasioni, e
dai comportamenti tenuti e specificamente indicati nei capi di
imputazione, di per sé chiaramente esplicativi ed attuativi di
quanto verbalmente affermato, appare evidente che, al di là
della immediata e diretta efficacia vincolante delle
istituzioni ed organismi così creati, tali entità
costituiscono sicuramente atti esecutivi del proposito
chiaramente manifestato di "disciogliere l'unità dello Stato"
creando una nuova comunità politica dotata di autonomi poteri
sovrani;
che, secondo la costante giurisprudenza della
Cassazione (v. Cass. Sez. Un. 18 marzo 1970. Kofler ed altri,
c.p. 1970, 1595) e la prevalente dottrina, il reato di cui
all'articolo 241 c.p. (e, quindi, anche il reato di cui
all'articolo 283 c.p., che è anch'esso delitto di attentato) è
perfetto allorché sia posta in essere un'attività idonea a
realizzare la messa in pericolo del bene tutelato dalla norma,
che possa - cioè - essere interpretata come messa in
esecuzione di un progetto avente come obiettivo ultimo il
risultato di discioglimento dell'unità dello Stato, e che
abbia le caratteristiche di un "serio attacco all'integrità
dello Stato", di per sé solo sufficiente ad integrare il
reato;
che, infatti, la consistenza oggettiva del fatto in
relazione all'enormità dell'obiettivo teleologico dell'azione,
deve essere tale che, in rapporto al programma concepito, alla
entità dei mezzi predisposti, alla previsione di afflusso di
nuove forze e nuovi mezzi, si qualifichi come serio indizio di
un attacco contro l'integrità dello Stato; e, a tal fine, è
sufficiente che vi sia un "incominciamento" dell'azione
offensiva, in quanto il temuto "discioglimento" può
verificarsi come il risultato di una lunga serie di
concatenate azioni
Pag.14
umane, anche impreviste e casuali, di cui l'azione in esame
può costituire soltanto l'anello iniziale;
che, proprio per questo, sempre secondo la
giurisprudenza indicata, l'esigenza della repressione si forma
immediatamente occorrendo provvedere subito, in vista di quel
primo anello dell'eventuale catena di decorso dell'evento
temuto, e perciò la condotta espressa nella locuzione
"chiunque commette un fatto diretto a ..." si concreta in
relazione alla necessità di difendere lo Stato contro gli
attacchi anche soltanto incipienti alla sua sicurezza, cioè si
concreta in qualsiasi fatto interpretabile come inizio di
attacco alla integrità dello Stato";
che la stessa giurisprudenza ha affermato che,
trattandosi di fattispecie causalmente orientate, i fatti
previsti dall'articolo 241 c.p. possono anche estrinsecarsi in
manifestazioni volte a coartare la volontà degli organi dello
Stato competenti in materia di modifica del territorio, per
indurli a concessioni alle quali non avrebbero liberamente
consentito;
che sono da considerarsi come atti concreti di
attuazione di tale programma, tra gli altri ed innanzitutto,
la costituzione di un gruppo di "fedelissimi" con il segno
distintivo della camicia verde, attraverso il cui concreto
operare si materializza l'evento giuridico sanzionato
dall'articolo 241 c.p.; e quindi anche, la costituzione del
parlamento della padania con sede in Mantova, la pubblicazione
di una gazzetta ufficiale contenente la raccolta degli atti
delle istituzioni della padania, così come sono chiaramente ed
univocamente indicativi i comportamenti tenuti in questo
ultimo anno dai membri più rappresentativi del movimento e le
varie iniziative intraprese, tra le quali, in particolare,
quella delle c.d. "elezioni padane";
che, peraltro, nell'ambito di tali comportamenti vanno
nettamente distinti quelli meramente indicativi di una volontà
diretta a ledere il bene protetto e come tali rimasti ancora
nella fase degli atti preparatori, da quelli che invece hanno
dato inizio alla fase esecutiva e consumativa del delitto, con
il compimento di un atto idoneo in maniera univoca, anche con
il concorso di altri fattori - imprevisti o eventuali ma
possibili - a dar vita ad un processo di attività conducente
all'evento naturalisticamente inteso, dell'effettivo
discioglimento; "atto univocamente idoneo" quindi che, come
tale - data la particolare struttura del delitto di attentato
e la sua funzione di "difesa anticipata" - realizza ed integra
già di per sé e pienamente l'evento giuridico. consistente
nell'offesa al bene immediatamente e direttamente protetto
dalla norma incriminatrice (e quindi non già nel compiuto
discioglimento dell'unità dello Stato, ma pur sempre
nell'effettivo pericolo di tale discioglimento):
che, come già rilevato concordemente da tutti gli
uffici di Procura interessati nella riunione di collegamento
delle indagini ex artt. 371 c.p.p. e 118- bis disp.
all. c.p.p. tenutasi a Mantova nel mese di giugno 1997, tale
momento iniziale dell'attività esecutiva va individuato in
quello in cui si è resa realmente e concretamente operativa la
struttura delle c.d. "camicie verdi" avente consistenza e
caratteristiche militari e, all'apparenza, rappresentante in
qualche modo le istituzioni di polizia e militare della nuova
realtà statuale denominata repubblica federale padana;
che a tal fine sono particolarmente significativi vari
elementi di fatto emersi dalle indagini tra cui vanno
particolarmente evidenziati:
Pag.15
a) i comportamenti tenuti, in occasione dei comizi
dell'onorevole Bossi e di altri esponenti di rilievo del
movimento politico Lega Nord, dai componenti della struttura
delle camicie verdi o G.N.P. addetti alla "scorta" con uso di
auto dotate di lampeggiatori e palette e palesemente armati
(cfr. in proposito l'episodio del 14 settembre 1996 a Boretto
di Reggio Emilia di cui a f. 31 del fascicolo principale vol.
1; l'episodio avvenuto a Rovigo di cui al f. 78 fascicolo
principale vol. 1; l'episodio avvenuto a Vicenza il 26-27
ottobre 1996 di cui alla nota DIGOS dell'8.11.1996 p.18-19 ; i
fatti avvenuti a Savona il 6.4.1997 di cui alla nota DIGOS del
21.4.1997, nonché la notevole disponibilità di armi anche se
detenute legittimamente da parte di molti aderenti alle
camicie verdi, come risulta dal verbale di perquisizione
nell'abitazione di MARCHINI Corinto, dalla nota di cui ai ff.
46 e 50 del fascicolo principale vol. 1 e dalla nota DIGOS del
20.6.1997, nonché ancora dall'impiego di camicie verdi di
diversi comuni per attività e manifestazioni compiute in
luoghi diversi, come risulta dalla nota DIGOS dell'8.1.1996
p.18);
b) i contenuti delle conversazioni intercorse, nei
mesi precedenti le "elezioni padane", tra i van "comandanti
territoriali" delle singole "compagnie" (come ad es., e fra
gli altri, il CORINI e il MAGROTTI comandanti delle camicie
verdi, rispettivamente, di Cremona e Pavia, c.t.i. del
3.9.1997 h.23,06', vedi infra sub n.4), e il MERCANZIN,
delle camicie verdi di PADOVA, in varie conversazioni tra cui
di particolare interesse risulta anche quella del 26.8.1997,
h.11,34, vedi infra sub n.1) e il loro più attivo ed
operativo referente "supernazionale" (leggi: interregionale)
FLEGO Enzo, animatore e protagonista della lista "destra
padana", i cui candidati "sono stati scelti tra gli
appartenenti delle CAMICIE VERDI della COMPAGNIA DELLA
LIBERTA'", e cioè fra persone che si sono votate a dedicare
parte della loro vita per la difesa attiva delle istituzioni e
dei parlamentari della padania... e che sono ritenuti lo
ZOCCOLO DURO nella lotta per l'indipendenza padana "(cfr. in
termini fax h.9,16 del 10.10.1997 inviato all'utenza del
FLEGO da BOATTO Stefano);
c) il tenore del materiale documentale e degli
appunti anche manoscritti acquisiti nel corso delle varie
perquisizioni eseguite presso i domicili dei dirigenti
dell'associazione anzidetta, con rilevanti accenni agli
atteggiamenti "tattici" ed agli obiettivi "strategici" delle
camicie verdi, in una ambigua, ma a suo modo eloquente,
convivenza di proposizioni all'apparenza contraddittorie,
quali ad es. quelle sul preteso carattere non militare e non
riservato dell'associazione e sul dovere di cieca ed
incondizionata obbedienza degli iscritti, con specifiche
istruzioni per l'immediata eliminazione delle domande di
iscrizione inoltrate via fax all'imputato MARONI (unico
soggetto abilitato a custodirne copia, in quanto esentato dal
rischio di una perquisizione domiciliare senza preavviso)
etc.
che, come risulta dalle dichiarazioni in più riprese
rese a diversi organi di stampa da alcuni esponenti del
movimento politico Lega Nord nell'estate 1996, l'attività più
consistente di reclutamento, organizzazione ed impiego degli
appartenenti alla suddetta struttura denominata "camicie
verdi" si è svolta a Verona anche ad opera di Enzo FLEGO che,
secondo le stesse dichiarazioni da lui fatte alla stampa, è il
responsabile di tale organizzazione per tutto il Veneto. Ed il
suo indiscusso ruolo di principale esponente ed organizzatore
della lista "destra padana", nella quale si è poi
caratterizzato e direttamente espresso l'impegno politico
delle camicie verdi "nella lotta per
Pag.16
l'indipendenza padana", conferma e ribadisce la centralità e
predominanza effettuale dell'attività delle camicie verdi
veronesi capeggiate dal FLEGO;
che, pertanto, il fenomeno "camicie verdi" ha acquisito
consistenza e predominante, concreta pericolosità in Verona
(cfr. ad es. ancora c.t.i. tra FLEGO e MERCANZIN del
26.8.1997, h.11,34, in cui il primo dice all'altro che "noi
altri siamo andati a fare le ronde di qua, siamo andati a fare
le ronde di là", e il MERCANZIN mestamente ribatte "E qui a
Padova, non vogliono mica farmele fare": e comunque svariate
risultano le richieste al FLEGO provenienti dalle altre città
venete di inviare camicie verdi veronesi per supplire le
locali mancanze e insufficienze: cfr. ad es. c.t.i. tra il
FLEGO e il MAZZONETTO come quella del 28.8.1997 h.11,53 e
11,55). A Verona peraltro ha sede la c.d. "compagnia della
libertà", comandata dallo stesso FLEGO, il quale dimostra di
avere chiari rapporti di sovraordinazione gerarchica oltre che
di maggior prestigio personale nei confronti degli altri
referenti territoriali veneti e lombardi della stessa
struttura;
che tali circostanze risultano ulteriormente confermate
dal fatto che tale "compagnia" viene in più riprese indicata
come l'unica compagine realmente già operativa direttamente ed
esclusivamente alle dipendenze del "governo padano", nonché
dal fatto che anche il leader riconosciuto del movimento Lega
Nord Umberto Bossi si rivolge direttamente a Flego quando deve
impiegare esponenti delle camicie verdi in manifestazioni o in
compiti specifici o, comunque, deve dare indicazione sulla
loro utilizzazione o sulle modalità di impiego dei singoli
componenti, così come comunemente fanno i responsabili
provinciali dello stesso movimento Lega Nord;
che la concretezza e la pericolosità delle azioni sopra
indicate si ricavano non soltanto dal chiaro significato,
facilmente percepibile da tutti, che tali comportamenti hanno,
ma anche e principalmente dal fatto che gli stessi
comportamenti sono stati posti in essere non da pochi
esaltati, ma dai dirigenti di un movimento politico che ha
numerosi rappresentanti nel Parlamento nazionale, che
raccoglie notevoli consensi nelle zone nelle quali queste
attività sono state poste in essere e che, anche per questo,
riesce a convincere molte persone e ad indurle a porre in
essere atti diretti a portare ulteriormente avanti il progetto
cosiddetto di "liberazione della padania";
che sono significative, a tal fine, le dichiarazioni
rese da Secco Giampietro in data 21.11.1997, che dimostrano in
maniera inequivoca l'adesione di coloro che seguono tali
iniziative e la loro convinzione della necessità ed
operatività della nuova entità statuale fittiziamente creata e
della sua validità, nonché i comportamenti emulativi che tali
iniziative hanno già suscitato (v. la nota del c.d. M.I.P. di
cui alla nota DIGOS del 2.6.1997 e nota DIGOS del 27.2.1997
relativa alle associazioni di tiro a segno), e possono ancora
suscitare;
che, pertanto, la possibilità che gli autori di tali
gravi fatti hanno di agire dall'interno delle istituzioni
rappresentative dello Stato - che è loro intenzione disgregare
- e dall'interno di altre istituzioni rappresentative
internazionali rende ancora più grave e concreto il pericolo
di verificazione dell'evento temuto;
che la convocazione dei comizi elettorali per il giorno
26 ottobre 1997 rivolta in maniera esplicita a tutti i
cittadini residenti nel territorio del Nord Italia e diretta
ad eleggere i rappresentanti del c.d. "parlamento della
padania" e la successiva elezione ed il conseguente
insediamento del c.d.
Pag.17
parlamento della padania a Chignolo Po (v. nota DIGOS del
4.12.1997) hanno realizzato sicuramente un ulteriore atto
concatenato a tutti i precedenti e, in particolare, all'anello
iniziale rappresentato dalla costituzione delle camicie verdi,
che rende ancor più possibile e vicino l'accadimento
dell'evento temuto ed il conseguente grave danno al bene
tutelato dalle norme di cui agli articoli 241 e 283 c.p.
che tutte le attività programmate, sia per i mezzi
organizzativi impiegati e il numero delle persone coinvolte,
sia, soprattutto, per quelle che sono state le espresse, e
reiterate, pubbliche dichiarazioni dei leader politici
sottoposti ad indagine, hanno nettamente superato ogni
possibilità di equivoco tra mera operazione propagandistica e
concreta attività dichiaratamente finalizzata alla distruzione
del sentimento nazionale esortando espressamente tutti gli
aderenti a passare dalle parole ai fatti.
Si veda in particolare al riguardo, tra gli altri, il
contenuto dell'intervento di Venezia del 14 settembre 1997 del
Maroni - attualmente "capo del governo della padania" che ha
indetto le elezioni e convocato i relativi comizi elettorali -
laddove in particolare tra l'altro testualmente si afferma
(cfr. copia trascrizione DIGOS in atti del 9.10.1997, e
trascrizione integrale CT Pallara) che:
"è giunto il momento di dichiarare chiusa la fase delle
trattative... da oggi occorre passare dalle parole ai fatti..
manca solo un ingrediente alla ricetta per la libertà, un
parlamento libero e sovrano... il parlamento adotta la moneta
e arma l'esercito... Nessuno !!! può opporsi alle decisioni di
un parlamento liberamente eletto, né governi, né stati esteri,
né magistrati di importazione... questo è il motivo che ha
spinto il governo della padania a indire le prime libere
elezioni... . Con l'elezione del propio parlamento libero e
sovrano, la padania ha finalmente la legittimazione
istituzionale sufficientè e necessaria per far valere
concretamente la propria sovranità nei confronti di chiunque,
utilizzando ogni mezzo... ripeto ogni mezzo, consentito dalle
norme del diritto internazionale... Ecco, questo momento sta
per arrivare, il ventisei ottobre i cittadini padani saranno
chiamati ad esprimersi sul loro futuro, ...; l'obiettivo del
governo è di fare in modo che sotto questi bianchi gazebo
della libertà venga almeno il doppio dei quasi cinque milioni
di cittadini... referendum... . Se ciò accadrà!!... e ciò
accadrà!!... allora il nostro parlamento avrà ogni legittimo
potere di approvare leggi e di dare loro piena e immediata
esecuzione: ... La sovranità popolare da cui riceve la sua
legittimazione gli consentirà di opporsi con ogni mezzo
consentito dal diritto internazionale a...".
In relazione a tali enunciazioni (specifiche e concrete,
e pertanto già di per sé idonee, nel contesto di riferimento
soggettivo ed oggettivo in cui sono state espresse, ad
integrare una reale situazione di pericolo), si appalesano
come particolarmente significative ed allarmanti le risultanze
di talune attività di indagine sui comportamenti, tenuti o
progettati, dai leaders dell'associazione di carattere
militare delle "camicie verdi" di cui al capo d) delle ipotesi
di reato sopra formulate.
Meritano, in proposito, particolare attenzione le
dichiarazioni rese dall'on. Irene Pivetti circa l'attività
palesemente intimidatoria adottata nei suoi confronti da
alcuni esponenti di tale struttura, su precise indicazioni dei
vertici, per impedirle di manifestare liberamente la propria
opinione all'interno
Pag.18
del movimento politico Lega Nord, ed il motivato dissenso su
alcune scelte politiche in chiave dichiaratamente
secessionista dei vertici dello stesso movimento.
A conferma di tali intimidazioni - oltre che del forte
vincolo d'obbedienza di tipo militare che lega gli aderenti
all'associazione - va ricordato l'inequivoco contenuto
dell'intervista (1) rilasciata al giornalista della "Stampa"
Fabio Poletti da un responsabile territoriale delle camicie
verdi (di nome Andrea, che "compie 29 anni giusto oggi"
13.8.1996) agevolmente individuabile nell'imputato Andrea
ROBBIANI (nato il 13.8.1967 e res.te in Casatenovo) (2) (cfr.
deposizioni di Irene Pivetti del 22 e 29.9.1996, e del
10.11.1997, articolo sul quotidiano la "Stampa" del 14.8.1996,
e deposizione Poletti del 17.11.1997; nonché quanto emerge,
sia pur indirettamente, dalla lettera del 27.8.1996 trasmessa
dal segretario della Lega Nord-Liga Veneta a tutti i segretari
del Veneto, a conferma di un disagio avvertito anche da alcuni
dirigenti del movimento).
D'altronde, nell'ambito della invocata opposizione "con
ogni mezzo" a qualsiasi intervento (di "governi, stati esteri,
magistrati di importazione") volto a limitare la sovranità del
nuovo Stato, e di quella che sarebbe destinata ad essere la
sua massima rappresentanza politico-parlamentare, il ruolo, le
azioni ed i programmi dell'associazione militare sembrano
infatti già delinearsi - nell'intenzione e nelle iniziative di
chi l'ha concepita e di chi la dirige - attraverso espliciti
inviti a valutarne, e "contarne", la consistenza e capacità
operativa anche sul terreno dello scontro fisico e violento
con le Forze dell'Ordine. Si vedano soprattutto in tal senso
le conversazioni telefoniche intercettate del 18.9.1997.
13,20" sull'utenza (omissis), 21.9.1997. h.16.10
sull'utenza nr. (omissis), 29.9.1997, h.18.33' e
30.9.1997 h.9.16' sulla medesima utenza, 30.9.1997 h,16.11'
sull'utenza (omissis) (all. 4 DIGOS Venezia del
2.10.1997).
Già in più occasioni, infatti, il carattere di una forte
gerarchizzazione di tipo militare era emerso fortemente, anche
sul piano semantico, nelle parole, e negli scritti, del
"responsabile nazionale" veneto FLEGO, comandante della
"Compagnia della libertà", e di taluni altri suoi referenti
territoriali o "coordinatori provinciali". Si esaminino ad
es.:
1) c.t.i. del 26.8.1997. h.11,34 sull'utenza
(omissis), in cui il FLEGO e il suo interlocutore (il
coimputato MERCANZIN Marco), dopo aver conversato su
iniziative varie di "ronde" fatte dalle camicie verdi
veronesi, e che altri, non meglio precisati personaggi, "non
vogliono far fare" a Padova, concordano sul loro atteggiamento
di disciplinata attesa di "direttive precise" giacché:
"noialtri aspettiamo, siamo dei soldati agli ordini e
basta";
(1) "Noi eseguiamo gli ordini. Solo questo. Personalmente
mi può anche dispiacere, ma gli ordini sono ordini".
(2) ROBBIANI Andrea, secondo gli organigrammi acquisiti
nel corso della perquisizione domiciliare del MARCHINI
Corinto, avrebbe l'incarico di responsabile "nazionale" delle
camicie verdi per la Lombardia.
Pag.19
2) fax del 27.9.1997 trasmesso dall'utenza
(omissis) dal suddetto MERCANZIN "Coordinatore
Provinciale G.N.P. - Padova", in cui tra l'altro si
professa
"totale abnegazione alle gerarchie";
3) c.t.i. del 18.9.1997 h.13,50' all. 4 DIGOS Padova del
19.9.1997, dove si fa riferimento - da parte dello stesso
MERCANZIN - ad "un ruolo di chi per esempio in un esercito fa
il Capo dello stato maggiore... e puoi scegliere gli uomini
magari anche quelli che ti possono servire per le camicie. Hai
in mano uno strumento potente che è quello di aver un
controllo di qualità..."
4) c.t.i. del FLEGO con i vari comandanti provinciali
CORINI, MAGROTTI ed altri, del 3.9.1997 h.23,06 sull'utenza
nr. (omissis), in uso al FLEGO, soprattutto sulle
conseguenze operative delle elezioni del parlamento padano per
la struttura militare:
"F. - Ecco, perché adesso il nostro lavoro è limitato,
no, perché non è ancora da decide...., ma quando sarà
funzionante il governo fino in fondo.... noi siamo.
C. - Allora....
F. - ... diventeremo operativi in tante cose
C. - ... nel momento in cui sarà funzionante il governo
sto dicendo a quelli che ho davanti...
F. - Eh.
C. - Noi diventiamo operativi in tutti i sensi.
F. - Sì sì sì.
C. - A favore del governo.
F - Sì, del governo del parlamento di tutto quello che è
de.... (seguono parole incomprensibili)... continente alla
padania".
E, ancora, nella documentazione sequestrata a seguito
delle perquisizioni disposte presso i domicili di taluni
"comandanti provinciali" nel novembre 1996 si erano rilevate
tracce documentali di tale gerarchizzazione, ed accenni
inequivoci ad un uso delle "camicie verdi" o della "GNP" come
"struttura operativa" di primo intervento, peraltro circondata
da una certa "riservatezza", quanto almeno alla sua
composizione (cfr. ad esempio manoscritti All. 7.8 e 7.9 DIGOS
Verona 19.12.1996, trovati presso l'imputato GRAMMATICA
Luciano, responsabile di Como della GNP, secondo cui:
"... Per ora la GNP deve farsi vedere sul territorio,
sfilare ecc. Il Responsabile Prov.le deve essere il referente
fidato di Maroni, il quale nella prima fase deve essere il
filtro. Nessuno deve tenere elenchi o liste di nomi, solo
Maroni... I nominativi si spediscono via fax e poi si elimina
il foglio di adesione." e "..Noi siamo la punta della politica
indipendentista, quindi dobbiamo tenere un certo comportamento
e una certa riservatezza che non è segretezza perché siamo
un'Associazione legalmente riconosciuta con soci pubblici
(l'elenco lo tiene Maroni, solo lui)" - sic! - "...la
GNP deve fare non
Pag.20
parlare. L'organizzazione ha la sua forza" - n.b. - "nella
disciplina(!?) - la punteggiatura in parentesi è nel testo
originale - "...Gli Schutzen e i Sardi sono organizzazioni
armate e hanno i gradi; questo fatto verrà tirato fuori al
momento giusto... bisogna sapersi mobilitare in tempi
rapidissimi, anche nel cuore di notte per poche ore
dopo...".
Ma il richiamo a questa capacità operativa di immediata
mobilitazione ed ai suoi obiettivi e funzioni diventa, nel
quadro di una utilizzazione politica "a tutto campo" della
associazione militare - chiamata anche a partecipare
direttamente con una propria "lista" alla competizione
elettorale del 26 ottobre per impersonarvi il ruolo di "una
destra padana" (quanto meno nelle dichiarate intenzioni, cfr.
c.t.i. 29.9.97 h. 18,33' ut. (omissis), , dei grandi
registi della presunta "libera consultazione del popolo
padano" cui la Lega, partito tutto sommato ancora "italiano"
in quanto presente nel relativo Parlamento, non
parteciperebbe) - ancora più esplicito ed allarmante nella
citata sequenza delle c.t.i. del 18.9.1997, h.13,20
"sull'utenza (omissis), 21.9.1997. h. 16.10 sull'utenza
nr. (omissis), , 29.9.1997. h.18,33, e 30.9.1997 h.9.16'
sulla medesima utenza, 30.9.1997 h,16.11' sull'utenza
(omissis), (all. 4 DIGOS Venezia del 2.10.1997).
Nella prima il FLEGO, che in più occasioni (cfr. ad
esempio c.t.i. del 10.9.97 h.14.47 sull'utenza
(omissis), in allegato a DIGOS Verona 17.9.1997) ha
esaltato, e difeso polemicamente con notevole aggressività, la
"centralità" della sua "Compagnia della Libertà", come
strumento operativo alle dirette ed esclusive dipendenze del
"governo padano", discute con un autorevole interlocutore
"centrale" (1) delle necessità di un incontro generale di
tutte le camicie verdi, così letteralmente motivato e
definito:
C = Eh... perché l'intenzione, parlando con eh... anche
con Umberto, è di riunire tutte le camicie verdi in un solo
posto per un primo e pronto intervento: un modo di contarci,
un modo di vederci una volta, ...
C = Poi... eh... in questa prima tornata poi ci
dobbiamo vedere a Milano, farò una riunione in... prossima
settimana, con Boso, Ceresa, te, Stucchi, e tutti. Per vedere
quanto ne possiamo.... quanto ne contiamo, no! Boso mi dice:
io ne porto trecentocinquanta; Stucchi, quello del.. del...
del.. della Lombardia, dice: io ne ho circa un migliaio;
Ceresa ne dice circa...otto o novecento, ma comunque i conti
poi li fanno precisi per capire quanti siamo...
F = Uhmm!
C = perché siamo... che arriviamo là che siamo in tre,
non si può fare, hai capito?
F = Sì.
C = Dobbiamo arrivare là per dire... ci siamo, e quel
giorno lì ci sarà anche il capo;...
F = Eh!
C = perché praticamente l'idea è questa qui no, cioè il
grande discorso del... del... del... come si chiama ?...del...
comitato tuo, eh... non comitato... come lo chiami...
(1) CHIAPPORI Giacomo, ministro della polizia regionale
nel nuovo organigramma del "governo della padania".
Pag.21
F = Sì, sì.
C = ... quello li....
F = Lascialo stare.
C = il tuo che è quello del governo e poi ci sarà... e
vuole il ripristino del discorso G. N. P. cioè guardia
nazionale
F = Ah!
C = allora a questo punto dice: ci dobbiamo incontrare
per vedere qual è la nostra forza di primo intervento e quanta
gente mettiamo insieme, hai capito!
I fidati... se vogliamo andarla a vedere.
F = Eh!
C = La
F = I doc!
C = I doc, ecco ...allora ....
F = E qui casca l'asino!
C = Ecco... voi questo conto me lo dovete fare ...
perché nella riunione che faremo la prossima settimana... poi
farò... manderò un fax da D'Amico perché io tutto comunque non
potrò fare... ma questo ve lo volevo dire di persona perché è
quello che abbiamo visto con il capo... ecco è il discorso del
governo, perché adesso tu sai che ho questa responsabilità di
merda, e vedere un pochettino ehh... se era il caso di farla o
no... se ce la facciamo o no ecco...
F = Va bene!
C = ... quindi voi cominciate a farvi i vostri conti...
ci vediamo... vediamo se poi è il caso di farla... vediamo...
e intanto io avrò la disponibilità perché la data dovrebbe
essere o il 12 o il 19...
C = Va bene! Stai a sentire Fle.... ehh contati! Vedi
un pochettino cosa riusciamo a prendere... a fare a vedere e
vediamo se riusciamo ad organizzarla, per mettere fine
definitivamente, per iniziare la nuova era. Perché noi ci
dobbiamo... dobbiamo sapere su quanta gente possiamo contare
subito, hai capito!
F = va bene!
C = Eh!
F = Si ma quegli altri sono gente che si mette la
camicia verde come quando a carnevale ci si mette la maschera,
e basta!
C = Va bhe, Flego Flego...
F = Hai capito cosa ti voglio dire.
C = Ci capiterà anche di quella gente lì.
F = Eh, no la maggior parte son di quelli lì.
C = Se noi cominciamo delle cose precise...
F = Beh! Staremo a vedere...".
Sugli scopi e sul senso di questo "contare la forza di
primo intervento", che deve "cominciare a fare cose precise",
non sembra possano esservi equivoci; certamente non ve ne sono
per l'imputato Flego Enzo che, testualmente, nella successiva
c.t.i. di appena due giorni dopo (21 settembre 1997, h.16.10)
(1) ad una domanda specifica ed inequivocabile (sulla
disponibilità delle camicie verdi ad opporsi materialmente,
fino allo scontro fisico attivo, ad eventuali azioni di forza
della Polizia) replica con un altrettanto inequivoco
riferimento alla necessità di "contarsi":
B = Bisogna essere determinati con.. ba. . solo se
l'altro attacca bisogna... menare il più possibile;
(1) Conversazione tra FLEGO e BOSSI, immediatamente
successiva ad una visita del Presidente della Repubblica nella
città di Verona.
Pag.22
F = Sì, sì;
B = Ma solo se l'altro attacca,... ma lì... quello che
vedi tu girando in giro tra la gente... tra la gente che
gravita attorno, non so se le varie difese (incomprensibile)
la gente è pronta è determinata a dar batt... a
rispondere?!:
F = A la gente guarda;
B = No, no;
F = Eh?!;
B = No la gente, la la le camicie verdi:
F = Noi siamo pronti, perché, però vedi è un fatto
Umberto bisogna contarci in ultima, perché non puoi mettere
trecento camicie verdi a far battaglia contro seicento
poliziotti;".
D'altro canto l'interesse dei massimi vertici per la
predisposizione "a menare" della "gente delle camicie verdi"
("se gli altri attaccano, legnano eccetera...bè allora...
legnate contro legnate...), è sempre più evidente ed
allarmante come si evince ancora nelle c.t.i. menzionate del
29.9.1997, h. 18.33. e 30.9.1997 h. 9.16, (1) laddove -
accanto ad un pressante invito a "tallonare Scàlfaro sempre
ovunque gestendo in maniera completamente diversa... non come
ha fatto Calderoli che è un pirla e si è diviso frangette...
frangiotte...", si colgono infine specifici, anche se assai
meno eleganti, accenni a sbocchi finali di tipo militare
"totale", che parimenti risultavano inequivocamente evocati
nel discorso di Venezia del Maroni sul ricorso a tutti "i
mezzi per far valere la propria sovranità... consentiti dal
diritto internazionale"
("B... c'è il primo giorno della caccia, fan bene di
andare a caccia, quel cazzo...
... che ti sembra... Cristo e la Madonna. In realtà e come
sempre... ragionare no! Quando viene la guerra verranno,
adesso non c'è la guerra... a un minimo di cose da fare
no!)
Ed è infine nella c.t.i. del 30.9.1997 h. 16.11'
sull'utenza (omissis) (2) (all. 4 DIGOS Venezia del
2.10.1997) che questi temi della necessità di dotarsi di forze
disponibili allo scontro fisico, e dei possibili esiti
militari generali dell'azione mirante a disciogliere l'unità
dello Stato italiano trovano contestuale espressione pur se,
anche qui, con una evidente distinzione tra eventi e
comportamenti nel "breve periodo", ed epiloghi degli stessi
"nel lungo periodo":
...
B.: Il problema, chi fa parte... chi va in piazza deve
sapere che deve menare la mano.
M.: Si, ceno questo è vero pure...
B.: Però... se no sembrate dei poveracci voi là...
M.: Mh.
B.: Eh la Lega dei poveracci deve finire insomma, ora
la Lega è di chi ha coscienza del momento storico e ha
determinazione.
(1) Altre conversazioni tra FLEGO e BOSSI, riferentesi ad
altra visita del Presidente della Repubblica nella città di
Mestre.
(2) Conversazione tra MAZZONETTO e BOSSI sul medesimo
argomento.
Pag.23
M. Ecco ci manca l'organizzazione e il servizio
d'ordine per essere pronti in piazza e bisogna che ci
organizziamo...
B.: Crealo... E ti rendi conto del ridicolo di aver
fatto un movimento di gente che sta con le gambe sotto al
tavolo no?
M.: Ho capito...
B.: Ho letto il tuo articoletto che avevi scritto sul
giornale... secondo me era un errore completo, tutte le volte
che viene Scàlfaro va contestato, se no... che... che roba
è...
M.: Sì.
B.: Eh!... voi siete di morso leggero, e quindi non
tenete la preda... la preda va tenuta e come va tenuta... a
prescindere dai sindacalisti che... a picchiare... magari,
cazzo...
B.: Quindi... posizione... non si mollano mai gli
avversari si tengono sempre... un morso po'.., poi lo si tiene
sempre l'avversario, e sembra uno che... lì il problema sai
qual è che... questo qui... il problema bisogna che tutti i
comuni... bisogna dirglielo alle famiglie di non mandare...
quando viene Scàlfaro di non mandare i figli lì... e dire che
i figli vadano... vadano...
M.: Sì, sì!
B.: Vuoi che i bambini vadano tirando fuori la bandiera
della padania...
M.: Mh! Mh!
B.: Eh! Problema di fondo non... si tratta di... di...
di... come Mussolini, non vedi?!
M. Esatto, sì! Di chiamare i bambini in piazza.
B: il problema è un pezzo di merda... improntare la
gente del Nord... va bene che gavranno...tutti... che gavremo
tutti il mitragliatore in mano... ma sarà una soddisfazione
enorme portarmi all'altro mondo il più possibile di questa
merda vivente... sono merde viventi, devono essere cancellate
da... da... lì però il problema... anche la gente va
indirizzata con chiarezza con fermezza..."
CONSIDERATO
ancora, che, per quanto riguarda l'elemento soggettivo, i
comportamenti descritti nei capi di imputazione denotano non
solo la piena consapevolezza del fatto materiale commesso da
parte dei singoli imputati, ma anche la coscienza e volontà
dell'offesa dell'interesse protetto contro il quale tali
comportamenti sono stati deliberatamente indirizzati ed ogni
volta chiaramente qualificati in chiave secessionistica. Né di
tali inequivoci comportamenti è lecito dare un'interpretazione
diversa, e più riduttiva, rispetto al significato che a quelle
azioni è stato, esplicitamente ed in innumerevoli circostanze
e sedi, dato dagli stessi autori del reato.
Con riferimento, poi, ai singoli profili di
partecipazione di ciascuno degli imputati alla commissione dei
reati ipotizzati, richiamate le precedenti, generali e anche
speciali, considerazioni (e segnatamente ad esse
definitivamente rinviando per la posizione di FLEGO Enzo (4)),
e le molteplici risultanze documentali e investigative in
atti, sinteticamente qui si osserva:
A) Bossi Umberto (3): Le maggiori responsabilità vanno
sicuramente a lui attribuite per la sua determinante
partecipazione alla fase della ideazione, programmazione, e
concreta attuazione di tutte le condotte finalizzate alla
realizzazione degli eventi di cui ai singoli capi di
imputazione, come unanimemente riconosciuto da tutti gli altri
partecipanti alle singole azioni delittuose. Per il
raggiungimento delle finalità previste egli ha svolto un ruolo
assolutamente prevalente, anche in quelle strutture nelle
quali non ha assunto una carica formale (si segnala peraltro
che lo stesso Bossi risulta, dagli atti sequestrati presso il
coimputato Marchini Corinto, a capo del Comitato
Pag.24
Provvisorio di Liberazione della Padania, cfr. annotazione
DIGOS del 26.09.1996 vol.2);
B) BORGHEZIO Mario (1) CAVALIERE Enrico (17) PAGLIARINI
Giancarlo (9) GNUTTI Vito Bruno (5): sono tutti personaggi di
grande rilievo che, insieme al capo o portavoce MARONI Roberto
(7), e subito dopo BOSSI Umberto, hanno assunto un ruolo di
primissimo piano nella commissione dei reati contestati, in
quanto anche componenti di quel governo provvisorio della
padania da cui, per esplicita e diretta volontà di BOSSI
Umberto, direttamente dipendono la gnp e le camicie verdi. Il
Borghezio poi si è specificamente contraddistinto anche per la
promozione ed organizzazione di "ronde", e per aver proposto
la formazione delle cd "guardie del nord", mentre il Cavaliere
è stato anche "reggente della gnp" (cfr. atti pp 1440/97 e
1860/97, fl.316(3)18)
C) SPERONI Francesco (10) e FORMENTINI Marco (23) hanno
svolto e continuano a svolgere al pari dei componenti del
governo provvisorio della padania di cui al precedente punto
b), un ruolo determinante nell'economia generale del programma
secessionista. Essi peraltro hanno anche impersonato un ruolo
istituzionale di primo piano nel contesto attuativo del
suddetto programma, assumendo, in successione temporale, la
"presidenza del parlamento". Il Formentini, poi, ha, da
ultimo, anche dato l'avvio alla manifestazione di Venezia del
14.9.1997 (cfr,. annotazioni Digos al riguardo), nel corso
della quale, subito dopo il suo intervento, il coimputato
Maroni ha descritto ed esaltato nei termini sopra riportati la
"svolta strategica" delle elezioni del parlamento padano (cfr.
copia trascrizione DIGOS in atti del 9.10.1997, e trascrizione
integrale CT Pallara cit.). Lo stesso FORMENTINI ha anche
"aperto i lavori nella qualità di presidente pro-tempore del
"nuovo parlamento padano"" in data 9.11.1997 in Chignolo Po
(cfr. annotazione Digos Verona 4.12.1997).
D) BEVEGNI Lorenzo (14), BOSIO Bernardino (2), BOSISIO
Alberto Maria (15), CERESA Roberto (20), GOBBO Gian Paolo
(25), MARCHINI Corinto (6) hanno fatto parte con BOSSI UMBERTO
del Comitato Provvisorio Liberazione Padania e ne hanno quindi
condiviso tutte le fondamentali decisioni in ordine alla
nascita ed agli obiettivi delle strutture militari e delle
istituzioni secessioniste. Inoltre il BEVEGNI risulta essere
stato il responsabile CV per la "nazione" LIGURIA, il CERESA è
indicato come un personaggio di primissimo piano nella
gestione delle camicie verdi (cfr. c.t.i. 18.9.97 h.13,20',
cit.), e il MARCHINI ne ha addirittura assunto per un primo
periodo "il comando supremo".
E) AUGUSSORI Luigi (11) responsabile CV LODI, BRAGANTINI
Matteo (16) responsabile CV VERONA (in supporto al FLEGO ed
alle sue dirette dipendenze), CAVALLIN Stefano (18)
responsabile CV VARESE, CORINI Angelo (22) responsabile CV
CREMONA, GOMARASCA Moreno (25) responsabile CV MILANO-Ticino,
GRAMMATICA Luciano (26) responsabile CV COMO, MADDALENA
Giuseppe (27) responsabile CV VICENZA, MAGAGNIN Patrizio (28)
responsabile CV TREVISO dopo il SECCO, MAGROTTI Stefano (29)
responsabile CV PAVIA, MAZZONI Fabio (30) responsabile CV
MILANO, MERCANZIN Marco (31) responsabile CV PADOVA, NICOLETTO
Giovanni (32) responsabile CV BELLUNO, PAGGI Riccardo (33)
responsabile CV
Pag.25
SONDRIO, PROVENZI Piercarlo (37) responsabile CV
MILANO-MONZA, ROBBIANI Andrea (38) responsabile CV LOMBARDIA,
SECCO Giampietro (40) responsabile CV TREVISO fino ai primi
mesi del 1997, ZANARDINI Mario (41) responsabile CV
BRESCIA.
Si tratta di 17 "Comandanti Provinciali"
dell'Associazione Militare di cui ai superiori capi di
imputazione. Essi sono stati individuati sulla base degli
organigrammi sequestrati presso i massimi dirigenti nazionali
e il principale referente operativo delle camicie verdi
(rispettivamente MARCHINI Corinto (6) e FLEGO Enzo (4)). A
loro carico vanno richiamate le risultanze delle disposte
perquisizioni e intercettazioni come riepilogate nelle
annotazioni di P.G. in atti, fra le quali va ricordata la
sintesi finale di cui alla nota DIGOS del 24.01.1998. Per
tutti appare evidente il coinvolgimento a livello operativo
nella anzidetta struttura militare a partire dall'attività di
reclutamento di cui è fra l'altro concreta dimostrazione il
rinvenimento di svariate schede di adesione, compilate, o in
bianco, in loro possesso, oltre alla corrispondenza,
documentazione ed appunti analiticamente indicati nelle
annotazioni di PG citate cui si rinvia.
F) BACCHIN Francesco Maria (12) per il Trentino A. Adige,
CAVALLINI Sergio (19) per la Val d'Aosta, PINI Tiziano (35)
per l'Emilia Romagna, POLLINI Alfredo (36) per il Piemonte,
SAVOI Alessandro (39) per il Friuli hanno quindi svolto il
ruolo di massimi referenti, per le rispettive "nazioni", delle
camicie verdi/guardia nazionale padana.
Quanto al BACCHIN merita di essere particolarmente
segnalata la varia documentazione acquisita nel corso di una
perquisizione domiciliare in data
29.10.1997 (cfr. Digos Trento 10.11.1997 e Digos Padova 21.11
.1997), tra cui quella su talune inquietanti proposte
operative. I vari "esempi operativi" per le camicie verdi -
che avrebbero l'obiettivo di "dare all'opinione pubblica
l'impressione che esse sono i veri tutori politici dell'ordine
pubblico", e i loro punti di forza "nella disciplina e lo
spirito di corpo" , con la creazione di "un sistema di
punizioni" applicato da "un tribunale interno" - si
ricollegano a quanto ad esempio acquisito, a seguito di
intercettazione sulle utenze dell'imputato Mercanzin Marco
alle ore 13.13 del 6.10.1997 (all. 6 alla nota Digos Padova
21.11.1997 cit.) di un fax del seguente tenore "alla
luce degli scontri tra polizia e immigrati clandestini
desidero avanzare la seguente proposta a nome delle camicie
verdi...". E del resto il dato riscontrabile dalla bozza di
documento sequestrato a Trento, della indicazione di Padova
come luogo di sua elaborazione, è significativo dei
collegamenti esistenti tra i vari referenti territoriali.
G) BALDANI Luca (13), CERINI Fabiano (21) risultano avere
svolto, e tuttora svolgere, un ruolo importante anche se
differenziato nella gestione delle camicie verdi nel
territorio di Mantova, probabilmente colmando anche il vuoto
lasciato dall'apparente inattività dell'originario referente
provinciale CARPEGGIANI Massimo, per il quale si procede
separatamente. Si vedano al riguardo le risultanze delle
indagini di P.G. compendiate nell'annotazione conclusiva
Questura Mantova del 24.10.1997 DIGOS Mantova. Il CERINI, tra
l'altro, ha organizzato e diretto nel comune di ASOLA servizi
di "ronda padana" consistenti nella suddivisione in gruppi di
3 o 4 elementi e nel "pattugliamento delle zone urbane di
rispettiva competenza" (DIGOS Mantova
Pag.26
29.11.1997) (1). Di rilievo altresì risultano gli accertati
collegamenti operativi col coimputato Zanardini referente
della provincia di Brescia (cfr. conversazione telefonica
intercettata tra il Cerini e lo Zanardini del 9.9.1997 ore
20.38). PERIN Renzo (34), a sua volta, sulla base delle
annotazioni Digos Verona del 27.11.1997 e Digos Treviso del
20.10.1997 in atti e 12.11.1997 e delle conseguenti
intercettazioni, risulta aver preso il posto del Secco e del
Magagnin nella gestione della struttura militare del
trevigiano, operando in stretto contatto operativo con il
leader veronese Flego Enzo. MAZZONETTO Alberto (8), punto di
riferimento dell'attività secessionista in Venezia, risulta
poi dalle in parte già citate intercettazioni avere fatto un
evidente e continuo ricorso alle camicie verdi veronesi per la
sua azione a sostegno del comune disegno criminoso
identificate le persone offese in:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
evidenziata, oltre a quanto già fin qui osservato,
l'acquisizione delle seguenti fonti di prova:
annotazioni di PG, esiti perquisizioni e sequestri, con
le relative acquisizioni documentali, intercettazioni
telefoniche, interrogatori e dichiarazioni di persone
informate sui fatti
visti gli artt. 416, 417 c.p.p.
CHIEDE
l'emissione del decreto che dispone il giudizio nei
confronti degli imputati e per i reati sopra indicati.
Manda alla segreteria per gli adempimenti di
competenza.
Verona 27.01.1998.
Il pubblico ministero
Dott. Guido Papalia
Dott. Mario Giulio Schinaia
Dott. Antonino Condorelli
(1) Notizia divulgata dalla "Voce di Mantova" del
27.11.1997 con il titolo: RONDE PADANE ATTIVE DA STASERA AD
ASOLA; dove si fa riferimento ai "recenti avvenimenti
malavitosi che hanno interessato la cittadina dell'Alto
mantovano", e si riportano dichiarazioni virgolettate
attribuite al CERINI che (eletto componente del "parlamento
padano") viene testualmente indicato come "deputato della Lega
nord".
| |
| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
(Relatore: LA RUSSA)
sulla
DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE ALL'UTILIZZAZIONE
DI INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI TELEFONICHE
nei confronti dei deputati
BOSSI, CALDEROLI, CHIAPPORI, VASCON, MARONI, CAVALIERE
nell'ambito dei procedimenti penali nn. 96/000081,
96/000100, 96/000101, 94/014398, 96/014531, 97/000803,
97/001440, 97/001805, 97/001860, 97/001861, 97/001914,
97/002128, 97/002303, 97/002312, 97/002426, 97/002586,
97/002723, 97/002762, 97/002807, 97/2866 R.G.N.R.
TRASMESSA DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI VERONA
il 4 febbraio 1998
Presentata alla Presidenza il 14 settembre 1998
Pag.2
Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una
richiesta di autorizzazione all'utilizzazione di conversioni
telefoniche avanzata dalla Procura della Repubblica presso il
tribunale di Verona nei confronti dei deputati Bossi,
Calderoli, Chiappori, Vascon, Maroni e Cavaliere, nell'ambito
di alcuni procedimenti penali riuniti pendenti, nei confronti
dei suddetti deputati (con l'eccezione, come vedremo, degli
onorevoli Chiappori e Vascon) e di altre persone, per una
serie di ipotesi di reato che vanno dall'attentato contro
l'integrità, l'indipendenza e l'unità dello Stato
all'attentato contro la Costituzione dello Stato,
all'associazione antinazionale, alla costituzione di
un'associazione di carattere militare.
Questa relazione sostituisce quella già presentata dalla
Giunta in data 4 febbraio scorso (relatore l'onorevole
Bonito), a seguito del rinvio degli atti alla Giunta medesima
deliberato dall'Assemblea nella seduta del 18 febbraio 1998,
su cui ci si soffermerà più oltre.
La Giunta ha esaminato la domanda nelle sedute dell'11,
del 17 e del 25 febbraio 1998 e, dopo il rinvio
dall'Assemblea, in quelle del 10, del 18 e del 25 marzo 1998,
procedendo all'audizione dei colleghi Vascon, Calderoli e
Cavaliere, che - essendo stati comunque tutti gli interessati
debitamente invitati - soli hanno ritenuto opportuno fornire
chiarimenti alla Giunta ai sensi dell'articolo 18 del
regolamento. Ha partecipato alle riunioni della Giunta,
intervenendo nella discussione in qualità di suo componente,
anche il collega Maroni, che tuttavia si è astenuto dal
partecipare al voto. Desidero anticipare fin d'ora che la
proposta della Giunta è nel senso del diniego
dell'autorizzazione nei confronti di tutti i parlamentari
interessati.
* * *
Prima di esaminare in dettaglio i contenuti della
richiesta di autorizzazione avanzata dalla Procura di Verona,
vale la pena di soffermarsi brevemente sul fondamento
costituzionale delle autorizzazioni in questione.
Come è noto, l'articolo 68, terzo comma, della
Costituzione, nel testo riformato dalla legge costituzionale
n. 1 del 1993, ha introdotto uno specifico obbligo di
autorizzazione per le intercettazioni di conversazioni o
comunicazioni "in qualsiasi forma" effettuate nei confronti di
membri del Parlamento. L'articolo 5 del decreto-legge n. 116
del 1996, recante disposizioni urgenti per l'attuazione
dell'articolo 68 (successivamente più volte reiterato, da
ultimo, con il decreto-legge n. 555 del 1996, in seguito
anch'esso decaduto), aveva espressamente ricompreso
nell'ambito di applicazione di tale norma anche
l'utilizzazione di "intercettazioni di conversazioni alle
quali abbiano preso parte deputati, operate su altre utenze,
nell'ambito di procedimenti riguardanti terzi". Il nuovo
istituto prevedeva tempi particolarmente stretti per l'invio
degli atti e per la relativa deliberazione della Camera.
Decaduto l'ultimo dei decreti-legge, si è venuta a creare
una qualche incertezza normativa.
Vi è tuttavia un significativo precedente, costituito da
una richiesta di autorizzazione all'utilizzazione di
intercettazioni telefoniche avanzata dal procuratore della
Repubblica di Genova nei confronti del deputato Parenti (doc.
IV n. 7), negata dall'Assemblea, su conforme proposta della
Giunta, nella seduta del 18 febbraio 1998.
Tale richiesta, peraltro, fu preceduta da un interpello
preventivo al Presidente della Camera da parte della suddetta
autorità giudiziaria circa l'interpretazione della norma
costituzionale. In sostanza la Procura di Genova chiedeva di
sapere se la Camera ritenesse necessaria la sua autorizzazione
perché potessero essere utilizzate le intercettazioni di
Pag.3
conversazioni con parlamentari operate su utenze di terzi non
parlamentari. Il Presidente investì a sua volta della
questione la Giunta, nell'ambito della quale prevalse
l'opinione, sia pure non unanime, secondo cui l'autorizzazione
fosse da ritenersi necessaria. Tale opinione fu fatta propria
dal Presidente della Camera, che la comunicò al Procuratore di
Genova, il quale provvide, pertanto, ad inviare la
richiesta.
La successiva valutazione della Giunta, della Presidenza
della Camera e dell'Assemblea come risulta dalla relazione del
deputato Carrara sul doc. IV n. 7, nonché dal carteggio
intervenuto tra il Presidente della Camera e la Procura di
Genova, ed, infine, dalla discussione in Assemblea (in verità
alquanto frammentaria) del 18 febbraio 1998, appariva fondata
sulle seguenti motivazioni:
a) sul tenore letterale dell'ultima parte del
terzo comma dell'articolo 68 della Costituzione, che, come si
è già ricordato, fa espresso riferimento alle intercettazioni
effettuate "in qualsiasi forma";
b) sul fatto che l'articolo 5 dell'ormai decaduto
decreto-legge n. 555 del 1996 e di quelli che lo hanno
preceduto, che recava espressamente tale prescrizione,
costituiva - come recitava espressamente il titolo -
"attuazione" del citato articolo 68 e dunque esplicitazione di
un obbligo già di per sé contenuto nella suddetta norma
costituzionale;
c) sul fatto che una siffatta interpretazione è da
ritenersi conforme alla ratio del citato comma 3
dell'articolo 68, il cui disposto potrebbe facilmente venire
aggirato qualora fosse possibile effettuare, senza alcuna
autorizzazione, intercettazioni su interlocutori abituali di
un deputato, con lo scopo di intercettare il deputato
stesso.
Tali tesi sono largamente prevalse in Assemblea, rispetto
a quella - opposta - secondo cui la norma costituzionale
disciplina esclusivamente le intercettazioni che debbono
essere disposte sulle utenze telefoniche in uso dei
parlamentari e non già alle intercettazioni cosiddette
indirette e che pertanto per queste non è necessaria alcuna
autorizzazione.
La discussione su tale questione è stata, in Giunta,
particolarmente approfondita e travagliata. Tanto che, dopo
aver formulato, in data 17 settembre 1997, una proposta di
merito (nel senso del diniego, come si è detto) con
riferimento al precedente caso Parenti, la Giunta, prima che
il suddetto caso venisse esaminato dall'Assemblea (e che,
quindi, in qualche modo, si consolidasse una "giurisprudenza"
della Camera), si era pronunciata, in un primo tempo, proprio
con riferimento alla domanda di autorizzazione nei confronti
dei deputati Bossi ed altri, ora oggetto della presente
relazione (cfr. doc. IV n. 14-A), nel senso della restituzione
degli atti all'autorità giudiziaria, ritenendo che,
nell'attuale quadro costituzionale, non fosse contemplata la
necessità di una siffatta autorizzazione ex post.
La votazione dell'Assemblea sul caso Parenti, cui è
stata attribuita dalla stessa Presidenza della Camera un
valore di votazione di principio, sembra tuttavia, almeno con
riferimento alla questione in esame, aver stabilito un punto
fermo, nel senso della piena legittimità - e, anzi, della
necessità, ai sensi dell'articolo 68, terzo comma, della
Costituzione - di un'autorizzazione della Camera anche per le
intercettazioni già effettuate su utenze di terze persone con
riferimento a conversazioni nelle quali uno degli
interlocutori era parlamentare.
Infatti, in conseguenza di tale decisione la Giunta,
sostanzialmente all'unanimità, ha chiesto all'Assemblea il
rinvio della domanda di autorizzazione nei confronti dei
deputati Bossi ed altri, di cui al doc. IV, n. 14, proprio al
fine di formulare una proposta nel senso della concessione o
del diniego, affermando così la competenza della Camera.
Il quadro sopra descritto è stato reso più incerto per la
perdurante assenza dell'auspicata legge ordinaria sulla
materia, il cui iter è già in stato avanzato, almeno
presso questo ramo del Parlamento.
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* * *
Prima di entrare nel merito della proposta della Giunta,
occorre esaminare almeno sommariamente, alcune ulteriori
questioni preliminari, che, sia pure riferite alla richiesta
in questione, involgono profili di carattere generale. Va
detto subito che, con riferimento a tali questioni, la Giunta
non è pervenuta a conclusioni definitive. Si è dunque deciso
di formulare comunque una proposta di merito - nel caso di
specie, nel senso del diniego dell'autorizzazione -
indipendentemente dalla risoluzione delle suddette questioni,
che pertanto qui vengono ricordate come mero argomento di
riflessione, anche ai finì della elaborazione legislativa in
corso.
In primo luogo la Giunta si è posta il problema del
momento nel quale deve essere inviata la richiesta di
autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria. Nel caso di
specie l'interpretazione che la Procura di Verona sembra aver
adottato è che "l'utilizzazione" delle intercettazioni
coincida con l'acquisizione delle medesime disposta dal
giudice per le indagini preliminari. Infatti la Procura chiede
l'autorizzazione all'atto della richiesta di rinvio a
giudizio, dunque presumibilmente prima di chiedere
l'acquisizione delle intercettazioni al giudice per le
indagini preliminari (1).
(1) Com'è noto, ai sensi dell'articolo 268, quarto comma,
del codice di procedura penale, i verbali e le registrazioni
delle intercettazioni telefoniche, debitamente autorizzate dal
giudice per le indagini preliminari, debbono essere
"trasmesse al pubblico ministero" e, "entro cinque
giorni dalla conclusione delle operazioni (...) depositate in
segreteria insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato,
convalidato o prorogato le intercettazioni, rimanendovi per il
tempo fissato dal pubblico ministero salvo che il giudice non
ritenga necessaria una proroga". Il quinto comma dello
stesso articolo stabilisce che "se dal deposito può
derivare un grave pregiudizio per le indagini autorizza il
pubblico ministero a ritardarlo non oltre la chiusura delle
indagini preliminari". Una volta effettuato il deposito, le
parti, debitamente avvisate, hanno facoltà di esaminare gli
atti e ascoltare le registrazioni. Ai sensi del comma 6 dello
stesso articolo "Scaduto il termine il giudice dispone
l'acquisizione delle conversazioni e dei flussi di
comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti,
che non appaiono manifestamente irrilevanti procedendo anche
di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di
cui è vietata l'utilizzazione <ad es. conversazioni
effettuate con il difensore ex artt. 271 e 200 c.p.p.>.
Il pubblico ministero e i difensori hanno il diritto di
partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno 24 ore
prima".
La Giunta si è posta la questione se tale procedura sia
corretta e se non possa, viceversa, addirittura dar luogo ad
un'ipotesi di conflitto di attribuzione.
Nel corso dell'esame della richiesta di autorizzazione si
è rilevato che il Procuratore di Verona ha utilizzato le
intercettazioni in questione per argomentare la sua richiesta
di rinvio a giudizio, riportando ampi stralci di alcune di
tali intercettazioni (in particolare alcune di quelle
concernenti l'on. Bossi), che peraltro sono finiti, con ampio
risalto, su tutta la stampa nazionale. E' emersa pertanto
l'opinione che l'autorizzazione risulti inutiliter data,
in quanto le intercettazioni sono già state utilizzate, e che
la Camera dovrebbe a fronte di tale utilizzazione sollevare
conflitto di attribuzione.
Il testo dell'articolo 5 dell'ormai decaduto decreto-legge
n. 555 del 1996, recante disposizioni urgenti per l'attuazione
dell'articolo 68 della Costituzione, stabiliva che l'"autorità
giudiziaria" (con ciò riferendosi evidentemente al pubblico
ministero) dovesse richiedere l'autorizzazione
all'utilizzazione delle conversazioni telefoniche indirette
effettuate nei confronti di un parlamentare "entro dieci
giorni dalla ricezione dei verbali e delle registrazioni ed in
ogni caso prima che i medesimi siano depositati a norma
dell'articolo 268, commi 4 e 5, del codice di procedura
penale".
Dopo la decadenza del decreto-legge l'unico precedente di
richiesta, già citato sopra (doc. IV n. 7, Parenti), concerne
"l'autorizzazione al deposito e all'utilizzazione ai sensi
dell'articolo 268 del codice di procedura penale". L'unico
precedente parlamentare, dopo la decadenza del decreto è
dunque nel senso che l'autorizzazione doveva essere richiesta
prima del deposito da parte del Pubblico Ministero.
* * *
In secondo luogo la Giunta si è soffermata a valutare
quale debba essere l'effetto di un eventuale diniego di
autorizzazione, soprattutto nei confronti dei terzi non
deputati coinvolti nelle intercettazioni.
Il tenore della richiesta di autorizzazione avanzata dalla
Procura di Verona sembra ritenere assodato che sia comunque
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pacifica l'utilizzabilità delle intercettazioni nei confronti
delle persone intercettate che non siano membri del
Parlamento.
Nell'ambito della discussione presso la Giunta è stata
avanzata l'ipotesi che un eventuale diniego
dell'autorizzazione debba comportare la distruzione delle
intercettazioni e la loro non utilizzabilità nei confronti di
nessuno degli indagati. In questo senso sembra essere,
peraltro, oltre che il testo del decaduto decreto-legge, anche
il precedente concernente l'onorevole Parenti.
* * *
La Giunta, come si è detto, ha ritenuto di prescindere
dalle sopra illustrate questioni preliminari e di pronunciarsi
comunque sul merito della richiesta avanzata dalla Procura di
Verona.
Per quel che attiene a tali profili, occorre in primo
luogo esaminare alcune questioni concernenti partitamente i
singoli deputati interessati.
In primo luogo la Giunta ha avuto modo di rilevare, con
riferimento al collega Maroni, che tutte le intercettazioni
telefoniche per le quali la Procura di Verona chiede
l'autorizzazione all'utilizzazione (e cioè, nella specie, le
quattro effettuate sull'utenza intestata all'ex senatore Enzo
Flego, dirette all'utenza cellulare dell'onorevole Maroni,
rispettivamente in data 28 settembre e 30 e 31 ottobre 1997)
riguardano messaggi lasciati alla segreteria telefonica dal
suddetto ex senatore, senza alcuna partecipazione alla
conversazione da parte dell'onorevole Maroni.
Quanto poi alla posizione dei parlamentari Luigino Vascon
e Giacomo Chiappori, va rilevato che, tra l'elenco delle
persone nei cui confronti pende il procedimento al quale si
riferiscono le intercettazioni, non figurano i nominativi dei
suddetti deputati. Dei medesimi non vi è menzione neanche
nella richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla suddetta
Procura. Atteso che, come si è detto sopra, la Procura di
Verona chiede l'autorizzazione ad utilizzare nei confronti dei
deputati interessati il testo delle intercettazioni, non è
chiaro come si possano utilizzare le intercettazioni nei
confronti dei colleghi da ultimo menzionati nel momento in cui
essi non risultano neppure indagati nei procedimenti ai quali
si riferiscono le intercettazioni.
Premesso quanto sopra per i singoli casi, va detto che,
con riferimento a tutti i deputati indagati, la Giunta ha
rilevato che le intercettazioni in questione riguardano temi
di carattere politico sicuramente attinenti all'esercizio del
mandato parlamentare, così come inteso dal gruppo e dalla
formazione politica cui appartengono i suddetti deputati. Al
di là, infatti, di iperboli e di intemperanze verbali (che
seppur limitate a conversazioni private tra colleghi di uno
stesso partito politico, appaiono, a volte, decisamente oltre
le righe e sicuramente inaccettabili) alla Giunta è sembrato
di riscontrare, nelle conversazioni in questione, discussioni,
valutazioni, intese, accordi, tutti finalizzati all'azione
politica del partito di appartenenza dei colleghi e,
mediatamente, all'esercizio delle loro funzioni
parlamentari.
Non vi è dubbio che alcune di queste espressioni, così
come sono state peraltro ampiamente riportate dalla stampa,
suscitano, prese isolatamente, inquietudine e preoccupazione.
Ciò non muta, tuttavia, la loro natura, semmai espone chi le
ha pronunciate ad un più penetrante e informato giudizio
politico da parte degli elettori.
Per questi motivi, la Giunta, a larga maggioranza
(soltanto con alcune astensioni), con separate votazioni,
ciascuna relativa alla posizione dei singoli deputati
intercettati, ha deliberato di riferire all'Assemblea nel
senso del diniego dell'autorizzazione in questione per tutti i
deputati interessati.
Ignazio LA RUSSA, Relatore.
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