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Domande di autorizzazioni a procedere della XIII Legislatura

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20
DOC4B-0001
DOC IV bis n. 1 Legisl. XIII
12-03-97 [ DOC13-4BIS-1 DO C134BIS0001 13DOC4BIS 00001 DOC13-4BIS-1A 13DOC4BIS 00001 A 000400032 DOC4BIS 00001 000004B000100000101000411SI1 4 000101000347SI1 3 0000 00 00 ]
      DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE IN GIUDIZIO
         AI SENSI DELL'ARTICOLO 96 DELLA COSTITUZIONE
                        nei confronti
  DEL DEPUTATO  ROBERTO RADICE  NELLA SUA QUALITA' DI
                           MINISTRO
              DEI LAVORI PUBBLICI  PRO-TEMPORE
            PER IL REATO DI CUI AGLI ARTICOLI 595
  DEL CODICE PENALE E 13 DELLA LEGGE 8 FEBBRAIO 1948, N. 47
            (DIFFAMAZIONE COL MEZZO DELLA STAMPA)
           TRASMESSA DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
                PRESSO IL TRIBUNALE DI GENOVA
           E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
                       il 12 marzo 1997
  All'onorevole Presidente
  della Camera dei Deputati
                                          Genova, 4 marzo 1997
  Oggetto: Procedimento penale n. 40/95/21 nei confronti di
  Radice Roberto.
     Trasmetto, ai sensi dell'articolo 5 della legge
  Costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1 ed in esecuzione dei
  provvedimenti in data 4 dicembre 1995 e 11 febbraio 1997 del
  tribunale per i reati ministeriali di Genova, gli atti del
  procedimento nei confronti di Radice Roberto, Membro di
  codesta Camera, per il reato di diffamazione col mezzo della
  stampa in danno del dottor Sansa Adriano, Sindaco del comune
  di Genova.
                Il sostituto procuratore della
                          Repubblica
                 Dott. Luigi Cavadini Lenuzza
 
                              Pag.2
 
                                         Genova, 4 marzo 1997.
     Il Collegio così composto:
       dott. Vittorio Frascherelli,  presidente; 
       dott. Giorgio Piero Pareo,  giudice; 
       dott. Francesco Meloni,  giudice; 
  riunito in camera di consiglio in data 4 dicembre 1995
                           OSSERVA
  il Sindaco di Genova, Adriano Sansa, ha presentato querela il
  5 gennaio 1995 nei confronti del Ministro dei lavori pubblici,
  allora in carica, Roberto Radice, per il reato di
  diffamazione, con riferimento all'intervista rilasciata dallo
  stesso Ministro al giornale  Corriere Mercantile  il 26
  ottobre 1994.  Il Sindaco lamenta che nell'articolo gli sia
  stato attribuito un fatto illecito contrario ai doveri del suo
  ufficio e che tale affermazione sia falsa e diffamatoria, in
  quanto non conterrebbe "alcuna critica politica o di altra
  natura, ma una dura accusa di un determinato comportamento
  illecito".
     La polizia giudiziaria che ha ricevuto la querela ha
  comunicato la notizia di reato alla Procura della Repubblica
  presso il Tribunale di Genova, ai sensi dell'articolo 6, 1^
  comma della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1.  Il
  pubblico ministero, ottemperando a quanto previsto dal
  successivo comma dello stesso articolo, ha trasmesso gli atti,
  con le sue richieste (archiviazione), a questo Collegio,
  costituitosi nel frattempo secondo le prescrizioni
  dell'articolo 7 della medesima legge.  Nella riunione in camera
  di consiglio del 9 ottobre 1995 si è provveduto
  preliminarmente a richiedere al pubblico ministero il
  completamento degli adempimenti di sua competenza, con
  riferimento in particolare alla comunicazione delle sue
  richieste ai soggetti interessati, per l'eventuale
  presentazione di memorie e per l'eventuale richiesta di
  audizione.
     Completati tali adempimenti, e preso atto che il Sindaco
  ha depositato memoria di opposizione alla richiesta di
  archiviazione formulata dal pubblico ministero, il Collegio si
  è riunito in camera di consiglio, per la decisione, il 4
  dicembre 1995.
     L'articolo giornalistico in questione, avente come oggetto
  il cosiddetto "condono edilizio", è stato acquisito in copia
  agli atti e, ai fini della chiarezza e della completezza della
  presente motivazione, si trascrive integralmente, nella parte
  che rileva per il presente procedimento.
     Alla sollecitazione del giornalista che lo intervistava -
  "  Resta comunque il problema del pagamento della prima rata
  entro il 31 ottobre.  I progressisti hanno presentato un ordine
  del giorno che chiede lo slittamento del termine.  E molte
  associazioni di categoria e professionali sono d'accordo  " -
  il Ministro ha risposto nei termini seguenti: "  Siamo in
  Italia e tutti vogliono continuare a fare gli italiani.
  Proprio non riesco a capire.  Sarebbe stata una volta tanto una
  prova di serietà dei progressisti dire: abbiamo una data,
  rispettiamola.  Invece tutti giocano a creare confusione.  Ho
  scoperto, e sto facendo svolgere indagini, che alcuni comuni
  stanno boicottando il provvedimento.  A Genova, per esempio,
  insieme al manuale di istruzioni per il condono allegano un
  foglio bianco dove, in parole povere, viene messa in dubbio la
  data del 31 ottobre.  La trovo una cosa di una gravità
  inaudita, ne ho parlato con il Prefetto ed ora vedremo quali
  azioni svolgere nei confronti del comune e del sindaco  ".
     Nel merito, il collegio ritiene non accoglibili le
  argomentazioni svolte dal pubblico ministero a sostegno della
  sua richiesta di archiviazione.
     Va premesso anzitutto che non vi sono dubbi, come del
  resto rilevato dallo stesso pubblico ministero, sulla
  circostanza che il reato ipotizzato sia stato commesso dal
  Ministro nell'esercizio delle sue funzioni, poiché
  l'intervista oggetto della querela è stata rilasciata da un
 
                              Pag.3
 
  Ministro in carica come commento di vicende strettamente
  inerenti l'applicazione di provvedimenti del Governo del quale
  faceva parte e con specifico riferimento alle sue competenze
  istituzionali.
     E' altresì pacifico, in assenza di qualunque efficace
  smentita che valga a fare ipotizzare che il giornalista abbia
  riprodotto non fedelmente quanto dichiarato dal Ministro, che
  le espressioni pubblicate rispecchino esattamente il pensiero
  di quest'ultimo.
     Le prime frasi pronunciate dal Ministro nella risposta
  sopra riportata sono qualificabili come espressione di una
  legittima opinione politica.  Le affermazioni che seguono
  l'espressione "Ho scoperto ..." individuano invece un
  determinato fatto, che viene evidenziato come accaduto ed in
  ordine al quale si informa che sono state avviate apposite
  indagini: viene in questo modo superato il limite della
  opinione e della legittima critica politica svolta fino a quel
  punto.
     Il riferimento alla città di Genova individua chiaramente,
  anche in assenza di indicazione più esplicita, l'ufficio del
  Sindaco di tale città come termine di riferimento polemico;
  tale ufficio viene cioè individuato dal Ministro, ed indicato
  alla pubblica opinione, come responsabile del fatto
  denunciato.
     Il pubblico ministero definisce le dichiarazioni del
  Ministro "un grossolano travisamento dei fatti"; in realtà, si
  tratta di esplicita enunciazione di un fatto, non vero, che
  viene configurato invece come certo, presentato come "oggetto"
  della "scoperta" di cui all'espressione precedente; per di
  più, definito subito dopo di "inaudita gravità" dallo stesso
  Ministro ed in sostanza meritevole di adeguata sanzione.  E' lo
  stesso metro di giudizio formulato dal Ministro che conduce a
  ritenere estremamente grave l'attribuzione di quel fatto ad un
  funzionario amministrativo, quando quel fatto in effetti non
  sussista o non si indichino con chiarezza gli elementi certi
  da cui desumerlo.
     Non si può non rilevare infatti che il Sindaco viene
  presentato all'opinione pubblica come un soggetto che
  "boicotta" una legge dello Stato: il comportamento designato
  da tale verbo non costituisce una semplice manifestazione di
  dissenso, bensì una ben più grave attività, concreta ed
  individuabile, volta a creare ostacoli finalizzati ad impedire
  l'operatività e l'efficacia di quella legge.
     Si ritiene pertanto che la natura diffamatoria delle
  espressioni del Ministro nei confronti del Sindaco non possa
  essere negata: viene attribuito infatti un comportamento
  gravemente illecito e tale attribuzione - secondo
  l'orientamento espresso dalla giurisprudenza della Corte di
  Cassazione - configura quella "denigrazione", e quel
  conseguente "giudizio di disistima" cui viene indotta la
  pubblica opinione, nei confronti dell'ufficio amministrativo
  ricoperto da quella determinata persona fisica, che viene
  quindi concretamente lesa nella sua reputazione.
     La cautela ed il rispetto dell'integrità morale altrui,
  che gravano su qualunque persona, sono obblighi che a maggior
  ragione devono essere rispettati dal titolare di un dicastero:
  la "carenza di informazione" da imputare al Ministro, come
  rilevato dal pubblico ministero, lungi dal costituire una
  giustificazione delle sue affermazioni avrebbe dovuto imporgli
  invece la massima prudenza e dichiarazioni di altro tenore.  Ad
  un più prudente atteggiamento avrebbe dovuto indurre anche la
  considerazione della pubblicità della circostanza, implicante
  un commento autorevole su una questione riguardante rapporti
  istituzionali tra organi amministrativi e delicati giudizi
  sulle modalità operative di un intervento legislativo ed
  amministrativo di rilevante interesse ed importanza.
     Le considerazioni che precedono impediscono pertanto, a
  parere del collegio, l'emissione del provvedimento di
  archiviazione richiesto dal pubblico ministero.
     Visto l'articolo 8, 1^ comma, della legge costituzionale
  16 gennaio 1989, n. 1
 
                              Pag.4
 
                      PER QUESTI MOTIVI
                          TRASMETTE
  gli atti, unitamente alla presente relazione motivata, al
  Procuratore della Repubblica di Genova per la loro immediata
  rimessione al Presidente della Camera competente ai sensi
  dell'articolo 5 della legge costituzionale del 16 gennaio
  1989, n. 1.
  Genova, 4 dicembre 1995
                        Il presidente
                    Vittorio Frascherelli
                          Il giudice
                     Giorgio Piero Pareo
 
                    RELAZIONE DELLA GIUNTA
              PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE
                  (Relatore:  CARRARA) 
                            sulla
      DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE IN GIUDIZIO
         AI SENSI DELL'ARTICOLO 96 DELLA COSTITUZIONE
                        nei confronti
  DEL DEPUTATO  ROBERTO RADICE  NELLA SUA QUALITA' DI
                           MINISTRO
              DEI LAVORI PUBBLICI  PRO TEMPORE
    PER IL REATO DI CUI ALL'ARTICOLO 595 DEL CODICE PENALE
  E 13 DELLA LEGGE 8 FEBBRAIO 1948, N. 47 (DIFFAMAZIONE COL
                     MEZZO DELLA STAMPA)
           TRASMESSA DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
  PRESSO IL TRIBUNALE DI GENOVA E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA
                         DELLA CAMERA
                       il 12 marzo 1997
         Presentata alla Presidenza il 10 aprile 1997
 
                              Pag.2
 
     Onorevoli Colleghi! - La questione posta all'attenzione
  dell'Assemblea riguarda una domanda di autorizzazione a
  procedere in giudizio ai sensi dell'articolo 96 della
  Costituzione nei confronti del deputato Roberto RADICE, nella
  sua qualità di Ministro dei lavori pubblici  pro tempore,
  per il reato di cui agli articoli 595 del codice penale e
  13 della Legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione con il
  mezzo della stampa).  Tale domanda è stata trasmessa dalla
  Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova,
  pervenuta alla Presidenza della Camera il 12 marzo 1997.  La
  Giunta ha preso in esame la domanda nella seduta del 2 Aprile
  1997.
     I fatti possono così sintetizzarsi:
       il Sindaco di Genova, Adriano SANSA, ha presentato
  querela il 5 gennaio 1995 nei confronti del Ministro dei
  lavori pubblici, allora in carica, Roberto RADICE, per il
  reato di diffamazione, con riferimento all'intervista
  rilasciata dallo stesso Ministro al giornale  Corriere
  Mercantile il 26 ottobre 1994.  Il Sindaco lamenta che
  nell'articolo gli sia stato attribuito un fatto illecito
  contrario ai doveri del suo ufficio e che tale affermazione
  sia falsa e diffamatoria, in quanto non conterrebbe "alcuna
  critica politica o di altra natura, ma una dura accusa di un
  determinato comportamento illecito".
     La polizia giudiziaria che ha ricevuto la querela ha
  comunicato la notizia di reato alla Procura della Repubblica
  presso il tribunale di Genova, ai sensi dell'articolo 6, primo
  comma della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1.  Il
  pubblico ministero, ottemperando a quanto previsto dal
  successivo comma dello stesso articolo, ha trasmesso gli atti
  con le sue richieste (archiviazione) al Tribunale per i reati
  ministeriali, costituitosi nel frattempo secondo le
  prescrizioni dell'articolo 7 della medesima legge.  Nella
  riunione in camera di consiglio del 9 Ottobre 1995 si è
  provveduto preliminarmente a richiedere al pubblico ministero
  il completamento degli adempimenti di sua competenza, con
  riferimento in particolare alla comunicazione delle sue
  richieste ai soggetti interessati, per l'eventuale
  presentazione di memorie e per l'eventuale richiesta di
  audizione.
     Completati tali adempimenti, e preso atto che il Sindaco
  ha depositato memoria di opposizione alla richiesta di
  archiviazione formulata dal pubblico ministero, il Collegio si
  è riunito in camera di consiglio, per la decisione, il 4
  dicembre 1995.
     L'articolo giornalistico in questione, avente come oggetto
  il cosiddetto "condono edilizio", e le questioni relative ai
  ratei di pagamento ed alla concreta attuazione dello stesso,
  si trascrive integralmente, nella parte che rileva per il
  presente procedimento.
     Alla sollecitazione del giornalista che lo intervistava -
  "Resta comunque il problema del pagamento della prima rata
  entro il 31 ottobre.  I progressisti hanno presentato un ordine
  del giorno che chiede lo slittamento del termine.  E molte
  associazioni sono d'accordo"-  il Ministro ha risposto nei
  termini seguenti:  Siamo in Italia e tutti vogliono
  continuare a fare gli italiani.  Proprio non riesco a capire.
  Sarebbe stata una volta tanto una prova di serietà dei
  progressisti dire: abbiamo una data, rispettiamola.  Invece
  tutti giocano a creare confusione.  Ho scoperto, e sto facendo
  svolgere indagini, che alcuni comuni stanno boicottando il
  provvedimento.  A Genova, per esempio, insieme al manuale di
  istruzioni per il condono allegano un foglio bianco dove, in
  parole povere, viene messa in dubbio la data del 31 ottobre.
  La trovo una cosa di una gravità inaudita, ne ho parlato con
  il Prefetto ed ora vedremo quali azioni svolgere nei confronti
  del comune e del Sindaco  ".
     Ciò premesso, il collegio ha ritenuto non accoglibili le
  argomentazioni svolte dal pubblico ministero a sostegno della
  sua richiesta di archiviazione, pure convenendo sulla
  circostanza che il reato ipotizzato sia stato commesso dal
  Ministro nell'esercizio delle sue funzioni, poiché
  l'intervista oggetto della querela era stata rilasciata da un
  Ministro in carica come commento di vicende strettamente
  inerenti l'applicazione di provvedimenti del Governo del quale
 
                              Pag.3
 
  faceva parte e con specifico riferimento alle sue competenze
  istituzionali.  Rilevava, altresì, il Tribunale che era
  altrettanto pacifico, in assenza di qualunque efficace
  smentita che valga a fare ipotizzare che il giornalista abbia
  riprodotto non fedelmente quanto dichiarato dal Ministro, che
  le espressioni pubblicate rispecchino esattamente il pensiero
  di quest'ultimo.
     Senonché il Collegio, ritenendo la natura diffamatoria
  delle espressioni del Ministro nei confronti del sindaco, non
  ha condiviso la richiesta di archiviazione del pubblico
  ministero ed ha trasmesso gli atti al Procuratore della
  Repubblica di Genova per la loro immediata rimessione al
  Presidente del Senato prima, e dopo la dichiaratoria di
  incompetenza di questo ramo del Parlamento, rivestendo l'On.
  Roberto Radice la carica di deputato, gli atti stessi sono
  stati trasmessi alla Camera competente a decidere sulla
  domanda di autorizzazione.
     Orbene, nel caso di specie, non v'è dubbio che l'onorevole
  Radice ha agito, nell'esercizio delle sue funzioni senza
  alcuna volontà di diffamare alcuno; prova ne è, peraltro, che
  egli si è rivolto al Prefetto per studiare soluzioni e rimedi
  alle questioni che erano state sollevate e che avrebbero
  frapposto seri ostacoli all'ottemperanza degli specifici
  dettati legislativi in materia di condono edilizio.
     Ma appare altrettanto specifico, come è stato osservato
  dallo stesso Tribunale, che egli ha agito nell'esercizio ed a
  causa delle sue funzioni di Ministro in carica ed a commento
  di vicende strettamente inerenti l'applicazione di
  provvedimenti del Governo del quale faceva parte e con
  specifico riferimento alle sue competenze istituzionali.
     Sotto tal profilo, appare dunque fuori di dubbio che egli
  ha agito per il perseguimento di un preminente interesse
  pubblico nell'esercizio della funzione di Governo che era
  rappresentata, nel caso di specie, dall'osservanza delle
  specifiche norme previste dal provvedimento che introduceva il
  condono edilizio.
     Egli, dunque, ha agito per assicurare l'interesse dello
  Stato alla prevista riscossione delle entrate tributarie,
  nonché all'osservanza della legge ed al rispetto dei princIpi
  di buon andamento della Pubblica amministrazione e della
  soggezione dei pubblici impiegati al servizio della Nazione,
  interessi dello Stato riconosciuti e tutelati dalla
  Costituzione.
     Le considerazioni che procedono convincono ampiamente la
  Giunta a proporre all'Assemblea, a norma dell'articolo 9 della
  legge n. 1/1989, il diniego dell'autorizzazione a procedere
  richiesta nei confronti del Ministro Radice.
                                  Carmelo Carrara,  Relatore.
 
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