| DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE IN GIUDIZIO
AI SENSI DELL'ARTICOLO 96 DELLA COSTITUZIONE
nei confronti
DEL DEPUTATO ROBERTO RADICE NELLA SUA QUALITA' DI
MINISTRO
DEI LAVORI PUBBLICI PRO-TEMPORE
PER IL REATO DI CUI AGLI ARTICOLI 595
DEL CODICE PENALE E 13 DELLA LEGGE 8 FEBBRAIO 1948, N. 47
(DIFFAMAZIONE COL MEZZO DELLA STAMPA)
TRASMESSA DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI GENOVA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 12 marzo 1997
All'onorevole Presidente
della Camera dei Deputati
Genova, 4 marzo 1997
Oggetto: Procedimento penale n. 40/95/21 nei confronti di
Radice Roberto.
Trasmetto, ai sensi dell'articolo 5 della legge
Costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1 ed in esecuzione dei
provvedimenti in data 4 dicembre 1995 e 11 febbraio 1997 del
tribunale per i reati ministeriali di Genova, gli atti del
procedimento nei confronti di Radice Roberto, Membro di
codesta Camera, per il reato di diffamazione col mezzo della
stampa in danno del dottor Sansa Adriano, Sindaco del comune
di Genova.
Il sostituto procuratore della
Repubblica
Dott. Luigi Cavadini Lenuzza
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Genova, 4 marzo 1997.
Il Collegio così composto:
dott. Vittorio Frascherelli, presidente;
dott. Giorgio Piero Pareo, giudice;
dott. Francesco Meloni, giudice;
riunito in camera di consiglio in data 4 dicembre 1995
OSSERVA
il Sindaco di Genova, Adriano Sansa, ha presentato querela il
5 gennaio 1995 nei confronti del Ministro dei lavori pubblici,
allora in carica, Roberto Radice, per il reato di
diffamazione, con riferimento all'intervista rilasciata dallo
stesso Ministro al giornale Corriere Mercantile il 26
ottobre 1994. Il Sindaco lamenta che nell'articolo gli sia
stato attribuito un fatto illecito contrario ai doveri del suo
ufficio e che tale affermazione sia falsa e diffamatoria, in
quanto non conterrebbe "alcuna critica politica o di altra
natura, ma una dura accusa di un determinato comportamento
illecito".
La polizia giudiziaria che ha ricevuto la querela ha
comunicato la notizia di reato alla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Genova, ai sensi dell'articolo 6, 1^
comma della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1. Il
pubblico ministero, ottemperando a quanto previsto dal
successivo comma dello stesso articolo, ha trasmesso gli atti,
con le sue richieste (archiviazione), a questo Collegio,
costituitosi nel frattempo secondo le prescrizioni
dell'articolo 7 della medesima legge. Nella riunione in camera
di consiglio del 9 ottobre 1995 si è provveduto
preliminarmente a richiedere al pubblico ministero il
completamento degli adempimenti di sua competenza, con
riferimento in particolare alla comunicazione delle sue
richieste ai soggetti interessati, per l'eventuale
presentazione di memorie e per l'eventuale richiesta di
audizione.
Completati tali adempimenti, e preso atto che il Sindaco
ha depositato memoria di opposizione alla richiesta di
archiviazione formulata dal pubblico ministero, il Collegio si
è riunito in camera di consiglio, per la decisione, il 4
dicembre 1995.
L'articolo giornalistico in questione, avente come oggetto
il cosiddetto "condono edilizio", è stato acquisito in copia
agli atti e, ai fini della chiarezza e della completezza della
presente motivazione, si trascrive integralmente, nella parte
che rileva per il presente procedimento.
Alla sollecitazione del giornalista che lo intervistava -
" Resta comunque il problema del pagamento della prima rata
entro il 31 ottobre. I progressisti hanno presentato un ordine
del giorno che chiede lo slittamento del termine. E molte
associazioni di categoria e professionali sono d'accordo " -
il Ministro ha risposto nei termini seguenti: " Siamo in
Italia e tutti vogliono continuare a fare gli italiani.
Proprio non riesco a capire. Sarebbe stata una volta tanto una
prova di serietà dei progressisti dire: abbiamo una data,
rispettiamola. Invece tutti giocano a creare confusione. Ho
scoperto, e sto facendo svolgere indagini, che alcuni comuni
stanno boicottando il provvedimento. A Genova, per esempio,
insieme al manuale di istruzioni per il condono allegano un
foglio bianco dove, in parole povere, viene messa in dubbio la
data del 31 ottobre. La trovo una cosa di una gravità
inaudita, ne ho parlato con il Prefetto ed ora vedremo quali
azioni svolgere nei confronti del comune e del sindaco ".
Nel merito, il collegio ritiene non accoglibili le
argomentazioni svolte dal pubblico ministero a sostegno della
sua richiesta di archiviazione.
Va premesso anzitutto che non vi sono dubbi, come del
resto rilevato dallo stesso pubblico ministero, sulla
circostanza che il reato ipotizzato sia stato commesso dal
Ministro nell'esercizio delle sue funzioni, poiché
l'intervista oggetto della querela è stata rilasciata da un
Pag.3
Ministro in carica come commento di vicende strettamente
inerenti l'applicazione di provvedimenti del Governo del quale
faceva parte e con specifico riferimento alle sue competenze
istituzionali.
E' altresì pacifico, in assenza di qualunque efficace
smentita che valga a fare ipotizzare che il giornalista abbia
riprodotto non fedelmente quanto dichiarato dal Ministro, che
le espressioni pubblicate rispecchino esattamente il pensiero
di quest'ultimo.
Le prime frasi pronunciate dal Ministro nella risposta
sopra riportata sono qualificabili come espressione di una
legittima opinione politica. Le affermazioni che seguono
l'espressione "Ho scoperto ..." individuano invece un
determinato fatto, che viene evidenziato come accaduto ed in
ordine al quale si informa che sono state avviate apposite
indagini: viene in questo modo superato il limite della
opinione e della legittima critica politica svolta fino a quel
punto.
Il riferimento alla città di Genova individua chiaramente,
anche in assenza di indicazione più esplicita, l'ufficio del
Sindaco di tale città come termine di riferimento polemico;
tale ufficio viene cioè individuato dal Ministro, ed indicato
alla pubblica opinione, come responsabile del fatto
denunciato.
Il pubblico ministero definisce le dichiarazioni del
Ministro "un grossolano travisamento dei fatti"; in realtà, si
tratta di esplicita enunciazione di un fatto, non vero, che
viene configurato invece come certo, presentato come "oggetto"
della "scoperta" di cui all'espressione precedente; per di
più, definito subito dopo di "inaudita gravità" dallo stesso
Ministro ed in sostanza meritevole di adeguata sanzione. E' lo
stesso metro di giudizio formulato dal Ministro che conduce a
ritenere estremamente grave l'attribuzione di quel fatto ad un
funzionario amministrativo, quando quel fatto in effetti non
sussista o non si indichino con chiarezza gli elementi certi
da cui desumerlo.
Non si può non rilevare infatti che il Sindaco viene
presentato all'opinione pubblica come un soggetto che
"boicotta" una legge dello Stato: il comportamento designato
da tale verbo non costituisce una semplice manifestazione di
dissenso, bensì una ben più grave attività, concreta ed
individuabile, volta a creare ostacoli finalizzati ad impedire
l'operatività e l'efficacia di quella legge.
Si ritiene pertanto che la natura diffamatoria delle
espressioni del Ministro nei confronti del Sindaco non possa
essere negata: viene attribuito infatti un comportamento
gravemente illecito e tale attribuzione - secondo
l'orientamento espresso dalla giurisprudenza della Corte di
Cassazione - configura quella "denigrazione", e quel
conseguente "giudizio di disistima" cui viene indotta la
pubblica opinione, nei confronti dell'ufficio amministrativo
ricoperto da quella determinata persona fisica, che viene
quindi concretamente lesa nella sua reputazione.
La cautela ed il rispetto dell'integrità morale altrui,
che gravano su qualunque persona, sono obblighi che a maggior
ragione devono essere rispettati dal titolare di un dicastero:
la "carenza di informazione" da imputare al Ministro, come
rilevato dal pubblico ministero, lungi dal costituire una
giustificazione delle sue affermazioni avrebbe dovuto imporgli
invece la massima prudenza e dichiarazioni di altro tenore. Ad
un più prudente atteggiamento avrebbe dovuto indurre anche la
considerazione della pubblicità della circostanza, implicante
un commento autorevole su una questione riguardante rapporti
istituzionali tra organi amministrativi e delicati giudizi
sulle modalità operative di un intervento legislativo ed
amministrativo di rilevante interesse ed importanza.
Le considerazioni che precedono impediscono pertanto, a
parere del collegio, l'emissione del provvedimento di
archiviazione richiesto dal pubblico ministero.
Visto l'articolo 8, 1^ comma, della legge costituzionale
16 gennaio 1989, n. 1
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PER QUESTI MOTIVI
TRASMETTE
gli atti, unitamente alla presente relazione motivata, al
Procuratore della Repubblica di Genova per la loro immediata
rimessione al Presidente della Camera competente ai sensi
dell'articolo 5 della legge costituzionale del 16 gennaio
1989, n. 1.
Genova, 4 dicembre 1995
Il presidente
Vittorio Frascherelli
Il giudice
Giorgio Piero Pareo
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| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE
(Relatore: CARRARA)
sulla
DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE IN GIUDIZIO
AI SENSI DELL'ARTICOLO 96 DELLA COSTITUZIONE
nei confronti
DEL DEPUTATO ROBERTO RADICE NELLA SUA QUALITA' DI
MINISTRO
DEI LAVORI PUBBLICI PRO TEMPORE
PER IL REATO DI CUI ALL'ARTICOLO 595 DEL CODICE PENALE
E 13 DELLA LEGGE 8 FEBBRAIO 1948, N. 47 (DIFFAMAZIONE COL
MEZZO DELLA STAMPA)
TRASMESSA DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI GENOVA E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA
DELLA CAMERA
il 12 marzo 1997
Presentata alla Presidenza il 10 aprile 1997
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Onorevoli Colleghi! - La questione posta all'attenzione
dell'Assemblea riguarda una domanda di autorizzazione a
procedere in giudizio ai sensi dell'articolo 96 della
Costituzione nei confronti del deputato Roberto RADICE, nella
sua qualità di Ministro dei lavori pubblici pro tempore,
per il reato di cui agli articoli 595 del codice penale e
13 della Legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione con il
mezzo della stampa). Tale domanda è stata trasmessa dalla
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova,
pervenuta alla Presidenza della Camera il 12 marzo 1997. La
Giunta ha preso in esame la domanda nella seduta del 2 Aprile
1997.
I fatti possono così sintetizzarsi:
il Sindaco di Genova, Adriano SANSA, ha presentato
querela il 5 gennaio 1995 nei confronti del Ministro dei
lavori pubblici, allora in carica, Roberto RADICE, per il
reato di diffamazione, con riferimento all'intervista
rilasciata dallo stesso Ministro al giornale Corriere
Mercantile il 26 ottobre 1994. Il Sindaco lamenta che
nell'articolo gli sia stato attribuito un fatto illecito
contrario ai doveri del suo ufficio e che tale affermazione
sia falsa e diffamatoria, in quanto non conterrebbe "alcuna
critica politica o di altra natura, ma una dura accusa di un
determinato comportamento illecito".
La polizia giudiziaria che ha ricevuto la querela ha
comunicato la notizia di reato alla Procura della Repubblica
presso il tribunale di Genova, ai sensi dell'articolo 6, primo
comma della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1. Il
pubblico ministero, ottemperando a quanto previsto dal
successivo comma dello stesso articolo, ha trasmesso gli atti
con le sue richieste (archiviazione) al Tribunale per i reati
ministeriali, costituitosi nel frattempo secondo le
prescrizioni dell'articolo 7 della medesima legge. Nella
riunione in camera di consiglio del 9 Ottobre 1995 si è
provveduto preliminarmente a richiedere al pubblico ministero
il completamento degli adempimenti di sua competenza, con
riferimento in particolare alla comunicazione delle sue
richieste ai soggetti interessati, per l'eventuale
presentazione di memorie e per l'eventuale richiesta di
audizione.
Completati tali adempimenti, e preso atto che il Sindaco
ha depositato memoria di opposizione alla richiesta di
archiviazione formulata dal pubblico ministero, il Collegio si
è riunito in camera di consiglio, per la decisione, il 4
dicembre 1995.
L'articolo giornalistico in questione, avente come oggetto
il cosiddetto "condono edilizio", e le questioni relative ai
ratei di pagamento ed alla concreta attuazione dello stesso,
si trascrive integralmente, nella parte che rileva per il
presente procedimento.
Alla sollecitazione del giornalista che lo intervistava -
"Resta comunque il problema del pagamento della prima rata
entro il 31 ottobre. I progressisti hanno presentato un ordine
del giorno che chiede lo slittamento del termine. E molte
associazioni sono d'accordo"- il Ministro ha risposto nei
termini seguenti: Siamo in Italia e tutti vogliono
continuare a fare gli italiani. Proprio non riesco a capire.
Sarebbe stata una volta tanto una prova di serietà dei
progressisti dire: abbiamo una data, rispettiamola. Invece
tutti giocano a creare confusione. Ho scoperto, e sto facendo
svolgere indagini, che alcuni comuni stanno boicottando il
provvedimento. A Genova, per esempio, insieme al manuale di
istruzioni per il condono allegano un foglio bianco dove, in
parole povere, viene messa in dubbio la data del 31 ottobre.
La trovo una cosa di una gravità inaudita, ne ho parlato con
il Prefetto ed ora vedremo quali azioni svolgere nei confronti
del comune e del Sindaco ".
Ciò premesso, il collegio ha ritenuto non accoglibili le
argomentazioni svolte dal pubblico ministero a sostegno della
sua richiesta di archiviazione, pure convenendo sulla
circostanza che il reato ipotizzato sia stato commesso dal
Ministro nell'esercizio delle sue funzioni, poiché
l'intervista oggetto della querela era stata rilasciata da un
Ministro in carica come commento di vicende strettamente
inerenti l'applicazione di provvedimenti del Governo del quale
Pag.3
faceva parte e con specifico riferimento alle sue competenze
istituzionali. Rilevava, altresì, il Tribunale che era
altrettanto pacifico, in assenza di qualunque efficace
smentita che valga a fare ipotizzare che il giornalista abbia
riprodotto non fedelmente quanto dichiarato dal Ministro, che
le espressioni pubblicate rispecchino esattamente il pensiero
di quest'ultimo.
Senonché il Collegio, ritenendo la natura diffamatoria
delle espressioni del Ministro nei confronti del sindaco, non
ha condiviso la richiesta di archiviazione del pubblico
ministero ed ha trasmesso gli atti al Procuratore della
Repubblica di Genova per la loro immediata rimessione al
Presidente del Senato prima, e dopo la dichiaratoria di
incompetenza di questo ramo del Parlamento, rivestendo l'On.
Roberto Radice la carica di deputato, gli atti stessi sono
stati trasmessi alla Camera competente a decidere sulla
domanda di autorizzazione.
Orbene, nel caso di specie, non v'è dubbio che l'onorevole
Radice ha agito, nell'esercizio delle sue funzioni senza
alcuna volontà di diffamare alcuno; prova ne è, peraltro, che
egli si è rivolto al Prefetto per studiare soluzioni e rimedi
alle questioni che erano state sollevate e che avrebbero
frapposto seri ostacoli all'ottemperanza degli specifici
dettati legislativi in materia di condono edilizio.
Ma appare altrettanto specifico, come è stato osservato
dallo stesso Tribunale, che egli ha agito nell'esercizio ed a
causa delle sue funzioni di Ministro in carica ed a commento
di vicende strettamente inerenti l'applicazione di
provvedimenti del Governo del quale faceva parte e con
specifico riferimento alle sue competenze istituzionali.
Sotto tal profilo, appare dunque fuori di dubbio che egli
ha agito per il perseguimento di un preminente interesse
pubblico nell'esercizio della funzione di Governo che era
rappresentata, nel caso di specie, dall'osservanza delle
specifiche norme previste dal provvedimento che introduceva il
condono edilizio.
Egli, dunque, ha agito per assicurare l'interesse dello
Stato alla prevista riscossione delle entrate tributarie,
nonché all'osservanza della legge ed al rispetto dei princIpi
di buon andamento della Pubblica amministrazione e della
soggezione dei pubblici impiegati al servizio della Nazione,
interessi dello Stato riconosciuti e tutelati dalla
Costituzione.
Le considerazioni che procedono convincono ampiamente la
Giunta a proporre all'Assemblea, a norma dell'articolo 9 della
legge n. 1/1989, il diniego dell'autorizzazione a procedere
richiesta nei confronti del Ministro Radice.
Carmelo Carrara, Relatore.
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