| RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE
nei confronti dell'onorevole
PANNELLA
TRASMESSA DAL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ROMA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 28 febbraio 1996
(mantenuta all'ordine del giorno dalla precedente
legislatura)
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IL TRIBUNALE DI ROMA
prima sezione civile
così composto:
dottor Giovanni Lo Turco, Presidente;
dottor Tommaso Sebastiano Sciascia, Giudice;
dottor Federico Sorrentino, Giudice relatore;
riunito in camera di consiglio, ha emesso la seguente:
ORDINANZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 50015 del
ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 1993,
posta in deliberazione all'udienza collegiale in data 12
gennaio 1996 e vertente tra
Santacroce Giorgio,
elett.te dom.to in Roma, lungotevere dei Mellini 24, presso
lo studio del procuratore professore avvocato Giovanni
Giacobbe, che lo rappresenta e difende per delega in atti
PARTE ATTRICE
e Pannella Giacinto detto Marco, elett.te dom.to in Roma, via
Gualtiero Serafino 8, presso lo studio del procuratore
avvocato Gian Domenico Caiazza, che lo rappresenta e difende
per delega in atti
PARTE CONVENUTA
e RAI-Radiotelevisione italiana SpA, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elett.te dom.ta in Roma,
piazza delle Muse 8, presso lo studio del procuratore
professore avvocato Alessandro Pace, che la rappresenta e
difende per delega in atti
PARTE CONVENUTA
e FININVEST SpA, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elett.te dom.ta in Roma, viale Angelico 92, presso
lo studio del procuratore professore avvocato Romano
Vaccarella, che la rappresenta e difende unitamente
all'avvocato Vittorio Dotti del Foro di Milano per delega in
atti
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PARTE CONVENUTA
e Fortuna Audiovisivi srl, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elett.te dom.ta in Roma, via
Luigi Settembrini 16, presso lo studio dei procuratori
avvocati Giorgio e Francesca Paola Assumma, che la
rappresentano e difendono per delega in atti
PARTE CONVENUTA
Ritenuto che con il procedimento civile di cui
all'epigrafe Santacroce Giorgio ha chiesto a questo Tribunale
la condanna dei convenuti Pannella Giacinto Marco, RAI,
Fininvest e Fortuna Audiovisivi, in solido tra loro, al
risarcimento del danno (patrimoniale e morale) non inferiore a
complessive lire 700.000.000, oltre interessi e rivalutazione,
in relazione a dichiarazioni rese dall'onorevole Pannella nel
corso di trasmissioni televisive e reputate lesive della
dignità, dell'onore, della reputazione e della identità
personale dell'attore;
che in particolare sono state evidenziate le seguenti
affermazioni:
1) "il giudice Santacroce si è comportato
sull'assassinio di Giorgiana Masi, nel contesto di un chiaro
tentativo eversivo che veniva dal Ministero degli interni in
quel momento, si è comportato in modo che l'inchiesta va
riaperta perché grida vendetta davanti a Dio"; - a seguito di
un intervento di altro interlocutore (ospite della
trasmissione) circa l'inchiesta sulla tragedia di Ustica -
"Santacroce, ma vedi... sai cosa ha fatto? Un anno dopo
Giorgiana Masi, nel primo anniversario scrivo: un magistrato
che si è comportato come Santacroce e D'Angelo, che era
l'altro, avrà presto dei buoni incarichi di regime. E infatti
dopo un anno gli hanno dato Ustica e hanno fatto quello che
hanno fatto... chiedi a Santacroce quanto sono stato
diplomatico questa sera" (trasmissione televisiva Il rosso
e il nero, Rai-Tre, 8 aprile 1993);
2) "vorrei chiedere ai magistrati quando avranno,
quando l'ordine giudiziario troverà il modo, io ho fatto nomi,
non di sospetti, io ho accusato la vicenda di strage, non di
tentata strage che non esiste, quella di Giorgiana, io sono un
lento, quella di Giorgiana Masi e ritengo che il magistrato
Santacroce, non a caso poi destinato a Ustica, per i suoi
servigi ignobili di regime, venga incriminato e venga fatta la
revisione di quel processo nel quale il giudice Santacroce
coprì le responsabilità dell'allora Ministro dell'interno
Cossiga e dell'intero Governo" (trasmissione televisiva su
Canale 5, Maurizio Costanzo Show, di proprietà della
Fortuna Audiovisivi srl, 7 maggio 1993);
3) "non si sono scoperti gli autori dell'assassinio di
Giorgiana Masi, una possibile strage di 40 persone, perché un
magistrato, Santacroce, falsificò gli atti dell'inchiesta"...
"l'ho già detto al Costanzo Show e in altra trasmissione
della RAI che Santacroce, dopo Giorgiana Masi, ottenne, come
premio, Ustica" (trasmissione televisiva Spazio 5 in
onda su Canale 5, 9 giugno 1993);
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che l'onorevole Pannella Giacinto Marco si è costituito
in giudizio, deducendo in primo luogo il difetto assoluto di
giurisdizione dell'a.g.o.; ha inoltre sollevato eccezione di
legittimità costituzionale dell'articolo 18 cod. proc. civ.,
in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, e ha
concluso per l'inammissibilità della domanda con riferimento
all'articolo 68 della Costituzione e, in subordine, per la sua
infondatezza;
che la RAI, costituitasi in giudizio, ha chiesto il
rigetto della domanda, ricorrendo l'ipotesi di cui
all'articolo 68, primo comma, della Costituzione e, comunque,
non rinvenendosi alcuna responsabilità ad essa
addebitabile;
che la Fininvest Spa e la Fortuna Audiovisivi si sono
costituite ritualmente in giudizio, con distinte comparse,
deducendo entrambe il difetto di legittimazione passiva e
l'infondatezza della domanda;
che all'udienza di precisazione delle conclusioni,
sollevata da parte attrice eccezione di legittimità
costituzionale, in riferimento agli articoli 24 e 104 della
Costituzione, del decreto-legge attuativo dell'articolo 68
della Costituzione, le parti si sono riportate alle rispettive
richieste e la causa è stata ritenuta in decisione all'udienza
collegiale in data 12 gennaio 1996;
considerato che la presente fattispecie di risarcimento
del danno da fatto illecito (costituente, si assume, reato di
diffamazione aggravata) è stata regolarmente sottoposta alla
cognizione del giudice ordinario;
che la questione di legittimità costituzionale, in
riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dell'articolo
18 del codice di procedura civile, "nella parte in cui non
prevede diversamente da quanto invece previsto, nella identica
situazione, dall'articolo 11 del codice di procedura penale la
deroga alla competenza territoriale del giudice investito
della cognizione di un giudizio civile nel quale figuri, come
parte danneggiata, un magistrato svolgente funzioni nel
medesimo distretto di corte d'appello", appare in radice
irrilevante nel presente giudizio, giacché non è stata
sollevata formale eccezione di incompetenza territoriale -
come è noto, sotto tutti i profili - (e non potendosi
necessariamente configurare come inderogabile la competenza
prevista dall'impugnato articolo 18 del codice di procedura
civile nel testo risultante dall'invocata pronunzia additiva
da parte della Corte);
che preliminarmente il Collegio deve prendere in esame
l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della
Costituzione trattandosi di fattispecie concernente
dichiarazioni rese da un parlamentare; va rilevato per inciso
che l'articolo 68 della Costituzione trova sicura applicazione
in materia civile, come ritenuto dalla prevalente dottrina e
dalla giurisprudenza già formatasi sul previgente testo e come
rilevabile anche dalla modifica apportata dalla legge
costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3 al primo comma del citato
articolo 68 della Costituzione, nel quale l'espressione
riferita ai membri del Parlamento, quale "non possono essere
perseguiti" (più propriamente penalistica) è stata sostituita
da quella "non possono essere chiamati a rispondere";
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che deve quindi trovare applicazione l'articolo 3 del
decreto-legge 8 gennaio 1996, n. 9 (recante disposizioni per
l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione),
disciplinante in particolare i poteri del giudice in materia e
i rapporti tra il procedimento giudiziario e la Camera di
appartenenza del parlamentare convenuto;
che devesi, di conseguenza, affrontare
pregiudizialmente la questione di legittimità costituzionale
del decreto-legge 8 gennaio 1996, n. 9 (in particolare
l'articolo 3, sollevata, come dedotto anche nella comparsa
conclusionale, in riferimento agli articoli 3, 24, 25, 77,
101, 104, 111, 138 della Costituzione;
che innanzitutto l'articolo 3 del decreto-legge 8
gennaio 1996, n. 9 è impugnato in radice, assumendosi che alla
legge ordinaria sarebbe preclusa, ai sensi dell'articolo 138
della Costituzione, l'interpretazione costituzionale (nella
specie dell'articolo 68 della Costituzione); tale profilo
appare manifestamente infondato, giacché la norma di legge
ordinaria non "interpreta" l'articolo 68 della Costituzione,
limitandosi a disciplinare norme procedimentali in attuazione
del principio di cui al primo comma del citato articolo 68
(alla stessa stregua delle norme, adottate ugualmente con
legge ordinaria, regolanti il funzionamento della Corte
costituzionale e, tra l'altro, il procedimento di rimessione
delle questioni di legittimità costituzionale - legge 11 marzo
1952, n. 87 -);
che inoltre è palese l'insussistenza della violazione
del parametro di cui all'articolo 3 della Costituzione,
invocato in relazione al più favorevole trattamento goduto dai
parlamentari "in materia di diritto privato non incidente
sulle funzioni rappresentative": tale trattamento trova
infatti fondamento in altro principio costituzionale (articolo
68 della Costituzione), oltre che concreta applicazione solo
nel caso di opinioni espresse "nell'esercizio delle funzioni"
di parlamentare;
che possono essere presi in same gli altri profili di
incostituzionalità vertenti più propriamente sul secondo comma
dell'articolo 3 del decreto-legge 8 gennaio 1996, n. 9
(concernente la cosiddetta pregiudizialità parlamentare),
giacché, dato il luogo e il tenore delle affermazioni da parte
dell'onorevole Pannella, non sembra ricorrere l'ipotesi
"evidente" di applicabilità del primo comma dell'articolo 68
della Costituzione, come richiesto dal primo comma
dell'articolo 3 del decreto-legge 8 gennaio 1996, n. 9 per
l'immediata dichiarazione di tale esimente da parte del
giudice (con conseguente applicazione del secondo comma
dell'articolo 3 del citato decreto-legge);
che è irrilevante la questione sollevata sotto il
profilo secondo cui l'articolo 3 citato decreto-legge 8
gennaio 1996, n. 9 non consentirebbe, davanti alla Camera cui
eventualmente fosse rimessa la questione, l'esercizio del
diritto di difesa: ai fini della rilevanza, la questione di
legittimità costituzionale deve essere circoscritta solo alle
norme che il giudice è tenuto ad applicare, e quindi fuori
dell'ambito delle norme regolanti la partecipazione delle
parti avanti ad altri organi (successivamente ed eventualmente
investiti;
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che l'attribuzione alle Camere del potere di
valutazione della ricorrenza dell'immunità parlamentare
(definito da parte attrice come potere "propriamente
giurisdizionale") non viola i parametri di cui agli articoli
25, 101, 111, 104 della Costituzione, giacché la Corte
costituzionale, fin dalla sentenza n. 1150 del 1988, ha
ritenuto che l'articolo 68, primo comma, della Costituzione
"attribuisce alla Camera di appartenenza il potere di valutare
la condotta addebitata ad un proprio membro, con l'effetto,
qualora sia qualificata come esercizio delle funzioni
parlamentari, di inibire in ordine ad essa una difforme
pronuncia giudiziale di responsabilità", pur rilevandosi che
tale potere non è illimitato non potendo essere né arbitrario,
né soggetto ad una regola interna di self-restraint,
essendo sogetto ad un controllo di legittimità operante con
lo strumento del conflitto di attribuzione (cfr. anche C.
cost. n. 443 del 1993);
che infine non può non emergere la manifesta
infondatezza della questione relativa alla violazione, da
parte del suddetto decreto-legge, dell'articolo 77 della
Costituzione per la dedotta carenza dei requisiti di necessità
e urgenza richiesti per l'adozione di un tale provvedimento
legislativo da parte del Governo, requisiti invece ravvisabili
nella impellente e necessaria esigenza di rendere pienamente
operante una norma costituzionale;
che pertanto va ritenuta l'irrilevanza e manifesta
infondatezza delle questioni di costituzionalità sollevate;
che appare invece non manifestamente infondata la
questione circa l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma,
della Costituzione al caso di specie (come sinteticamente
riportato in narrativa), tenuto conto che l'onorevole Pannella
ha documentato di aver criticato in sede parlamentare
l'operato dei magistrati inquirenti sul caso di Giorgiana Masi
(cfr. proposte di legge n. 104 del 20 giugno 1979 e di
inchiesta parlamentare n. 15, Doc. XXII, in data 12 settembre
1987);
PER QUESTI MOTIVI
Il Tribunale di Roma - Prima sezione civile:
1) dichiara irrilevanti e manifestamente infondate le
questioni di legittimità costituzionale degli articoli 18 del
codice di procedura civile e 3 del decreto-legge 8 gennaio
1996, n. 9;
2) dichiarata la non manifesta infondatezza della
relativa questione, trasmette gli atti alla Camera dei
deputati perché deliberi se il fatto per il quale è in corso
il presente procedimento concerna o meno opinioni espresse
dall'onorevole Giacinto Marco Pannella nell'esercizio delle
sue funzioni;
3) dispone la sospensione del processo per novanta
giorni.
Così deciso nella camera di consiglio della prima sezione
civile del Tribunale di Roma in data 13 gennaio 1996.
Il Presidente
Dott. Giovanni Lo Turco
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| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
(Relatore: CEREMIGNA)
sulla
RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO CIVILE
nei confronti dell'onorevole
PANNELLA
TRASMESSA DAL TRIBUNALE DI ROMA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 28 febbraio 1996
Presentata alla Presidenza il 19 febbraio 1997
Pag.2
Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una
richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità che
trae origine da un procedimento civile iniziato nei confronti
dell'onorevole Marco Pannella, deputato all'epoca dei fatti,
per alcune frasi asseritamente diffamatorie da lui rivolte,
nel corso di alcune trasmissioni televisive, nei confronti del
dottor Giorgio Santacroce, magistrato, che all'epoca dei fatti
aveva svolto indagini istruttorie sull'omicidio di Giorgiana
Masi.
Com'è noto, la giovane studentessa Giorgiana Masi risultò
uccisa nel corso di alcuni incidenti avvenuti a Roma in data
12 maggio 1977, nel corso di una manifestazione contro il
divieto posto dalla questura di svolgere un'ulteriore
manifestazione politica, promossa dal partito radicale in
Piazza Navona.
Le frasi asseritamente diffamatorie e le ulteriori
circostanze di fatto sono riportate per esteso nell'ordinanza
del tribunale di Roma, cui si rinvia integralmente (A.C. doc.
IV- ter, n. 18).
In sostanza l'onorevole Pannella, nell'ambito di alcune
trasmissioni televisive, avrebbe addebitato al dottor
Santacroce una condotta illecita nello svolgimento delle
indagini tendente ad "insabbiare" le medesime, affermando
inoltre che, in virtù di tale condotta, gli erano stati
successivamente assegnati ulteriori incarichi quali quelli, ad
esempio, dell'indagine sul caso Ustica.
La Giunta per le autorizzazioni ha esaminato la questione
nella seduta del 27 novembre 1996, ascoltando anche
l'onorevole Pannella.
Nel corso della sua audizione il medesimo ha messo in
rilievo la stretta connessione tra le accuse da lui rivolte al
giudice Santacroce e le numerosissime interpellanze ed
interrogazioni parlamentari presentate da lui e da altri
esponenti del suo gruppo parlamentare sul caso. Ha inoltre
ricordato il notevole impegno profuso dalla sua parte politica
attraverso comizi, manifestazioni, dibattiti di ogni sorta, al
fine di far luce sulle circostanze del suddetto omicidio.
Attraverso una puntuale indagine il relatore ha potuto
verificare l'effettiva sussistenza di tali atti di sindacato
ispettivo (A.C., VII leg., interpellanze e interrogazioni nn.
3-01091, 3-01113, 3-01128, 3-01129, 3-01130, 4-02603, 2-00202,
2-00206, 2-00266, 3-01999, 2-00313, 3-02379, 3-03465 e
3-01871), tutti riferentisi alla vicenda dell'omicidio di
Giorgiana Masi.
La Giunta ha constatato la stretta connessione esistente
tra le interrogazioni e le dichiarazioni dell'onorevole
Pannella, poiché entrambe si inserivano nell'ambito di una
ampia battaglia politica condotta dal suo gruppo.
Per questi motivi, nella stessa seduta, all'unanimità, la
Giunta medesima ha deliberato di proporre all'Assemblea che i
fatti per i quali è in corso il procedimento concernono
opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio
delle sue funzioni.
Enzo CEREMIGNA, Relatore
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