| RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE
nei confronti del deputato
SGARBI
TRASMESSA DAL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI ROMA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 4 novembre 1996
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IL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA
Sezione I
così composto:
dott. Alberto Bucci, presidente;
dott. Tommaso Sebastiano Sciascia, giudice;
dott. Stefano Olivieri, giudice relatore;
riunito nella camera di consiglio ha emesso la seguente
ORDINANZA
nella causa civile in primo grado iscritta al n. 49980/93
RGAC posta in deliberazione alla udienza collegiale del 14
giugno 1996 vertente
tra
D'Alema Massimo, elettivamente domiciliato in Roma, via
Archimede 98, presso lo studio dell'avvocato Guido Calvi e
dell'avvocato Stefania Votano che lo rappresentano e difendono
per procura apposta in margine all'atto di citazione;
ATTORE
Sgarbi Vittorio, elettivamente domiciliato in Roma, via
Ufente 19, presso lo studio dell'avvocato Francesco Bremes che
lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Pasquale
Balzano Prota del Foro di Milano ed all'avvocato Gian Pietro
Dall'Ara del Foro di Ferrara, per procura in calce alla copia
notificata dell'atto di citazione e per mandato generale alle
liti 19 febbraio 1991 per atto notaio Donati di Crema rep.
33824/4615;
CONVENUTO
nonché
Reti televisive italiane - RTI Spa in persona del
presidente signor Adriano Galliani, elettivamente domiciliato
in Roma, viale Angelico 92 presso lo studio dell'avvocato
Carlo Silvetti che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati Vittorio Dotti e Fulvio Morese del Foro di Milano per
procura apposta in margine alla comparsa di risposta;
CONVENUTA
Oggetto: Responsabilità extracontrattuale.
IL COLLEGIO
premesso che con atto notificato in data 17 e 18 giugno
1993 D'Alema Massimo ha convenuto in giudizio avanti questo
tribunale
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Sgarbi Vittorio e la RTI Spa per sentirli condannare in
solido, previa declaratoria di responsabilità "anche ex
articoli 2043 e 2059 del codice civile nonché 185 del codice
penale e 12 della legge sulla Stampa", al risarcimento dei
danni subiti a causa delle dichiarazioni, ritenute
diffamatorie, rese dal convenuto Sgarbi nel corso della
trasmissione televisiva "Sgarbi quotidiani" andata in onda il
4 maggio 1993 sulla emittente Canale 5 gestita in concessione
dalla RTI Spa;
rilevato che alla data del fatto il convenuto Sgarbi
Vittorio era membro della Camera dei deputati e che è stata
eccepita l'applicabilità dell'articolo 68 della Costituzione;
che la disciplina normativa di attuazione dell'articolo 68
della Costituzione, impugnata dal procuratore dell'attore per
vizio di legittimità costituzionale (articolo 3, comma 2, del
decreto-legge n. 455 del 1994), ha cessato di avere efficacia
per mancata conversione in legge, rimanendo, pertanto, il
collegio dispensato dall'esame della relativa eccezione; che,
nelle more del giudizio, è stato pubblicato il decreto-legge
10 maggio 1996, n. 253 recante "Disposizioni urgenti per
l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione" con
contenuto normativo parzialmente diverso da quello del
decreto-legge decaduto;
ritenuto di non dovere accogliere la eccezione di
applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della
Costituzione proposta dai convenuti in quanto l'attività di
informazione critica svolta dal convenuto Sgarbi in modo
professionale - o comunque retribuito - attraverso il
programma televisivo "Sgarbi quotidiani" non si differenzia,
sotto il profilo oggettivo, da quella svolta da giornalisti e
conduttori in trasmissioni e spettacoli diretti alla
formazione della pubblica opinione su fatti e persone di
interesse generale, e non può, pertanto, essere ricondotta ad
esercizio delle funzioni di parlamentare; né è dato ravvisare
nella specie una "connessione" tra il commento dei fatti
politici svolto dal convenuto nella trasmissione del 4 maggio
1993 e concrete iniziative - riconducibili ad alcuno degli
atti individuati dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge
n. 253 del 1996 - dallo stesso intraprese come membro del
Parlamento in relazione ai medesimi fatti;
PER QUESTI MOTIVI
visto l'articolo 2, commi 4 e 5, del decreto-legge 10
maggio 1996, n. 253;
ordina la trasmissione di copia degli atti del giudizio
alla Camera dei deputati;
dichiara sospeso il processo fino alla deliberazione
della Camera dei deputati e comunque non oltre il termine di
novanta giorni dalla ricezione degli atti da parte della
stessa Camera.
Roma, 28 giugno 1996.
Il Presidente
(Dott. Alberto Bucci)
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| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
(Relatore: CEREMIGNA)
sulla
RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA'
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO CIVILE
nei confronti del deputato
SGARBI
TRASMESSA DAL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI ROMA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 4 novembre 1996
Presentata alla Presidenza il 2 ottobre 1998
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Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una
richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità a suo
tempo inviata dal Tribunale di Roma ai sensi dell'articolo 2,
commi 4 e 5, del decreto-legge n. 253 del 1996. Come è noto,
la richiesta, al pari di molte altre, è stata mantenuta
all'ordine del giorno anche dopo la decadenza del suddetto
decreto in ossequio alla consolidata giurisprudenza
costituzionale secondo cui spetta comunque alle Camere di
pronunciarsi sulla insindacabilità delle opinioni espresse dai
propri componenti, ai sensi dell'articolo 68 della
Costituzione.
Il procedimento civile dal quale trae origine la richiesta
riguarda alcune affermazioni proferite dal collega Sgarbi nel
corso della trasmissione televisiva "Sgarbi quotidiani" del 4
maggio 1993.
Nel corso della trasmissione il deputato Sgarbi commentava
criticamente il fatto che pochi giorni prima una folla di
persone aveva inveito contro l'onorevole Craxi all'uscita del
suo albergo lanciandogli addosso delle monetine. Da
quell'episodio l'onorevole Sgarbi svolgeva una complessiva
riflessione sul fenomeno di Tangentopoli, nell'ambito della
quale metteva in evidenza anche il coinvolgimento di esponenti
politici appartenenti al partito del PCI-PDS. Dopo aver
affermato che in quel partito, in quel momento, vi erano 72
inquisiti, e dopo aver riferito specificamente di diversi
episodi di corruzione che avevano coinvolto anche esponenti di
quel partito, proferiva le seguenti parole: "un altro
pentito, comunque persona indagata, ha detto di aver versato
tangenti al secondo del partito comunista, del PDS, Massimo
D'Alema. Allora cominciamo a stare attenti che questi che
urlano hanno fatto esattamente lo stesso di quelli contro cui
stanno urlando. Da Scalfari al PDS non sono senza vergogna e
quindi io ho chiesto ieri che venisse ucciso Craxi perché non
vedo altra soluzione; ma quando sarà eliminato lui faremo i
conti poi con questi". Per tali affermazioni l'onorevole
Sgarbi è stato citato in giudizio dall'onorevole Massimo
D'Alema per il risarcimento del danno.
La Giunta ha esaminato la questione nella seduta del 12
marzo 1997. Dopo un ampio dibattito è prevalsa, a maggioranza,
l'opinione secondo cui le affermazioni rese dal collega Sgarbi
dovevano inquadrarsi nell'ambito del dibattito politico che da
molti anni ha avuto luogo ed ha ancora luogo sul fenomeno di
Tangentopoli. Tale dibattito, come è ben noto, ha coinvolto in
modo profondo l'intera classe politica e si è svolto, in larga
parte, anche nelle aule parlamentari. Basti pensare, per
rimanere al periodo al quale risalgono i fatti oggetto del
procedimento, alle numerose discussioni sulle autorizzazioni a
procedere in giudizio, che avevano luogo ogni settimana in
Parlamento e che erano incentrate strettamente sui temi
dell'intreccio tra responsabilità politica e responsabilità
giudiziaria in relazione alle indagini penali allora in
corso.
Tale dibattito, peraltro - è appena il caso di ricordarlo
- appare ancor oggi tutt'altro che concluso.
In questo contesto le affermazioni critiche rese nei
confronti dell'onorevole D'Alema, al di là del fatto specifico
cui si riferiva l'oratore, sono da collocare nel contesto di
una riflessione complessiva,
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propria del collega Sgarbi e della parte politica alla quale
egli appartiene, sul ruolo del PCI-PDS all'interno del sistema
di finanziamento dei partiti nella cosiddetta "prima
Repubblica".
Alla luce delle considerazioni svolte sopra le
affermazioni del deputato Sgarbi, ancorché espresse in forme e
toni a mio giudizio non condivisibili, possono tuttavia essere
considerate una proiezione estrema dell'esercizio delle sue
funzioni parlamentari e in quanto tali pienamente scriminate
dalla previsione di insindacabilità di cui all'articolo 68,
primo comma, della Costituzione. Per questi motivi la Giunta,
a maggioranza, ha deliberato nel senso che i fatti per i quali
è in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un
membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Enzo CEREMIGNA, Relatore.
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