| DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A RICHIEDERE, EMETTERE E - SE
CONCESSA - AD ESEGUIRE ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE IN
CARCERE
nei confronti del deputato
PREVITI
per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
penale - nel reato di cui agli articoli 81 e 321, in relazione
all'articolo 319 dello stesso codice (corruzione per un atto
contrario ai doveri d'ufficio, continuata); per concorso - ai
sensi dell'articolo 110 del codice penale - nel reato di cui
agli articoli 81, 112 n. 1 e 321, in relazione agli articoli
319 e 319- ter, dello stesso codice (corruzione per un
atto contrario ai doveri d'ufficio in atti giudiziari,
continuata ed aggravata)
TRASMESSA DAL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA
(FLICK)
il 3 settembre 1997
All'onorevole Presidente
della Camera dei Deputati
Roma, 3 settembre 1997.
Oggetto: Richiesta di autorizzazione a norma dell'articolo 68
della Costituzione nei confronti dell'onorevole Cesare Previti
formulata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di Milano (proc. 9520/95 R.G.N.R.).
Per il tramite del Procuratore Generale presso la Corte di
Appello, il Procuratore della Repubblica legittimato alle
indagini mi ha inviato in duplice originale l'allegata
richiesta di "autorizzazione a richiedere, emettere ed
eseguire la misura della custodia cautelare in carcere" nei
confronti del Parlamentare sopra indicato.
Per quanto di competenza, trasmetto pertanto in duplice
originale la predetta richiesta con gli allegati costituiti da
n. 6 faldoni sigillati dall'ufficio richiedente.
Il Ministro
Flick
Pag.2
Al signor Ministro
di grazia e giustizia
Milano, 3 settembre 1997.
Invio per la successiva trasmissione al Signor Presidente
della Camera dei Deputati, in duplice originale accompagnati
da una serie di allegati, la richiesta di autorizzazione a
richiedere, emettere ed eseguire la misura cautelare della
custodia in carcere nei confronti di un Membro del Parlamento
della Repubblica.
Con alta stima e considerazione.
Il procuratore della Repubblica
Umberto Loi
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Milano, 3 settembre 1997.
Oggetto: Richiesta di autorizzazione a richiedere, emettere e
- se concessa - ad eseguire ordinanza di custodia cautelare in
carcere nei confronti di: Cesare PREVITI, nato a Reggio
Calabria il 21.10.1934, Deputato al Parlamento.
Al Signor Presidente
della Camera dei Deputati
ROMA
Il Pubblico Ministero
nell'ambito del procedimento indicato in epigrafe a carico
anche di: Cesare PREVITI, nato a Reggio Calabria il
21.10.1934,
in ordine:
A) al reato di cui agli artt. 81, 110, 321, in
relazione all'articolo 319 c.p., perché agendo in concorso con
altri, intermediando la promessa ed il versamento di denaro a
Renato Squillante - e per il tramite di questi - ad altri
Pag.3
pubblici ufficiali, unitamente ad Attilio Pacifico o comunque
in concorso con lui, consegnava ingenti somme di denaro in
contanti per conto di società aventi sede in Milano, perché
Renato Squillante, nella sua qualità di pubblico ufficiale in
quanto Consigliere Istruttore aggiunto presso il Tribunale di
Roma, compisse una indeterminata serie di atti contrari ai
doveri d'ufficio in quanto stabilmente retribuito perché
ponesse le sue pubbliche funzioni al servizio degli interessi
degli erogatori violando i doveri di imparzialità, probità e
indipendenza tipici della funzione giudiziaria, in tutti i
procedimenti e in ogni altra attività di cui fosse richiesto,
e violando altresì il segreto d'ufficio fornendo le
informazioni a lui richieste, ed impegnandosi altresì ad
intervenire su altri appartenenti agli uffici giudiziari al
fine di indurli a compiere atti contrari ai doveri del loro
ufficio in modo da favorire le società predette o comunque gli
erogatori in violazione dei già citati doveri di imparzialità,
probità e indipendenza.
In Milano e altrove sino al 1989.
B) del reato previsto e punito dagli artt. 81-110,
112 n. 1, 321 in relazione agli artt. 319 e 319- ter c.p.
perché, agendo in concorso con ACAMPORA Giovanni, PACIFICO
Attilio, SQUILLANTE Renato (nella sua qualità indicata al capo
precedente), VERDE Filippo - nella sua qualità prima di
magistrato con funzioni giudicanti presso le sezioni civili
del Tribunale di Roma, poi di Capo di Gabinetto del Ministro
di Grazia e Giustizia -, ROVELLI Nino e con i suoi eredi
BATTISTELLA Primarosa e ROVELLI Felice nonché in concorso con
altri magistrati appartenenti al distretto di Corte d'Appello
di Roma e pubblici ufficiali od incaricati di pubblico
servizio appartenenti all'amministrazione giudiziaria,
intermediando - in accordo con ACAMPORA, PACIFICO e SQUILLANTE
- tra ROVELLI Nino ed i suoi eredi da un lato ed i pubblici
ufficiali dall'altro, perché costoro violassero i loro doveri
di imparzialità, segretezza, indipendenza e probità
nell'espletamento delle loro funzioni pubbliche, allo scopo di
favorire ROVELLI Nino ed i suoi eredi nei vari gradi di
giudizio del procedimento civile fra costoro e l'I.M.I. -
procedimento trattato nel merito prima dal Tribunale poi dalla
Corte d'Appello di Roma (cause riunite 3176/89 e 3250/89) e
passato in giudicato a seguito della dichiarazione
d'improcedibilità del ricorso dell'IMI da parte della Corte di
Cassazione - riceveva dagli eredi di ROVELLI le somme di
seguito indicate, direttamente ed attraverso ACAMPORA e
PACIFICO, destinate in parte a retribuire la mediazione, in
parte ai citati pubblici ufficiali che le ricevevano.
In particolare, tra gli altri:
VERDE nella sua qualità di Presidente di sezione del
Tribunale Civile di Roma, nel giudizio di primo grado della
controversia IMI/Rovelli, in data 31.10.1986, decideva ed
induceva a decidere la causa favorevolmente ai ROVELLI;
Pag.4
VERDE nella sua qualità di Capo di Gabinetto del
Ministro di Grazia e Giustizia, al fine di impedire al dr.
MINNITI - Presidente di sezione del Tribunale civile di Roma,
componente del collegio giudicante che avrebbe dovuto
occuparsi del giudizio civile di determinazione del quantum di
risarcimento del danno, che, avendo studiato l'incarto
processuale, aveva reso nota la sua determinazione di disporre
una nuova perizia per la quantificazione dell'entità del danno
- di partecipare al predetto giudizio ed in particolare
all'udienza del 4.4.89 organizzava per lo stesso giorno
pretestuosamente una inutile riunione presso il Ministero di
Grazia e Giustizia, avente ad oggetto questioni di edilizia
giudiziaria, convocando il dr. MINNITI alla predetta riunione
ed imponendogli di parteciparvi inderogabilmente;
Pubblici ufficiali o comunque incaricati di pubblico
servizio, appartenenti agli uffici della Corte di Cassazione,
violavano il segreto d'ufficio rendendo noto a terzi - diversi
dai componenti del Collegio che in Cassazione avrebbe dovuto
occuparsi della questione della improcedibilità - che il
Presidente del Collegio dr. CORDA aveva predisposto un appunto
indirizzandolo ai colleghi del Collegio giudicante, e che
nell'appunto si prospettava la possibilità di una modifica
dell'orientamento giurisprudenziale, idonea a consentire
l'ammissibilità del ricorso presentato dall'IMI presso la
Suprema Corte, così creando le condizioni di fatto per
l'astensione del magistrato dal giudizio sulla ammissibilità
del ricorso IMI;
SQUILLANTE, in violazione dei doveri di imparzialità,
probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria,
metteva in contatto Felice ROVELLI, con l'avv. Francesco
BERLINGUER, perché costui, a fronte di una promessa di
retribuzione per ingenti somme di denaro non inferiori a
500.000.000 di lire, avvicinasse un membro del collegio
giudicante della Corte di Cassazione per indurlo a violare
l'obbligo del segreto e fornire agli eredi ROVELLI notizie
attinenti al giudizio IMI/ROVELLI.
Ricevendo ai fini sopra indicati, tramite bonifici
effettuati dai predetti eredi ROVELLI rispettivamente:
a) Pacifico FRS 28.850.000 presso:
1. quanto a FRS 10.000.000 (pari a lire
11.677.300.000), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a
favore di Alvaneu Anstalt, valuta 21.3.94;
2. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
6.854.100.000), S.B.S. Lugano, a favore di EMCO AG, valuta
31.3.94;
3. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
6.812.040.000), S.B.S. Lugano, a favore di Veteri Anstalt,
valuta 07.04.94;
4. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
6.724.740.000), Verwaltungs und Privat-Bank Vaduz, a favore di
CODAVA Est., valuta 13.5.94;
Pag.5
5. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500),
Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore del conto
Pavone, valuta del 24.6.94;
b) Previti FRS 18.000.000 (pari a lire
21.019.140.000). SBS Ginevra, a favore del conto 136183, rif.
Filippo. valuta del 21.3.1994;
c) Acampora FRS 10.850.000:
1. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500),
B.I.L. Lussemburgo, a favore del conto 5/102/4379/540, valuta
24.6.94;
2. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del
conto SWLAMA, valuta 24.06.94;
3. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del
conto BLAWOR, valuta 24.06.94;
4. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore
del conto 396.085.04, valuta 24.06.94;
5. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore
del conto 396.088.09, valuta 24.06.94;
e così complessivamente la somma di FRS 57.700.000 pari - al
cambio di valuta nel giorno degli accrediti - a lire
66.789.541.000.
Reato aggravato dal numero delle persone superiore a
cinque.
Accordi intervenuti in luogo imprecisato a far tempo dal
1986 e pagamenti avvenuti su banche in Lussemburgo,
Confederazione Elvetica, Liechtenstein, Regno Unito almeno
fino al 1994.
OSSERVA
1. - SUI GRAVI INDIZI DI REITA'.
A carico di Cesare PREVITI sussistono gravi indizi di
colpevolezza in ordine alle ipotesi reato sopra indicate.
I) reato di cui ai capo a):
Stefania ARIOSTO ha dichiarato, in data 28 luglio 1995 e
23 ottobre 1995 (cfr. allegato nr. 1), ed ha ampiamente
Pag.6
confermato in successivo incidente probatorio (cfr. allegato
nr. 2), di avere appreso da Cesare PREVITI che egli "aveva a
libro paga numerosi magistrati romani"; di avere assistito
personalmente a due versamenti di denaro da parte di Cesare
PREVITI a Renato SQUILLANTE (indicato quale collettore delle
tangenti); che a tali vicende partecipava anche Attilio
PACIFICO, avvocato in Roma e legato a Cesare PREVITI.
Le indagini esperite hanno permesso di accertare che:
Stefania ARIOSTO frequentava Cesare PREVITI, con il
quale era in rapporti di cordialità e fiducia come risulta in
modo inequivocabile da fotografie acquisite (cfr. allegato nr.
3) e da dichiarazioni di vari soggetti;
in epoca antecedente a quella in cui rese dichiarazioni
alla Autorità Giudiziaria, Stefania ARIOSTO aveva riferito gli
episodi a due persone che hanno confermato i colloqui,
avvenuti in epoca non sospetta e cioè Giorgio CASOLI (già
consigliere della Corte Suprema di Cassazione in servizio alla
Prima Sezione Penale della Corte Suprema, già Sindaco di
Perugia, Senatore della Repubblica e Sottosegretario alle
Poste) - (cfr. allegato nr. 4) e Vittorio DOTTI (già Deputato
al Parlamento, per lo stesso raggruppamento politico cui
appartiene l'on. Cesare PREVITI - (cfr. allegato nr. 5);
i rapporti molto stretti fra Cesare PREVITI e numerosi
magistrati di cui Stefania ARIOSTO aveva riferito sono
risultati provati talora in modo documentale, come nel caso
del viaggio negli U.S.A. per la premiazione (organizzata dalla
NIAF) di CRAXI quale "uomo dell'anno" in cui le spese di
viaggio e soggiorno di molti magistrati furono pagate da
Cesare PREVITI. Al viaggio parteciparono, tra gli altri,
Filippo VERDE e Renato SQUILLANTE (1) (cfr. allegato nr.
6);
nei periodi indicati dall'ARIOSTO - come in altri
periodi - risultano numerose operazioni bancarie da cui è
possibile evidenziare rilevanti disponibilità di contanti in
capo a Cesare PREVITI: in particolare su conti correnti presso
B.N.L., Banca Commerciale Italiana e Rolo Banca di Roma
intestati a Cesare PREVITI nel periodo 1.1.1986-13.05.1992
risultano versamenti per contanti per complessive lire
17.804.030.500 (2), e prelevamenti mediante assegni a favore
di se stesso per vari miliardi per l'esattezza oltre quattro
miliardi e
(1) Il viaggio aereo e le spese di soggiorno sono state
pagate da Cesare PREVITI con assegni tratti dai suoi conti
correnti a favore della MERIDIANO VIAGGI, agenzia di viaggio
che ha curato l'organizzazione del viaggio per tutti gli
ospiti di PREVITI. Alcuni di questi, ma non VERDE, hanno
ritenuto di "rimborsare" tali spese. Fa specie che SQUILLANTE,
mentre riceveva vari accrediti sul suo conto corrente svizzero
da parte di PACIFICO e, in epoca successiva, anche di PREVITI,
si sia preoccupato di conservare per otto anni la
documentazione che dimostra l'avvenuto rimborso delle spese in
questione.
Pag.7
mezzo, con punte di quasi un miliardo e duecento
milioni nel 1988 e quasi due miliardi e trecento milioni nel
1989) - (cfr. allegato nr. 7);
per numerose operazioni risulta aver operato Marco
IANNILLI, impiegato, assistente addetto alla segreteria dello
studio dell'on. Cesare PREVITI dal 1977, menzionato
frequentemente nelle agende di Attilio PACIFICO in periodi nei
quali si verificano altri fatti di rilievo per la vicenda di
cui al capo successivo (cfr. allegato nr. 8);
risultano effettivamente esservi stati rapporti fra
Cesare PREVITI ed EFIBANCA come segnalato dall'ARIOSTO (cfr.
allegato nr. 9);
Renato SQUILLANTE aveva ingenti disponibilità
finanziarie all'estero, incompatibili con i suoi redditi
apparenti e dichiarati. Inoltre indagini esperite presso
l'agente di cambio ALOISIO De GASPERI hanno permesso di
evidenziare come gli asseriti investimenti di borsa fossero
invece soltanto manovre per dissimulare la provenienza del
denaro, evidentemente illecita (cfr. allegato nr. 10);
nel periodo cui si riferisce il capo A SQUILLANTE ha
ricevuto. tramite bonifici, quasi 200.000 franchi svizzeri
(tutti provenienti da conti di Pacifico) e 150.000 dollari sui
conti accesi presso la Società Bancaria Ticinese, per un
totale in controvalore in lire di circa 380 milioni, in un
periodo di poco successivo, ed esattamente il 6 marzo 1991,
poco più di 434.000 dollari (pari a mezzo miliardo di lire,
come specificato dalla contabile) bonificatigli da Cesare
PREVITI (cfr. allegato nr. 11).
Altri elementi sono riepilogati nella ordinanza di
custodia cautelare emessa in data 11.3.1996 nei confronti di
Renato SQUILLANTE e Attilio PACIFICO (cfr. allegato nr. 12),
nonché in quella emessa in data 10.4.1997 nei confronti di
Fabio, Mariano SQUILLANTE e Olga SAVTCHENKO (cfr. allegato nr.
13) e nei provvedimenti che in sede di gravame hanno
confermato la sussistenza di gravi indizi di reità (cfr.
allegato nr. 14 e 15).
Gli elementi ora elencati costituiscono riscontro
decisivo delle dichiarazioni rese da Stefania ARIOSTO (il cui
contenuto è stato contestato dalla difesa di Cesare PREVITI
senza che, tuttavia, tali elementi di riscontro e gli altri,
ampiamente indicati nei vari provvedimenti sulla libertà
personale, siano stati intaccati (3), sicché sulla posizione
dell'indagato non è il caso di soffermarsi oltre, rinviando
per i dettagli al contenuto dei provvedimenti citati sopra,
anche alla luce delle imponenti prove, di cui ora si dirà, in
relazione al reato sub B).
(2) Complessivamente sui conti correnti in questione, nel
periodo considerato, affluiscono versamenti provenienti da
terzi per 31 miliardi 996.000.616. Di questi, 17 miliardi
804.030.000 sono in contanti, gli altri in assegni bancari o
circolari e in bonifici.
(3) Questo Ufficio ha ritenuto di allegare la
documentazione difensiva prodotta dai legali di Cesare Previti
nel corso dell'incidente probatorio ed in relazione allo
stesso perché ne possa essere presa visione (cfr. allegato nr.
72).
Pag.8
II) reato di cui al capo b).
L'esatta comprensione della pregnanza degli elementi
d'accusa a carico di Cesare PREVITI deve, necessariamente,
muovere dai provvedimenti cautelari emessi nei confronti di
ACAMPORA e PACIFICO, nei quali nei diversi gradi di
giurisdizione e fino alla Corte di Cassazione, è stata
riconosciuta l'esistenza di un nesso tra le erogazioni di
danaro dei ROVELLI, poste in essere attraverso gli indagati,
ed il condizionamento dell'esito del giudizio IMI/ROVELLI,
attraverso la corruzione di pubblici funzionari (4).
Altro provvedimento di custodia cautelare per i medesimi
fatti corruttivi è intervenuto nei confronti di Felice ROVELLI
e Primarosa BATTISTELLA, rispettivamente figlio e vedova di
Nino ROVELLI (cfr. allegato nr. 20 e 21).
Siffatti provvedimenti devono intendersi integralmente
richiamati in questa sede (5).
(4) In data 15.05.96, su richiesta di questo Ufficio, il
G.I.P. presso il Tribunale di Milano ha emesso ordinanza di
custodia cautelare nei confronti di PACIFICO Attilio ed
ACAMPORA Giovanni (cfr. allegato nr. 16). La Corte di
Cassazione, Sezione VI, con sentenza 29.08.96. n. 2563 (cfr.
allegato nr. 17), pronunciando sulla posizione di ACAMPORA
riteneva sussistere una pluralità di elementi convergenti, in
modo logico, alla formazione del quadro accusatorio, idonei ad
argomentare l'esistenza di un nesso tra le erogazioni di
danaro ed il condizionamento dell'esito del giudizio
I.M.I.-ROVELLI, attraverso la corruzione di pubblici
funzionari. Sulla medesima ordinanza di custodia cautelare,
relativamente alla posizione di PACIFICO Attilio, veniva
chiamato a pronunciarsi, altresì, il Tribunale del riesame di
Milano (a seguito di sentenza di rinvio della Suprema Corte di
Cassazione - Sezione Quarta), che riconfermava l'ordinanza con
il provvedimento n 2166/96 TDR (cfr. allegato n. 18). Il
ricorso proposto dalla difesa di Attilio PACIFICO contro tale
ordinanza è stato respinto dalla Suprema Corte di Cassazione
(cfr. allegato n. 19).
(5) La vicenda indicata nei citati provvedimenti può
essere riassunta come segue. Immediatamente dopo l'arresto di
Renato SQUILLANTE e di Attilio PACIFICO, per il reato sub a),
nell'ambito delle ulteriori attività istruttorie, è stato
richiesto alla A.G. elvetica di interrogare la signora
BATTISTELLA Primarosa in ordine ad un bonifico da lei disposto
a favore di PACIFICO. A seguito della richiesta Primarosa
BATTISTELLA e Felice ROVELLI hanno reso interrogatorio
all'A.G. Elvetica in sede di rogatoria (cfr. allegato n. 22).
In tale sede hanno affermato che:
nel dicembre 1990 Nino ROVELLI, prima di sottoporsi ad
una operazione chirurgica, aveva informato la moglie di essere
in debito con l'avv. PACIFICO pregandola, nel caso in cui non
fosse sopravvissuto all'intervento, di provvedere al
pagamento. L'ing. ROVELLI decedeva il 30.12.1990;
Attilio PACIFICO, circa un mese dopo il decesso di Nino
ROVELLI, si presentò a Felice ROVELLI asserendo di vantare un
credito quantificandolo in circa 30 miliardi di lire.
Contestualmente aggiungeva che anche gli avvocati Cesare
PREVITI e Giovanni ACAMPORA erano essi pure creditori verso
Nino ROVELLI;
i ROVELLI hanno risposto di non avere in quel momento
disponibilità liquide tali da poter estinguere il debito del
loro congiunto e richiesto di procrastinare il pagamento
all'esito della controversia giudiziaria I.M.I./ROVELLI;
all'esito favorevole della causa che consentì agli
eredi ROVELLI di ricevere una somma, detratte le tasse, di
oltre 650 miliardi di lire, nel 1994 si era proceduto, su
indicazione di PACIFICO, PREVITI e ACAMPORA, a corrispondere
ai medesimi gli importi indicati nella imputazione sub b).
Pag.9
Orbene, se i versamenti a Cesare PREVITI sono stati posti
in essere nel medesimo contesto e per le medesime ragioni
delle erogazioni avvenute verso PACIFICO ed ACAMPORA,
circostanza affermata dagli eredi ROVELLI e non smentita da
alcuno degli indagati, se siffatte erogazioni sono intervenute
con finalità corruttive, circostanza ritenuta nei citati
provvedimenti cautelari fino al giudizio di cassazione, è
indiscutibile la sussistenza di gravi indizi a carico
dell'indagato.
Del resto, le indagini eseguite. pure esse richiamate nei
citati provvedimenti cautelari, hanno consentito di escludere
la riferibilità di tali versamenti in denaro ad una attività
professionale svolta da ACAMPORA, PREVITI e PACIFICO per i
ROVELLI (6).
(6) Premesso che gli eredi ROVELLI concordemente
sostengono di avere appreso dell'esistenza del "debito" nei
giorni successivi alla morte di Nino ROVELLI e che pertanto -
stando a tale versione - non avrebbero nessun rilievo, sulla
genesi del debito stesso, eventuali contatti professionali
intervenuti successivamente tra la famiglia ROVELLI e
PACIFICO, ACAMPORA e PREVITI:
non sarebbe spiegabile la frequente contestualità tra i
contatti tra i vari indagati e gli eventi di maggior momento
verificatisi nella vicenda processuale IMI/ROVELLI, dei quali
si riferirà in seguito;
non risulta l'esistenza di rapporti amicali tra gli
indagati (la circostanza è esclusa dallo stesso ROVELLI che ha
dichiarato di aver conosciuto PREVITI ed ACAMPORA dopo la
morte del padre e solo in relazione al pagamento delle somme
sopra specificate. Altrettanto ROVELLI ha dichiarato in
relazione al rapporto con PACIFICO circoscrivendolo ad
incontri finalizzati soltanto a conoscere lo stato della causa
giudiziaria in vista del pagamento delle somme dovute
all'avvocato, attesa la dilazione richiesta dai ROVELLI
ovvero, nel secondo interrogatorio e solo a seguito delle
contestazioni dell'Ufficio, a mere "consultazioni" per la
vicenda IMI/ROVELLI);
in relazione alla vicenda IMI/ROVELLI gli indagati
PACIFICO, ACAMPORA e PREVITI non hanno mai avuto incarichi
formali. Si vedano al riguardo i verbali di assunzione di
informazioni rese dai difensori degli interessi ROVELLI nella
causa (cfr. allegato nr. 23), prof. Mario ARE, il 28.10.96 e
il 13.9.96 (tra l'altro, pag. 3, "Devo categoricamente
escludere che altri si siano occupati della vicenda in sede
giudiziale"; pag. 4, "Domanda: L'ing. ROVELLI le ha mai
parlato degli avvocati ACAMPORA, PACIFICO e PREVITI in
relazione alla vicenda IMI/SIR? Risposta: Non me ne ha mai
parlato. Domanda: Dopo la morte dell'ing. ROVELLI del dicembre
1991, dalla vedova o dai figli dell'ing. ha mai saputo che
della causa si erano occupati ACAMPORA, PREVITI e PACIFICO?
Risposta: Lo escludo nella maniera più categorica. Ho appreso
dai giornali il coinvolgimento di questi avvocati") e prof.
Michele GIORGIANNI il 16.6.96 (tra l'altro, pag. 2, "Per
quello che mi consta escludo nella maniera più assoluta che in
tutte le fasi della lunga controversia IMI/SIR gli avvocati
PACIFICO, ACAMPORA, PREVITI, si siano occupati della
controversia. Domanda: E' mai capitato su richiesta prima
dell'Ing. Nino ROVELLI e poi da parte degli eredi che lei
abbia mai mandato delle memorie o comunque documentazione
riguardante la controversia agli avvocati PREVITI, ACAMPORA,
PACIFICO? Risposta: Mai. Domanda: E' a conoscenza che Felice
ROVELLI o la madre o gli altri eredi ROVELLI abbiano
contattato gli avvocati ACAMPORA, PREVITI, PACIFICO per la
questione IMI/SIR? Risposta: Mai") alla A.G. di Milano;
la signora BATTISTELLA ha escluso ogni rapporto di tipo
professionale tra gli indagati (int. 08.05.96, pag 4,
"Domanda: L'avv. PACIFICO, per quel che le risulta, si è mai
occupato degli affari legali della sua famiglia?" Risposta:
"No, per quel che ne so io il PACIFICO aveva nei confronti di
mio marito quel credito di cui ho parlato, ma non aveva altri
rapporti");
Pag.10
Ulteriore elemento avente natura indiziana, anch'esso
direttamente riferibile alla posizione di Cesare PREVITI, è
costituito dalla circostanza che per i pagamenti è stato
utilizzato lo stesso fondo destinato agli impegni della
procedura IMI e dal fatto che i pagamenti in questione sono
avvenuti solo dopo la materiale percezione della somma netta
attribuita ai ROVELLI in esito al giudizio.
Felice ROVELLI (int. 14.09.96) ha dichiarato che la
famiglia non aveva conferito alcun mandato agli avvocati
PACIFICO, ACAMPORA, PREVITI, per curarne gli interessi in
Italia od all'estero (pag. 2), confermando, inoltre, di non
aver mai affidato a PACIFICO alcun incarico, nemmeno
stragiudiziale per una eventuale transazione con l'I.M.I.
(pag. 3). I colloqui intervenuti con costui erano comunque
tutti posteriori alla quantificazione del credito fatta dal
primo (pag. 3);
Giovanni ACAMPORA ha affermato (cfr. allegato nr. 24)
di aver svolto attività professionale per conto di Nino
ROVELLI nel periodo settembre 89-dicembre 90 legata alla
vicenda IMI/ROVELLI e che di questa attività era informato
anche il figlio Felice, tant'è che la richiesta della
"uparcella" sarebbe stata formulata direttamente dal
professionista al cliente senza la "mediazione" di PACIFICO.
Le affermazioni sono contraddette categoricamente dagli eredi
ROVELLI (questi sostengono di non saper nulla della pretesa
attività professionale, e di aver corrisposto il denaro ad
ACAMPORA solo ed esclusivamente in ragione della
"introduzione" di questi tra i creditori di Felice ROVELLI da
parte di PACIFICO);
Attilio PACIFICO ha asserito (cfr. allegato nr. 25) di
aver svolto genericamente consulenze per conto di Nino
ROVELLI, senza precisarne la natura ma escludendo di essersi
interessato della vicenda IMI/ROVELLI. Le affermazioni sono in
aperto contrasto con i documenti sequestrati presso lo studio
del professionista tra i quali figurano altresì appunti
riservati predisposti dall'avv. ARE e da questi consegnati a
Nino ROVELLI (vds. sommarie inf. prof. avv. Mario ARE);
Cesare PREVITI non è mai stato interrogato. Le sue
dichiarazioni pubbliche, riportate dalla stampa, legano il
ricevimento del denaro alla prestazione di non meglio
specificate attività professionali, anch'esse comunque
sconosciute agli eredi ROVELLI;
per quanto riguarda l'unica richiesta di versamento -
da parte di PACIFICO - corredata di documentazione che
apparentemente giustificherebbe un rapporto professionale, la
signora BATTISTELLA rivela di esser stata pienamente
consapevole della simulazione posta in essere per fornire una
causale lecita (esistenza di un rapporto professionale) al
pagamento (cfr. int. 8.5.96. pag. 4. sulla fattura 1/94 (cfr.
allegato n. 26) emessa da PACIFICO: "Io confermo di aver dato
a PACIFICO la somma corrispondente a questa ma escludo
categoricamente, per quanto a mia conoscenza, che le
prestazioni indicate nella fattura siano state effettuate da
PACIFICO".
Pag.11
Altro elemento avente natura indiziaria emerge
dall'analisi delle modalità dei versamenti, quale risulta
dalla seguente tabella:
... (omissis) ...
Dall'analisi dei tempi e delle modalità dei versamenti è
dato desumere, con alto grado di probabilità, l'origine
illecita delle somme in questione, giacché si evidenzia come
gli indagati abbiano cercato di porre una barriera tra i loro,
comunque occulti, rapporti bancari esteri, e il ricevimento
delle somme di cui si tratta.
Ed invero:
gli eredi ROVELLI hanno costituito una apposita
società, con sede in Liechtenstein, la PITARA Trust, per
provvedere ai pagamenti relativi alla vicenda processuale con
l'IMI. Questa società e i conti correnti aperti a suo nome,
sono stati interposti nei pagamenti diretti ad ACAMPORA,
PACIFICO e PREVITI (cfr. allegato nr. 22);
PACIFICO, pur avendo a disposizione una nutrita serie
di conti correnti accesi presso la Società Bancaria Ticinese
di Bellinzona, la S.B.S. di Lugano e la Banca Commerciale di
Lugano, ha costituito per il tramite di Ettore ABELTINO (delle
cui dichiarazioni si richiama a questo proposito il contenuto
- cfr. allegato nr. 27) delle società nelle quali non figura
nemmeno come beneficiario economico.
Cesare PREVITI ha ricevuto l'importo non direttamente
sul conto corrente "Mercier" presso la Darier Hentsch di
Ginevra, bensì lo ha fatto transitare su un conto corrente
transitorio della S.B.S. di Ginevra, da cui poi è stato girato
sul conto "Mercier" (cfr. allegato n. 28).
Pag.12
Peraltro, dalla documentazione bancaria e societaria
acquisita recentemente presso la Confederazione Elvetica
risulta evidente che il denaro ricevuto da PREVITI, PACIFICO e
ACAMPORA è andato per gran parte a confondersi attraverso una
serie di passaggi tra i vari conti correnti dell'uno e
dell'altro interprete della vicenda. In particolare,
nell'aprile 1994 Cesare PREVITI ha movimentato circa 5.500.000
FrS verso PACIFICO (cfr. allegato n. 29) e, a partire dalla
seconda metà del 1994 - quando era Ministro della Repubblica -
ha movimentato complessivamente almeno altre lire
1.600.000.000 verso PACIFICO (cfr. allegato n. 30) mentre da
società che si ha ragione di ritenere collegate ad ACAMPORA o
a persone a lui vicine sono state bonificate a PACIFICO
complessivamente cifre dell'ordine di miliardi di lire.
E' stato altresì accertato che PACIFICO ha disposto
attività di spallonaggio, tramite tale BOSSERT (cfr. allegato
n. 31), per far rientrare in Italia in contante,
complessivamente oltre dieci miliardi di lire ed in talune
ipotesi l'attività di spallonaggio è stata preceduta dalle
rimesse di denaro da Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 30) e
ACAMPORA (o soggetti a lui vicini) a PACIFICO.
Ulteriori elementi significativi di responsabilità a
carico di Cesare PREVITI si traggono dall'analisi della
vicenda processuale IMI/ROVELLI, che evidenzia le incredibili
anomalie che ne hanno caratterizzato lo svolgimento. Non si
intende qui sindacare il merito di un provvedimento
giudiziario ma soltanto evidenziare come siano intervenute
talune aporie esterne al momento decisorio e tuttavia
certamente idonee ad influenzarlo tutte nella prospettiva del
riconoscimento delle ragioni degli eredi ROVELLI. Il rilievo
di tali anomalie, nella vicenda in esame, consiste nella
circostanza che esse individuano una parte degli atti contrari
ai doveri di ufficio per i quali sono intervenuti i pagamenti
effettuati dalla famiglia ROVELLI, pagamenti cui sono seguiti,
a breve intervallo, flussi di denaro privi di plausibile
giustificazione, tra PACIFICO da un lato, SQUILLANTE e uno
degli autori di tali atti "contra ius", VERDE, dall'altro.
La vicenda processuale IMI/ROVELLI è descritta
nell'ordinanza di custodia cautelare del G.I.P. del Tribunale
di Milano datata 15.05.96 (pagg. 7-11 - allegato n. 16), alla
quale si fa espresso rinvio. Essa è stata caratterizzata tra
le altre, dalle anomalie che seguono.
Dopo che il Tribunale di Roma - collegio presieduto da
Filippo VERDE - con sentenza 31.10.1986 aveva accolto la
domanda proposta dagli eredi ROVELLI limitatamente all'an
debeatur, disponendo la separazione e la prosecuzione del
giudizio sul quantum, con sentenza 13.5.1989 il Tribunale di
Roma determinò il quantum, e cioè l'importo che I.M.I. doveva
corrispondere agli eredi ROVELLI.
Sennonché la formazione del nuovo collegio giudicante
ebbe a subire un'improvvisa modificazione a causa di una
singolare circostanza. Infatti, il Presidente del Tribunale di
Roma - dr. Carlo Minniti - (cfr. allegato n. 32), che avrebbe
dovuto presiedere il collegio - attesa la delicatezza della
causa - aveva preventivamente studiato l'incarico processuale
formandosi l'idea di dover disporre una nuova perizia per la
determinazione del quantum. Di tale circostanza aveva avuto
modo di parlare con il dr. Sammarco (Presidente della Corte
d'Appello di Roma) precedentemente all'udienza fissata per il
Pag.13
4.4.89. Proprio quel giorno ricevette invece una convocazione
telefonica dal Ministero di Grazia e Giustizia (dall'ufficio
del Capo di Gabinetto - dr. VERDE o da altro ufficio dello
stesso Ministero) per una riunione relativa all'edilizia
giudiziaria. Considerato che proprio quel giorno era in
programma la causa IMI SIR tentò di rinviare la convocazione
al Ministero ricevendo quale risposta l'improrogabilità della
stessa. A questo punto designò la d.ssa Campolongo quale
presidente del collegio con l'intesa che ella avrebbe disposto
un rinvio per permettere al dr. MINNITI di presiedere la
causa.
La riunione al Ministero durò circa un'ora, vi prese
parte il dr. SAMMARCO e si fece vedere anche il dr. VERDE, e
non portò ad alcuna decisione definitiva. Accertamenti svolti
da questo Ufficio hanno permesso di accertare che presso il
Ministero non vi è traccia documentale di tale convocazione e
della relativa riunione (cfr. allegato n. 33).
Al rientro in Tribunale il dr. MINNITI apprese dalla
d.ssa CAMPOLONGO che "la causa era stata ritenuta in
decisione" in quanto "gli avvocati avevano insistito e lei era
stata costretta a mandarla in decisione".
Premesso ciò si evidenzia che il collegio presieduto da
Filippo VERDE emise la sentenza favorevole agli eredi ROVELLI
il 31.10.1986 (data di deposito) e appena due mesi dopo, come
emerge dalla documentazione acquisita in Svizzera attinente le
presenze degli indagati presso l'Hotel Splendide di Lugano,
Filippo VERDE si trovò appunto in tale località dal 27.12.86
al 02.01.87 occupando più camere. Il soggiorno venne pagato
dall'avvocato PACIFICO come risulta dalle annotazioni apposte
dall'Hotel sulle ricevute (cfr. allegato nr. 34), anch'egli
presente per tutto il periodo.
Una seconda anomalia, rilevante in ordine al contenuto
della sentenza, riguarda il giudizio di cassazione.
Essendo intervenuta sentenza d'appello (26.11.90, n.
4809) che condannava l'I.M.I. al pagamento, a favore dell'Ing.
ROVELLI e della FIND S.R.L, di una somma complessiva
aggirantesi intorno a 1000 miliardi di lire (capitale,
interessi, spese ed altro), l'I.M.I. propose ricorso per
Cassazione, notificato alla difesa ROVELLI in data 3.01.1991 e
depositato, con gli allegati, in data 22.01.91.
All'udienza del 29.01.92. che costituisce uno dei momenti
centrali dell'intera vicenda, innanzi alla Corte di
Cassazione, Prima Sezione Civile, la difesa degli eredi
ROVELLI sollevò eccezione di improcedibilità del ricorso, per
mancato deposito della procura speciale conferita con atto
separato. La difesa ROVELLI sosteneva infatti che, nel
fascicolo di parte della difesa I.M.I., mancava la procura
speciale ad litem dei difensori, il cui deposito è previsto
dall'articolo 369 n. 3 c.p.c. Nel prosieguo la difesa I.M.I.
presentò una denuncia presso la Procura della Repubblica di
Roma a seguito della quale si instaurò un procedimento penale
contro ignoti.
Da una parte proseguì l'azione civile. La Cassazione
(ordinanza 30.01.92. depositata il successivo 12.02.92)
sospese il giudizio e rimise alla Corte Costituzionale la
questione di legittimità dell'articolo 369 n. 3 c.p.c. nella
parte in cui non consente di sanare la situazione di cui alla
stessa norma. La Corte Costituzionale (sentenza 10.11.92
deposito delle motivazioni 24.11.92) dichiarò
Pag.14
l'inammissibilità della questione di legittimità proposta. La
Cassazione fissò nuova udienza per il giorno 18.3.93, poi
spostata al giorno 25.03.93, e quindi al giorno 27.05.93, e
definì il giudizio dichiarando l'improcedibilità del ricorso
I.M.I..
Dall'altra nacque un procedimento penale: in data
30.01.92. Luigi ARCUTI, presidente dell'I.M.I., presentò
querela contro ignoti, per il reato di cui all'articolo 490
c.p. sostenendo che la procura speciale non mancava in origine
ma era stata fatta sparire; procedimento caratterizzato dal
fatto che mentre a più riprese il pubblico ministero aveva
chiesto al G.I.P. l'archiviazione del procedimento, per essere
ignoti gli autori del fatto (e cioè per esser stata la procura
regolarmente depositata, fatta sparire da qualcuno), il G.I.P.
dispose invece l'archiviazione per infondatezza della notizia
di reato (e cioè per non essere stata depositata la procura).
La Corte di Cassazione annullò il provvedimento
d'archiviazione del G.I.P.
La vicenda è compiutamente descritta nell'ordinanza del
G.I.P. Tribunale di Roma 14.05.96, nr. 2454/94 R.G.N.R., a cui
si rinvia per i particolari (cfr. allegato nr. 35).
Una terza anomalia riguarda l'astensione del presidente
di uno dei collegi della Corte di Cassazione che avrebbe
dovuto decidere sulla causa.
Nel 1993, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, fu
fissata una nuova udienza dalla Suprema Corte di Cassazione
per il 18 marzo 1993, e quale Presidente fu designato il dr.
Mario CORDA (cfr. allegato n. 36). Attesa la rilevanza della
causa il Presidente provvide per tempo, come da prassi, a
studiare l'incarto predisponendo un "appunto manoscritto"
(cfr. allegato n. 37) nel quale si evidenziavano i punti sui
quali la Corte era chiamata a decidere invitando i colleghi a
presentarsi "preparati", sui punti in discussione, affrontando
la questione della improcedibilità anche alla luce della
sentenza della Corte Costituzionale, e manifestando tra
l'altro la possibilità di modificare la giurisprudenza con il
dichiarare ammissibile il ricorso dell'IMI.
L'appunto in questione venne fotocopiato con l'ausilio di
una collaboratrice di cancelleria (cfr. allegato nr. 38),
inserito in buste chiuse dallo stesso Presidente ed inserito
nella casella della posta di ciascun membro del collegio.
Nei primi di marzo del 1993 pervenne un esposto anonimo
indirizzato al Presidente dalla Corte di Cassazione nonché al
dr. CORDA nel quale, in sintesi, si diceva che quest'ultimo
aveva già anticipato il giudizio sulla causa e che copia del
manoscritto era a mani dell'anonimo autore, (cfr. allegato nr.
39).
A seguito di tale missiva il dr. CORDA, con l'animo di
continuare a presiedere il collegio, predispose la bozza di
una istanza di astensione al Presidente della Cassazione,
nella convinzione che sarebbe stata rigettata. Presentò tale
minuta al dr. BRANCACCIO che seduta stante e sulla stessa
bozza dell'istanza di astensione dispose la sostituzione del
dr. CORDA con altro membro del collegio (vds. allegato n. 40).
L'udienza venne spostata dal 18 al 25 marzo 1993 e quindi al
27 maggio 93 con l'ulteriore sostituzione del Presidente del
collegio.
Non si può dubitare che il manoscritto sia stato
consegnato (o comunque letto ad estranei all'amministrazione
della Giustizia) da un appartenente all'ordine giudiziario od
al Ministero di Grazia e Giustizia (magistrato o collaboratore
Pag.15
di cancelleria), con evidente violazione del segreto
d'ufficio.
La circostanza è emersa in momento successivo allorquando
con un altro anonimo è stata recapitata (01.06.93) al
Presidente della Cassazione la procura speciale privata del
margine sinistro e del lembo superiore destro (ove potevano o
dovevano essere apposti i timbri del deposito) - (cfr.
allegato n. 41). Tale ultima lettera indirizzata ai dr.
Brancaccio - Sgroi e Corda recita: "ringrazio per la
sensibilità dimostrata per i fatti da me denunciati e per
l'astensione che ha permesso di chiudere la partita 3 a 2. Per
evitare fastidi a cancellieri e avvocati accusati dai servi
dell'IMI restituisco l'originale del documento che ha fatto
punire definitivamente il palazzo e tangentopoli".
L'astensione di cui parla l'anomino era appunto quella
del dr. CORDA. Non a caso destinatario della lettera era anche
il dr. CORDA che alla data dell'1.6.93 (data in cui è stata
protocollata in Cassazione) non aveva più nulla a che vedere
con la causa IMI/SIR.
Appare evidente dal contenuto dell'anonimo che
accompagnava la procura speciale mutilata, che esso proveniva
dallo stesso autore o comunque dallo stesso "centro di
interessi" che aveva inviato il precedente anonimo che provocò
l'astensione del Presidente Corda. Ne segue che la procura
speciale era in possesso della persona o delle persone che
inviando quel primo anonimo avevano inteso favorire la "parte
ROVELLI" nel procedimento in Cassazione. Ciò rende improbabile
che la procura speciale non sia stata depositata per mera
negligenza (cfr. allegato nr. 42 deposizioni dr. Bibolini e
dr. Morelli)
Le vicende processuali assumono significato
particolarmente pregnante se messe in relazione con i contatti
intervenuti tra gli indagati in occasione delle tappe
fondamentali di sviluppo del procedimento giudiziario, quali
risultano da:
1. agende e block notes sequestrati a PACIFICO;
2. sviluppo del traffico telefonico delle rispettive
utenze, tra le quali ha particolare rilievo il cellulare
0337-277519, intestato alla società LA FULVIA spa ma
sicuramente in uso a Felice ROVELLI (7) nel periodo
21.01.92-03.11.93; nonché l'utenza 0337/723535, relativa a un
telefono cellulare utilizzato di solito dal prof. ARE, che
però l'aveva prestato a Felice ROVELLI nei giorni 11 e il 12
febbraio 92.
La tabella che segue è esemplificativa dei rapporti
esistenti tra gli eventi giudiziari e i contatti tra gli
indagati o con terze persone aventi comunque relazione con i
procedimento giudiziario, L'analisi completa dei rapporti può
essere letta nell'allegato nr. 44.
(7) a) LA FULVIA spa appartiene alla famiglia
ROVELLI;
b) nell'interrogatorio del 14.09.96 Felice
ROVELLI ha ammesso la circostanza;
c) il periodo di utilizzazione del cellulare da
parte di Felice ROVELLI è stato confermato dagli accertamenti
svolti sui "MSC" (micro switch channel, ossia i ponti radio
impegnati) impiegati per le telecomunicazioni e da quelli
riguardanti le presenze alberghiere di Felice ROVELLI in Roma
(cfr allegato n. 43).
Pag.16
... (omissis) ...
Per dimostrare la rilevanza dei contatti, si
approfondisce qui, ancora a titolo di esempio (sottolineando
che le considerazioni hanno lo stesso rilievo per una serie di
altri casi), l'annotazione contenuta nella agenda 1993 di
PACIFICO riferibile alla giornata del 07.12.93: 1.10
CASTELLO: "il terzo del collegio è il Cons. APICE e non
MARZIALE".
Orbene, in quella data vi è stata una udienza collegiale
innanzi alla Prima Sezione Civile della Corte d'Appello di
Roma ed uno dei membri del collegio era proprio il Consigliere
Dr. Umberto APICE. A seguito dell'udienza è stata emessa
ordinanza "con la quale è stata respinta l'istanza di
sospensione della sentenza della Corte d'Appello di Roma"
(dichiarazioni del prof. ARE in data 28.10.96. pag 3).
Pag.17
CASTELLO è dirigente della Cancelleria della Seconda Corte
d'Appello di Roma (cfr. allegato nr. 45).
Perché PACIFICO si interessa della composizione del
collegio che si appresta a prendere una decisione nella
vicenda IMI-SIR? Perché contatta CASTELLO, evidentemente
giorni prima, per conoscere tale composizione? La risposta non
può che essere coerente con le prospettazioni di questo
ufficio: informarsi sulla composizione del collegio non può
certo rientrare nelle "mere consultazioni" asserite da ROVELLI
né in un ruolo extragiudiziario legato alla vicenda, bensì in
una "attività" così come descritta nel capo di imputazione
(8).
E ancora, in occasione dell'udienza di rinvio presso la
Corte di Cassazione, a seguito del rigetto della questione di
legittimità dell'articolo 369 c.p.c. da parte della Corte
Costituzionale, si rileva tra Cesare PREVITI e ROVELLI un
contatto non altrimenti spiegabile se non nella prospettiva
già delineata (la telefonata è del 22.3.1993, ore 22.35, dura
146 secondi, ed è un cellulare stabilmente a disposizione di
Cesare PREVITI, il cui abbonamento e stato però sottoscritto
da Paolo TIFI, marito di una dipendente dello studio legale
dell'onorevole a chiamare ROVELLI) (9) (cfr. allegato n. 47 e
48).
In concreto, in occasione di ogni evento significativo
del procedimento, nella prospettiva del suo condizionamento in
senso favorevole ai ROVELLI, si riscontra un contatto tra
Felice ROVELLI e taluno dei soggetti coinvolti nella
vicenda.
L'elemento comune a tutta questa serie di contatti è,
dunque, costituito dal medesimo interesse esistente in capo ai
diversi soggetti per l'esito del procedimento, interesse che
giustifica ed è in grado di spiegare perché persone che non
sono legate tra loro da alcun rapporto professionale si siano
più volte messe in contatto. Esso è in grado di spiegare
perché le telefonate tra ROVELLI Felice ed i coindagati
vengano effettuate e concentrate solamente in alcuni
particolare momenti, e non siano invece diluite nel tempo.
Peraltro, che la logica di ROVELLI nell'approccio alla
vicenda giudiziaria con l'IMI fosse essenzialmente di natura
corruttiva è dimostrato da fatti accertati nel corso delle
indagini, che dimostrano inequivocabilmente la natura dei
rapporti intercorsi tra gli eredi ROVELLI ed i destinatari del
denaro. Ed invece, dall'analisi dei tabulati è emerso che la
persona che usava il cellulare intestato alla TECHSO (il nome
della società risulta nella precedente tabella), l'avv.
Francesco BERLINGUER, ha intrattenuto vari contatti telefonici
con Renato SQUILLANTE e Felice ROVELLI nei primi mesi del
1992, proprio nel periodo in cui la Corte di Cassazione si
riuniva (29.1.92) e decideva (30.1.92, ordinanza depositata il
12.2.92) di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale.
Intercorrono ben 16 telefonate in poco
(8) Tenuto conto della natura dei rapporti tra gli
indagati che non può essere ricondotta a frequentazioni di
natura amicale o professionale ufficiale legata alla vicenda
IMI/ROVELLI, nell'allegato n. 46 sono stati rappresentati i
contatti accertati tra i medesimi così come rilevati dalle
agende e block notes di PACIFICO.
(9) Nello stesso periodo, e sulla stessa utenza
intercorrono contatti telefonici con PACIFICO (16.3.1993)
nonché SQUILLANTE (17.3.1993). Lo stesso telefono viene
utilizzato il 5.3.1994 per chiamare l'utenza di New York di
Felice ROVELLI.
Pag.18
più di un mese. Sentito più volte in ordine al contenuto di
tali rapporti, l'avv. BERLINGUER (cfr. allegato n. 49), dopo
non poche reticenze, rispose che nel corso del 1992 Renato
SQUILLANTE gli chiese di incontrarlo e, avuto il contatto, gli
chiese di avere un colloquio con Felice ROVELLI. Egli aderì
all'invito di SQUILLANTE ed incontrò effettivamente ROVELLI in
almeno due o tre occasioni sempre all'hotel Hassler dove
alloggiava ROVELLI, in una delle circostanze alla presenza
dello SQUILLANTE. BERLINGUER ha riferito: "ROVELLI mi chiese
se io potevo avvicinare un membro del collegio della Suprema
Corte - la d.ssa Simonetta Sotgiu - per avere notizie da
quest'ultima circa l'andamento della causa, ossia quali
decisioni avevano in mente di prendere rispetto al ricorso che
era stato presentato".... . "Tenga presente che sia SQUILLANTE
che ROVELLI hanno insistito a che io avvicinassi la d.ssa
Sotgiu". Alla domanda se gli fosse stato promesso qualche cosa
da ROVELLI, l'avv. BERLINGUER risponde: "Si, una buona
parcella, queste sono le parole usate da ROVELLI, senza
peraltro quantificare la cifra" (nella deposizione successiva
la cifra viene indicata, salvo errori della memoria, in 500
milioni). "Non ricordo se quando mi ha fatto il discorso della
parcella era presente anche SQUILLANTE, ma il fatto che mi
erano stati proposti dei soldi da parte di ROVELLI era un
fatto conosciuto anche dal magistrato...". Tra Francesco
BERLINGUER e la d.ssa SOTGIU intercorrevano rapporti di
amicizia. L'esistenza di tali rapporti è stata confermata
dalla stessa d.ssa SOTGIU nel corso della deposizione resa in
data 11.06.97. nonché dallo sviluppo del traffico telefonico
del cellulare in uso a Francesco BERLINGUER relativamente al
periodo che qui interessa (cfr. allegato nr. 50).
Dall'utenza in uso all'avv. BERLINGUER viene chiamato, in
più occasioni, anche il numero telefonico dello studio
professionale di Cesare PREVITI (cfr. allegato n. 51).
E l'intervento di SQUILLANTE, in funzione chiaramente
corruttiva e di intermediazione verso magistrati, o comunque
persone ad essi vicine, per piegare il contenuto dell'attività
giurisdizionale di costoro alla illecita realizzazione di
interessi privati, a fronte della promessa e del versamento di
somme di denaro, dimostra ulteriormente l'attendibilità delle
dichiarazioni dell'ARIOSTO, nella parte in cui costei indica
l'alto magistrato come persona che, insieme a Cesare PREVITI
ed a PACIFICO, non casualmente coinvolti nella vicenda in
esame, svolge una attività corruttiva anche nel senso della
intermediazione, nell'interesse di privati, verso altri
magistrati del distretto romano, con la conseguenza che la
pregnanza accusatoria delle dichiarazioni dell'ARIOSTO nei
confronti di Cesare PREVITI viene ulteriormente corroborata e
costituisce altro elemento di prova a carico dell'indagato in
relazione alla vicenda in esame.
Quanto ai flussi di denaro intervenuti tra Cesare
PREVITI, PACIFICO e VERDE, prima di entrare nel merito degli
indizi raccolti nelle presenti indagini preliminari a carico
dell'indagato è opportuno, sia pur sommariamente, esporre
cronologicamente già esiti di altri procedimenti penali
instauratisi a Perugia a carico del predetto magistrato.
Filippo VERDE è stato interrogato per la prima volta in
data 20.05.1996 (cfr. allegato n. 52) a seguito di
Pag.19
presentazione spontanea a quella A.G. ed a seguito delle
notizie giornalistiche che ponevano in risalto i suoi rapporti
con l'imprenditore NICOLETTI. In tale contesto nulla riferiva
delle sue consistenze patrimoniali, precisando altresì che i
rapporti con l'avvocato PACIFICO erano "di cordiale amicizia,
consolidata in occasione di villeggiature".
L'indacato veniva arrestato a seguito di misura cautelare
nel giugno 96 e nel corso dell'interrogatorio reso innanzi al
G.I.P. in data 3.6.96 (cfr. allegato n. 52) specificava:
a) di aver avuto la disponibilità di un cellulare
svizzero che gli era stato dato dall'avv. PACIFICO;
b) non forniva spiegazioni plausibili sul perché,
nello stesso periodo, detenesse due apparati telefonici, uno
italiano ed uno svizzero (cfr. da pagina 28 a 31 -
interrogatorio del 03.06.96);
c) ribadiva che i rapporti con PACIFICO erano
esclusivamente di amicizia escludendo in modo categorico che
tramite il predetto avesse effettuato operazioni di borsa o
altro tipo di operazioni:
d) che si era recato a Bellinzona insieme all'avv.
PACIFICO soltanto per accompagnare quest'ultimo, senza
conoscere i motivi per i quali l'avvocato si era recato in
territorio elvetico (cfr. pagina 78/81 - interrogatorio del
03.06.96).
Nell'agosto del 1996 Dionigi RESINELLI, dirigente della
Società Bancaria Ticinese di Bellinzona (Svizzera) - istituto
di credito in ordine al quale questo Urncio aveva già
inoltrato richiesta di assistenza giudiziaria internazionale
per conoscere quali e quanti rapporti bancari fossero lì
accesi a nome di indagati del presente procedimento penale -
veniva in Italia (Sardegna) per trascorrere le ferie. Lo
stesso veniva convocato da questa A.G. quale persona informata
sui fatti ed a seguito dell'atteggiamento assunto nel corso
del predetto atto istruttorio veniva richiesta ed ottenuta
dalla Procura della Repubblica di Tempio Pausania una misura
cautelare per il reato di cui all'articolo 371 bis c.p..
Nuovamente interrogato ammetteva l'esistenza di rapporti tra
l'istituto di credito e l'avvocato PACIFICO, nonché
l'esistenza di conti correnti accesi da Renato SQUILLANTE e
Filippo VERDE (cfr. allegato n. 53)
In data 21.11.1996 il Giudice per le Indagini Preliminari
di Perugia, su richiesta della Procura, emetteva un ulteriore
provvedimento cautelare nei confronti del magistrato (cfr.
allegato n. 54). Nuovamente interrogato (21.11.1996), soltanto
in questa sede ed a seguito della contestazione delle
deposizioni rese da Dionigi RESINELLI ammetteva di essere
titolare di un conto estero, fornendo spiegazioni inadeguate
se non addirittura risibili. Sul punto si fa rinvio agli
interrogatori in atti trasmessi dalla Procura di Perugia (cfr.
allegato n. 52).
Anche l'avvocato PACIFICO, interrogato dai P.M. di
Perugia in data 22.11.1996 (cfr. allegato n. 55), ammetteva di
essere a conoscenza di un conto in Svizzera di VERDE
precisando che:
a dire del magistrato le somme accreditate sul conto
svizzero derivavano da compensi per arbitrati;
Pag.20
in due occasioni aveva ricevuto in Italia, somme di
denaro contante (400 e 150 milioni) dal magistrato e che
tramite un corriere aveva fatto accreditare le somme sul conto
estero;
era stato delegato ad operare su questo conto dal
magistrato.
A seguito delle dichiarazioni di RESINELLI la Procura di
Perugia inoltrava apposita richiesta di assistenza giudiziaria
alla A.G. elvetica, all'esito della quale veniva identificato
il conto corrente denominato "MASTER 811" acceso da Filippo
VERDE presso la Società Bancaria Ticinese di Bellinzona.
Documentazione che la Procura di Perugia trasmetteva a questo
Ufficio ai sensi dell'articolo 371 c.p.p..
Considerato che - come risulta dagli atti - su tale conto
vi è altresì la delega ad operare a favore di Attilio PACIFICO
e che questo Ufficio già dal 14.03.1996 aveva richiesto per
rogatoria l'accertamento delle consistenze patrimoniali nella
disponibilità di PACIFICO Attilio (ivi compresi i conti sui
quali questi era delegato ad operare), documentazione identica
a quella trasmessa dalla Procura di Perugia è pervenuta a
questo Ufficio anche dalla A.G. elvetica in esecuzione della
richiesta rogatoriale sopra specificata.
Dall'esame dei documenti relativi conto svizzero risulta
che:
1. il numero di conto è "11606.00", denominato "MASTER
811";
2. è stato acceso in data 30.04.1991;
3. i beneficiari sono VERDE Filippo e la moglie CAPPETTA
Anna Maria:
4. PACIFICO Attilio era delegato ad operarvi.
I movimenti di rilievo del conto corrente sono i seguenti
(cfr. all.to n. 56"
Accrediti.
il conto, aperto in data 30.04.91, ha registrato in
data 02.05.91 un accredito di 500.000.000 di lire (valuta
06.05.91);
un versamento di 246.000 franchi svizzeri (pari a circa
280 milioni di lire) è stato eseguito in data 31.05.1994,
verosimilmente per contante.
Addebiti.
bonifico a Chiasso ABN AMRO BANK - c/c OKAPI pari a lire
50.400.000;
bonifico a Chiasso ABN AMRO BANK - c/c OKAPI pari a lire
50.500.000;
Versamento di 500.000.000 di lire (02.05.91).
Il conto corrente è stato aperto con il versamento di
500.000.000 di lire. La contabile trasmessa dalla Società
Bancaria Ticinese in relazione a questo conto corrente non
riporta alcuna indicazione in ordine alla provenienza della
somma.
Pag.21
Questo Ufficio nell'ambito del presente procedimento
penale ha inoltrato numerose richieste di assistenza
giudiziaria internazionale rivolte anche alla autorità
giudiziaria elvetica, all'esito delle quali sono pervenuti
documenti bancari in data 24 luglio 1997.
Dall'esame delle predette carte si è potuto ricostruire,
almeno in parte l'articolata operazione finanziaria che si è
conclusa, tra l'altro, con il versamento di 500.000.000 di
lire sul conto di VERDE. L'operazione bancaria in questione,
pur apparendo allo stato prescindere dai movimenti bancari dei
quali è stata riscontrata attinenza con la vicenda
IMI/ROVELLI, è tuttavia dimostrativa di collegamenti tra VERDE
e Cesare PREVITI.
Schematicamente l'operazione in questione può così
riassumersi: (10)
... (omissis) ...
(10) Per ragioni espositive i fatti verranno elencati in
progressione cronologica:
in data 16.04.91 (valuta 18.04) sul conto corrente
"Mercier" di PREVITI Cesare (acceso presso la Darier Hentsch
di Ginevra) viene accreditata la somma di Lit. 1.800.000.000
proveniente dalla Società di Banca Svizzera di Lugano;
in data 23.04.91 (val. 26.04) dal conto "Mercier" viene
disposto un bonifico di Lit. 500.000.000 diretto alla Banca
del Sempione di Lugano a favore del "pavoncella" di PACIFICO
Attilio, ove viene effettivamente accreditato in data 24.04.91
(val. 26.04). In data 30.04.91 (val. 30.04) PACIFICO preleva
la somma di Lit. 500.000.000;
con ordine datato 19.04.91 (val. 19.04) dal conto
"Mercier" viene disposto un bonifico di Lit. 500.000.000
diretto alla Società Bancaria Ticinese di Bellinzona a favore
del conto "771 Pavone" di PACIFICO Attilio. Su questo ultimo
conto l'importo viene accreditato in data 22.04.91 (val.
22.04) nel sottoconto in lire italiane, che in precedenza
aveva un saldo pari a zero.
1. - Dalle disposizioni impartite da PACIFICO alla
banca risulta chiaramente che il bonifico era stato
preannunciato telefonicamente e che la somma doveva essere
investita a "48h". In pari data (con valuta 24.04) la banca
investiva l'intera somma in un "deposito fiduciario call 48
ore".
2. In data 30.04.91 PACIFICO dava disposizione alla
banca di trasferire Lit. 500.000.000 al conto "811 master" di
VERDE con valuta 06.05.1991.
Pag.22
Addebiti di 100.000.000 di lire (settembre - ottobre
'93).
Significativi sono i bonifici a favore del c/c OKAPI
presso la ABN AMRO BANK di Chiasso rispettivamente di
50.400.000 (29.09.93) e 50.500.000 di lire (12.10.93).
Sul punto si richiamano gli interrogatori ed i documenti
prodotti da BOSSERT Alfredo titolare della società "OKAPI"
(utilizzata anche in questo caso per le attività di
spallonaggio), ed in particolare il verbale del 29.07.1997 nel
corso del quale ha dichiarato di non conoscere VERDE e di aver
eseguito le due operazioni su richiesta dell'avvocato PACIFICO
ai quale ha poi consegnato l'equivalente in contanti a Lugano
(cfr. allegato n. 31).
Le predette operazioni sono di estremo interesse alla
luce di quanto specificato nell'ordinanza di custodia
cautelare della AG di Perugia a carico di VERDE (pagina 7
della richiesta di ordinanza di custodia cautelare, richiamata
integralmente dalla conseguente ordinanza): "appena fu
notiziato delle indagini del SECIT, Filippo Verde pagò
spontaneamente l'importo delle imposte evase e delle
soprattasse che ammontava a 288 milioni di lire. Il versamento
fu effettuato il 23.10.93 presso l'ag. 90 della Banca di Roma,
con denaro contante, in mazzette fascettate, estratto da una
valigetta. Non v'è traccia della relativa provvista in alcuno
dei conti correnti riferibili al Verde che sono stati
individuati nel corso delle indagini, all'esito di richieste
rivolte a tutti gli istituti di credito operanti sul
territorio nazionale".
Per pagare le imposte e le pene pecuniarie VERDE ha fatto
rientrare in Italia somme depositate all'estero pari a 100
milioni di lire (previo un parziale disinvestimento), per il
tramite di PACIFICO e BOSSERI.
Dell'ulteriore somma di 188 milioni di contante nulla si
conosce. Il fatto che non sia stata individuata la fonte di
tale disponibilità giustifica il sospetto che VERDE fosse
titolare di altri rapporti bancari all'estero.
Seconda operazione di versamento.
A distanza di soli sette mesi (31.05.94) dal prelievo di
cui al paragrafo precedente, sul conto "Master 811" viene
eseguito un versamento di 246.000 FrS (circa 280 milioni di
lire).
3. In data 02.05.91 la banca provvedeva in primo
luogo a rimborsare il deposito fiduciario (val. 06.05) e
quindi a bonificare la somma a favore del conto "811 master"
con valuta 06.05.91 come da disposizioni impartite da
PACIFICO.
A margine si evidenzia che l'apertura del conto di VERDE
è del 30.04.1991, data dell'ordine impartito da PACIFICO la
cui esecuzione è stata differita di qualche giorno per poter
liquidare il deposito fiduciario.
in data 08.05.91 (val. 06.05) dal conto "Mercier" viene
registrato un ulteriore bonifico di Lit. 250.000.000 diretto
alla Banca del Sempione di Lugano a favore del c/c
"pavoncella" di PACIFICO Attilio, ove viene effettivamente
accreditato in data 07.05.91 (val. 10.05). In data 08.05.91
questa somma è stata trasferita da PACIFICO a favore del conto
"Quasar Business" acceso presso la Società di Banca Svizzera
di Lugano, verosimilmente dello stesso PACIFICO (cfr. allegato
n. 57).
Pag.23
Preliminarmente si evidenzia che non sono stati accertati
redditi o comunque altri proventi tra la fine dell'ottobre 93
(data in cui ha "dato fondo" a tutte le sue disponibilità
finanziarie in Italia facendo rientrare anche somme
dall'estero) ed il maggio 94 (data del versamento). In
particolare dall'ordinanza di custodia cautelare di Perugia si
rileva che l'ultima operazione immobiliare ricondotta a VERDE
risale al 30.01.1992 (vendita dell'immobile di via Albimonti
in Roma).
Nello stesso periodo del versamento sul conto "Master
81", PACIFICO Attilio ha ricevuto i seguenti bonifici disposti
da Felice ROVELLI per il tramite dell'avv. Rubino MENSCH, in
relazione la vicenda IMI/ROVELLI:
... (omissis) ...
A seguito di rogatorie internazionali venivano acquisiti
i documenti bancari relativi ai movimenti dei sottonotati
Conti "Emco AG" - "Codava" e "Alvaneu Anstalt" così
schematizzabili:
... (omissis) ...
Pag.24
... (omissis) ...
Immediatamente dopo l'accredito dei bonifici di ROVELLI,
Attilio PACIFICO ha provveduto a prelevare pari importi per
contanti.
Contemporaneamente a queste operazioni PACIFICO ne ha
eseguito altre sugli altri conti correnti provvedendo ad
esempio a bonificare a favore di BOSSERT l'equivalente di 300
milioni (13.04 e 14.04.94 rispettivamente per 100 e 200
milioni) per il successivo trasferimento del contante in
Italia (cfr. allegato n. 31 - deposizione BOSSERT).
In conclusione all'epoca del versamento sul conto "Master
811", PACIFICO stava "distribuendo" le somme provenienti da
ROVELLI, eseguendo tutte le operazioni con estrema accortezza,
ossia prelevando contante dai suoi conti svizzeri oppure
disponendo il trasferimento di contante in Italia per il
tramite di Bossert.
Interrogato su queste movimentazioni PACIFICO non ha mai
inteso fornire alcuna spiegazione, soprattutto con riferimento
alle persone destinatarie delle somme.
In data 31.05.94 si è accertato che PACIFICO Attilio:
soggiornava presso l'Hotel Splendide di Lugano: dalla
ricevuta dell'albergo si rileva che ha occupato le stanze 653
e 656 dal 29.05.94 al 31.05.94 (cfr. allegato n. 59);
accedeva ai locali del casinò in data 29.05.94 e
30.05.94 (cfr. allegato n. 60);
Pag.25
si presentava presso la Società Bancaria Ticinese di
Bellinzona in data 31.05.94 ove dava disposizione per
l'investimento di 243.844,25 FrS in "SBC Money Market Fund"
proprio sul conto "MASTER 811" - cfr. allegato n. 54 relativa
contabile con specifico riferimento alle disposizioni
d'acquisto - operazione contabilizzata dalla banca solo il
successivo 03.06.94;
eseguiva presso la Società Bancaria Ticinese di
Bellinzona un versamento di 128.000 FrS accreditandoli sul c/c
"771 Pavone", di cui era beneficiario economico lo stesso
PACIFICO (contabile rif. nr. 36579) - (cfr. allegato n.
61);
verosimilmente, eseguiva anche il versamento di 246.000
FrS sul conto "Master 811" (contabile rif. n. 36589: ossia
solo dieci operazioni dopo il versamento di 128.000 FrS sul
conto di PACIFICO). La ricevuta bancaria non reca la firma di
chi ha eseguito l'operazione.
Tutto ciò premesso si può concludere:
VERDE non disponeva di 280 milioni in contanti in
Italia;
PACIFICO non ha provveduto al trasferimento di questa
somma verso la Svizzera. Anche ammettendo che le dichiarazioni
degli indagati siano vere, mai avrebbe svolto una simile
operazione perché nello stesso periodo stava riportando somme
in Italia e quindi avrebbe eseguito una "compensazione"
trattenendo per sé il contante ricevuto in Italia, bonificando
una pari somma da uno dei suoi conti svizzeri a favore di
quello di VERDE: evitando il movimento dalla Svizzera
all'Italia del contante di sua pertinenza e quello dall'Italia
alla Svizzera del contante di VERDE avrebbe ottenuto altresì
un doppio risparmio sulle provvigioni dei "corrieri";
PACIFICO in quel periodo stava "distribuendo" la somma
proveniente dai ROVELLI.
A tali elementi si aggiunga poi che il conto di Filippo
VERDE viene "creato" con una provvista proveniente dal conto
di Cesare PREVITI coindagato nel medesimo procedimento.
Alcune considerazioni sullo stesso tema vanno svolte
anche circa la posizione di Renato SQUILLANTE. Si premette che
la natura complessiva dei rapporti intervenuti tra costui e
gli altri indagati non richiede che esso sia stato
specificamente retribuito per l'attività prestata a favore
della famiglia ROVELLI. Se è vera l'affermazione dell'ARIOSTO,
secondo la quale costui era "a libro paga" di chi influenzava
attraverso la corruzione decisioni di magistrati del distretto
della Corte d'Appello di Roma, il compenso per la sua
collaborazione non era necessariamente correlato alla vicenda
occasionalmente oggetto della sua attenzione, ma era
costituito appunto da una "paga", e cioè da rimesse in qualche
misura continuative. Che SQUILLANTE abbia ricevuto
ingentissime somme di denaro è assolutamente dimostrato: al
momento della chiusura del conto presso la Società Bancaria
Ticinese è stato prelevato, apparentemente per contanti,
Pag.26
l'equivalente di quasi nove miliardi di lire (cfr. allegato
nr. 62), ai quali vanno aggiunti i precedenti prelevamenti per
alimentare le fasulle operazioni di borsa di ALOISIO o il
pagamento in nero di parte del prezzo di immobili che la
famiglia ha acquistato (11) o per altro. Dalla tabella che
segue risulta come la voce "interessi" sia rappresentata da
cifre non particolarmente elevate rispetto al capitale, e ciò
dimostra che le disponibilità dipendono soprattutto da
versamenti di terzi (qualunque ne sia stata la modalità)
piuttosto che dalla remunerazione del deposito.
... (omissis) ...
Ebbene nonostante questa premessa, vanno svolte almeno
due considerazioni.
In primo luogo dalla documentazione bancaria risulta un
rapporto di conto corrente acceso dal predetto presso la Banca
Commerciale di Lugano in data 20.1.1987. La titolarità del
conto è adeguatamente mascherata: esso è intestato a IBERICA
DEVELOPMENT SA, l'amministratore della società e del conto è
tale avv. Rubino MENSCH, e soltanto da un fogliettino
manoscritto, intitolato "Promemoria interno" e datato
18.2.1987, si apprende che avente diritto economico del conto
"è il signor Renato SQUILLANTE, magistrato a Roma" (cfr.
allegato nr. 63). La circostanza non avrebbe particolare
rilievo se della Banca Commerciale di Lugano non fosse
azionista la famiglia ROVELLI e se l'avv. MENSCH non fosse
colui che dagli inizi degli anni ottanta cura gli interessi
della famiglia ROVELLI.
In secondo luogo risulta che nel periodo immediatamente
successivo ai versamenti da parte dei ROVELLI ad ACAMPORA,
PACIFICO e Cesare PREVITI degli oltre sessantasei miliardi di
cui si tratta, costituenti il compenso per la complessiva
attività di corruzione (e relative mediazioni), Renato
SQUILLANTE ha ricevuto bonifici o versamenti in contante per
complessivi FRS 780.000 sui suoi conti
(11) Le vicende relative all'estinzione dei conti correnti
esteri riconducibili a Squillante Renato nonché quelle
relative all'acquisto di un immobile in Roma sono dettagliate
nella misura di custodia cautelare in carcere nei confronti di
Mariano SQUILLANTE (cfr. allegato n. 13) e nell'ordinanza del
Tribunale della Libertà (cfr. allegato n. 15).
Pag.27
correnti aperti presso la Società Bancaria Ticinese (per
l'esattezza sono stati versati 100.000 FRS il 20 di giugno,
425.000 FRS il 29 di luglio, 127.500 FRS il 2 e 127.500 FRS il
3 di agosto). Il controvalore in lire ammonta a 920 milioni e
rotti. Nulla si è acquisito documentalmente, al momento, in
ordine alla provenienza e alle modalità del versamento, ma è
significativa la circostanza che Pacifico riceve, in data
24.6.94 850.000 FRS dai ROVELLI, e preleva o bonifica
rispettivamente il corrispondente di 530.000 franchi il 5 di
luglio e 127.050 franchi l'8 di luglio (cfr. allegato n.
64).
2 - SULLA COMPETENZA TERRITORIALE
La competenza territoriale appartiene allo stato degli
atti all'autorità giudiziaria di Milano sulla scorta delle
seguenti pronunzie della Suprema Corte di Cassazione:
1. 16.4.1996 (depositata il 23.5.1996) sul ricorso
proposto da Renato SQUILLANTE avverso l'ordinanza 11 marzo
1996 emessa dal G.I.P presso il Tribunale di Milano,
relativamente al capo A (cfr. allegato n. 14):
"La condotta offensiva, attribuita allo Squillante, come
dirigente dell'ufficio giudiziario, consiste nella
trasgressione sistematica del dovere di garantire a scopi
istituzionali quella vigilanza che a lui competeva a presidio
della legalità dell'organizzazione e dell'azione corretta dei
componenti della medesima".
"Ed ancora, la condotta antidoverosa ipotizzata è stata
identificata nel piegare l'organizzazione dell'ufficio e la
gestione del medesimo a vantaggio di un gruppo economico ("in
quanto stabilmente retribuito perché ponesse le sue pubbliche
funzioni al servizio degli interessi degli erogatori ...
società aventi sede a Milano..."), in modo da far risultare
l'ufficio stesso in un rapporto strumentale rispetto ad
interessi estranei all'amministrazione della giustizia, e far
apparire il proprio ruolo e quello di alcuni componenti
dell'organizzazione giudiziaria in stretto collegamento con
persone esponenziali del gruppo imprenditoriale".
"In violazione dei doveri... tipici della funzione
giudiziaria in tutti i procedimenti e in ogni altra attività
in cui ne fosse richiesto...", avrebbe procurato al gruppo il
favore di componenti della amministrazione della giustizia,
("impegnandosi ad intervenire su appartenenti agli uffici
giudiziari... in modo da favorire le società predette...)",
nonché determinato una credibilità diffusa di influenza di
detto gruppo sull'andamento della giustizia in settori di
interesse delle società".
"Il tutto è stato addebitato allo Squillante in ragione
di una strumentalità inquinante da costui posta in essere in
favore del gruppo imprenditoriale costituito dalle società
aventi sede in Milano, assecondando gli interessi delle
società stesse secondo determinazioni, ideazioni ed una
complessiva concertazione illecita incentrata nel luogo stesso
di collocazione e di diffusione degli scopi delittuosi, cioè
in Milano".
Pag.28
Ciò posto, come risulta dal testo stesso dell'ordinanza
impugnata, attraverso la stigmatizzazione indiziaria degli
elementi utilizzati per la ricostruzione dell'intera vicenda
(rapporti costanti e frequentazioni tra Squillante, Previti,
Pacifico, intreccio di interessi finanziari riferibili
all'attività delle società milanesi nonché dei su nominati,
modalità e circostanze inerenti alle intense comunicazioni e
motivazioni delle medesime, aderenza di un determinato
ambiente giudiziario rispetto agli interessi del gruppo
rappresentati da personaggi di significativo rilievo,
interferenza nell'attività giudiziaria in corso, giacenze
finanziarie all'estero) -, la condotta corruttiva contestata
allo Squillante, ed ai compartecipi, va oltre alla
individualizzazione di singoli atti formali, ed attiene al
substrato dell'attività complessiva inerente al suo ufficio,
caratterizzata illecitamente dalla deviazione rispetto ai
doveri fondamentali della struttura giudiziaria".
"Ed allora, identificato nella suddetta condotta il
veicolo dell'offesa dell'interesse tutelato i due episodi di
materiale dazione del denaro, indicati dal "teste",
costituiscono solo momenti della complessiva vicenda
corruttiva, ed assumono il più riduttivo ruolo di momenti
satisfattivi dell'ampio disegno corruttivo dello Squillante,
d'intesa con gli esponenti del gruppo economico di Milano".
"Al fine di definire più puntualmente l'addebito
corruttivo dello Squillante, questo Collegio non può
trascurare di considerare come l'inquinamento di
un'organizzazione, di natura professionale, quale quella
giudiziaria, possa manifestarsi in un lento e progressivo
condizionamento delle sue scelte rispetto a gruppi economici
attraverso la creazione di collegamenti anomali con i suoi
componenti verso i quali si viene a determinare un rapporto di
"simpatia" ovvero di condivisione dei subvalori a costoro
riferibili, sulla base di procurate occasioni di incontri, di
regalie, di mondanità, di soddisfacimento di esigenze di
gratificazione individuali di ogni specie. E ciò non può non
risultare di più agevole ed incisivo risultato ove l'attività
possa giovarsi di un esponente, qualificato e quindi di
vertice, dell'organizzazione stessa, potendo non solo
"intervenire sugli altri appartenenti" dell'ufficio, non solo
garantire una copertura di complicità, ma determinare
motivazioni per la rimozione di ogni remora psicologica a
livello individuale di slealtà verso l'organizzazione, nella
commistione che il capo dell'ufficio determina tra potere
formale, che distorce, e potere informale indirizzato alla
cura di interessi antinomici, che nell'esercizio di quello
dissimula".
"Da quanto sopra, s'impone una più approfondita rilettura
normativa delle ipotesi criminose di corruzione, tutte le
volte che abbiamo come riferimento fatti non solo di
mercimonio dei doveri dell'ufficio in relazione ad atti
squisitamente formali, ma coinvolgenti la condotta in genere
del pubblico ufficiale di favoritismo e quindi antidoverosa
(Cass. sez. 6, 29 ottobre 1992, P.m. in proc. Riso, CED Cass.
193821, 193822; idem, 14 marzo 1996, Varvarito); e ciò
soprattutto quando, come nel caso in esame, la corruzione,
investendo i doveri di base di un'organizzazione
("professionale", in quanto sono ad essa affidate scelte di
valore, come le decisioni giudiziarie), comporta la
sistematica abdicazione delle sue finalità legali, e la
formazione di una subcultura che sostituisce quelle finalità
con gli scopi illeciti posti a base del mercimonio
dell'ufficio".
Pag.29
"Ed il suddetto inquinamento costituiva la ragione, come
risulta dall'ordinanza impugnata, dell'inserimento dello
Squillante nell'assetto degli interessi del gruppo economico
di Milano, dal quale il medesimo risultava destinatario di
denaro ed utilità patrimoniali".
"La localizzazione dell'accordo e quindi della relativa
promessa di denaro e di altre utilità in Milano trova, d'altra
parte, conferma laddove, nell'ordinanza impugnata, richiamando
- il giudice - alcune intercettazioni ambientali di
particolare valore indiziario (come quella del "bar Mandara"),
viene fatto riferimento agli incontri tra lo Squillante ed i
massimi esponenti del gruppo societario in questione, incontri
avente ad oggetto la gestione e l'esito di affari
economici".
"In considerazione di quanto sopra, allo stato
procedimentale deve riconoscersi la competenza territoriale
dell'autorità giudiziaria di Milano, luogo di intreccio degli
illeciti interessi e dell'accordo corruttivo.
2. 26.6.1996 (depositata il 29.8.96) sul ricorso proposto
da Attilio PACIFICO avverso l'ordinanza 15.5.1996 del G.I.P.
presso il Tribunale di Milano, relativamente al capo B (cfr.
allegato n. 17):
"Esaminando i motivi dedotti in ordine di
pregiudizialità logica va anzitutto disattesa l'eccezione
diretta a contestare la competenza territoriale dell'A.G. di
Milano".
"Al riguardo l'impugnata ordinanza, partendo
dall'incontestato assunto della non individualità allo stato
del luogo di perfezionamento degli accordi corruttivi e della
non utilità, per la dislocazione estera, del luogo di
effettuazione dei versamenti a favore degli avvocati indagati
(che comunque è bene aggiungere, non integrerebbe, per
l'identità dei destinatari, la dazione consumativa della
corruzione), e premessa quindi la necessità, per stabilire la
competenza territoriale, di far ricorso alle regole suppletive
di cui all'articolo 9 c.p.p., rileva la non praticabilità dei
criteri di cui al primo e al secondo comma del citato
articolo, in base, da un lato, all'irrilevanza del luogo della
condotta commissiva od omissiva del pubblico ufficiale, non
facente parte della fattispecie della corruzione, e,
dall'altro, alla presenza di indagati aventi residenza, dimora
o domicilio in luoghi diversi, pervenendo così alla
conclusione della necessaria applicazione del criterio
residuale, di cui all'ultimo comma dell'articolo 9 c.p.p.,
della priorità di iscrizione nel registro previsto
dall'articolo 335 c.p.p. conducente alla competenza dell'A.G.
di Milano".
Nel ricorso si contesta tale argomentazione in base al
rilievo che tutti i soggetti corrotti (magistrati, funzionari
e incaricati dello studio legale che patrocino l'IMI nella
causa civile con i Rovelli) hanno quantomeno il domicilio in
Roma, onde potrebbe e dovrebbe trovare applicazione nella
specie il criterio del forum rei, che identifica il foro
competente in quello di Roma, da spostarsi poi ex
articolo il c.p.p., per il prospettato coinvolgimento di
magistrati appartenenti al distretto della Corte di appello di
Roma, a quello di Perugia".
"Nei motivi aggiunti si richiama altresì, come ricordato
in narrativa, il criterio del reato più grave, ex coord.
disp. artt. 12 e 16 c.p.p., in relazione al falso per
soppressione che sarebbe sostanzialmente contenuto nella
contestazione e per il quale le indagini, già chiuse con
archiviazione, risulterebbero riaperte".
Pag.30
"Le suesposte obiezioni sono destituite di
fondamento".
"Quanto, invero all'invocata praticabilità del forum
rei, rilevasi che il riferimento ai soggetti corrotti fatto
nel ricorso, oltre ad essere contenutisticamente lacunoso e
inidoneo, venendo prospettata con relativa attendibilità la
comunanza in Roma solo del domicilio dei soggetti stessi,
laddove, come emerge palesemente dal tenore del cpv. articolo
9 c.p.p., i criteri della residenza, della dimora o del
domicilio vanno applicati in graduale successione fra di loro
(v. in relazione alla medesima previsione del vecchio codice,
Cass. 18.1.1979, Sammartino), è soggettivamente parziale,
ricavandosi chiaramente dalla contestazione il concorso anche
di altri corruttori (tra i quali in primo luogo gli eredi
Rovelli), per i quali la comunanza suddetta non è dedotta (né,
per quanto attiene agli eredi Rovelli, ravvisabile".
"L'affermazione dell'ordinanza sulla diversità dei luoghi di
residenza, dimora o domicilio dei vari soggetti sottoposti
alle indagini, non può dunque ritenersi validamente confutata
e superata dai rilievi del ricorrente".
"Circa poi l'argomentazione facente leva sul reato più
grave, deve senz'altro respingersi la tesi che nella
contestazione mossa all'indagato sia sostanzialmente contenuto
anche il reato di falso per soppressione, in riferimento alla
sparizione della procura speciale autenticata, posta che tale
sparizione è messa nella contestazione in alternativa
all'ipotesi minore dell'omesso deposito, risultando così
priva, per definizione, della consistenza della gravità
indiziaria. Al momento dell'emissione dell'ordinanza
applicativa della misura peraltro, un procedimento aperto per
il falso de quo era stato archiviato per obiettiva
infondatezza della notitia criminis (v. ordinanza
13.5.1996 del GIP del Tribunale di Roma, allegata sub 8 ai
motivi aggiuntivi del ricorrente); né risulta in alcun modo
che le relative indagini fossero state riaperte (nulla
provando in proposito la richiesta del 29.5.96 presentata dal
difensore dell'Acampora al GIP del Tribunale di Roma per il
rilascio di copie degli atti relativi alla riapertura delle
indagini nella vicenda relativa alla assenza della procura
rilasciata dall'IMI ai propri difensori, e, in particolare,
l'annotazione a mano ivi fatta a margine dal P.M. che riserva
la decisione al P.M. di Milano, ormai titolare, che, anzi,
lascia supporre la perdurante assenza di qualunque presupposto
per la competenza, sulla vicenda stessa, della A.G. di
Roma)".
"Deve pertanto ritenersi correttamente individuata
nell'ordinanza impugnata, allo stato degli atti, la competenza
territoriale del GIP del Tribunale di Milano".
3. - SULLE ESIGENZE CAUTELARI E ADEGUATEZZA DELLA MISURA
RICHIESTA.
Ad avviso di questo Ufficio sussistono le esigenze
cautelari di cui alle lettere a), b) e c)
dell'articolo 274 c.p.p..
Quanto all'esigenza cautelare di cui alla lettera "a"
dell'articolo 274 c.p.p. il concreto ed attuale pericolo per
l'acquisizione o la genuinità della prova, si può desumere
dalle seguenti circostanze di fatto:
dalla natura dei fatti contestati, vale a dire un
quadro sistematico di corruttela di appartenenti ad Uffici
giudiziari, così da sviare il corso dei procedimenti, falsando
le decisioni giudiziarie;
Pag.31
dalla vicenda della "sparizione" della procura speciale
I.M.I., indicativa della disponibilità, da parte degli
indagati, di soggetti in grado di operare, su loro
disposizione, l'occultamento di importanti fonti di prova a
loro carico;
dalla conoscenza da parte sua e dei coindagati di
notizie segrete o riservate sull'attività degli organi
giudiziari;
dalla dimostrata capacità di interferire non solo sul
funzionamento ma persino sulla formazione dei collegi
giudicanti.
Peraltro risulta con chiarezza dalle indagini svolte in
questo come in altri procedimenti che l'on. Cesare PREVITI si
era posto da tempo in condizione di poter inquinare le prove.
Infatti:
dopo la scoperta della microspia all'interno del bar
Tombini in Roma SQUILLANTE, PACIFICO e PREVITI hanno acquisito
notizie riservate in ordine alle presenti indagini come
risulta anche dalle conversazioni telefoniche intercettate in
data 19.02.1996 ore 17.50 e 17.58 tra Renato SQUILLANTE e
Attilio PACIFICO nonché dalla relazione di servizio da cui
emerge che mezz'ora prima delle due telefonate, Attilio
PACIFICO si era recato presso lo studio di Cesare PREVITI
(cfr. allegato nr. 65). D'altro canto il fatto che fosse stato
Cesare PREVITI a riferire a PACIFICO di "Stefania ARIOSTO" è
stato confermato da quest'ultimo in sede di interrogatorio
reso in data 16.03.96 al P.M. (cfr. allegato nr. 25);
SQUILLANTE in data 12.02.96 - ore 09.52 - utilizzando
una cabina telefonica pubblica - si è messo in contatto con il
Consigliere di Stato Sergio Berlinguer con il quale -
esprimendosi cripticamente - ha fissato un appuntamento.
Sergio BERLINGUER, sentito quale persona informata sui fatti,
anche all'esito del riascolto della conversazione intercettata
ammetteva di essere stato sollecitato da Renato SQUILLANTE ad
acquisire notizie negli ambienti giudiziari milanesi (cfr.
allegato nr. 66);
Francesco PACINI BATTAGLIA (int. 13.2.97) - (cfr.
allegato nr. 67), persona per la quale è stato chiesto il
rinvio a giudizio, in altro procedimento (e persona con la
quale Cesare PREVITI ha intrattenuto rapporti di natura
finanziaria) ha dichiarato di avere appreso dallo stesso
Cesare PREVITI, intorno alla metà del febbraio del 1996
(quando la notizia era ancora coperta da segreto) che Stefania
ARIOSTO aveva reso dichiarazioni a magistrati di questo
ufficio;
l'on. Cesare PREVITI ha utilizzato una o due schede
telefoniche GSM svizzere, fornitegli da PACINI BATTAGLIA (in.
30.7.97) "per essere più tranquillo sulle telefonate che
faceva" (cfr. allegato nr. 67);
il 9 e 11 luglio del corrente anno PACINI BATTAGLIA è
stato notato intrattenersi nello stabile sito in Roma, via
Cicerone, 60, ove tra l'altro ha sede lo studio legale
dell'on. Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 68);
Appare evidente che se lasciato in libertà Cesare PREVITI
ben potrà ancora gravemente interferire sul procedimento a
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carico suo e dei coindagati, al fine di impedire il corretto
accertamento dei fatti, soprattutto se si considera che,
secondo quanto può univocamente desumersi dalla entità dei
versamenti con finalità corruttiva e dalla descrizione degli
atti contrari ai doveri d'ufficio - allo stato esattamente
identificati solo in parte - devono ancora essere individuati
numerosi correi i quali hanno tutto l'interesse ad inquinare
ulteriormente il quadro probatorio.
Quanto all'esigenza cautelare di cui alla lettera "b" il
concreto pericolo di fuga risulta dai seguenti elementi di
fatto:
dalla esistenza di ingenti disponibilità finanziarie
all'estero e da una rete di rapporti con soggetti operanti
all'estero che potranno permettergli di sottrarsi
all'esecuzione di una eventuale sentenza di condanna;
dalla estrema gravità - anzi ben può dirsi dalla
inaudita gravità - dei fatti oggetto di contestazione, con
particolare riguardo al capo B: non è dato rinvenire nella
storia italiana (ma forse neppure in quella di altri Stati) un
così grave episodio di corruzione in atti giudiziari, sia per
l'entità delle somme oggetto di giudizi, sia per quelle
versate dai ROVELLI, sia per gli organi giudicanti
coinvolti.
Quanto alla esigenza di cui alla lettera c) la
stessa è desumibile:
dall'inserimento di Cesare PREVITI in un ampio contesto
di corruttela e come tale criminoso e criminogeno con
manifestazioni delinquenziali durate almeno dal 1988 al 1994 e
riguardanti anche magistrati al vertice di uffici
giudiziari:
dal perdurare di legami originati o caratterizzati
anche da rapporti illeciti con pubblici ufficiali e dalla
conoscenza di altrui illeciti con conseguente grave
possibilità di ricatto;
dalla possibilità di perpetrare per tali motivi ed ai
fini di inquinamento probatorio ulteriori reati della stessa
specie.
Non risulta ed anzi va all'evidenza escluso che il fatto
sia stato compiuto in presenza di una causa di
giustificazione, di non punibilità, e che sussistano cause di
estinzione del reato o della pena irrogabili. In
considerazione della particolare gravita dei fatti e della
pena edittale stabilita per il reato di cui al capo
d'incolpazione, si ritiene non possa essere concessa dal
giudice la sospensione condizionale della pena.
Le predette esigenze cautelari, in considerazione della
loro particolare natura ed intensità, non possono essere
adeguatamente soddisfatte da una misura diversa dalla custodia
cautelare in carcere, poiché tali diverse misure presuppongono
tutte la previsione della leale e spontanea sottomissione alle
prescrizioni imposte agli indagati dall'Autorità giudiziaria,
ma ciò appare da escludere nel caso concreto, stante il
giudizio negativo sulla personalità, caratterizzato dal
reiterato ricorso alla corruzione nei confronti di
appartenenti ad uffici giudiziari, con violazione di ogni
regola deontologica ancor prima che penale.
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4. - SULLA RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE.
Con la legge costituzionale n. 3 del 29.10.1993 è stato
modificato l'articolo 68 della Costituzione, che indica i casi
in cui è richiesta autorizzazione al compimento di atti nei
confronti di parlamentari.
Data la mancata conversione di numerosi decreti legge
attuativi dell'articolo riformato, non è intervenuta alcuna
modifica delle disposizioni precedenti in ordine ai tempi e
alle modalità della richiesta di autorizzazione. In
conseguenza risulta tuttora applicabile (nelle parti non in
contrasto con il nuovo testo della norma costituzionale)
l'articolo 343 c.p.p., secondo il quale, "fino a quando non
sia stata concessa l'autorizzazione, è fatto divieto di
disporre il fermo o misure cautelari personali nei confronti
della persona rispetto alla quale è prevista l'autorizzazione
medesima".
Ritiene in conseguenza questo Ufficio che la richiesta di
autorizzazione debba precedere il momento della decisione del
giudice sulla richiesta di applicazione della misura cautelare
e che, stante la lettera degli articoli 343 e 344 c.p.p.,
competente a richiedere l'autorizzazione sia il Pubblico
Ministero.
Contestualmente - e per il caso di accoglimento totale o
parziale da parte del GIP della richiesta di misura cautelare
- si richiede altresì l'autorizzazione ad eseguire l'ordinanza
di custodia in carcere o altra di minore gravità.
In ogni caso ci si rimette all'eventuale diversa
indicazione della Camera dei Deputati o di sue articolazioni
circa le modalità che dovranno essere seguite.
La normativa in vigore non prevede la necessità di far
precedere la richiesta da altre attività non previste
dall'articolo della Costituzione, in particolare tendenti a
consentire al parlamentare di svolgere eventuali difese prima
che il Parlamento sia investito di una decisione di tanto
rilievo. Tuttavia, più di una circolare è stata emanata per
sottolineare l'opportunità che il parlamentare venisse
informato della pendenza del procedimento a suo carico per
rendergli possibile la facoltà di presentarsi spontaneamente a
svolgere, ove lo ritenesse, le sue difese. Argomenti di logica
elementare portano a ritenere che tale opportunità non sia
venuta meno con la modifica della disposizione costituzionale,
nonostante che nessuno dei vari decreti legge emanati per
l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione, poi decaduti
per mancanza di tempestiva conversione in legge, prevedesse un
simile incombente. Pare ovvio, infatti, che il parlamentare
debba essere messo al corrente della pendenza del procedimento
perché, ove lo ritenga e ne abbia la possibilità, presenti gli
argomenti a sua difesa attraverso una presentazione
spontanea.
L'incombente è stato ampiamente assolto nel presente
procedimento con riferimento sia al primo che al secondo capo
della rubrica. Il suo nominativo, infatti, è stato iscritto
nel registro delle persone sottoposte alle indagini
preliminari rispettivamente in data 6.9.95 per il primo capo e
10.5.96 (ma a far data dall'8.5.96) per il secondo capo: per
il primo capo è stata notificata all'on. Cesare PREVITI in
data 18.3.96, e per il secondo capo è stata notificata in data
12.12.96 la richiesta di proroga delle indagini preliminari,
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che tiene luogo dell'informazione di garanzia (cfr. allegato
n. 69). Peraltro l'on. Cesare PREVITI ha partecipato, tramite
i suoi legali di fiducia, quanto al capo a),
all'incidente probatorio consistito nell'esame di Stefania
ARIOSTO (cfr. allegato nr. 2), e risulta essere informato nel
dettaglio degli addebiti mossigli in ordine ad entrambi i
capi, perché ciò emerge con chiarezza dalla sentenza 16.1.1997
del Tribunale federale della Confederazione elvetica (cfr.
allegato nr. 70). La sentenza decide una serie di opposizioni
alle richieste di assistenza giudiziaria che questa procura ha
rivolto all'autorità giudiziaria svizzera in data 14.03.96,
19.03.96, 25.03.96, 26.04.96, 20.05.96, 21.05.96, 23.05.96,
04.06.96 e 08.04.97 (le richieste di assistenza giudiziaria,
che descrivono ampiamente i fatti, sono allegate alla presente
- cfr. - allegato nr. 71). Ebbene, dalla sentenza risulta che
l'on. Cesare PREVITI ha impugnato la decisione (e, il
23.10.96, ha presentato nuove osservazioni), argomentando
ampiamente, e ciò presuppone l'esatta conoscenza dei fatti
oggetto del procedimento.
Risulta dunque che l'on. Cesare PREVITI era da tempo a
completa conoscenza dei fatti oggetto della presente
richiesta, e quindi in grado, ove avesse voluto, di esercitare
la facoltà della presentazione spontanea per sostenere
eventuali difese (cfr. allegato nr. 66).
P. Q. M.
chiede l'autorizzazione, nei confronti di Cesare PREVITI,
Deputato al Parlamento:
per questo Ufficio a formulare al Giudice per le
indagini preliminari presso il Tribunale Ordinario di Milano
richiesta di applicazione della custodia cautelare in
carcere;
per il Giudice per le indagini preliminari
eventualmente ad emettere ordinanza di custodia cautelare in
carcere o altra minore misura;
per questo Ufficio e gli organi di polizia giudiziaria
che saranno delegati ad eseguire l'eventuale ordinanza
applicativa della misura.
Il Procuratore della Repubblica
Dr. Francesco Saverio Borrelli
Dr. Gerardo D'Ambrosio, agg.
Dr. Gherardo Colombo, sost.
Dr. Francesco Greco, sost.
D.ssa Ilda Boccassini, sost.
Dr. Piercamillo Davigo, sost.
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