Banche dati professionali (ex 3270)
Domande di autorizzazioni a procedere della XIII Legislatura

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12
DOC4-0011
DOC IV n. 11 Legisl. XIII
12-12-97 [ DOC13-4-11 DO C134 0011 13DOC4 00011 DOC13-4-11A 13DOC4 00011 A 013200132 DOC4 00011 000004 001100000101013209SI1 132 000101001342SI1 13 0000 00 00 ]
                  DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE
               AD ESEGUIRE LA MISURA CAUTELARE
                  DELLA CUSTODIA IN CARCERE
                  nei confronti del deputato
                           PREVITI
      per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
  penale - nel reato di cui agli articoli 81 e 321, in relazione
  all'articolo 319 dello stesso codice (corruzione per un atto
  contrario ai doveri d'ufficio, continuata); per concorso - ai
  sensi dell'articolo 110 del codice penale - nel reato di cui
  agli articoli 81, 112 n. 1 e 321, in relazione agli articoli
  319 e 319-  ter,  dello stesso codice (corruzione per un
  atto contrario ai doveri d'ufficio in atti giudiziari,
                   continuata e aggravata)
         TRASMESSA DAL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA
                           (FLICK)
                     il 12 dicembre 1997
  All'Onorevole Presidente
  della Camera dei Deputati
                                       Roma, 12 dicembre 1997.
  Oggetto: Richiesta di autorizzazione a norma dell'articolo 68
  della Costituzione nei confronti di un membro del Parlamento
  della Repubblica (onorevole Cesare Previti).
     Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di
  Milano ha inviato l'allegata richiesta di "misura cautelare
  della custodia in carcere"  (rectius:  di autorizzazione
  ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere) nei
  confronti di un membro del Parlamento della Repubblica (v.
  richiesta 11 dicembre 1997, pervenuta il 12 dicembre 1997 ore
  09.38).
 
                              Pag.2
 
     Per quanto di competenza, trasmetto pertanto sia la
  predetta richiesta sia l'ordinanza, in duplice esemplare, 11
  dicembre 1997 del Giudice per le Indagini Preliminari del
  Tribunale di Milano, con indice in unico originale degli
  allegati e gli allegati stessi costituiti da numero 12 faldoni
  sigillati dall'ufficio richiedente.
     L'ordinanza risulta emessa nei confronti dell'onorevole
  Cesare Previti (nato a Reggio Calabria il 21 ottobre 1934) e
  contenuta, insieme all'indice degli allegati, in apposito
  plico a me diretto (v. fax 11 dicembre 1997 pervenuto il 12
  dicembre 1997 ore 09.37).
                                                   Il Ministro
                                                         Flick
 
                              Pag.3
 
  N. 9520/95/21 R.G. notizie di reato
  N. 1029/96 R.G G.I.P.
                     TRIBUNALE DI MILANO
       UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
        ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURA CAUTELARE
  (articoli 272 e seguenti, 282 del codice di procedura
                           penale)
            Il Giudice, Dottor Alessandro Rossato
  esaminata la richiesta depositata in data 29 settembre 1997
  dai Pubblici Ministeri Dott.ri Piercamillo Davigo, Ilda
  Boccassini, Gherardo Colombo, Francesco Greco, per
  l'applicazione della misura cautelare personale della custodia
  in carcere nel procedimento indicato in epigrafe nei confronti
  di:
  Cesare PREVITI, nato a Reggio Calabria il 21 ottobre 1934,
  in ordine:
        A)  al reato di cui agli articoli 81, 110, 321, in
  relazione all'articolo 319 c.p., perché agendo in concorso con
  altri, intermediando la promessa ed il versamento di denaro a
  Renato Squillante - e per il tramite di questi - ad altri
  pubblici ufficiali, unitamente ad Attilio Pacifico o comunque
  in concorso con lui, consegnava ingenti somme di denaro in
  contanti per conto di società aventi sede in Milano, perché
  Renato Squillante, nella sua qualità di pubblico ufficiale in
  quanto Consigliere Istruttore aggiunto presso il Tribunale di
  Roma, compisse una indeterminata serie di atti contrari ai
  doveri d'ufficio in quanto stabilmente retribuito perché
  ponesse le sue pubbliche funzioni al servizio degli interessi
  degli erogatori violando i doveri di imparzialità, probità e
  indipendenza tipici della funzione giudiziaria, in tutti i
  procedimenti e in ogni altra attività di cui fosse richiesto,
  e violando altresì il segreto d'ufficio fornendo le
  informazioni a lui richieste, ed impegnandosi altresì ad
  intervenire su altri appartenenti agli uffici giudiziari al
  fine di indurli a compiere atti contrari ai doveri del loro
  ufficio in modo da favorire le società predette o comunque gli
  erogatori in violazione dei già citati doveri di imparzialità,
  probità e indipendenza.
      In Milano e altrove sino al 1989.
        B)  del reato previsto e punito dagli articoli
  81-110, 112 n. 1, 321 in relazione agli articoli 319 e
  319-  ter  c.p. perché, agendo in concorso con ACAMPORA
  Giovanni, PACIFICO Attilio, SQUILLANTE Renato (nella sua
  qualità indicata al capo precedente), VERDE Filippo - nella
 
                              Pag.4
 
  sua qualità prima di magistrato con funzioni giudicanti
  presso le sezioni civili del Tribunale di Roma, poi di Capo di
  Gabinetto del Ministro di Grazia e Giustizia - ROVELLI Nino e
  con i suoi eredi BATTISTELLA Primarosa e ROVELLI Felice,
  nonché in concorso con altri magistrati appartenenti al
  distretto di Corte d'Appello di Roma e pubblici ufficiali od
  incaricati di pubblico servizio appartenenti
  all'amministrazione giudiziaria, intermediando - in accordo
  con ACAMPORA, PACIFICO e SQUILLANTE - tra ROVELLI Nino ed i
  suoi eredi da un lato ed i pubblici ufficiali dall'altro,
  perché costoro violassero i loro doveri di imparzialità,
  segretezza, indipendenza e probità nell'espletamento delle
  loro funzioni pubbliche, allo scopo di favorire ROVELLI Nino
  ed i suoi eredi nei vari gradi di giudizio del procedimento
  civile fra costoro e l'I.M.I. - procedimento trattato nel
  merito prima dal Tribunale poi dalla Corte d'Appello di Roma
  (cause riunite 3176/89 e 3250/89) e passato in giudicato a
  seguito della dichiarazione d'improcedibilità del ricorso
  dell'IMI da parte della Corte di Cassazione - riceveva dagli
  eredi di ROVELLI le somme di seguito indicate, direttamente ed
  attraverso ACAMPORA e PACIFICO, destinate in parte a
  retribuire la mediazione, in parte ai citati pubblici
  ufficiali che le ricevevano.
      In particolare, tra gli altri:
        VERDE nella sua qualità di Presidente di sezione del
  Tribunale Civile di Roma, nel giudizio di primo grado della
  controversia IMI/Rovelli, in data 31 ottobre 1986, decideva ed
  induceva a decidere la causa favorevolmente ai ROVELLI;
        VERDE nella sua qualità di Capo di Gabinetto del
  Ministro di Grazia e Giustizia, al fine di impedire al dr.
  MINNITI - Presidente di sezione del Tribunale civile di Roma,
  componente del collegio giudicante che avrebbe dovuto
  occuparsi del giudizio civile di determinazione del quantum di
  risarcimento del danno, che, avendo studiato l'incarto
  processuale, aveva reso nota la sua determinazione di disporre
  una nuova perizia per la quantificazione dell'entità del danno
  - di partecipare al predetto giudizio ed in particolare
  all'udienza del 4 aprile 1989, organizzava per lo stesso
  giorno pretestuosamente una inutile riunione presso il
  Ministero di Grazia e Giustizia, avente ad oggetto questioni
  di edilizia giudiziaria, convocando il dr. MINNITI alla
  predetta riunione ed imponendogli di parteciparvi
  inderogabilmente;
        Pubblici ufficiali o comunque incaricati di pubblico
  servizio, appartenenti agli uffici della Corte di Cassazione,
  violavano il segreto d'ufficio rendendo noto a terzi - diversi
  dai componenti del Collegio che in Cassazione avrebbe dovuto
  occuparsi della questione della improcedibilità - che il
  Presidente del Collegio dr. CORDA aveva predisposto un
  appunto, indirizzandolo ai colleghi del Collegio giudicante, e
  che nell'appunto si prospettava la possibilità di una modifica
  dell'orientamento giurisprudenziale, idonea a consentire
  l'ammissibilità del ricorso presentato dall'IMI presso la
  Suprema Corte, così creando le condizioni di fatto per
  l'astensione del magistrato dal giudizio sulla ammissibilità
  del ricorso IMI;
 
                              Pag.5
 
        SQUILLANTE, in violazione dei doveri di imparzialità,
  probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria,
  metteva in contatto Felice ROVELLI, con l'avv.  Francesco
  BERLINGUER, perché costui, a fronte di una promessa di
  retribuzione per ingenti somme di denaro non inferiori a
  500.000.000 di lire, avvicinasse un membro del collegio
  giudicante della Corte di Cassazione, per indurlo a violare
  l'obbligo del segreto e fornire agli eredi ROVELLI notizie
  attinenti al giudizio IMI/ROVELLI.
      Ricevendo ai fini sopra indicati, tramite bonifici
  effettuati dai predetti eredi ROVELLI rispettivamente:
        a)  Pacifico FRS 28.850.000 presso:
          1. quanto a FRS 10.000.000 (pari a lire
  11.677.300.000), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a
  favore di Alvaneu Anstalt, valuta 21 marzo 1994;
          2. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
  6.854.100.000), S.B.S. Lugano, a favore di EMCO AG, valuta 31
  marzo 1994;
          3. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
  6.812.040.000), S.B.S. Lugano, a favore di Veteri Anstalt,
  valuta 07 aprile 1994;
          4. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
  6.724.740.000), Verwaltungs und PrivatBank Vaduz, a favore di
  CODAVA Est., valuta 13 maggio 1994;
          5. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500),
  Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore del conto
  Pavone, valuta del 24 giugno 1994;
        b)  Previti, FRS 18.000.000 (pari a lire
  21.019.140.000), SBS Ginevra, a favore del conto 136183, rif.
  Filippo, valuta del 21 marzo 1994;
        c)  Acampora FRS 10.850.000:
          1. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500),
  B.I.L. Lussemburgo, a favore del conto 5/102/4379/540, valuta
  24 giugno 1994;
          2. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del
  conto SWLAMA, valuta 24 giugno 1994;
          3. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del
  conto BLAWOR, valuta 24 giugno 1994;
          4. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore
  del conto 396.085.04, valuta 24 giugno 1994;
          5. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore
  del conto 396.088.09, valuta 24 giugno 1994;
  e così complessivamente la somma di FRS 57.700.000 pari - al
  cambio di valuta nel giorno degli accrediti - a lire
  66.789.541.000.
 
                              Pag.6
 
      Reato aggravato dal numero delle persone superiore a
  cinque.
      Accordi intervenuti in luogo imprecisato a far tempo dal
  1986 e pagamenti avvenuti su banche in Lussemburgo,
  Confederazione Elvetica, Liechtenstein, Regno Unito almeno
  fino al 1994.
                           OSSERVA
      Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
  Milano chiede l'emissione di provvedimento applicativo della
  misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di
  PREVITI CESARE, per le ipotesi di reato contestate in rubrica
  (concorso in corruzione e concorso in corruzione in atti
  giudiziari).
      In precedenza lo stesso Ufficio aveva chiesto al
  Parlamento l'autorizzazione a procedere contro PREVITI,
  parlamentare eletto alla Camera dei Deputati del Parlamento
  della Repubblica.
      Sulla richiesta la Camera dei Deputati aveva deliberato
  l'inammissibilità di un ricorso diretto da parte del Pubblico
  ministero e restituito gli atti all'ufficio richiedente.
      La richiesta ulteriore del Pubblico Ministero che qui si
  esamina è solo in parte la ripetizione della richiesta inviata
  al Parlamento: contiene, infatti, nuovi elementi di
  valutazione, essendo stata nel frattempo compiuta ulteriore
  attività processuale.
      Particolarmente significativa l'audizione dello stesso
  on.le PREVITI il giorno 23 settembre 1997 davanti al Pubblico
  Ministero.
      Anche dopo il deposito in cancelleria della richiesta è
  stata compiuta attività d'indagine ed il Pubblico Ministero ha
  prodotto la documentazione dei risultati delle proprie
  attività.
      Si possono anticipare, in maniera sintetica, ai fini di
  una più agevole lettura del provvedimento, gli esiti della
  valutazione compiuta sulla richiesta del Pubblico Ministero,
  sulla documentazione allegata e sui contenuti delle difese di
  PREVITI.
      A carico di CESARE PREVITI, ad avviso di questo giudice,
  vi sono gravi indizi di colpevolezza della commissione di
  entrambe le fattispecie di reato contestate.
      Vi sono anche due specifiche esigenze cautelari: primaria
  è l'esigenza di tutela dalla concreta ed elevata probabilità
  di alterazione delle fonti di prova; vi è anche, con un
  livello di probabilità minore ma pur sempre significativo, il
  pericolo di reiterazione di condotte criminose.  E', invece,
  altamente improbabile il pericolo di fuga.
      Gli indici di colpevolezza sono ricavabili dai seguenti
  elementi:
        per la prima vicenda in esame:
          dalle dichiarazioni della teste ARIOSTO STEFANIA;
          dagli elementi di riscontro da lei stessa provenienti
  e provenienti da altre fonti;
          dalla non sostenibilità processuale di un quadro
  calunniatorio in danno di PREVITI costruito dalla donna o
  orchestrato da altri;
 
                              Pag.7
 
          dagli accertamenti compiuti dallo S.C.O. (Servizio
  centrale Operativo della Polizia di Stato), confermativi del
  complesso di dichiarazioni rese dalla donna;
          dalle indagini compiute dall'ufficio del Pubblico
  Ministero;
          dagli esiti (ancora parziali) delle rogatorie
  esperite all'estero;
          dalla non contraddizione con gli esiti del
  procedimento nei riguardi di altri magistrati
  (archiviazioni);
        per la seconda vicenda in esame:
          dalle dichiarazioni degli eredi di Nino Rovelli;
          dal pagamento da parte di costoro di una rilevante
  somma di denaro priva di un sottostante rapporto negoziale
  lecito e verificabile;
          dalla descrizione della vicenda processuale in sede
  civile nella causa IMI-ROVELLI (SIR);
          dagli elementi di interferenza sulla regolarità della
  vicenda processuale emersi nel corso delle indagini;
          dalla verifica dell'anomala frequenza di rapporti tra
  gli indagati in coincidenza con le fasi determinanti della
  vicenda processuale;
          dagli esiti (ancora parziali) delle rogatorie
  esperite all'estero;
          dalla verifica delle dichiarazioni di PREVITI con
  esiti contrari a quelli prospettati dallo stesso indagato con
  l'emergere di ulteriori elementi a carico.
      Le esigenze cautelari sono ricavabili dai seguenti
  indici:
        attività volta a scoprire l'esistenza del presente
  procedimento;
        accertamento negativo sulle dichiarazioni di PREVITI in
  merito alla persona che lo informò dell'esistenza del
  procedimento;
        condotte volte a eliminare ab origine le tracce della
  propria attività (intestazione di telefoni a terze persone;
  utilizzazione di terze persone per operazioni bancarie e per
  fittizie intestazioni di quote azionarie; ritiro totale di
  documentazione bancaria nel periodo delle indagini);
        modalità commissive dei fatti addebitati;
        natura dei fatti addebitati e protrazione nel tempo
  delle condotte;
        rilevanza delle vicende in esame.
      Si svolgeranno di seguito le valutazioni analitiche delle
  prospettazioni del pubblico ministero e della difesa di
  PREVITI.
 
                              Pag.8
 
  A) PRIMO CAPO D'IMPUTAZIONE PRELIMINARE.
      A)  al reato di cui agli articoli 81, 110, 321, in
  relazione all'articolo 319 c.p., perché agendo in concorso con
  altri, intermediando la promessa ed il versamento di denaro a
  Renato Squillante - e per il tramite di questi - ad altri
  pubblici ufficiali unitamente ad Attilio Pacifico o comunque
  in concorso con lui, consegnava ingenti somme di denaro in
  contanti per conto di società aventi sede in Milano, perché
  Renato Squillante, nella sua qualità di pubblico ufficiale in
  quanto Consigliere Istruttore aggiunto presso il Tribunale di
  Roma, compisse una indeterminata serie di atti contrari ai
  doveri d'ufficio in quanto stabilmente retribuito perché
  ponesse le sue pubbliche funzioni al servizio degli interessi
  degli erogatori violando i doveri di imparzialità, probità e
  indipendenza tipici della funzione giudiziaria, in tutti i
  procedimenti e in ogni altra attività di cui fosse richiesto,
  e violando altresì il segreto d'ufficio fornendo le
  informazioni a lui richieste, ed impegnandosi altresì ad
  intervenire su altri appartenenti agli uffici giudiziari al
  fine di indurli a compiere atti contrari ai doveri del loro
  ufficio in modo da favorire le società predette o comunque gli
  erogatori in violazione dei già citati doveri di imparzialità,
  probità e indipendenza.
      In Milano e altrove sino al 1989.
  a) l'ipotesi d'accusa.
      La notizia di reato ha origine dalle dichiarazioni resa
  da ARIOSTO STEFANIA al Pubblico Ministero nel corso di
  numerose audizioni e sottoposte a verifica - e sostanzialmente
  confermate dalla teste - nel corso dell'incidente probatorio
  effettuato davanti a questo stesso Giudice per le Indagini
  Preliminari nei giorni 24, 25, 30, 31 maggio e 1^ giugno
  l996.
      In sintesi la donna ha raccontato quanto segue.
      Aveva appreso da CESARE PREVITI che, a metà degli anni
  '80, Silvio BERLUSCONI, avvalendosi della collaborazione di
  PREVITI e dell'avvocato PACIFICO, aveva a "libro paga" una
  serie di magistrati romani per ottenerne favori di vario
  genere attinenti le loro funzioni.
      Tra questi, in particolare il dottor Renato SQUILLANTE
  (all'epoca dei fatti Consigliere Istruttore Aggiunto presso
  l'Ufficio Istruzione di Roma) fungeva da "collettore" (e cioè
  era colui il quale riceveva per sé e per altri denaro che poi
  ridistribuiva); la donna indicava, poi, nell'avvocato ATTILIO
  PACIFICO la persona che, sempre su incarico di PREVITI e
  BERLUSCONI, manteneva i contatti con i pubblici ufficiali.
      Precisava di aver assistito personalmente, in due
  occasioni (negli anni 1988-1989) a dazioni di denaro a Renato
  SQUILLANTE.
      La prima, nel corso di una cena organizzata a casa
  PREVITI, quando questi abitava in Roma in via Cicerone (con la
  cena si festeggiava un'importante vittoria giudiziaria e nel
  corso della riunione conviviale vi fu una conversazione
  telefonica per rallegrarsi con Berlusconi - si veda il verbale
  di informazioni in data 28 luglio 1995).
 
                              Pag.9
 
      La seconda volta in occasione di una partita di calcetto
  svoltasi al Circolo Canottieri Lazio.
      La Ariosto precisava che era abitudine di PREVITI, per
  mantenere e consolidare i rapporti con i magistrati,
  organizzare dei ricevimenti a casa sua, ai quali partecipavano
  assiduamente sia Renato Squillante che Attilio Pacifico.
      Sempre a proposito dei contatti con magistrati, riferiva
  di un viaggio organizzato in America dalla NIAF per la
  premiazione di Bettino Craxi come "uomo dell'anno 1988".  I
  magistrati che vi parteciparono viaggiarono e soggiornarono
  gratuitamente, nel senso che le spese di viaggio aereo furono
  sostenute da PREVITI e quelle dell'albergo dalla NIAF.  A
  riscontro di ciò la ARIOSTO esibiva le fotografie fatte il 21
  e 22 ottobre 1988 durante la permanenza in America: a New
  York, la sera del 21, in occasione della cena di compleanno
  organizzata a casa PREVITI e il giorno dopo a Washington nel
  corso della premiazione.
      Ricordava, ancora, la ARIOSTO che presso EFIBANCA PREVITI
  aveva a disposizione un fondo illimitato per la sua opera
  corruttiva.
  b) la difesa di PREVITI.
      Va subito detto che PREVITI e i suoi difensori hanno
  fermamente contestato le dichiarazioni della ARIOSTO, fin dai
  primi momenti dello svolgimento dell'incidente probatorio e da
  ultimo con memoria depositata il 3 ottobre 1997.
      PREVITI in proposito sostiene di essere vittima di una
  calunnia, a suo dire dimostrata documentalmente; altri
  difensori, nel corso dell'incidente probatorio hanno fatto
  balenare la prospettiva di un'operazione orchestrata da
  altri.
      Afferma, in particolare, l'indagato che la donna non ha
  mai neppure messo piede nei luoghi (appartamento di via
  Cicerone e Circolo Canottieri Lazio) nei quali sarebbero
  avvenute le dazioni di denaro a Squillante.
      Per questo egli può far leva su alcune vistose incertezze
  della teste nella parte finale dell'incidente probatorio.  Su
  specifica domanda di questo stesso giudice, infatti, la donna
  non ha saputo descrivere l'appartamento di via Cicerone
  (eppure, a detta di PREVITI, vi era esposta in bella mostra
  una statua di Venere di particolare pregio, cosa che non
  sarebbe dovuta sfuggire ad una persona dalla memoria iconica
  come l'Ariosto che per di più ha gestito un negozio di
  antiquariato);  PREVITI ha poi prodotto documentazione per
  dimostrare che negli anni in cui sarebbe avvenuta la dazione
  di denaro egli aveva già trasferito il proprio appartamento in
  via Farnese.
      In merito alle presenze al Circolo Canottieri Lazio la
  donna ha ammesso di esservi stata solo due volte (e
  ciononostante ha affermato che molti magistrati frequentavano
  il circolo, affermazione che presupporrebbe una più intensa
  frequentazione da parte della signora, come è stato contestato
  nell'incidente probatorio).
      L'indagato nega radicalmente anche questa frequentazione
  e con pari vigore nega che la moglie possa mai aver tenuto tra
  le mani la busta che secondo il racconto della Ariosto
  conteneva il denaro.
 
                             Pag.10
 
      PREVITI contesta inoltre l'esistenza del fondo presso
  EFIBANCA di cui ha parlato la donna, essendo incompatibile
  l'esistenza di un tale fondo con la natura dell'Istituto.
  c) le valutazioni sul complesso degli elementi
  indiziari. 
      Vi è da prendere atto delle contestazioni di PREVITI e
  delle incertezze della ARIOSTO.
      Vi è però anche da osservare che le indagini svolte hanno
  portato ad autonome verifiche della veridicità delle
  affermazioni della donna.
      In primo luogo è da tener presente che la stessa ARIOSTO
  ha depositato numerose fotografie e documentazione che
  attestano l'esistenza di rapporti di amicizia tra lei e
  PREVITI (e che spiegano come la donna possa aver ricevuto
  delle confidenze come quelle riferite) ed altre fotografie che
  rappresentano, in particolare, la cena negli USA in occasione
  della premiazione di Craxi e che riprendono PREVITI,
  SQUILLANTE, PACIFICO ed altri magistrati.
      Per il viaggio in America in occasione della premiazione
  di Bettino Craxi quale "uomo dell'anno 1988", specifici
  accertamenti venivano richiesti, dal P.M. procedente, al
  CUSTOM SERVICE (servizio doganale USA), per accertare la
  presenze sul suolo americano per quei giorni delle persone
  sottoposte ad indagini.
      L'esito è stato positivo, essendo risultata la presenza
  di PREVITI, di PACIFICO e di SQUILLANTE e di numerosi altri
  soggetti, fra cui magistrati.
      Lo stesso Cesare PREVITI ha fornito un indiretto
  riscontro della veridicità delle dichiarazioni della ARIOSTO:
  la donna ha infatti ricordato che era intenzione dell'On.le
  Craxi "creare una lobby di magistrati"; circostanza fermamente
  contestata.
      Nel corso dell'interrogatorio in data 23 settembre 1997
  PREVITI ha dichiarato: "mi sono occupato dell'organizzazione
  di questo viaggio, io credo che il... l'onere della spesa lo
  abbia in principio sostenuto per molti di questi magistrati il
  Partito Socialista... l'ho pagato io ma con denaro del partito
  socialista".
      A domanda del P.M. se avesse staccato un assegno da un
  suo conto corrente, e alla precisazione dell'altro P.M.
  interrogante che tutto ciò era ricostruito documentalmente,
  PREVITI risponde: "è probabile che ho avuto il contante dal
  partito socialista... sostanzialmente queste persone erano
  invitate dal Partito Socialista, perché in questa occasione
  NIAF veniva festeggiato CRAXI, e della cosa si è occupato
  prevalentemente Squillante... essendo io in dimestichezza con
  gli Stati Uniti... ho organizzato io questo viaggio e il
  denaro per l'operazione è venuto dal partito socialista, in
  parte poi alcuni hanno ritenuto di rimborsare, altri invece
  non hanno rimborsato".
      Se si verificano queste dichiarazioni di PREVITI con
  quelle rese dalla ARIOSTO si nota una piena coincidenza sul
  piano sostanziale, posto che effettivamente pagò PREVITI, ma
  le spese rimasero a carico del partito dell'On.le Craxi.  Non
  ha importanza, ai fini di questo provvedimento, la ragione per
  la quale il partito dell'on.le Craxi ritenne di dover pagare
  un viaggio a dei magistrati, né vi è nulla da osservare in
  questa sede sull'intenzione dell'on.le Craxi riferita dalla
  Ariosto.
 
                             Pag.11
 
      Quel che rileva in questo momento è che sul viaggio NIAF
  la ARIOSTO ha raccontato quello di cui era a conoscenza e che
  corrispondeva alla realtà degli accadimenti.  La ARIOSTO non
  conosceva la realtà sottostante (rimborsi a PREVITI) e non
  l'ha quindi narrata.
      Il suo racconto è quindi veritiero e riscontrato dallo
  stesso avv.  PREVITI e ciò non può non essere preso in
  considerazione per valutare la complessiva attendibilità della
  donna.
      Sulle cene a casa PREVITI, riscontri indiretti al
  racconto della ARIOSTO sono venuti dalle deposizioni di
  Giorgio Casoli (già sindaco di Perugia, Senatore della
  Repubblica, sottosegretario, oltre che, in precedenza,
  magistrato).
      Sentito quale persona informata sui fatti (le sue
  generalità venivano indicate come DELTA nella richiesta di
  custodia cautelare nei riguardi di Squillante e Pacifico), in
  data 10 febbraio 1996, innanzitutto confermava di essere stato
  uno dei magistrati presenti in America alla manifestazione più
  volte citata, di non aver pagato la trasferta aerea così come
  pure di non aver pagato il soggiorno, di non ricordare a
  distanza di tempo chi si fosse fatto carico delle relative
  spese, che nel suo caso sarebbero state comunque pagate dalla
  NIAF.
      Ammetteva, inoltre, di aver frequentato casa PREVITI,
  partecipando a cocktail serali.
      Ricordava la presenza di altri magistrati tra cui
  indicava SQUILLANTE, e alla richiesta di confermare le
  dichiarazioni della ARIOSTO circa le due dazioni di denaro
  fatte a SQUILLANTE, circostanze che la teste gli aveva
  confidato in tempi non sospetti, escludeva inizialmente di
  essere stato messo a parte di simili confidenze.
      In data 5 marzo 1996, alla contestazione, non solo
  ammetteva di essere stato informato dalla Ariosto della
  collaborazione con l'Autorità Giudiziaria milanese con
  particolare riferimento ai rapporti tra Cesare Previti ed
  alcuni magistrati romani ed in particolare con Renato
  Squillante, ma aggiungeva anche:
      "La Ariosto effettivamente mi accennò ad una o più
  dazioni di denaro effettuate da Previti a Squillante.  Ciò
  accadde in epoca che ho difficoltà a collocare con precisione,
  alcuni anni fa...".
      Ma v'è di più: lo stesso Casoli ha dichiarato di aver
  conosciuto PREVITI nel 1983-1984 e di essere stato ospite
  della sua casa di via Cicerone constatando in più occasioni
  che era frequentata da magistrati, tra i quali citava
  SQUILLANTE e VERDE, ed altri; di aver avuto frequentazioni più
  intense nel periodo in cui era stato eletto senatore (e
  quindi, ricostruendo le dichiarazioni, dopo il 1987) e di aver
  diradato le sue frequentazioni intorno al 1989-1990.  Proprio
  nell'epoca in cui era senatore, la Ariosto gli aveva riferito
  di più dazioni di denaro effettuate da PREVITI a
  SQUILLANTE.
      Nuovamente sentito di recente (25 settembre 1997), Casoli
  ricorda di essere stato contattato dai difensori di CESARE
  PREVITI dopo l'arresto di Renato Squillante (i difensori gli
  chiesero se era disposto a rilasciare una dichiarazione ex
  articolo 38 sul numero delle volte che, insieme a lui, la
  ARIOSTO era andata a casa PREVITI) e di aver riferito che
  aveva memoria di almeno due occasioni in cui insieme a
  STEFANIA ARIOSTO era stato a casa di PREVITI (in una delle due
  occasioni erano stati poi a cena in un ristorante).
 
                             Pag.12
 
      Ulteriore riscontro delle affermazioni rese dalla signora
  ARIOSTO è stato fornito da altra persona informata sui fatti
  indicata come SIGMA nella richiesta di misura cautelare del 9
  marzo 1996 e poi svelata essere l'avvocato VITTORIO DOTTI.
      Egli ha affermato di essere stato informato dalla signora
  alcuni anni orsono (e quindi in epoca assolutamente non
  sospetta) di corresponsione di denaro da PREVITI a SQUILLANTE
  e che la ARIOSTO (con la quale a partire dal settembre 1988
  iniziò una frequentazione intensa) lo aveva altresì informato
  della sua decisione di rendere noti i fatti all'autorità
  giudiziaria.  Precisava anche che i fatti segnalatigli erano
  comunque precedenti alla frequentazione con la donna (e quindi
  sono da ascrivere ad epoca antecedente al settembre 1988).
      In tale occasione egli la ammoni sulla responsabilità che
  si assumeva, ma essa gli ribadì che quei fatti erano veri.
      Sull'episodio riguardante la dazione di denaro
  nell'appartamento di via Cicerone, posto che una prova
  assolutamente inconfutabile è confinata nell'ambito personale
  delle posizioni PREVITI-SQUILLANTE-PACIFICO-ARIOSTO, e delle
  dichiarazioni da questi rese (non essendovi stati altri
  testimoni alla scena), non si può che prendere atto che a
  livello indiziario le affermazioni della ARIOSTO (la quale
  porta ben altra responsabilità delle proprie affermazioni
  rispetto alla responsabilità degli indagati per affermazioni
  contrarie) non sono contraddette dal quadro indiziario
  accertato nel corso delle indagini ed anzi una sua presenza a
  casa PREVITI è attestata, in almeno due occasioni, da
  Casoli.
      Questo non rende spiegabile il motivo per cui la donna
  non riesca a ricordare alcun particolare di casa Previti, ma
  non conferma neppure l'affermazione radicalmente contraria
  secondo cui la signora non avrebbe mai messo piede nella
  casa.
    Che casa PREVITI fosse frequentata da magistrati, tra i
  quali Squillante, è poi attestato da Casoli.
      Altro punto in contestazione sono i rapporti con
  EFIBANCA.
      Secondo la ARIOSTO nell'istituto di credito PREVITI aveva
  a disposizione somme illimitate per alimentare la corruzione
  di cui si parla.
      La circostanza è contestata, facendosi rilevare che
  EFIBANCA è un istituto di credito a medio termine presso cui
  non esistono gli ordinari rapporti negoziali con privati,
  d'uso nelle altre banche.
      Una frequentazione di EFIBANCA da parte di PREVITI non è
  contestata, ed anzi è lo stesso PREVITI a ricordare che egli
  era legale dell'istituto e quindi ben introdotto con la
  dirigenza: i rapporti con la dirigenza (dott.  Lai, Bertini,
  Nardi) vengono confermati anche da dipendenti dell'istituto
  (si vedano le informazioni assunte il 22 maggio 1996) oltre
  che dagli stessi Lai, Bertini e Nardi, i quali ricordano anche
  che PREVITI presentò loro la ARIOSTO caldeggiando un
  finanziamento per la costruzione di un campo da golf,
  finanziamento che non venne accordato.
      Dalle dichiarazioni del dott. Gigante si apprende che,
  per quanto a sua conoscenza, tra i sottoscrittori di
  certificati di deposito e di obbligazioni dell'istituto non vi
  erano magistrati.
      Tutte le persone dell'ambiente di EFIBANCA hanno negato
  di aver conosciuto l'avv.  Pacifico, o Squillante, o l'avv.
  Acampora.
 
                             Pag.13
 
      Sono, per contro, accertati, rapporti negoziali tra
  EFIBANCA e società del gruppo imprenditoriale-finanziario
  milanese citato nel capo d'imputazione preliminare, risalenti
  nel tempo (anno 1982).
      Conclusivamente sul punto non vi è né una totale conferma
  delle dichiarazioni della ARIOSTO, (non confermata è
  l'esistenza di un fondo presso EFIBANCA destinato alla
  corruzione di magistrati), né però una totale smentita.
      In merito alla vicenda svoltasi alla Canottieri Lazio
  PREVITI si dice sicuro di poter dimostrare che la ARIOSTO non
  frequentò mai il circolo, neppure in una singola occasione, ed
  ha prodotto copiosissima documentazione con numerose
  dichiarazioni di persone legate al circolo a dimostrazione
  della sua affermazione.
      La signora PREVITI nega altrettanto radicalmente di
  essere stata protagonista dell'episodio citato dalla Ariosto
  (lei stessa avrebbe tenuto tra le mani una busta contenente
  denaro destinato a magistrati).
      Sul punto non rimane che registrare il divario tra le
  affermazioni dell'Ariosto e le tesi difensive.
      Non si può però sottacere che le indagini hanno portato a
  trovare conferme del complessivo quadro descritto dalla
  donna.
      In particolare va considerato di notevole significato
  l'introduzione nella vicenda di un personaggio del tutto
  sconosciuto alle cronache, l'avvocato ATTILIO PACIFICO.
      Si può dire che il contributo più significativo recato
  dalla ARIOSTO, dopo lo svelamento della natura dei rapporti
  PREVITI-SQUILLANTE sia stato proprio il far emergere il ruolo
  dell'avvocato PACIFICO e la natura dei rapporti
  PACIFICO-SQUILLANTE-PREVITI.
      Le indagini svolte dal Servizio Centrale Operativo della
  Polizia di Stato hanno permesso di accertare una quotidiana
  frequentazione tra Renato Squillante e Attilio Pacifico.
      Numerosi servizi di pedinamento e di intercettazione
  (documentati in atti) hanno dimostrato la frequenza e il
  contenuto dei rapporti tra i due.
      Se all'inizio delle indagini poteva ipotizzarsi una
  chiave di lettura di tali rapporti nella direzione di una
  lecita e non censurabile frequentazione (si rilevava anche che
  l'avv.  Pacifico era un civilista, mentre il dott. Squillante
  si occupava esclusivamente del settore penale prima
  all'Ufficio Istruzione e poi all'Ufficio G.I.P. di Roma), così
  che la chiave privilegiata di lettura alternativa era
  costituita dalle dichiarazioni della Ariosto, le successive
  indagini hanno portato ad una lettura tutt'altro che lecita
  dei rapporti tra Pacifico e Squillante e quindi ad una
  conferma integrale del quadro delineato dalla ARIOSTO.
      Vengono in particolare rilievo gli esiti delle rogatorie
  estere sui conti correnti (conti dei quali Squillante ha
  significativamente negato di aver la disponibilità nel corso
  del suo primo interrogatorio).
      Per ciò che riguarda l'ipotesi di reato in contestazione,
  sarà sufficiente osservare che nel periodo in considerazione
  SQUILLANTE ha ricevuto, tramite bonifici, quasi 200.000
  franchi svizzeri (tutti provenienti da conti di PACIFICO) e
  150.000 dollari sui conti accesi presso la Società Bancaria
  Ticinese, per un totale in controvalore di circa 380 milioni
  di lire.
 
                             Pag.14
 
      Le affermazioni della ARIOSTO riguardanti PACIFICO sono
  state tutte riscontrate: frequentazioni con PREVITI,
  frequentazioni con SQUILLANTE, frequentazioni dei casinò,
  presenza al viaggio NIAF.
      Ciò che la ARIOSTO non poteva sapere: esistenza,
  consistenza, e movimentazione dei conti esteri di PACIFICO non
  ha raccontato e questo rende da una parte credibile il suo
  racconto, dall'altra porta ad escludere un quadro
  calunniatorio architettato da lei stessa o da terzi.
      Gli autonomi accertamenti compiuti dal Pubblico Ministero
  su SQUILLANTE RENATO hanno portato ad accertare ingenti
  disponibilità finanziarie all'estero ammontanti a circa 9
  miliardi di lire come disponibilità liquide alla data del 7
  febbraio 1996 presso la Società Bancaria Ticinese di
  Bellinzona (Resinelli): somma precipitosamente liquidata ed
  asseritamente prelevata dalla banca dopo la scoperta di una
  miscrospia al bar Tombini di Roma il 21 gennaio 1996 (fatto
  notorio).
      A tali disponibilità liquide (al momento sono note solo
  quelle esistenti presso la S.B.T. di Bellinzona) vanno
  aggiunti gli investimenti immobiliari e le disponibilità
  liquide in Italia (si richiamano, sul punto, il provvedimento
  di custodia cautelare nei confronti di Squillante Mariano,
  Squillante Fabio e Olga Savtchenko e il provvedimento di
  sequestro preventivo in atti).
      E' accertato che vi sono stati degli accrediti diretti di
  CESARE PREVITI a SQUILLANTE (il 6 marzo 1991 poco più di
  434.000 dollari) e che altro denaro è affluito sui conti
  correnti di Squillante proveniente da CESARE PREVITI,
  attraverso Attilio Pacifico.
      Tutto ciò, se non costituisce diretto riscontro delle
  dichiarazioni della ARIOSTO (i dati riferiti, infatti,
  riguardano un'epoca successiva a quella nella quale si sono
  svolti i fatti in contestazione) è tuttavia confermativo del
  quadro indiziario emergente dalle dichiarazioni della
  signora.
      Per il periodo in contestazione (che, va ricordato, si
  arresta temporalmente all'anno 1989) gli accertamenti compiuti
  su SQUILLANTE hanno fatto emergere una serie di episodi che
  sul piano indiziario aggiungono elementi a sostegno
  dell'ipotesi di accusa.
  (Accertamenti svolti presso ALOISIO DE GASPARI
  Giorgio).
      Immediatamente dopo l'esecuzione dell'ordinanza emessa
  nei confronti di SQUILLANTE è stata compiuta ulteriore
  attività investigativa, anche sulla scorta delle dichiarazioni
  rese dagli indagati in sede di interrogatorio, tra cui
  l'assunzione di informazioni dell'agente di borsa ALOISIO DE
  GASPARI Giorgio.  A carico di quest'ultimo è stata disposta
  altresì una perquisizione locale.
      Tra i documenti sequestrati vi sono annotazioni nelle
  quali comparivano, tra l'altro, riferimenti alla famiglia
  SQUILLANTE e a tale "DIDI", identificato poi in Dionigi
  RESINELLI.
      Risentito in ordine ai predetti documenti, ALOISIO DE
  GASPARI Giorgio, rendeva dichiarazioni.
      In sintesi ALOISIO DE GASPARI Giorgio ha dichiarato:
        (Verbale del 18 marzo 1996).
 
                             Pag.15
 
      "Come ho già detto, ho conosciuto il giudice
  SQUILLANTE alla fine degli anni 70, quando quest'ultimo era
  membro della CONSOB.  Mi diede da amministrare dei fondi
  nell'ordine di poche decine di milioni che investii in borsa.
  Faccio presente che in quel periodo, soprattutto nel 1981,
  grazie al buon andamento della borsa e alle buone notizie che
  riusciva ad ottenere SQUILLANTE, in virtù del suo lavoro
  presso la CONSOB, quest'ultimo riuscì ad aumentare
  sensibilmente il suo patrimonio, ritengo, per quello che posso
  ricordare, nell'ordine di due trecento milioni.  Intorno agli
  anni 1984/85, sulla data non riesco ad essere più preciso,
  SQUILLANTE mi disse che voleva aprire un conto estero, in
  particolare in Svizzera, chiedendomi se potevo indicargli una
  banca.  Poiché il mio studio era in rapporto da anni con la
  SOCIETA' BANCARIA TICINESE di Bellinzona gli consigliai tale
  istituto, precisando che avrei potuto parlare personalmente
  con il dr. RESINELLI, uno dei dirigenti della citata banca.  In
  occasione dei miei frequenti incontri con il dr. RESINELLI, in
  quanto la SOCIETA' BANCARIA TICINESE era nostra cliente, gli
  parlai del giudice SQUILLANTE e del fatto che quest'ultimo
  aveva intenzione di aprire un conto estero.
  <omissis>
      RISPOSTA: Intorno agli anni 86/87 il giudice
  SQUILLANTE mi chiese come poteva fare per avere delle
  disponibilità in lire prelevandole dal suo conto in Svizzera.
  Mi spiego meglio: il problema del giudice SQUILLANTE era
  quello di giustificare l'afflusso di denaro sul conto della
  moglie e/o del figlio MAURIZIO, nel senso che mi chiese delle
  operazioni di copertura, pertanto misi in atto delle
  operazioni fittizie di borsa finalizzate a far guadagnare i
  conti di SQUILLANTE; mentre la perdita che risultava a carico
  del mio studio mi veniva rimborsata dal dr. RESINELLI mediante
  lire italiane o con franchi svizzeri che mi consegnava brevi
  manu di solito in Svizzera.  Faccio presente che in quel
  periodo mi recavo ogni fine settimana in Svizzera perché avevo
  una casa a Gordola, vicino a Bellinzona.  Le operazioni di
  copertura poste in essere dal mio studio consistevano in
  compravendita di azioni".
  <omissis>
      (Verbale del 19 marzo 1996).
      "DOMANDA: Può riferire come e da chi è stata
  costituita la provvista per acquistare 175 milioni in CCT nel
  novembre del 1989 a favore di uno dei figli di SQUILLANTE?
      RISPOSTA: La provvista è stata fornita senz'altro dal
  padre perché i figli mi risulta avessero modeste disponibilità
  finanziarie.
      RISPOSTA: Non ricordo se tale provvista lo SQUILLANTE la
  conservasse nel suo conto presso di me (cosa che ritengo più
  probabile) ovvero me l'abbia fatta avere in altro modo.
  Escludo comunque di aver ricevuto il denaro dalla
  Svizzera".
      (Verbale del 13 maggio 1996).
 
                             Pag.16
 
      "Devo premettere che il mio conto (omissis)
  presso la Società bancaria Ticinese è stato interessato ad
  operazioni con Squillante in due modi:
        da un lato, ha ricevuto delle rimesse direttamente da
  un conto in essere presso la Società Bancaria Ticinese;
        dall'altro, ha ricevuto delle rimesse da conti bancari
  in essere presso altri istituti svizzeri.
      In alcuni casi, soprattutto nel momento iniziale di
  questo rapporto di compensazione che ho già descritto nel
  corso dei miei precedenti interrogatori, si è trattato di
  accrediti disposti da Squillante sul mio conto, affinché, poi,
  io gli riconoscessi in Italia il relativo controvalore.
      Successivamente, io gli anticipavo delle somme, anche a
  mezzo di consegna di titoli di stato, e, poi, lui provvedeva
  alla copertura degli anticipi, recandosi in Svizzera, ed
  operando direttamente con il Resinelli.  In questi casi, poteva
  anche capitare che lo Squillante, oltre a coprire
  l'esposizione nei miei confronti, disponeva ulteriori
  accrediti sul mio conto (...) affinché io provvedessi,
  successivamente, ad ulteriori riconoscimenti in Italia.
      Esaminando la documentazione bancaria del mio conto
  svizzero, ho rilevato che lo Squillante ha provveduto alla
  citata copertura ovvero anche ai successivi bonifici, con
  versamenti da conti svizzeri in essere presso altre banche
  della confederazione.  In particolare, ho rilevato che del
  denaro è pervenuto dalla Società di Banche Svizzere sia di
  Ginevra che di Lugano.
  omissis
      ADR: quando Squillante disponeva degli accrediti sul
  mio conto (...), mi contattava il Resinelli il quale mi
  diceva: "Il Giudice ti ha versato tot" con ciò volendo dire
  che lo Squillante aveva rimesso del denaro che rivoleva in
  Italia.
      Invece, quando lo Squillante copriva, in Svizzera, le sue
  esposizioni e magari trasferiva ulteriori importi che rivoleva
  in Italia, mi chiamava dicendo: "Sono andato da Didi ed ho
  sistemato le cose".
      Al riguardo, faccio presente che di solito Squillante
  chiedeva degli accreditamenti in Italia in conto anticipo ed
  andava a debito del mio studio.  Di tanto in tanto, poi, dopo
  il rendiconto che gli trasmettevo, si recava in Svizzera per
  effettuare la copertura".
      Sul conto dell'attività svolta da ALOISIO DE GASPARI
  Giorgio, nell'interesse di SQUILLANTE, venivano disposti
  specifici accertamenti eseguiti dal Nucleo Regionale di
  Polizia Tributaria della Guardia di Finanza che confermavano
  l'esistenza di operazioni di borsa nelle quali "guadagnava" il
  cliente SQUILLANTE (ivi compresi i familiari) e "perdeva"
  l'agente di borsa.  L'utile delle predette operazioni è stato
  in molti casi bonificato da ALOISIO DE GASPARI Giorgio su
  conti correnti della famiglia SQUILLANTE (ivi compresi i
  figli).  Nel corso dell'ultimo interrogatorio l'agente di borsa
  ha altresì fornito documenti bancari della Società Bancaria
  Ticinese e di altre banche elvetiche con le quali venivano
  rimesse somme di denaro a favore dei suoi conti correnti per
  compensare le "perdite" subite.
 
                             Pag.17
 
      Queste dichiarazioni, che non riguardano direttamente
  CESARE PREVITI, sono tuttavia utili poiché dimostrano che nel
  periodo in cui secondo la ARIOSTO, Squillante svolgeva la
  funzione di "collettore" sopra descritta egli aveva
  disponibilità finanziarie delle quali era preoccupato di
  occultare la provenienza e che non derivavano da favorevoli
  investimenti di borsa.
      Per ciò che invece riguarda direttamente CESARE PREVITI,
  si deve osservare che nei periodi indicati dalla ARIOSTO -
  come poi in altri periodi - risultano numerose operazioni
  bancarie: Rileva sul punto il Pubblico Ministero:
        - nei periodi indicati dall'ARIOSTO - come in altri
  periodi - risultano numerose operazioni bancarie da cui è
  possibile evidenziare rilevanti disponibilità di contanti in
  capo a Cesare PREVITI: in particolare su conti correnti presso
  B.N.L., Banca Commerciale Italiana e Rolo Banca di Roma
  intestati a Cesare PREVITI nel periodo 1^ gennaio 1986-13
  maggio 1992 risultano versamenti per contanti per complessive
  lire 17.804.030.500 (1), e prelevamenti mediante assegni a
  favore di se stesso per vari miliardi (per l'esattezza, oltre
  quattro miliardi e mezzo, con punte di quasi un miliardo e
  duecento milioni nel 1988 e quasi due miliardi e trecento
  milioni nel 1989) - (cfr. allegato nr. 7);
        - per numerose operazioni risulta aver operato Marco
  JANNILLI, impiegato, assistente addetto alla segreteria dello
  studio dell'on.  Cesare PREVITI dal 1977, menzionato
  frequentemente nelle agende di Attilio PACIFICO in periodi nei
  quali si verificano altri fatti di rilievo per la vicenda di
  cui al capo successivo (cfr. allegato nr. 8).
      Infine, sulla conferma a livello indiziario di un
  collegamento tra SQUILLANTE e il gruppo imprenditoriale
  milanese di cui si parla nel capo d'imputazione preliminare si
  deve ricordare - a conferma dell'esistenza di una continuità
  di rapporti - che dal contesto delle telefonate effettuate
  dall'utenza nella disponibilità di Squillante risulta che in
  data 31 dicembre 1995 (ore 23.42) venivano composti numeri
  telefonici riconducibili alle persone indagate o a persone ad
  esse vicine (ancorché per nulla coinvolte nelle indagini), (si
  veda elenco nella richiesta del P.M.): è significativo che
  tali telefonate avvengano in un momento in cui solitamente si
  fanno auguri alle persone con cui si è in maggiore confidenza
  (familiari, amici stretti).
      Concludendo sinteticamente in merito al primo capo
  d'imputazione si deve rilevare che gravi indizi di
  colpevolezza a carico di CESARE PREVITI per le ipotesi di
  corruzione in contestazione si ricavano in parte dalle
  dichiarazioni di ARIOSTO STEFANIA che ha inizialmente
  descritto il quadro corruttivo.
      Successive autonome indagini hanno portato ad una
  conferma degli originari elementi indiziari, come sopra
  descritto.
      (1) Complessivamente sui conti correnti in questione, nel
  periodo considerato, affluiscono versamenti provenienti da
  terzi per 31 miliardi 996.000.616.  Di questi, 17 miliardi
  804.030.500 sono in contanti, gli altri in assegni bancari o
  circolari e in bonifici.
 
                             Pag.18
 
      Gli elementi non direttamente riscontrati del racconto
  della ARIOSTO e contestati da PREVITI (materiali dazioni di
  denaro al Circolo Canottieri Lazio e in via Cicerone,
  esistenza di fondi presso EFIBANCA) hanno trovato (con
  l'eccezione del Circolo canottieri Lazio) indiretti elementi
  indizianti di conferma, ed allo stato attuale non eliminano la
  valenza indiziaria degli altri elementi autonomamente raccolti
  dal pubblico ministero direttamente o attraverso la polizia
  giudiziaria.
      Una verifica della validità delle tesi accusatorie è
  stata compiuta sia dal Tribunale del Riesame di Milano, sia
  dalla Corte di Cassazione nei confronti di SQUILLANTE RENATO e
  PACIFICO ATTILIO, pienamente confermativi dei provvedimenti
  cautelari adottati (si vedano i provvedimenti collegiali in
  atti).
      Sul piano generale, la vicenda di cui si parlerà in
  seguito, contestata al capo  B)  è una verifica ulteriore
  del quadro delineato dalla ARIOSTO.
  B) SECONDO CAPO D'IMPUTAZIONE PRELIMINARE
      B)  reato previsto e punito dagli articoli 81-110,
  112 n. 1, 321 in relazione agli articoli 319 e 319-  ter
  c.p. perché, agendo in concorso con ACAMPORA Giovanni,
  PACIFICO Attilio, SQUILLANTE Renato (nella sua qualità
  indicata al capo precedente), VERDE Filippo - nella sua
  qualità prima di magistrato con funzioni giudicanti presso le
  sezioni civili del Tribunale di Roma, poi di Capo di Gabinetto
  del Ministro di Grazia e Giustizia - ROVELLI Nino e con i suoi
  eredi BATTISTELLA Primarosa e ROVELLI Felice nonché in
  concorso con altri magistrati appartenenti al distretto di
  Corte d'Appello di Roma e pubblici ufficiali od incaricati di
  pubblico servizio appartenenti all'amministrazione
  giudiziaria, intermediando - in accordo con ACAMPORA, PACIFICO
  e SQUILLANTE - tra ROVELLI Nino ed i suoi eredi da un lato ed
  i pubblici ufficiali dall'altro, perché costoro violassero i
  loro doveri di imparzialità, segretezza, indipendenza e
  probità nell'espletamento delle loro funzioni pubbliche, allo
  scopo di favorire ROVELLI Nino ed i suoi eredi nei vari gradi
  di giudizio del procedimento civile fra costoro e l'I.M.I. -
  procedimento trattato nel merito prima dal Tribunale poi dalla
  Corte d'Appello di Roma (cause riunite 3176/89 e 3250/89) e
  passato in giudicato a seguito della dichiarazione
  d'improcedibilità del ricorso dell'IMI da parte della Corte di
  Cassazione - riceveva dagli eredi di ROVELLI le somme di
  seguito indicate, direttamente ed attraverso ACAMPORA e
  PACIFICO, destinate in parte a retribuire la mediazione, in
  parte ai citati pubblici ufficiali che le ricevevano.
      In particolare, tra gli altri:
        VERDE nella sua qualità di Presidente di sezione del
  Tribunale Civile di Roma, nel giudizio di primo grado della
  controversia IMI/Rovelli, in data 31 ottobre 1986, decideva ed
  induceva a decidere la causa favorevolmente ai ROVELLI;
        VERDE nella sua qualità di Capo di Gabinetto del
  Ministro di Grazia e Giustizia, al fine di impedire al dr.
  MINNITI - Presidente di sezione del Tribunale civile di Roma,
  componente del collegio giudicante
 
                             Pag.19
 
  che avrebbe dovuto occuparsi del giudizio civile di
  determinazione del quantum di risarcimento del danno, che,
  avendo studiato l'incarto processuale, aveva reso nota la sua
  determinazione di disporre una nuova perizia per la
  quantificazione dell'entità del danno - di partecipare al
  predetto giudizio ed in particolare all'udienza del 4 aprile
  1989, organizzava per lo stesso giorno pretestuosamente una
  inutile riunione presso il Ministero di Grazia e Giustizia,
  avente ad oggetto questioni di edilizia giudiziaria,
  convocando il dr. MINNITI alla predetta riunione ed
  imponendogli di parteciparvi inderogabilmente;
        Pubblici ufficiali o comunque incaricati di pubblico
  servizio, appartenenti agli uffici della Corte di Cassazione,
  violavano il segreto d'ufficio rendendo noto a terzi - diversi
  dai componenti del Collegio che in Cassazione avrebbe dovuto
  occuparsi della questione della improcedibilità - che il
  Presidente del Collegio dr. CORDA aveva predisposto un
  appunto, indirizzandolo ai colleghi del Collegio giudicante, e
  che nell'appunto si prospettava la possibilità di una modifica
  dell'orientamento giurisprudenziale, idonea a consentire
  l'ammissibilità del ricorso presentato dall'IMI presso la
  Suprema Corte, così creando le condizioni di fatto per
  l'astensione del magistrato dal giudizio sulla ammissibilità
  del ricorso IMI;
        SQUILLANTE, in violazione dei doveri di imparzialità,
  probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria,
  metteva in contatto Felice ROVELLI, con l'avv.  Francesco
  BERLINGUER, perché costui, a fronte di una promessa di
  retribuzione per ingenti somme di denaro non inferiori a
  500.000.000 di lire, avvicinasse un membro del collegio
  giudicante della Corte di Cassazione, per indurlo a violare
  l'obbligo del segreto e fornire agli eredi ROVELLI notizie
  attinenti al giudizio IMI/ROVELLI.
      Ricevendo ai fini sopra indicati, tramite bonifici
  effettuati dai predetti eredi ROVELLI rispettivamente:
        a)  Pacifico FRS 28.850.000 presso:
          1. quanto a FRS 10.000.000 (pari a lire
  11.677.300.000), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a
  favore di Alvaneu Anstalt, valuta 21 marzo 1994;
          2. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
  6.854.100.000), S.B.S. Lugano, a favore di EMCO AG, valuta 31
  marzo 1994;
          3. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
  6.812.040.000), S.B.S. Lugano; a favore di Veteri Anstalt,
  valuta 7 aprile 1994;
          4. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
  6.724.740.000), Verwaltungs und Privat-Bank Vaduz, a favore di
  CODAVA Est., valuta 13 maggio 1994;
          5. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500),
  Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore del conto
  Pavone, valuta del 24 giugno 1994;
 
                             Pag.20
 
        b)  Previti, FRS 18.000.000 (pari a lire
  21.019.140.000), SBS Ginevra, a favore del conto 136183, rif.
  Filippo, valuta del 21 marzo 1994;
        c)  Acampora FRS 10.850.000:
          1. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500),
  B.IL.  Lussemburgo, a favore del conto 5/102/4379/540, valuta
  24 giugno 1994;
          2. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del
  conto SWLAMA, valuta 24 giugno 1994;
          3. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del
  conto BLAWOR, valuta 24 giugno 1994;
          4. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore
  del conto 396.085.04, valuta 24 giugno 1994;
          5. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vadur, a favore
  del conto 396.088.09, valuta 24 maggio 1994;
  e così complessivamente la somma di FRS 57.700.000 pari - al
  cambio di valuta nel giorno degli accrediti - a lire
  66.789.541.000.
      Reato aggravato dal numero delle persone superiore a
  cinque.
      Accordi intervenuti in luogo imprecisato a far tempo dal
  1986 e pagamenti avvenuti su banche in Lussemburgo,
  Confederazione Elvetica, Liechtenstein, Regno Unito almeno
  fino al 1994.
                           *  *  *
      Il secondo reato addebitato a CESARE PREVITI è la
  corruzione in atti giudiziari contestata al capo B) ed attiene
  alla controversia civilistica tra l'I.M.I., Istituto Mobiliare
  Italiano e NINO ROVELLI e la FIND dapprima e gli eredi ROVELLI
  dopo la morte di quello.
      La vicenda è stata descritta nelle ordinanze di custodia
  cautelare del 15 maggio 1996 nei confronti di Giovanni
  ACAMPORA e ATTILIO PACIFICO e del 13 febbraio 1997 nei
  confronti di ROVELLI FELICE e BATTISTELLA PRIMAROSA vedova
  ROVELLI.
      Un richiamo di tali ordinanze si impone, poiché la
  posizione di PREVITI è identica a quella di ACAMPORA e
  PACIFICO.
                           *  *  *
  a) la notitia criminis.
  1.  Pagamento della somma di frs. 57.700.000 agli avvocati
  Pacifico- Acampora-Previti.
      Il procedimento ha origine il giorno 8 maggio 1996.
 
                             Pag.21
 
      In quella data, il Procuratore Generale della
  Confederazione Elvetica avv.  Carla Del Ponte procede, in
  Berna, all'interrogatorio di BATTISTELLA PRIMAROSA ROVELLI e
  di ROVELLI FELICE, eredi dell'ing.  Nino ROVELLI, e
  all'interrogatorio dell'avvocato MENSCH RUBINO, legale
  dell'ing.  Rovelli e della Famiglia Rovelli e, in tale veste,
  amministratore fiduciario di una Stiftung a Vaduz
  (Liechtenstein) denominata PITARA TRUST.
      L'interrogatorio viene eseguito nello svolgimento di una
  commissione rogatoria del Procuratore della Repubblica di
  Milano, richiesta nel procedimento a carico, tra gli altri,
  dell'avv.  Attilio PACIFICO, dell'avv.  Cesare PREVITI e del
  dottor SQUILLANTE (commissioni rogatorie 14 e 19 marzo
  1996).
      La signora PRIMAROSA BATTISTELLA è stata chiamata come
  testimone solo per spiegare la causale di un versamento, da
  lei effettuato, di lire 241.600.530.
      L'importo risulta bonificato in data 29 marzo 1994 dalla
  Banca Commerciale di Lugano sul conto corrente n. 34131/0
  acceso dall'avv.  PACIFICO presso la filiale 25 della Rolo
  Banca 1473 spa succursale di Roma, su richiesta dello stesso
  avv.  Pacifico (lettera 8 marzo 1994 e fattura n. 1/1994 in
  pari data).
      Una traccia documentale del versamento era stata trovata
  in precedenza, nel corso della perquisizione domiciliare
  eseguita nei confronti dell'avv.  Attilio Pacifico dopo il suo
  arresto, avvenuto il 12 marzo 1996, per il reato di corruzione
  esaminato al capo  a). 
      Nel chiarire il motivo del pagamento, la donna dichiara
  che l'importo non è stato l'unico bonificato all'avv.
  Pacifico, ma corrisponde ad uno dei tanti pagamenti effettuati
  in favore di lui, e ricostruisce la vicenda nei termini che
  seguono.
      Il 28 dicembre 1990 il marito, ing. Nino Rovelli era
  stato sottoposto a Zurigo ad un operazione chirurgica
  particolarmente delicata: egli era stato informato dai medici
  sui gravi rischi connessi all'intervento.
      Il giorno prima dell'operazione le aveva detto di avere
  un debito con l'avv.  PACIFICO e l'aveva pregata - nel caso in
  cui non fosse sopravvissuto - di provvedere al suo pagamento,
  senza precisarle la causale e nemmeno l'importo e limitandosi
  a dirle che si sarebbe a lei rivolto l'avv.  PACIFICO per avere
  il denaro che gli spettava.
      Dopo la morte del marito essa aveva dato incarico al
  figlio FELICE di adempiere al mandato.
      FELICE ROVELLI, presentatosi spontaneamente lo stesso
  giorno 8 maggio 1996 rende dichiarazioni dalle quali si
  apprende che dopo la morte del padre si era presentato l'avv.
  PACIFICO preoccupandosi se la famiglia intendesse o meno
  rispettare l'impegno che l'ing.  Rovelli aveva preso con
  lui.
      Aveva quantificato la cifra in circa 30 miliardi di lire,
  senza dire nulla sui motivi per i quali tale importo era
  dovuto.
      I familiari, peraltro, non avevano chiesto spiegazioni
  sui motivi del debito perché consapevoli che l'alternativa era
  non onorare il debito oppure accettare qualsiasi spiegazione
  venisse data dall'avv.  Pacifico.
      L'avvocato aveva chiesto la disponibilità di un pronto
  pagamento, ma poiché gli eredi non avevano la somma
  sufficiente, gli chiesero di
 
                             Pag.22
 
  attendere la liquidazione dell'importo della causa intentata
  contro l'IMI e conclusasi favorevolmente, dopo una lunga e
  tormentata vicenda processuale, dagli sviluppi imprevisti.
      Pacifico acconsentì.
                           *  *  *
      Dopo che l'IMI ebbe liquidato gli eredi Rovelli, PACIFICO
  si incontrò con Felice Rovelli a Lugano e consegnò un elenco
  di conti bancari sui quali far pervenire il denaro.
      Per la precisione, nel primo incontro PACIFICO gli aveva
  chiesto di accreditare dieci milioni di franchi svizzeri alla
  Società Bancaria Ticinese di Bellinzona a favore di
  ALVANEU-Anstalt.  In momenti successivi, per fax o per telefono
  o anche di persona, ma sicuramente non in Italia, PACIFICO
  aveva chiesto di provvedere ad altri accrediti:
        6 milioni di franchi svizzeri alla SBS di Lugano, a
  favore di EMCO AG;
        6 milioni di franchi svizzeri ancora alla SBS di Lugano
  a favore di VETERI ANSTALT;
        6 milioni di franchi svizzeri alla Verwaltungs und
  Privatbank Vaduz a favore CODAVA ANSTALT;
        850.000 Fr.Sv. alla Società Bancaria Ticinese di
  Bellinzona a favore di Pavone.
                           *  *  *
  2.  Mancanza di una legittima causa negoziale
  verificabile.
      Quanto alla causale dei pretesi pagamenti, così ricorda
  Rovelli:
        "il Pacifico mi disse che la somma che mi richiedeva
  riguardava i suoi rapporti con mio padre, mi aggiunse che mio
  padre aveva dei debiti anche nei confronti dell'Acampora e
  dell'avv.  Cesare Previti.
      Aggiunse che lui richiedeva a me il pagamento del suo
  credito, mentre Acampora e Previti mi avrebbero contattato
  ciascuno per il credito proprio.
      In effetti, pochi mesi dopo, anche ACAMPORA e PREVITI si
  sono fatti vivi con me, sicuramente separatamente: mi sono
  incontrato con ACAMPORA due o tre volte, una volta senz'altro
  a Roma nel suo studio, le altre volte forse a Lugano o forse a
  Milano, non ricordo esattamente in quali circostanze...  Fin
  dalla prima volta che l'ho visto, Acampora mi ha chiesto una
  somma dell'ordine di una dozzina di miliardi senza specificare
  i motivi, ma dicendo che mio padre glie li aveva promessi.
      Anche con ACAMPORA ho pattuito un rinvio del pagamento al
  momento che mia madre fosse entrata in possesso della
  sufficiente liquidità.
      Finché, dopo che la sentenza IMI era stata eseguita,
  ACAMPORA venne a New York da solo e... mi diede un bigliettino
  scritto a macchina sul quale compariva l'indicazione di
  bonificare le somme (precisamente tutte le somme indicate nel
  capo d'imputazione, n.d.r.)...  L'iniziativa
 
                             Pag.23
 
  dell'incontro era partita da ACAMPORA che mi ha preannunziato
  la sua visita per telefono.
      Anche PREVITI l'ho visto qualche mese dopo la morte di
  mio padre...  Nel primo incontro Previti mi disse che il debito
  di mio padre nei suoi confronti era di circa 20 miliardi.
  Anche a Previti non ho mai chiesto spiegazioni, perché anche
  lì si trattava di pagare tutti gli impegni che mi venivano
  prospettati come assunti da mio padre, oppure di
  rifiutarli.
      Anche PREVITI pochi giorni dopo la disponibilità liquida
  del denaro da parte della mia famiglia mi comunicò vedendomi a
  Lugano gli estremi del bonifico:
        18 Mio di Fr.Sv. alla SBS Ginevra, rif.  Filippo.
                           *  *  *
      In ordine alle modalità di pagamento la famiglia ROVELLI
  incaricò l'avvocato MENSCH, fiduciario a Lugano, di costituire
  una Stiftung nel Liechtenstein per provvedere a tutti i
  pagamenti derivanti dalla vicenda IMI (oneri fiscali italiani
  ed elvetici, onorari degli avvocati che avevano patrocinato
  nella causa, importi richiesti da Pacifico, Acampora,
  Previti).  Dal patrimonio della Stiftung l'avv.  Mensch diede
  istruzione che fossero prelevati gli importi bonificati su
  istruzione di Felice Rovelli in esecuzione delle indicazioni
  date da Pacifico, Acampora e Previti.
      Nello stesso interrogatorio dell'8 maggio, l'avvocato
  MENSCH, legale dell'ing.  Rovelli prima e della famiglia, poi,
  conferma di aver ricevuto mandato da Felice Rovelli di mettere
  a disposizione una società attraverso la quale effettuare dei
  pagamenti.  In esecuzione di istruzioni ricevute egli aveva
  effettuato i bonifici richiesti, sul conto della costituita
  PITARA TRUST.
      Di tutti i pagamenti effettuati l'avv.  MENSCH ha fornito
  documentazione, allegata al verbale reso davanti all'autorità
  giudiziaria elvetica.
      Una prima certezza nella ricostruzione del fatto, è
  quindi raggiunta: il racconto degli eredi Rovelli e dell'avv.
  Mensch è documentalmente riscontrato e documentalmente
  verificabile.
      La documentazione attesta la formazione della provvista
  del conto della PITARA TRUST ad opera della signora
  BATTISTELLA PRIMAROSA, i vari bonifici effettuati, gli ordini
  ricevuti da Felice Rovelli.
      E' da ritenere pertanto incontrovertibile la verifica di
  quanto asserito dagli eredi Rovelli in merito alle
  movimentazioni dei bonifici bancari della Pitara Trust,
  corrispondenti a quanto indicato nel capo d'imputazione (si
  veda prospetto riassuntivo depositato dall'avv.  MENSCH).
      Sotto il profilo indiziario ciò costituisce un
  indiscutibile elemento materiale di valutazione ed un dato di
  partenza certo.
      Battistella Primarosa (la quale è stata nuovamente
  interrogata, questa volta nella veste formale di indagata lo
  stesso giorno 8 maggio alle ore 19,15) e Felice Rovelli
  rendono ulteriori dichiarazioni il giorno 14 settembre 1996
  (entrambi nella posizione di indagati), dopo che le indagini
  hanno registrato significativi sviluppi.
 
                             Pag.24
 
      Le dichiarazioni del 14 settembre sono sostanzialmente
  confermative di quelle rese l'8 maggio, in particolare sui
  seguenti punti:
        le somme richieste furono pagate a PACIFICO, ACAMPORA e
  PREVITI "senza chiedere loro i motivi di tale credito che
  vantavano a loro dire nei confronti dell'ing.  Rovelli"
  (Primarosa, 14.9 ore 17,45); "ribadisco che non sono al
  corrente della causale dei versamenti" (Primarosa, 8.5, ore
  9.55, foglio 4);
        l'ing.  Rovelli (padre) diede indicazioni alla moglie di
  pagare, ma facendo solamente il nome dell'avv.  PACIFICO e
  senza specificare la causale del debito, e neppure l'importo
  dovuto: "mio marito non mi ha precisato la causale del debito
  e non mi ha nemmeno indicato l'importo.  Si è limitato a dirmi
  che si sarebbe rivolto a me l'avv.  Pacifico per avere il
  denaro che gli spettava" (Battistella, 8.5). "Mio marito non
  mi aveva parlato né di ACAMPORA, né di PREVITI.  Mio marito non
  mi parlò prima della morte dei crediti che vantavano ACAMPORA
  e PREVITI" (Battistella, 14.9, foglio 2);
        fu l'avvocato PACIFICO ad "introdurre" quali creditori
  di Nino Rovelli anche l'avvocato ACAMPORA e l'avvocato
  PREVITI, senza comunque indicare i motivi per i quali i soldi
  erano dovuti: le dichiarazioni di Felice Rovelli trovano
  conferma nella madre ("Felice, dopo aver parlato con Pacifico,
  mi ha detto che si sarebbero presentati anche Previti e
  Acampora.  Io con Previti e Acampora di questo argomento non ne
  ho mai parlato e con Pacifico nemmeno", Battistella, 14.9,
  foglio 2);
        il debito nei confronti di PACIFICO fu pagato per
  esaudire le ultime volontà di Nino Rovelli, mentre PREVITI e
  ACAMPORA furono pagati, nonostante nessuna indicazione di
  queste persone fosse stata data da Nino Rovelli, "perché si
  trattava di insigni avvocati di Roma" (Battistella, 14.9,
  foglio 3).  In ogni caso l'alternativa era quella di dover
  accettare qualsiasi spiegazione fosse stata data;
        la richiesta di onorare il debito di Nino Rovelli venne
  fatta nei primi mesi del 1991, ma data la mancanza di
  liquidità da parte dei Rovelli (per lo meno di una liquidità
  di tale consistenza) il materiale pagamento delle somme
  richieste dai tre professionisti avvenne dopo che l'IMI
  provvide a versare le somme dovute a seguito della definizione
  della vertenza giudiziaria con gli stessi Rovelli, e cioè dopo
  tre anni dal primo contatto con Pacifico.
                           *  *  *
      Per meglio inquadrare e interpretare queste dichiarazioni
  si deve tener presente che gli unici professionisti incaricati
  formalmente della difesa degli interessi di parte Rovelli
  (ing.  Nino e FIND srl, dapprima, FIND srl, Battistella e
  Felice Rovelli, in seguito) sono i professori ARE e
  GIORGIANNI, oltre al prof. Mezzanotte officiato per il
  giudizio davanti alla Corte Costituzionale.
                           *  *  *
 
                             Pag.25
 
      Si deve ricordare che a seguito dell'esito favorevole
  della causa, che consentì agli eredi ROVELLI di ricevere una
  somma, detratte le tasse, pari a circa 650 miliardi di lire,
  nel 1994 si era proceduto, su indicazione dei beneficiari, ai
  seguenti pagamenti:
        a)  quanto a PACIFICO:
          FRS 10.000.000 (pari a lire 11.677.300.000), Società
  Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore di ALVANEU ANSTALT,
  bonifico con valuta 21 marzo 1994;
          FRS 6.000.000 (pari a lire 6.854.100.000), SBS
  Lugano, a favore di EMCO AG, bonifico con valuta 31 marzo
  1994;
          FRS 6.000.000 (pari a lire 6.812.040.000), SBS
  Lugano, a favore di Veteri Anstalt, bonifico con valuta 7
  aprile 1994;
          FRS 6.000.000 (pari a lire 6.724.740.000),
  Verwaltungs und Privat-Bank Vaduz, a favore di CODAVA est.,
  bonifico con valuta 13 maggio 1994;
          FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500), Società
  Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore del conto Pavone,
  bonifico con valuta 24 giugno 94
        b)  quanto a PREVITI:
          FRS 18.000.000 (pari a lire 21.019.140.000), SBS
  Ginevra, a favore del conto 136183 rif.  FILIPPO, bonifico con
  valuta 21 marzo 1994;
        c)  quanto ad ACAMPORA:
          FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500), B.I.L.
  Lussemburgo, a favore del conto 5/102/4379/540, bonifico con
  valuta 24 giugno 1994;
          FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Royal Bank
  of Scotland, Londra, a favore del conto SWLAMA, bonifico con
  valuta 24 giugno 1994;
          FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Royal Bank
  of Scotland.  Londra, a favore del conto BLAWOR, bonifico con
  valuta 24 giugno 1994;
          FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000),
  Liechtensteinsche Landesbank, Vaduz, a favore del conto
  396.085.04, bonifico con valuta 24 giugno 1994;
          FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000),
  Liechtensteinsche Landesbank, Vaduz, a favore del conto
  396.088.09, bonifico con valuta 24 giugno 94.
                           *  *  *
  3.  Vicende relative all'accreditamento di una parte della
  somma e modalità di introduzione in Italia del denaro.
     Il valore indiziario del pagamento di un'ingente somma di
  denaro a tre professionisti, senza una causale verificabile,
  meglio si comprende
 
                             Pag.26
 
  se si considerano le vicende relative al trasferimento di una
  parte di tali somme.
      Si deve ricordare che l'avv.  Pacifico, al momento
  dell'interrogatorio dopo il suo arresto per il reato di
  corruzione negò radicalmente di possedere conti correnti o
  depositi bancari in Svizzera.
      La circostanza è stata smentita documentalmente, ma è sin
  d'ora rilevante considerare il timore che aveva l'avv.
  Pacifico che si scoprissero sue disponibilità all'estero.
      Le indagini successivamente sviluppate hanno consentito
  di accertare, attraverso rogatorie, che una parte delle somme
  nella disponibilità di Pacifico sono rientrate in Italia negli
  anni 1994 e 1995: nel 1994 lire 4 miliardi e 492 milioni; nel
  1995 lire 6 miliardi e 650 milioni.
      La vicenda è descritta da BOSSERT ALFREDO, titolare di un
  ufficio cambi a Lugano (INTERCAMBI S.A.), nell'audizione del
  19 luglio 1996 davanti al Procuratore Generale della
  Confederazione Elvetica.
      BOSSERT ricorda di aver compiuto con Pacifico delle
  operazioni così strutturate.
      Pacifico faceva accreditare somme dalla Società Bancaria
  Ticinese di Bellinzona (prevalentemente) o dalla Società di
  Banca Svizzera in favore di conti correnti di proprietà di
  Bossert presso Allgemeine Bank, conto OKAPI, Panama, Chiasso,
  oppure presso la SBS di Lugano e due volte sulla Corner Banca
  di Lugano, conto Intercambi.
      Le somme pervenivano in lira/divisa (sistema di pagamento
  da banca a banca tramite telex o swift);  Bossert provvedeva al
  cambio in lira/contante e tramite corriere consegnava il
  denaro direttamente a Pacifico a Roma, esclusivamente a mani
  di lui, previ accordi telefonici.
      Bossert ha dimostrato documentalmente le operazioni
  effettuate: si registrano 18 trasferimenti nel 1994 e 23
  trasferimenti nel 1995 (si veda il prospetto consegnato dal
  legale di Bossert il 23 settembre 1996).
      Dalla rogatoria effettuata nei confronti di Abeltino
  Ettore si apprende, poi, dell'urgenza di Pacifico di avere a
  disposizione, agli inizi del 1994, una società per far
  confluire rilevanti importi, urgenza soddisfatta attraverso
  l'acquisizione della EMCO ai primi di marzo 1994 (il 31 marzo
  1994 vennero accreditati i 6 milioni provenienti da Pitara
  Trust) e la costituzione della CODAVA il 29 marzo 1994.
      Questi dati assumono valore indiziario poiché dimostrano,
  innanzitutto la volontà di Pacifico di evitare la
  riconducibilità alla sua persona di disponibilità patrimoniali
  all'estero; in secondo luogo è significativo che dalla Società
  Bancaria Ticinese di Bellinzona venga prelevata la quasi
  totalità delle somme in contanti (Bossert ricorda che si
  trattava sempre di banconote da lire 100.000 già usate che
  egli stesso prelevava dalle proprie casse di Intercambi)
  rientrate in ITALIA attraverso il meccanismo
  Bossert/spalloni.
      Per quanto riguarda gli altri coindagati, si rileva che i
  fondi accreditati ad Acampora sono rimasti depositati presso
  conti correnti di società di comodo all'uopo costituite e fino
  al mese di marzo 1996.
      Sono, poi, rientrate in Italia a pagamento
  dell'operazione di condono tributario chiesto dall'Acampora
  per la mancata fatturazione delle prestazioni asseritamente
  rese nella causa.
                           *  *  *
 
                             Pag.27
 
      Cesare PREVITI riceve il bonifico di 18.000.000 Frs. dal
  conto corrente Pitara Trust sul conto 136.183 ML - rif.
  Filippo con valuta 25 marzo 1994: lo stesso giorno risulta
  accreditata sul conto MERCIER presso la Darier Hentsch di
  Ginevra, il cui beneficiario economico è lo stesso PREVITI, la
  somma di 17.999.000 Frs proveniente dalla S.B.S. di Ginevra,
  rif.  Filippo (si veda annotazione di P.G. n. 9 del 1^
  settembre 1997 sulle movimentazioni successive).
                           *  *  *
  4.  La vicenda negoziale e processuale Rovelli
  (SIR)/I.M.I.
      Nella prospettazione della Pubblica accusa il pagamento
  della complessiva somma di 57.700.000 franchi svizzeri, pari -
  al giorno di accreditamento - a 66.789.541.000 di lire
  italiane è da collegarsi alla vicenda processuale che nel
  corso degli anni ha visto contrapporsi l'IMI-ISTITUTO
  MOBILIARE ITALIANO da una parte e l'ing.  NINO ROVELLI, e dopo
  la sua morte, gli eredi, dall'altra.
      Per verificare la fondatezza dell'ipotesi accusatoria
  occorre descrivere il complesso iter processuale che ha
  condotto alle decisioni in favore dei Rovelli.
                           *  *  *
      Prima, però, di ripercorrere le fasi procedimentali delle
  cause IMI/Rovelli si deve far cenno, sulla scorta degli atti
  ulteriormente acquisiti nel corso delle indagini, alle
  conoscenze della vicenda sostanziale che ha originato la
  vicenda processuale.
  a) la vicenda negoziale.
      I rapporti contrattuali con la SIR e l'ing.  Nino Rovelli,
  e la loro rilevanza non solo privatistica ma anche
  pubblicistica vengono descritti da uno dei protagonisti della
  vicenda, il prof. Piero Schlesinger, nelle sommarie
  informazioni rese, su delega del P.M., alla sezione di Polizia
  giudiziaria della Guardia di Finanza il 28 ottobre 1996.
      Così racconta la vicenda il prof. Schlesinger:
      "Agli inizi del 1979 il Ministro del tesoro, on.
  Pandolfi, convocò una riunione delle banche che erano
  maggiormente esposte nei confronti del gruppo Sir, tra cui il
  San Paolo di Torino, dr. Arcuti, la Comit, dr. Cingano, il
  Crediop, prof. Piga, l'Imi, dott. Cappon, il Banco di Napoli
  ed altri.  Per la Banca d'Italia erano presenti il Governatore
  e il dott. Ciampi, quale Direttore Generale.
      In questa riunione il Ministro fece presente
  l'opportunità di un intervento a sostegno del gruppo SIR,
  sottolineando che la legge 787/1978 aveva previsto la
  possibilità di un intervento delle banche tramite la
  costituzione di un Consorzio bancario, e che l'Imi aveva già
  predisposto un piano per l'attuazione di questo strumento per
  la SIR.  L'ing.  Cappon, in quell'occasione, mise in luce che
  era indispensabile, nel
 
                             Pag.28
 
  frattempo che si attivava il Consorzio, mettere della finanza
  fresca a disposizione delle casse smunte del Gruppo e, quindi,
  tutto il dibattito si concentrò subito su questo punto, stante
  il fatto che le banche erano restie a rischiare altro denaro.
  Si raggiunse un compromesso in base al quale le banche
  avrebbero dato qualcosa, ma chiedevano che il piano facesse
  rapidamente dei passi avanti e precisamente da un lato
  ottenesse l'approvazione formale del Governo (tramite il CIPI)
  e, dall'altro, che l'imprenditore mettesse a disposizione le
  azioni del Gruppo.  Da allora iniziò un lungo periodo di
  trattative sul punto con le banche che centellinavano i loro
  interventi, mentre si spingeva per avere l'approvazione del
  CIPI e il trasferimento delle azioni.  Il ministro Pandolfi,
  preso atto del mio interessamento alla vicenda e considerato
  che la Popolare di Milano, da me rappresentata, era la banca
  privata più esposta nei confronti del Gruppo Sir, pregò l'Imi
  e la Popolare di Milano - quindi Cappon e me - di coordinare
  l'intervento di tutte le banche.
      Tra marzo e aprile 1979, l'allora Ministro del Bilancio,
  prof. Visentini, nella sua qualità di Presidente del CIPI, ci
  comunicò che il piano IMI era stato approvato con alcune
  condizioni, tra cui quella, tassativa, che all'imprenditore
  (Rovelli) non dovesse essere data neanche una lira.
      Tra aprile e luglio 1979, Cappon ed io, ma soprattutto
  io, trattammo con l'ing.  Rovelli, che era assistito dal Prof.
  ARE, il trasferimento, per una lira simbolica, dell'intero
  Gruppo.  Rovelli insisteva nel dire che la crisi del Gruppo era
  dovuta solo ad una carenza di liquidità determinata da colpa
  delle banche che avevano ristretto i fidi, mentre dal punto di
  vista economico rivendicava un rilevante perdurante valore del
  Gruppo, confermato, a suo dire, dalla pregressa stima che su
  incarico dell'Imi aveva condotto la Kellog  (omissis). 
      Rappresentai la situazione al Ministro del Tesoro e
  con la sua approvazione elaborai un compromesso: il Gruppo
  doveva essere trasferito immediatamente senza alcun
  corrispettivo, ma si sarebbe fatto luogo successivamente ad
  una perizia da affidare ad una società di revisione di
  prestigio internazionale, per la valutazione dell'intero
  complesso.  Il riconoscimento che avrebbe quindi potuto
  successivamente avere luogo a favore del cedente non poteva
  però essere rappresentato da denaro, per non eludere la
  direttiva del CIPI, e perciò sarebbe stato riconosciuto al
  cedente, subordinatamente al successo dell'intervento di
  risanamento, esclusivamente mediante l'attribuzione di azioni
  del Consorzio e in nessun caso in misura superiore al 10 per
  cento.
      Rovelli non voleva firmare, ma ricordo un drammatico
  pomeriggio (17 luglio 1979) in cui da Milano, mentre era in
  corso la nostra riunione, i dirigenti gli comunicarono la
  decisione di scendere tutto il Gruppo in sciopero e bloccare
  completamente l'azienda se non si decideva a firmare.
      L'Ing.  Rovelli, piangendo, firmò.
      Il 18 luglio, Rovelli - o chi per lui - firmò per girata
  tutte le azioni della capogruppo, sebbene non si potesse fare
  ancora il trasferimento perché il Consorzio non era ancora
  costituito.  Le azioni erano già, in pegno, presso l'IMI.
  Sempre durante il 18 luglio, mi viene prospettato, all'IMI, un
  dubbio e cioè che la scrittura firmata potesse esporre a costi
  fiscali (di circa 100 miliardi) in quanto conteneva l'impegno
  di manlevare l'ing.  Rovelli da tutte le fideiussioni che lui
  aveva dato alle Banche.  Allora, in fretta e furia, si decise
  di stralciare dalla convenzione
 
                             Pag.29
 
  già firmata la sola clausola relativa alla manleva e di
  inserirla in una scrittura unilaterale separata.  Richiamammo
  Rovelli, e il 19 luglio firmò la seconda convenzione in tutto
  identica alla prima con la sola eccezione della manleva che fu
  inserita in una dichiarazione separata che firmammo soltanto
  Cappon ed io.  Anche i firmatari della seconda convenzione
  erano gli stessi e, cioè Rovelli, la Findus (FIND, n.d.r.),
  Cappon ed io.
      A settembre si è costituito il Consorzio, al quale
  aderirono quasi tutte le banche creditrici, alle quali
  ovviamente era stato ben spiegato quali erano gli accordi con
  la SIR.  L'intervento del Consorzio si dimostrò rapidamente
  insufficiente: il piano SIR per un verso si era basato sui
  dati di bilancio delle società del Gruppo che non erano
  affidabili e, per altro verso, era stato troppo ottimistico,
  anche perché era stato steso qualche mese prima e quindi prima
  del peggioramento, che avvenne nel corso del 1979, del mercato
  petrolifero.
      Io assunsi la presidenza del Consorzio bancario e portai
  al Consiglio d'amministrazione del Consorzio la convenzione
  con Rovelli per sottoporla a ratifica.  In quella sede furono
  sollevate molte obiezioni, in quanto in sostanza si disse che
  il gruppo ceduto era in condizioni peggiori di quanto appariva
  e quindi venne rinviata ogni decisione sulla ratifica.  Nel
  1980, continuando a peggiorare le condizioni del gruppo,
  nonostante gli interventi di finanza fresca fatta dal
  Consorzio, sollecitati il ministro Pandolfi a studiare un
  ulteriore intervento.  Nel corso del 1980, il parlamento
  approvò una legge per un intervento straordinario che dotò di
  250 miliardi circa un apposito Comitato d'intervento di cui fu
  nominato Presidente il Consigliere di Stato, dott. Ruoppolo
  che è ancora in funzione.  Di fatto, da quella data in poi, il
  Comitato sostituì ed assorbì il Consorzio, riuscendo nel
  compito di lentamente risanare il Gruppo, sia pure con delle
  importanti cessioni all'Eni.  Peraltro, questo Comitato stipulò
  nel 1985 una transazione con il Rovelli, con la quale mentre
  si rinunciava a qualsiasi iniziativa contro gli esponenti del
  Gruppo SIR compreso ogni eventuale falso in bilancio, si
  lasciò libero Rovelli di proseguire qualsiasi iniziativa
  giudiziaria contro l'IMI.  Nel frattempo, peraltro, io,
  diventato nel gennaio 1980, Presidente dell'IMI nel luglio
  dello stesso anno 1980 mi sono dimesso sia dall'IMI che dal
  Consorzio e quindi non ho più avuto alcuna posizione ufficiale
  in tutta la vicenda".
      D. In tali trattative da chi era affiancato?
      R. Formalmente l'unico con cui io dovevo concordare le
  mosse era l'ing.  Cappon, quale presidente dell'IMI.
      D. Cappon, in quale veste agiva?
      R. Cappon, formalmente, come me, era una persona fisica
  che aveva avuto l'incarico di negoziare con Rovelli.
  Sostanzialmente, so che sottopose sempre al CdA dell'IMI tutti
  i passaggi della trattativa, ricevendone sempre integrale
  approvazione  (omissis). 
      D. Quali erano le premesse del piano di
  risanamento?
      R. Le premesse erano date dai bilanci del Gruppo SIR e
  dalla stima della Kellog, eseguita su mandato dell'IMI a
  cavallo dei lavori preparatori della legge 787.
      D. In queste "premesse" era ricompresa anche la
  possibilità di sollevare il Rovelli dalle responsabilità per
  le fideiussioni rilasciate?
 
                             Pag.30
 
      R. Non se ne parlava proprio.  Il piano era semplicemente
  l'enunciazione degli interventi finanziari e industriali
  necessari per arrivare al risanamento del Gruppo.
      D. Quale periodo abbracciava il piano di risanamento?
      R. Mi pare di ricordare almeno un quinquennio.
      D. A chi si riferisce quando dice che tali premesse erano
  note a "tutti" e da "tutti" approvate?
      R. Mi riferisco ai soggetti che ho innanzi citato, perché
  in questa vicenda, per la parte che mi riguarda, non è mai
  esistito alcunché di riservato e non esiste un dato o un
  elemento di cui le persone che ho citato non siano state a
  perfetta conoscenza.
      D. Per quale ragione l'opera di salvataggio non
  riuscì?
      R. Come ho già ricordato, le cause dell'insuccesso del
  Consorzio sono state costituite, a mio avviso, da un lato
  dalla sottostima del fabbisogno, con specifico riferimento ai
  bilanci, e dall'altro dal peggioramento delle situazioni di
  mercato.
      D. Una volta che la situazione SIR è emersa in tutta la
  sua gravità, quali provvedimenti furono adottati?
      R. Sollecitai, sempre verbalmente, al ministro Pandolfi
  iniziative per la Sir da un lato e per l'IMI e il Crediop
  dall'altro.  Il ministro Pandolfi se ne fece carico e riuscì a
  fare approvare dal Parlamento le misure necessarie, per
  entrambi i versanti, nel corso del 1980.
      D. Come era composto questo Comitato di intervento SIR e
  quali erano i poteri attribuitigli?
      R. Il Comitato d'intervento rispondeva solo al Governo ed
  era composto da tre membri, il cui Presidente era ed è il
  dott. Ruoppolo.
      D. Per quale motivo non fu effettuata la "stima" del
  complesso ceduto dal Rovelli, previsto dagli accordi?
      R. In un primo tempo, il CdA del Consorzio - in cui erano
  rappresentate sostanzialmente tutte le banche - prese tempo
  stante l'aggravarsi della situazione.  Successivamente mi
  dimisi e quindi non so più perché.
      D. Chi prese il suo posto al Consorzio?
      R. Non me lo ricordo, ma è facile da accertare perché
  anche il Consorzio esiste tuttora.
      D. Da chi fu accertata la falsità dei bilanci che avevano
  ingannato il Consorzio?
      R. Da nessuno, perché non fu mai presentata da nessuno
  una denuncia per accertare che i bilanci erano falsi e quando
  l'IMI si è difesa, in giudizio, sostenendo la falsità dei
  bilanci, i giudici hanno risposto che questa falsità non
  risultava da nessuna parte.
      D. Perché non fu fatta regolare denuncia?
 
                             Pag.31
 
      R. Andai via molto presto.  Se fossi rimasto certamente
  avrei chiesto accertamenti sui bilanci relativi agli anni
  precedenti di tutto il Gruppo SIR.  Ignoro perché poi la
  denuncia non sia stata fatta successivamente.
  (omissis)
      La convenzione di cui si parla (in realtà si parla di due
  convenzioni stipulate in data 17 e 19 luglio 1979) fu
  stipulata tra il prof. SCHLESINGER e l'ing.  CAPPON, da un
  lato, e l'ing.  ROVELLI e la PLENIT SpA, dall'altro.  Il prof.
  SCHLESINGER e l'ing.  CAPPON avevano sottoscritto la
  convenzione nelle rispettive qualità di presidente del
  costituendo Consorzio per la SIR e di presidente dell'IMI,
  precisando che entrambi  "agiscono per conto e
  nell'interesse del costituendo Consorzio per il risanamento
  del Gruppo SIR-Rumianca", mentre l'ing.  ROVELLI agiva "in
  proprio ed in qualità di Amministratore unico della FIND
  SpA".
      Per la parte che qui interessa, così recita:
      "Premesso che il Costituendo Consorzio intende
  intervenire nel Gruppo SIR-Rumianca, ai sensi della legge 5
  dicembre 1978, n. 787, per l'attuazione del piano già
  predisposto per conto del detto Consorzio dall'Istituto
  Mobiliare Italiano... si conviene e si stabilisce...:
          4) Gli Azionisti  (intendendosi per tali l'ing.
  Rovelli, la FIND SpA e la PLENIT SpA),  unitariamente
  rappresentati da FIND SpA o suo designato, cui gli interessati
  hanno attribuito il ruolo di unico soggetto legittimato a
  rappresentare l'intero Gruppo, concorreranno con la Holding ad
  affidare a primaria Società internazionale di revisione, che
  sarà designata dalla Società consortile nella rosa dei
  seguenti quattro nomi..., un mandato congiunto irrevocabile,
  da svolgersi in contraddittorio tra le due parti, che potranno
  perciò farsi assistere da tecnici di loro fiducia, con il
  compito:  a)  di provvedere alla revisione dei bilanci di
  tutte le società del Gruppo in modo da giungere a determinare
  il patrimonio netto contabile positivo o negativo di ciascuna
  Società alla data dell'intervento della Società consortile o a
  quella più prossima;  b)  di provvedere alla erezione di
  un bilancio consolidato del Gruppo, evidenziando il patrimonio
  netto contabile positivo o negativo) dell'intero Gruppo;  c)
  di accertare... l'esistenza di eventuali plusvalenze,
  rispetto ai valori di libro post-revisione, negli immobilizzi
  tecnici del Gruppo, esclusi gli impianti che il piano di
  risanamento prevede debbano essere sospesi e che tali in
  effetti siano rimasti.
      L'accertamento dovrà essere condotto tenendo conto non
  solo dell'astratto valore patrimoniale degli impianti da
  valutare, ma anche delle effettive possibilità di reddito
  desumibili dalle prospettive di evoluzione dei mercati e
  dell'efficienza (tecnologica, organizzativa e commerciale)
  dell'impresa, evitando peraltro di uniformarsi all'attuale
  situazione di crisi e riferendosi a situazioni di
  normalità...;  d)  di comunicare alle parti, come momento
  finale del suo mandato, il risultato della somma algebrica del
  patrimonio netto consolidato contabile e delle plusvalenze o
  minusvalenze accertate ai sensi della precedente lettera
  c)...  Le conclusioni cui perverrà la Società mandataria
 
                             Pag.32
 
  saranno vincolanti per le parti ed insuscettibili di
  contestazione per qualsivoglia causa o ragione.
          5) Qualora il risultato finale dei calcoli di cui sub
  4) sia positivo, il relativo valore sarà accreditato agli
  "Azionisti" in proporzione al valore nominale dei titoli da
  essi rispettivamente ceduti.  Tale credito non potrà essere
  utilizzato che per sottoscrivere aumenti di capitale della
  Holding per corrispondente ammontare, che la Holding sarà
  tenuta a deliberare.
      Il valore finale di cui sopra non potrà essere
  accreditato a favore degli "Azionisti" se non entro il limite
  massimo del 10 per cento del capitale della Holding di 700
  miliardi maggiorato dell'aumento di cui al comma precedente,
  qualora tale capitale fosse diminuito per perdite, il limite
  massimo del 10 per cento verrà calcolato sul capitale residuo
  maggiorato delle plusvalenze accertate dalla mandataria sempre
  fermo il limite massimo di cui sopra.  Qualora invece il
  capitale di 700 miliardi fosse stato ridotto mediante
  rimborsi, il limite massimo del 10 per cento verrà calcolato
  ugualmente su un capitale di 700 miliardi con le maggiorazioni
  di cui sopra.
          6) Nel caso che il risultato di cui al mandato
  descritto al precedente articolo 4) fosse superiore al tetto
  massimo di cui sopra, il relativo valore sarà riconosciuto
  agli "Azionisti" alla condizione e nel momento in cui, a
  giudizio della stessa Società mandataria di cui al precedente
  articolo 4), l'intervento consortile risulti giunto comunque a
  termine senza perdite sul capitale apportato e sui crediti con
  i relativi interessi per gli Istituti e per le Aziende di
  credito intervenute.  In tal caso si procederà,
  alternativamente a scelta del Consorzio, mediante aumento di
  capitale a norma dell'articolo 5), comma 1, o soluzione in
  denaro come previsto all'articolo 8).
          7)...
          8) Il Consorzio potrà procedere ad alienazione totale
  o parziale delle azioni della Holding anche prima che sia
  conclusa la valutazione di cui al precedente articolo 4),
  senza che agli "Azionisti" competa facoltà alcuna di
  intervenire, sia per quanto riguarda l'opportunità della
  cessione, che per quanto concerne la congruità del prezzo.
  Tuttavia in tal caso il Consorzio sarà obbligato o a far
  subentrare l'acquirente negli impegni derivanti dai presenti
  accordi, ovvero, a sua insindacabile scelta, a versare in
  denaro l'eventuale somma che il mandatario di cui all'articolo
  4 dovesse dichiarare dovuta, sempre entro i limiti fissati
  dall'articolo 5 e 6.
          ..........
          14) Il Consorzio, una volta costituito, ratificherà
  la presente convenzione".
                           *  *  *
  b) la vicenda processuale.
 
      La vicenda contrattuale ha dato origine ad una lunga e
  complessa vicenda processuale, ampiamente ripercorsa nella
  nota della sezione di
 
                             Pag.33
 
  P.G. della Guardia di Finanza di data 9 dicembre 1996,
  allegata in atti, e sinteticamente esposta nella sentenza n.
  7802/93 con la quale la Prima Sezione Civile della Corte di
  Cassazione ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto
  dall'I.M.I.
      Si legge in questa sentenza:
        "Con atto di citazione notificato il dì 11 marzo
  1982 l'Ing.  Nino Rovelli conveniva davanti al Tribunale di
  Roma l'Istituto Mobiliare Italiano (I.M.I.) e, precisato:
        che il 17 luglio 1979 era stata stipulata una
  convenzione tra le società per azioni Find e Plenit nonché
  l'Ing.  Nino Rovelli (a titolo personale a seguito di
  convenzione ripetitiva e parzialmente integrativa in data 19
  luglio 1979), da una parte, e dall'altra parte il prof. Piero
  Schlesinger, nella veste dichiarata di presidente designato di
  un costituendo consorzio bancario ai sensi della legge n.
  787/78, nonché l'Istituto Mobiliare Italiano in persona del
  suo presidente Ing. Giorgio Cappon, entrambi agenti per conto
  e nell'interesse del costituendo consorzio, con le modalità
  previste dalla citata Legge n. 787/78 e per il conseguimento
  dello scopo di risanamento delle società del Gruppo
  SIR-Rumianca, scopo coerente col fine indicato dalla legge
  stessa;
        che l'attore e le società Find e Plenit avevano
  partecipato all'accordo al fine dichiarato di agevolare
  l'attuazione di un piano di risanamento delle società del
  Gruppo SIR-Rumianca, piano già predisposto dallo I.M.I. ed
  approvato dal C.I.P.I.;
        che esso attore e le società Find e Plenit avevano dato
  immediata e completa attuazione agli impegni assunti mentre il
  consorzio, una volta costituito, non aveva ratificato la
  convenzione e si era rifiutato di sollevare l'Ing.  Nino
  Rovelli dalle iniziative giudiziarie di terzi (a fronte di
  fideiussioni che egli aveva dato a favore delle banche
  creditrici delle società del Gruppo SIR-Rumianca), ed inoltre
  non aveva dato corso all'ulteriore impegno, assunto per il
  consorzio in allora non ancora costituito, dallo IMI e dal
  Prof. Schlesinger, di accertare con l'ausilio di
  organizzazioni di analisi contabili la consistenza
  patrimoniale del Gruppo SIR-Rumianca;
        tanto premesso, l'attore formulava le seguenti
  domande:
          I) dichiarare la responsabilità dello IMI ai sensi
  dell'articolo 2331 c.c. per le obbligazioni assunte nelle
  convenzioni 17 e 19 luglio 1979, come sopra indicate;
          II) dichiarare lo IMI tenuto a sollevarlo da ogni
  richiesta già proposta, o proponibile in seguito, da un
  qualsiasi terzo garantito in conseguenza delle fideiussioni
  che l'Ing.  Rovelli aveva rilasciato per le esposizioni verso
  banche delle società del Gruppo SIR-Rumianca;
          III) condannare lo IMI, siccome inadempiente alle
  citate convenzioni, al risarcimento dei danni per ciò
  provocati;
          IV) riconoscere il diritto dell'Ing.  Rovelli
  all'accertamento dell'eventuale valore positivo delle azioni
  cedute, in coerenza con l'articolo 4 della convenzione, e la
  condanna conseguente dello IMI al pagamento del valore
  accertato in base all'articolo 5 della medesima convenzione,
 
                             Pag.34
 
  attesa l'impossibilità di utilizzo delle azioni stesse per la
  destinazione prevista nella convenzione o, in via di
  subordine, la condanna al pagamento della medesima somma a
  titolo di risarcimento, con interessi e rivalutazione
  monetaria.
      All'atto della precisazione delle conclusioni veniva
  chiesto che la liquidazione avvenisse in corso di causa e non
  in separato giudizio (come inizialmente domandato).
      Instaurato il contraddittorio e contestata la lite,
  l'Istituto Mobiliare Italiano chiedeva il rigetto di tutte le
  domande proposte nei suoi confronti, previa eccezione della
  propria carenza di legittimazione passiva, sostenendo che
  l'Ing.  Cappon aveva agito a titolo personale e non quale
  presidente della IMI (tesi respinta nella sentenza di primo e
  di II grado e non più riproposta in prosieguo).
      All'udienza del 24 gennaio 1983 interveniva in causa la
  s.r.l. (già s.p.a.) Find, assumendo posizione adesiva alle
  domande dell'ing.  Nino Rovelli e chiedendo l'estensione nei
  suoi confronti degli effetti della pronuncia.
      Il Tribunale di Roma emetteva in data 31 ottobre 1986
  sentenza non definitiva limitatamente allo "an debeatur",
  nella quale, ritenuto ammissibile l'intervento della s.r.l.
  Find (qualificato intervento adesivo autonomo), e rigettata
  l'eccezione di carenza di legittimazione da parte dello
  I.M.I., condannava lo I.M.I. stesso al risarcimento dei danni
  subiti dall'Ing.  Rovelli per l'inadempimento all'impegno della
  lettera 19 luglio 1979 (liberazione dalle esecuzioni per
  garanzie concesse dal Rovelli), nonché al risarcimento dei
  danni subiti e dall'Ing.  Rovelli e dalla soc. Find per
  l'inadempimento della clausola n. 4 della convenzione (impegno
  di accertare la consistenza patrimoniale del Gruppo
  Sir-Rumianca, secondo modalità espressamente previste), danni
  da liquidarsi nel prosieguo del giudizio, disposto con
  separata ordinanza.
      Sull'appello proposto dallo IMI con citazione notificata
  il 7 aprile 1987 e nel contraddittorio dell'Ing.  Nino Rovelli
  e della Find, la Corte d'appello di Roma pronunciava con
  sentenza 26 aprile 1988 con cui dava integrale conferma alla
  decisione di I grado.
      Avverso detta sentenza propose ricorso per Cassazione lo
  I.M.I. deducendo sei mezzi; nella resistenza dell'Ing.  Nino
  Rovelli e della Find, la Corte di Cassazione, pronunciando con
  sentenza n. 3228/89, dava accoglimento al primo motivo di
  ricorso e dichiarava assorbiti gli altri, cassando l'impugnata
  decisione e rinviando ad altra sezione della Corte d'Appello
  di Roma.
      Contemporaneamente allo svolgersi della vicenda
  processuale ora delineata, dopo la sentenza non definitiva di
  primo grado il procedimento era continuato sul quantum, avendo
  come presupposto la linea logica già tracciata dalla sentenza
  non definitiva del Tribunale di Roma, così che, con sentenza
  13 maggio 1989, il Tribunale di Roma condannava lo IMI al
  pagamento in favore dell'Ing.  Nino Rovelli della somma di lire
  750 miliardi a titolo di risarcimento dei danni per
  inadempimento delle clausole economiche della convenzione
  (somma comprensiva della rivalutazione dal luglio 1980), oltre
  agli interessi al tasso legale sull'intera somma rivalutata,
  con decorrenza dal luglio 1979; condannava, inoltre, lo IMI a
  pagare all'Ing.  Nino Rovelli la somma ulteriore di lire 21,1
  miliardi, con gli interessi legali dal 9 gennaio 1985, quale
  risarcimento del danno nella cessione dei titoli
  obbligazionari al portatore effettuato
 
                             Pag.35
 
  dall'Ing.  Rovelli al Comitato di Intervento nella SIR a
  seguito di accordo transattivo stipulato nel 1985.
      Avverso detta sentenza proponeva appello l'Ing.  Rovelli e
  la Find; proponeva anche appello incidentale lo I.M.I. il
  quale sosteneva la nullità della sentenza del Tribunale a
  seguito e per effetto della cassazione di quella sullo "an
  debeatur" da parte di questa Corte; in subordine chiedeva la
  riforma della sentenza impugnata ed il rigetto di tutte le
  domande proposte dall'Ing.  Nino Rovelli; in ogni caso
  sosteneva l'inammissibilità dell'appello proposto dall'Ing.
  Rovelli e dalla Find.
      Le due cause (il giudizio rescissorio e la procedura di
  appello contro la sentenza del Tribunale di Roma sul "quantum
  debeatur"), assegnate alla stessa sezione della Corte
  d'appello di Roma ed allo stesso istruttore, procedevano
  separatamente, ma parallelamente, tanto che all'udienza del 30
  maggio 1990 venivano precisate separate conclusioni
  contestuali.
      Con la sentenza 4809/90 (oggetto dell'odierno ricorso) in
  data 26 novembre 1990, la Corte d 'Appello di Roma riuniva i
  due procedimenti e pronunciando su di essi unica sentenza
  sullo "an" e sul "quantum debeatur", rigettava l'appello
  contro la sentenza non definitiva del 31 ottobre 1986; dava
  accoglimento per quanto di ragione all'appello principale
  dell'Ing.  Rovelli e della s.r.l. Find avverso la sentenza 13
  maggio 1989; dava accoglimento, altresì, per quanto di ragione
  all'appello incidentale dello IMI;
        inoltre, in parziale riforma della sentenza impugnata,
  condannava lo I.M.I. al pagamento, a favore dello Ing. Rovelli
  e della s.r.l. Find, in via tra di loro solidale, della somma
  di lire 500 miliardi (già rivalutata), con gli interessi al
  tasso legale dal luglio 1980 fino all'effettivo soddisfo,
  nonché al pagamento in favore dello stesso Ing. Rovelli
  dell'ulteriore somma di lire 28.485.000.000 con gli interessi
  al tasso legale dal 9 gennaio 1985 fino all'effettivo
  soddisfo; condannava, infine, lo I.M.I. al pagamento delle
  spese processuali, confermando nel resto l'impugnata
  sentenza.
      Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione
  lo I.M.I. deducendo otto motivi, integrati da memoria; si
  costituivano con controricorso, integrato da memoria, la s.r.l
  (già s.p.a.) FIND, nonché la sig.ra Primarosa Battistella,
  quale erede dell'Ing.  Nino Rovelli; si costituiva, inoltre,
  con autonomo controricorso l'Ing.  Felice Rovelli, figlio
  dell'Ing.  Nino Rovelli.
      All'udienza del giorno 29 gennaio 1992, la difesa degli
  eredi Rovelli (Avv.  Michele Giorgianni, cui si è associato
  l'Avv.  Mario Are), a discussione aperta, sollevava eccezione
  di improcedibilità del ricorso, per essersi verificata
  l'ipotesi prevista dall'articolo 3692 n. 3 c.p.c. che sanziona
  di improcedibilità il ricorso per cassazione al cui deposito
  non acceda nel termine di legge (venti giorni dalla
  notificazione del ricorso) quello della procura speciale,
  quando sia conferita con atto separato, come nel caso di
  specie, secondo le indicazioni esistenti nell'epigrafe del
  ricorso per cassazione.
      Parte ricorrente, presentava note sottoscritte dai tre
  avvocati presenti all'udienza, nelle quali si affermava, tra
  l'altro, che la procura indicata nell'epigrafe del ricorso era
  stata regolarmente rilasciata per autentica notar Mario Lupi
  di Roma in data 6 dicembre 1990 (anteriore alla prima
 
                             Pag.36
 
  notifica del ricorso) ed era stata regolarmente depositata
  insieme al ricorso, alla copia della sentenza impugnata ed ai
  fascicoli dei precedenti gradi di giudizio.
      La Corte, con ordinanza in data 30 gennaio 1992,
  depositata il successivo giorno 12 febbraio 1992, sospendeva
  il giudizio rimettendo alla Corte Costituzionale la questione
  della legittimità dell'articolo 3692 n. 3 c.p.c. in relazione
  agli articoli 3 e 24 della Costituzione della Repubblica,
  questione che sollevava d'ufficio ritenendola non
  manifestamente infondata, dopo avere inoltre ritenuto
  rilevante in causa la questione, dipendendo dalla sua
  soluzione, alternativamente, l'applicazione della sanzione
  dell'improcedibilità per la mancata prova del rituale deposito
  della procura speciale, ovvero l'esame del merito del ricorso
  previa regolarizzazione della situazione ad opera della parte
  spontaneamente ex articolo 372 c.p.c., ovvero previa
  concessione di termine ex articolo 182 c.p.c.
      La Corte Costituzionale, con sentenza 10 novembre-24
  novembre 1992, dichiarava l'inammissibilità della questione di
  legittimità costituzionale proposta.
      Cessata la causa di sospensione, veniva fissata nuova
  udienza per il giorno 25 marzo 1993, poi differita al giorno
  27 maggio 1993 in cui si svolgeva trattazione sia sulle
  questioni pregiudiziali, sia sul merito del ricorso.
      In occasione delle predette udienze entrambe le parti
  avevano presentato memorie (due memorie per parte).
      Nelle forme dell'articolo 372 c.p.c., inoltre, entrambe
  le parti avevano depositato documenti prima dell'udienza del
  27 maggio 93.
      In particolare, parte ricorrente aveva depositato:
        1) procura speciale per autentica Notar Mario Lupi di
  Roma, datata 4 dicembre 1990, concernente ricorso per
  cassazione avverso una sentenza della Corte d'appello di Roma
  tra le stesse parti, sentenza avente la stessa data di quella
  oggetto del presente ricorso, ma con un numero diverso;
        2) fotocopia di procura speciale con fotocopia di
  autentica del Notaio Mario Lupi in data 6 dicembre 1990 in cui
  appariva il numero di repertorio 24368 unitamente ad
  attestazione in originale del notaio il quale dichiarava di
  riconoscere nella fotocopia la propria firma di autentica;
        3) fotocopia autenticata del foglio di repertorio del
  notaio Mario Lupi contenente il numero 24368;
        4) copie della denuncia datata 30 gennaio 1992 alla
  Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma proposta
  dal presidente dello I.M.I., della richiesta di archiviazione;
  della requisitoria del Sostituto Procuratore Generale datata
  31 ottobre 1992; di certificazione relativa alla pronuncia
  della Corte di cassazione in sede penale, contro il decreto
  del G.I.P.
      Per parte eredi Rovelli, sempre nella forme dell'articolo
  372 c.p.c., veniva prodotta copia della sentenza di cassazione
  in sede penale.
      Nelle more della stesura della sentenza, con anonimo
  diretto al Presidente della Corte Suprema di Cassazione
  (trasmesso tramite il
 
                             Pag.37
 
  Presidente di Sezione al presidente del Collegio), era
  pervenuta in originale la procura 6 dicembre 1990 per
  autentica Notar Mario Lupi.  Di detta procura, di cui il
  collegio convocato ad hoc  prendeva visione (costituita
  da due sole facciate, in parte strappate e tagliate ai
  margini), veniva disposto l'invio in fotocopia alla Procura
  della Repubblica presso il Tribunale di Roma, mentre il
  collegio con provvedimento in data 8 giugno 1993 non estraneo
  all'ordinamento giuridico, ancorché non singolarmente previsto
  nel giudizio di cassazione (articolo 197 c.p.c.), ritenuta
  l'opportunità che le parte fossero informate della nuova
  situazione e potessero dare chiarimenti ed esprimere la loro
  opinione, convocava i difensori delle parti stesse in camera
  di consiglio per il giorno 8 luglio 1993".
                           *  *  *
      La vicenda processuale non si è esaurita con la sentenza
  n. 7802/93 della Prima Sezione civile della Corte di
  Cassazione.  Sono stati infatti proposti separati ricorsi
  dall'IMI per la sospensione dell'esecuzione della sentenza
  della Corte d'Appello, e dal Ministero del Tesoro in sede di
  opposizione di terzo per la medesima sospensione con i
  seguenti esiti:
        con ordinanza del 28 dicembre 1993, la Corte d'Appello
  di Roma, Sezione I Civile, ha respinto il ricorso dell'IMI
  sulla sospensione dell'esecuzione della sentenza n. 4809/90
  emessa dalla Corte d'Appello di Roma in data 10 ottobre-26
  novembre 1990;
        con altra ordinanza del 28 dicembre 1993, la Corte
  d'Appello di Roma, I Sezione Civile, ha respinto anche
  l'opposizione di terzo prospettata dal Ministero del Tesoro
  sulla sospensione della sentenza n. 4809/90 emessa dalla Corte
  d'Appello di Roma.
      L'IMI ha ancora agito nei confronti del Consorzio
  Bancario SIR in liquidazione spa "a titolo di rivalsa,
  regresso e garanzia":
        con sentenza n. 13411 del 22 maggio 1996 (depositata in
  cancelleria in data 21 settembre 1996), il Tribunale Civile di
  Roma, Sezione Seconda - ha rigettato la domanda.
      Da ultimo l'IMI ha proposto ricorso per revocazione
  contro la sentenza n. 7802/93 della Corte di Cassazione e per
  l'annullamento della sentenza della Corte d'Appello di Roma n.
  4809/90 del 26 novembre 1990 (si veda copia del ricorso
  trasmesso dall'avv.  Chiaraviglio al P.M. e pervenuto a questo
  G.I.P. con lettera del 20 gennaio 1997, dal quale ricorso si
  apprende che altro ricorso per revocazione è stato presentato
  in precedenza e rubricato sotto il numero 11193/93).
      Alla vicenda processualcivilistica si è accompagnata,
  dopo il 29 gennaio 1992 altra vicenda in sede penale.
      Infatti, la mancanza, nel fascicolo di parte dell'I.M.I.,
  della procura speciale  ad litem,  dedotta dalla difesa
  ROVELLI nell'udienza del 29 gennaio 1992, originava un
  procedimento penale.
      La vicenda è compiutamente descritta nell'ordinanza del
  G.I.P. Tribunale di Roma 13 maggio 1996, allegata dal P.M. ed
  alla quale si rinvia, riportando di seguito solo una breve
  sintesi.
 
                             Pag.38
 
      In data 30 gennaio 1992, Luigi ARCUTI, presidente
  dell'I.M.I., presentava querela contro ignoti, per il reato di
  cui all'articolo 490 c.p.
      In data 24 aprile 1992, il P.M., all'esito delle
  indagini, chiedeva al G.I.P. l'archiviazione del procedimento,
  per essere ignoti gli autori del fatto.  Il G.I.P., con
  ordinanza del 13 luglio 1992, disponeva l'archiviazione per
  infondatezza della notizia di reato.
      In data 15 gennaio 1994 (1^ aprile 1993), la Corte di
  Cassazione, Quinta Sezione Penale, annullava con rinvio il
  provvedimento d'archiviazione del G.I.P. Tribunale di Roma.
      In data 1^ giugno 1993 perveniva, con anonimo, al Primo
  Presidente della Corte di Cassazione, in originale, la procura
  speciale IMI.  Gli atti venivano trasmessi alla Procura della
  Repubblica in data 8 giugno 1993 e, a seguito di altra
  denuncia/querela presentata da Luigi ARCUTI, il 10 giugno
  1993, venivano riuniti agli atti del procedimento penale già
  in corso.
      L'1 dicembre 1993 Luigi ARCUTI proponeva al P.M. istanza
  per "una azione cautelativa" sulla somma di lire
  972.144.103.320 intimata all'I.M.I. con atto di precetto 19
  novembre 1993 notificato assieme alla sentenza della Corte
  d'Appello di Roma n. 4809/96, divenuta esecutiva.  Con
  provvedimento del 22 dicembre 1993 l'istanza veniva
  respinta.
      Quindi, con ordinanza GIP del Tribunale di Roma del 31
  gennaio 1994 a seguito di udienza camerale in contraddittorio
  con l'I.M.I., opponente, gli atti venivano restituiti al P.M.
  per ulteriori indagini.
      Il 20 luglio 1994 il PM, all'esito delle indagini,
  reiterava la richiesta di archiviazione per essere ignoti gli
  autori del fatto in relazione al falso per soppressione
  denunciato dall'I.M.I., ed ex articolo 408 c.p.p. nei
  confronti dei difensori nel processo civile dell'I.M.I., per
  le ipotesi di reato,  medio tempore,  loro rubricate.  Con
  ordinanza GIP Tribunale di Roma del 19 gennaio 1995 in
  contraddittorio con l'opponente I.M.I., veniva disposta
  l'archiviazione delle ipotesi di reato rubricate a carico dei
  difensori nella causa civile dell'I.M.I. e restituiti gli atti
  al P.M. per il completamento delle indagini già disposte, non
  interamente effettuate, in ordine al falso per soppressione a
  carico di ignoti.
      In data 8 maggio 1995 il PM, all'esito delle indagini,
  reiterava la richiesta di archiviazione per l'ipotesi del
  falso per soppressione per essere rimasti ignoti gli autori
  del fatto.
      Il GIP in data 13 maggio 1996, disponeva l'archiviazione
  del procedimento relativo al falso per soppressione.
      Neppure questa vicenda, però può dirsi conclusa: il 15
  gennaio 1997 la Corte di Cassazione, sezione I, pronunciandosi
  sul ricorso (n. 23124/96 R.G.) proposto da Arcuti Luigi in
  data 21 giugno 1996 avverso il decreto di archiviazione del
  G.I.P. del Tribunale di Roma di data 13 maggio 1996 (n.
  7267/94) cosi ha deliberato: "annulla l'ordinanza impugnata e
  rinvia al G.I.P. del Tribunale di Roma per nuova
  deliberazione" (si veda copia del tabulato della Corte di
  Cassazione prodotta dall'avv.  Chiaraviglio in data 17 gennaio
  1997 e trasmessa a questo G.I.P. in data 20 gennaio.
      Gli atti relativi a tale vicenda sono stati nel frattempo
  trasmessi alla Procura della Repubblica di Milano.
                           *  *  *
 
                             Pag.39
 
      Si è fornito ampio resoconto della vicenda processuale
  per mettere in evidenza la problematica sottostante alle
  ipotesi di reato contestate e la progressione nel tempo delle
  vicende che hanno portato alla liquidazione del risarcimento a
  favore della parte Rovelli.
      La cronologia degli avvenimenti assume particolare
  rilievo, nella prospettiva accusatoria, se posta in relazione
  con la frequenza di contatti tra gli indagati.
  5.  Rapporti e contatti fra gli indagati.
      Le indagini sviluppate dal Pubblico Ministero e dagli
  organi di Polizia Giudiziaria mettono, infatti, in evidenza
  una serie di contatti telefonici e di incontri che assume
  valore indiziario grave in ragione dei seguenti indici:
        numero;
        frequenza;
        coincidenza con gli avvenimenti di causa;
        natura dei rapporti tra gli indagati.
      In occasione della perquisizione svolta nei confronti di
  PACIFICO ATTILIO il 12 marzo 1996 sono state sequestrate
  agende e block notes contenenti appunti vari: appuntamenti,
  annotazioni riguardanti chiamate per l'avv.  Pacifico,
  annotazioni varie.
      Elaborando tutti questi dati alla luce delle conoscenze
  progressivamente acquisite è stato possibile individuare,
  attraverso l'identificazione delle utenze telefoniche in uso
  agli indagati, una serie di contatti di cui si dà conto nel
  prosieguo.
      Prima di indicare i dati elaborati nel corso delle
  indagini è necessario chiarire la natura dei rapporti tra gli
  indagati, cosi da poter procedere ad una lettura critica degli
  stessi dati.
  Natura dei rapporti tra gli indagati.
      I contatti intercorsi tra Felice ROVELLI e gli avvocati
  PREVITI, ACAMPORA e PACIFICO, se considerati per sé soli,
  sarebbero suscettibili di più spiegazioni, quali per esempio
  l'esistenza di rapporti di amicizia ovvero rapporti di tipo
  professionale.
      Viceversa tali contatti assumono una particolare
  connotazione qualora vengano messi in relazione con altri
  elementi di fatto quali, ad esempio, i passaggi salienti
  relativi allo svolgimento della controversia IMI I SIR.
  Esclusione di rapporti di amicizia.
      Si può escludere che i rapporti tra Felice ROVELLI e gli
  indagati fossero di natura amicale.
 
                             Pag.40
 
      Un rapporto di amicizia è escluso dallo stesso ROVELLI
  che ha dichiarato di aver conosciuto PREVITI ed ACAMPORA dopo
  la morte del padre e solo in relazione al pagamento delle
  somme sopra specificate, senza peraltro ricondurle alla
  vicenda giudiziaria in esame.
      Altrettanto ha dichiarato in relazione al rapporto con
  PACIFICO circoscrivendolo, nel primo interrogatorio, ad
  incontri finalizzati soltanto a conoscere lo stato della causa
  giudiziaria in vista del pagamento delle somme dovute
  all'avvocato, attesa la dilazione richiesta dai ROVELLI.  Nel
  secondo interrogatorio, a seguito delle contestazioni
  dell'Ufficio del P.M. ed a giustificazione dei numerosi
  contratti con PACIFICO, ROVELLI dichiarava che gli stessi
  erano dovuti a mere "consultazioni" per la vicenda IMI/SIR,
  escludendo comunque in modo categorico che la somma di trenta
  miliardi fosse dovuta a PACIFICO per l'interessamento a
  qualsiasi titolo nella controversia giudiziaria né, tanto
  meno, di aver corrisposto denaro per la mera attività di
  consultazione.
  Osservazioni sull'esistenza di un mandato
  professionale.
      Contatti tra i Rovelli e i coindagati
  Pacifico-Acampora-Previti potrebbero trovare ragione in un
  mandato professionale conferito dai primi ai secondi.  In
  merito si osserva quanto segue.
      In relazione alla vicenda IMI/SIR gli indagati PACIFICO,
  ACAMPORA e PREVITI non hanno mai avuto incarichi formali.
      Tale circostanza è fuori discussione con riguardo allo
  specifico mandato ad lites, che, se esistente, deve risultare
  dalla procura alle liti.
      E' certo, invece, che i legali a cui era stato affidato
  mandato per la controversia giudiziaria erano i prof. Michele
  GIORGIANNI e Mario ARE, affiancati in talune circostanze da
  altri professionisti quali il prof. MEZZANOTTE (cfr. verbali
  di assunzione di informazioni rese dai proff.  ARE e
  GIORGIANNI).
      Al riguardo, in particolare, possono utilizzarsi i
  verbali di assunzione di informazioni resi dal prof. Mario ARE
  il 28 ottobre 1996 e il 13 settembre 1996.  In quest1ultimo si
  legge:
        pagina 3:
      "Devo categoricamente escludere che altri si siano
  occupati della vicenda in sede giudiziale".
        pagina 4:
      "Domanda: L'ing.  ROVELLI le ha mai parlato degli
  avvocati ACAMPORA, PACIFICO e PREVITI in relazione alla
  vicenda IMI/SIR?
      Risposta: Non me ne ha mai parlato.
      Domanda: Dopo la morte dell'ing.  ROVELLI del dicembre
  1991, dalla vedova o dai figli dell'ing. ha mai saputo che
  della causa si erano occupati ACAMPORA, PREVITI e PACIFICO?
      Risposta: Lo escludo nella maniera più categorica.  Ho
  appreso dai giornali il coinvolgimento di questi
  avvocati".
      Si vedano altresì le dichiarazioni rese dal prof. Michele
  GIORGIANNI in data 16 giugno 1996 innanzi alla A.G. di
  Milano:
 
                             Pag.41
 
        pagina 2:
      "Per quello che mi consta escludo nella maniera più
  assoluta che in tutte le fasi della lunga controversia IMI/SIR
  gli avvocati PACIFICO, ACAMPORA, PREVITI, si siano occupati
  della controversia.
      Domanda: E' mai capitato su richiesta prima dell'Ing.
  Nino ROVELLI e poi da parte degli eredi che lei abbia mai
  mandato delle memorie o comunque documentazione riguardante la
  controversia agli avvocati PREVITI, ACAMPORA, PACIFICO?
      Risposta: Mai.
      Domanda: E' a conoscenza che Felice ROVELLI o la madre o
  gli altri eredi ROVELLI abbiano contattato gli avvocati
  ACAMPORA, PREVITI, PACIFICO per la questione IMI-SIR?
      Risposta: Mai".
      Infine, l'esclusione di ogni rapporto di tipo
  professionale tra gli indagati, risulta anche dalle
  dichiarazioni rese dalla signora BATTISTELLA:
  <interrogatorio 8 maggio 1996 - pagina 4>
      "Domanda: L'avv.  PACIFICO, per quel che le risulta, si
  è mai occupato degli affari legali della sua famiglia?
      Risposta: No, per quel che ne so io il PACIFICO aveva nei
  confronti di mio marito quel credito di cui ho parlato, ma non
  aveva altri rapporti".
      Ed inoltre, in relazione alla fattura 1/94 del 9 marzo
  1994 di 242 milioni di lire - emessa da PACIFICO per
  prestazioni professionali inerenti la vicenda IMI/SIR, la
  signora ha precisato:
        "In ogni caso io confermo di aver dato al PACIFICO
  la somma corrispondente a questa fattura, ma escludo
  categoricamente, per quanto a mia conoscenza, che le
  prestazioni indicate nella fattura siano state effettuate da
  PACIFICO" (pag. 4).
      Anche Felice ROVELLI, nell'interrogatorio 14 settembre
  1996, ha dichiarato che la famiglia non aveva conferito alcun
  mandato agli avvocati PACIFICO, ACAMPORA, PREVITI, per curarne
  gli interessi in Italia od all'estero (pag. 2), confermando,
  inoltre, di non aver mai affidato a PACIFICO alcun incarico,
  nemmeno stragiudiziale per una eventuale transazione con l'IMI
  (pag. 3) e che tali colloqui erano tutti posteriori alla
  quantificazione del credito fatta dal primo (pag. 3) e quindi
  ad esso relativi.
      Va però affrontato il problema se gli avvocati
  PACIFICO-ACAMPORA-PREVITI abbiano ricevuto un mandato (che non
  deve risultare necessariamente da formale procura come accade
  per la difesa in giudizio) di seguire la vicenda IMI/SIR o
  comunque di curare gli interessi di parte Rovelli, senza una
  veste ufficiale visibile all'esterno.
      Sul punto ACAMPORA ha affermato di aver svolto attività
  professionale per conto di Nino ROVELLI nel periodo settembre
  1989 - dicembre 1990 legata alla vicenda IML/SIR e che di
  questa attività era informato anche il figlio Felice, tant'è
  che la inchiesta della "parcella"
 
                             Pag.42
 
  sarebbe stata formulata direttamente dal professionista al
  cliente senza la "mediazione" di PACIFICO.
      Per quanto riguarda PACIFICO, lo stesso ha asserito di
  aver svolto genericamente consulenze per conto di Nino
  ROVELLI, senza peraltro precisarne la natura, escludendo di
  essersi interessato della vicenda IMI/SIR.  Affermazioni queste
  in aperto contrasto con il contenuto della fattura 1/94, e dai
  documenti sequestrati presso lo studio del professionista tra
  i quali figurano altresì appunti riservati predisposti
  dall'avvocato ARE e da questi consegnati a Nino ROVELLI (vds.
  sommarie inf. prof. avv. Mario ARE).
      Gli eredi negano di essere a conoscenza di attività
  professionale nella causa IMI/SIR da parte dei tre citati ed
  anzi Battistella lo esclude.
      La problematica dovrà essere ulteriormente affrontata.
  Attese le molteplici e contraddittorie versioni, l'unica
  giustificazione dei versamenti eseguiti, in concordanza con
  tutti gli elementi di fatto noti, è quella posta a fondamento
  della tesi accusatoria.
      A conferma della tesi accusatoria, è di notevole
  significato che neppure il prof. Schlesinger che seguì la
  vicenda contrattuale con Nino Rovelli ha mai sentito nominare
  gli avvocati ACAMPORA-PREVITI-PACIFICO.
      Esclude di aver mai sentito parlare di altri legali,
  oltre al prof. Are e al prof. Giorgianni anche il dottor
  Ruoppolo, presidente del Consorzio SIR dopo le dimissioni del
  prof. Schlesinger e ciò per tutto il periodo compreso tra il
  1982 e le notizie di stampa sull'attuale indagine.
      Il prof. Schlesinger:
        D. Nelle sue vesti formali di Presidente del
  Consorzio e in quelle successive informali, ha mai avuto
  sentore di una partecipazione dell'avvocato PACIFICO,
  dell'avvocato ACAMPORA o dell'avvocato PREVITI, quali
  consulenti del Rovelli o comunque quali interessati alla
  vicenda?
        R. Assolutamente mai.  Sapevo che l'ing.  Rovelli era
  assistito dai professori Are e Giorgianni che, se non sbaglio,
  mi hanno inviato anche formalmente degli atti di messa in mora
  rivolgendosi a me come persona fisica firmataria degli accordi
  con il Rovelli, ma mai ho avuto sentore che avessero qualche
  ruolo gli avvocati da Lei cittadini.
      Il dott. Ruoppolo:
        Domanda: Ha avuto rapporti con l'ing.  Rovelli o con
  suoi legali?
        Risposta.  Ho visto personalmente così l'ing.  Rovelli,
  come il suo avvocato prof. ARE nel corso del 1984 quando gli
  stessi mi prospettarono le conseguenze negative che stavano
  subendo per via delle fideiussioni personalmente rilasciate
  dal Rovelli a garanzia di debiti di società del gruppo SIR.
        Domanda: Ha mai parlato o conosciuto altri legali
  dell'ing.  Rovelli?  In particolare ha mai conosciuto, quali
  legali del Rovelli, gli avvocati Acampora, Pacifico e
  Previti?
 
                             Pag.43
 
        Risposta: L'unico altro legale dell'ing.  Rovelli che
  ha avuto rapporti con me, e per altro in anni precedenti il
  1984, è stato il prof. Michele GIORGIANNI.  Non ho conosciuto
  altri legali, né ho mai sentito parlare di altri legali
  dell'ing.  Rovelli nel periodo considerato, cioè dal 1982 al
  momento in cui sono state diffuse notizie stampa sull'indagine
  in corso.  Tanto valga, ovviamente, anche per gli avvocati
  sopra citati.
  Contatti tra indagati in relazione alle vicende
  processuali IMI/SIR.
      Tenuto conto della natura dei rapporti tra gli indagati
  che non può essere ricondotta a frequentazioni di natura
  amicale o professionale ufficiale legata alla vicenda IMI/SIR,
  verranno rappresentati di seguito i contatti accertati tra i
  medesimi procedendo con lo stesso ordine prospettato dal
  Pubblico Ministero e mettendosi in evidenza i passaggi
  processuali fondamentali:
        ricostruzione generale dei rapporti dal 1991 al
  1995;
        esame dettagliato del periodo gennaio marzo 1992;
        esame dettagliato del periodo aprile luglio 1992.
      Va tenuto conto che la ricostruzione dei rapporti, in un
  primo momento, poggia sugli appunti rinvenuti nelle agende di
  Pacifico e sul traffico telefonico intercorso con un'utenza
  cellulare rinvenuta nel corso delle indagini.  Infatti, è stata
  individuata l'utenza cellulare n. 0337-27.75.19, intestato
  alla società LA FULVIA SPA in uso alla famiglia ROVELLI.  Circa
  l'identificazione del soggetto che aveva la disponibilità di
  quest'ultimo cellulare è opportuno precisare che:
        1) la società LA FULVIA SPA appartiene alla famiglia
  ROVELLI;
        2) è stato accertato che l'utenza, nel periodo di tempo
  21 gennaio 1992-03 novembre 1993, era utilizzata da Felice
  ROVELLI, così come confermato dallo stesso nel corso
  dell'interrogatorio del 14 settembre 1996.
      Elemento di riscontro è costituito dai diversi "MSC"
  impiegati per le telecomunicazioni, prima e dopo il novembre
  1993 (MSC = Mobile Switch Center: centro di commutazione
  automatico al quale si rivolge il telefono cellulare per poter
  effettuare la chiamata, indicato nei tabulati con la sigla
  della provincia ove è localizzato, nonché da un numero
  progressivo che lo identifica da tutti gli altri MSC posti
  nella stessa provincia.  Consente di individuare il luogo ove
  si trova chi effettua la chiamata).
      Nel periodo precedente al novembre 1993, allorquando
  venivano impiegati MSC siti in Roma "006", si è accertata +
  quasi sempre + la presenza di Felice ROVELLI presso l'Hotel
  Hassler di Piazza Trinità De Monti in Roma.
      In data successiva al novembre 93 il cellulare "passava
  di mano 91, così come risulta dagli MSC impegnati e dai numeri
  chiamanti e chiamati; dovendosi concludere che,
  verosimilmente, l'apparato cellulare
 
                             Pag.44
 
  sia stato utilizzato da dipendenti della società in ragione
  dell'attività svolta.
     RICOSTRUZIONE GENERALE DEI RAPPORTI DAL 1991 AL 1995
     26 novembre 1990:
        sentenza n. 4809 della Corte d'Appello di Roma che
  condanna l'IMI al pagamento di 528 miliardi a favore, dei
  ROVELLI.
  30 dicembre 1990:
        decesso dell'ing.  Nino Rovelli.
  3 gennaio 1991:
        L'IMI notifica alla difesa ROVELLI il ricorso per
  cassazione avverso la sentenza n. 4809/90.
  22 gennaio 1991:
        Viene depositato il ricorso IMI avverso sentenza
  n.4809/90.
  8 marzo 1991:
        L'avv.  ARE, legale dei Rovelli, si fa rilasciare copia
  dell'intero fascicolo IMI, compresa la copertina del fascicolo
  da cui risulta la dicitura relativa alla mancanza di procura
  speciale  ad litem.
  Contatti tra gli indagati
  16 gennaio 1992
      Sull'agenda sequestrata a PACIFICO è annotato:
        "ORE 11,05 ROVELLI RICHIAMA TRA MEZZ'ORA";
        "ORE 11,30 ROVELLI";
        "ORE 12,15 ROVELLI";
  21 gennaio 1992
      Ore 22,23: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama
  PACIFICO Attilio.
  22 gennaio 1992
      Ore 08,54: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama SQUILLANTE Renato.
  24 gennaio 1992
      Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
        "ORE 17.30 FELICE (x 1 ORA E' IN UFFICIO)".
 
                             Pag.45
 
  25 gennaio 1992
      Ore 18,19: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama PACIFICO Attilio.
  28 gennaio 1992
      Ore 14,31: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama PACIFICO Attilio;
      Ore 17,01: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama SQUILLANTE Renato;
      Ore 17,34: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama SQUILLANTE Renato.
      Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
        "ORE 17,35 FELICE".
  29 gennaio 1992
      all'udienza, la difesa ROVELLI solleva eccezione di
  improcedibilità del ricorso IMI per mancato deposito della
  procura speciale.
      Ore 08,50: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama ACAMPORA Giovanni;
      Ore 21,10: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama ACAMPORA Giovanni;
      Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
      "ORDINE CAUSE E PRESUMIBILE ORARIO CAUSA FELICE".
  30 gennaio 1992
      La Corte di Cassazione solleva d'ufficio questione di
  legittimità costituzionale in merito all'articolo 369 n. 3
  c.p.c.
      ARCUTI presenta querela contro ignoti per la scomparsa
  della procura speciale IMI.
      Ore 18,39: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama SQUILLANTE Renato.
      Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
        "ORE 17,35 ROVELLI RICHIAMARE AL TELEFONINO".
  31 gennaio 1992
      Ore 08,26: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama PACIFICO Attilio.
      Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
        "ORE 11,15 ROVELLI-RICHIAMARE AL TELEFONINO E'
  URGENTE".
 
                             Pag.46
 
  Denuncia Arcuti e ordinanza Cassazione.
  5 febbraio 1992
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: "ORE 17,35
  SEGRETERIA FELICE 00141 (omissis)".
  7 febbraio 1992
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: ORE 17,15
  ROVELLI (N.  YORK) (omissis)".
  10 febbraio 1992
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "ORE 10-10 FELICE".
  11 febbraio 1992
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: "ORE 11,40
  FELICE 0337-723535";
        Ore 19,51: l'utenza mobile 0337/723535 intestata a
  Mario ARE Mario in uso a Felice ROVELLI viene chiamato
  SQUILLANTE Renato.
  12 febbraio 1992
        La Corte di Cassazione deposita l'ordinanza di
  trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
        Ore 18,54: l'utenza 0337/(...) intestata a Mario ARE
  Mario in uso a ROVELLI viene chiamato SQUILLANTE Renato.
  17 febbraio 1992
        Ore 12,30: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  ACAMPORA Giovanni
      Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
        "ORE 16,45 ROVELLI O QUI 0337/277519 OPPURE
  ALL'HASSLER".
  18 febbraio 1992
        Ore 14,35: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  SQUILLANTE Renato.
  24 aprile 1992
        Il PM chiede al GIP l'archiviazione per essere
  ignoti gli autori della soppressione della procura speciale
  IMI.
  Contatti diversi in pendenza della richiesta di
  archiviazione al GIP
  7 marzo 1992
        Ore 12,46: l'utenza mobile 0337/ (omissis), PREVETI
  Cesare, chiama SQUILLANTE Renato.
 
                             Pag.47
 
  26 marzo 1992
        Ore 15,26: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  SQUILLANTE Renato;
        Ore 17,55: l'utenza (omissis), PREVITI Cesare, chiama
  SQUILLANTE Renato.
  28 aprile 1992
        Ore 13,12: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  PACIFICO Attilio;
        Ore 13,25: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  PACIFICO Attilio;
        Ore 15,05: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  PACIFICO Attilio.
  1^ maggio 1992
        Ore 08,35: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  SQUILLANTE Renato;
        Ore 09,49: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  SQUILLANTE Renato.
  9 giugno 1992
        Ore 17,46: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  SQUILLANTE Renato.
  10 giugno 1992
        Ore 17,46: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  SQUILLANTE Renato.
  29 giugno 1992
        Ore 19,05: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  PACIFICO Attilio.
  13 luglio 1992
        Il GIP dispone l'archiviazione per infondatezza
  della notizia  criminis.
  Vicenda Corte Costituzionale
  23 settembre 1992
        Ore 17,09: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  SQUILLANTE Renato.
  23 ottobre 1992
      Sull'agenda sequestrata PACIFICO risulta annotato:
      "16,20 ROVELLI (RICHIAMARE AL SUO STUDIO 001 212
  (omissis)".
 
                             Pag.48
 
  10 novembre 1992
        La Corte Costituzionale dichiara inammissibile la
  questione di legittimità proposta.
      Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
      "17,10 ROVELLI DA RICHIAMARE ALL'UFFICIO DI
  LUGANO".
  16 novembre 1992
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
      "X LA SIG.RA ROVELLI: L'AVV.  E' A CASA DALLE 21,00 IN
  POI".
  24 novembre 1992
        La Corte Costituzionale deposita la sentenza del 10
  novembre 1992.
  25 novembre 1992
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "17,05 ROVELLI".
  26 novembre 1992
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "FAX ROVELLI (omissis)".
  Udienza di rinvio per improcedibilità ricorso.
  15 marzo 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: "
  17,55 ROVELLI".
  19 marzo 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
      17,55 ROVELLI (URGENTE BISOGNO DI PARLARE).
  22 marzo 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "11,20 ROVELLI".
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "18,10 ROVELLI".
        Ore 19,30: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama Studio Avv.  PREVITI C.
        Ore 19,52: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama
  studio Avv.  PREVITI C.
 
                             Pag.49
 
  23 marzo 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: "
  11,05 ROVELLI".
  24 marzo 1993
        Ore 12,37: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama Studio Avv.  PREVITI C.
        Ore 17,26: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice
  chiama SQUILLANTE Renato.
  25 marzo 1993
        Udienza di rinvio innanzi alla Corte di Cassazione
  per il ricorso IMI.
  Annullamento archiviazione.
  30 marzo 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "17,40 ROVELLI".
  1^ aprile 1993
        La Corte di Cassazione, in sede penale, annulla con
  rinvio il provvedimento di archiviazione del GIP.
  2 aprile 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: "16,45
  ROVELLI - RICHIAMAVA A CASA"
  Sentenza Cassazione decisiva della causa.
  12 maggio 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: "17,15
  ROVELLI A NEW YORK IN UFFICIO".
  14 maggio 1993
      Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "10,40 ROVELLI".
  25 maggio 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "10,30 ROVELLI A LUGANO".
 
                             Pag.50
 
  27 maggio 1993
        La Corte di Cassazione, a seguito della sentenza
  della Corte Costituzionale, dichiara improcedibile il ricorso
  IMI.  Si esaurisce la vicenda in sede civile.
      Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: "11,20
  ROVELLI (TRA MEZZ'ORA)".
  Ritrovamento in anonimo della procura IMI.
  1^ giugno 1993
        Perviene Corte di Cassazione, in anonimo,
  l'originale della procura speciale IMI.
  2 giugno 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "MESSAGG. = SEGRETERIA DELL'ING.  ROVELLI-RICHIAMERA".
  8 giugno 1993
        la Corte di Cassazione trasmette alla Procura della
  Repubblica la procura speciale IMI.
  9 giugno 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: "
  16,00 ROVELLI (CHIAMARE A NEW YORK IN UFFICIO).
  Azione cautelare dell'IMI.
  1^ dicembre 1993
        Arcuti chiede al P.M. azione cautelativa sulle somme
  dovute dall'IMI.
  7 dicembre 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "FELICE".
  9 dicembre 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "ROVELLI (IN UFFICIO A NEW YORK; 18,20 ROVELLI".
  10 dicembre 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "16,10 ROVELLI (RICH.  IN UFF.)".
 
                             Pag.51
 
  13 dicembre 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: "
  17,40 ROVELLI (CHIAMARE IN UFFICIO A NEW YORK)".
  20 dicembre 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "16,50 ROVELLI".
  22 dicembre 1993
        L'istanza cautela viene rigettata.
  28 dicembre 1993
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "18,35 ROVELLI".
  Archiviazione procedimento procura IMI.
  18 gennaio 1995
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
  "16,45 ROVELLI (A NEW YORK)".
  19 gennaio 1995
        Il GIP pronuncia sulla richiesta di
  archiviazione.
  20 gennaio 1995
        Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: "16,15
  ROVELLI (RICH.  A NEW YORK)".
  ANALISI DEL PERIODO GENNAIO MARZO 1992.
      Come si può constatare i contatti tra Felice ROVELLI e
  gli altri coindagati sono frequenti e costanti per tutti il
  periodo che abbraccia l'  iter  della controversia
  giudiziaria.  La vera natura dei loro rapporti e del perché
  dovessero essere in contatto tra di loro si ricava, ad avviso
  del Pubblico Ministero, dall'analisi del periodo a ridosso
  delle giornate del 29 e 30 gennaio 1992.
      Di seguito si riporta la tabella (con l'avvertenza che
  essa ricomprende anche persone - ovvero società riferibili a
  persone - non indagate) da cui si evidenzia che:
        Felice ROVELLI aveva la disponibilità materiale del
  cellulare intestato alla società LA FULVIA SPA;
        era a Roma dove alloggiava presso l'Hotel Hassler di
  Piazza Trinità dei Monti;
        aveva la disponibilità materiale nei giorni 10 - 11 -
  12 e 13 febbraio 1992 del cellulare nr. 0337/ (...) del prof.
  Mario ARE (si veda
 
                             Pag.52
 
  in proposito il verbale di sommarie informazioni testimoniali
  del 28 ottobre 1996 ed altresì il prog. 125 annotazione: ore
  11.40 Felice 0337/(...));
      Il Pubblico ministero mette poi in evidenza che alcuni
  cellulari intestati a EDICOGI Srl e PESCHIERA EDILIZIA Srl
  (del gruppo CALTAGIRONE) erano nella materiale disponibilità
  di Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE e della moglie ROVELLI
  Rita, così come emerge dalle dichiarazioni e dalla
  documentazione prodotta dall'amministratore delle società -
  sig.  Maurizio PENNESI.
      Ad avviso di questo giudice, però la circostanza non
  assume inequivoco valore indiziario.  Vero è che risultano
  contatti tra queste utenze cellulari e lo studio dell'avv.
  Acampora; vero è però che l'avv.  Acampora era ed è tuttora
  legale dei Caltagirone e pertanto i contatti telefonici ben
  possono trovare spiegazione in questo rapporto
  professionale.
      In ogni caso anche questi contatti vengono citati
  (dovendosi osservare che in determinati periodi figurano
  contatti con l'abitazione privata di Squillante), al pari di
  altri con persone non indagate per i fatti in contestazione,
  per consentire all'accusa di sviluppare le propria tesi e alla
  difesa di formulare rilievi, dai differenti punti di vista.
      Questo il tabulato dei rapporti significativi ( secondo
  lo sviluppo delle tesi accusatorie) riguardanti gli indagati,
  con la precisazione che - a tutela della riservatezza - si
  omette l'indicazione del numero di utenza poiché alcune utenze
  sono ancora nella disponibilità dei soggetti richiamati nello
  schema (identica avvertenza vale per i numeri citati in
  precedenza): per una verifica dell'esattezza dei richiami si
  rimanda alla documentazione in atti , con la precisazione che
  quando compare il nome di Pompili Silvana, il riferimento è a
  Previti, atteso che la signora è moglie dell'avv.  Previti, ed
  è ragionevolmente ipotizzabile, visti i destinatari delle
  telefonate, che fosse proprio Previti a telefonare.
 
                             Pag.53
 
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.54
 
                      ...  (omissis) ...
 
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                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.56
 
                      ...  (omissis) ...
 
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                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.58
 
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.59
 
                      ...  (omissis) ...
 
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                             Pag.62
 
                      ...  (omissis) ...
      Di seguito verranno evidenziati i contatti ritenuti, dal
  Pubblico Ministero rilevanti per l'individuazione del quadro
  indiziario.
      In data 21 gennaio 1992, (progr. 15 e 16) ROVELLI Felice
  contatta dall'utenza 0337/(...) (La Fulvia Srl) le utenze di
  PACIFICO: alle ore 22.22 dapprima l'ufficio (06/...) e poi
  alle ore 22.23 l'abitazione (06/...).
      In data 22 gennaio 1992 (progr. nr. 18) ROVELLI Felice
  contatta alle ore 08.54 l'abitazione di SQUILLANTE Renato
  (06/...).  La conversazione dura 68 secondi.
      In data 25 gennaio 1992 (progr. 28) ROVELLI chiama,
  impegnando la cellula di Milano (002), l'abitazione di
  PACIFICO Attilio (06/...).
      In data 28 gennaio 1992 (progr. 31) ROVELLI è a Roma,
  così come risulta dalle presenze rilevate presso l'Hotel
  Hassler e dalla cellula (MSC) impegnata dall'utenza
  radiomobile per le telefonate in partenza.  Alle ore 10.49
  ROVELLI chiama l'ufficio di PACIFICO (143 secondi di
  conversazione).
      In data 28 gennaio 1992 (progr. 33) alle ore 14.16
  dall'utenza cellulare 0337/... intestato a PESCHIERA EDILIZIA
  Srl, in uso a Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE e alla moglie
  ROVELLI Rita, parte una telefonata diretta all'utenza nr.
  06/... installata presso l'abitazione di SQUILLANTE Renato.
  Durata della conversazione 128 secondi.
      In data 28 gennaio 1992 ROVELLI contatta le seguenti
  utenze:
        prog. 34 - alle ore 14.31 (224 secondi) chiama
  l'abitazione di PACIFICO;
        prog. 37 - alle ore 17.01 (16 secondi) chiama
  l'abitazione di SQUILLANTE;
        prog. 39 - alle ore 17.34 (35 secondi) chiama
  l'abitazione di SQUILLANTE;
        prog. 40 - alle ore 17.35 (19 secondi) chiama l'ufficio
  di PACIFICO (si evidenzia che nei block notes sequestrati a
  PACIFICO vi è l'annotazione "ore 17.35 FELICE" - vds. prog. 41
  - che trova perfetta coincidenza che le risultanze del
  traffico telefonico acquisito).
 
                             Pag.63
 
        prog. 42 - alle ore 18.28 (95 secondi) chiama l'ufficio
  di PACIFICO;
        prog. 43 - alle ore 18.49 (240 secondi) chiama l'utenza
  dell'avv.  ARE;
        prog. 44 - alle ore 18.54 (48 secondi) chiama l'utenza
  di tale LUPI Paolo (si evidenzia che la medesima utenza è
  annotata anche su una rubrica di PACIFICO Attilio con la
  specificazione "autista");
        prog. 45 - alle ore 19.39 (38 secondi) chiama l'utenza
  dell'avv.  ARE;
        prog. 53 - alle ore 23.37 (87 secondi) chiama l'utenza
  dell'avv.  ARE;
      In 29 gennaio 1992, si l'udienza presso la Suprema Corte
  di Cassazione - Prima Sezione Civile.  In questa sede verrà
  sollevato il problema della mancanza della procura
  speciale.
      Sulle agende sequestrate a PACIFICO si legge. "ordine
  cause e presumibile orario causa Felice" annotato proprio il
  29 gennaio 1992 (prog. 58)
      Il 29 gennaio 1992 si registrano le seguenti
  telefonate:
        prog. 59 - l'utenza 0337/... intestata ad ACAMPORA
  Giovanni contatta l'utenza di ROVELLI Felice (0337/...).  La
  conversazione è delle ore 08.50 e dura 57 secondi.
        prog. 62 - dall'utenza nr.0333/...  (EDICOGI Srl)
  installata sull'autovettura alfa 164 in uso a Francesco
  BELLAVISTA CALTAGIRONE e ROVELLI Rita, alle ore 13.10, parte
  una telefonata (da Milano) diretta ad ACAMPORA Giovanni
  (utenza 06/...).
        prog. 65 - dall'utenza nr. 0337/...  (EDICOGI Srl) in
  uso a Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE e ROVELLI Rita, alle
  ore 15.16 parte una telefonata (da Milano) diretta a
  SQUILLANTE Renato della durata di 32 secondi.  Si evidenzia che
  già in precedenza erano state rilevate telefonate tra utenze
  della EDICOGI Srl e della PESCHIERA EDILIZIA Srl (entrambe
  riconducibili a Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE coniugato con
  ROVELLI Rita) che contattavano utenze di ACAMPORA Giovanni, in
  questo caso però il contatto avviene con il numero
  dell'abitazione di SQUILLANTE Renato.  In merito alle due
  società e all'utilizzo degli apparati telefonici si richiama
  il contenuto delle sommarie informazioni rese da PENNESI
  Maurizio - amministratore di entrambe le società.
        prog. 66 - (ore 15.49 - 65 secondi).  ROVELLI contatta
  l'avv.  ARE.
        prog. 67 - (ore 15.57 - 162 secondi).  L'avv.  ARE
  contatta ROVELLI.
        prog. 69 - (ore 16.51 - 119 secondi).  L'avv.  ARE
  contatta ROVELLI.
 
                             Pag.64
 
        prog. 70 - (ore 17.42 - 52 secondi).  Dal cellulare
  intestato a MIDOLO Serenella (moglie di PACIFICO) viene
  contattato SQUILLANTE.
        prog. 71 - (ore 18.01 - 16 secondi).  Dal cellulare
  intestato a MIDOLO Serenella (moglie di PACIFICO) viene
  contattata nuovamente l'abitazione di SQUILLANTE.
        prog. 72 - (ore 18.09 - 103 secondi).  Dal cellulare
  intestato a POMPILI Silvana (moglie di PREVITI) viene
  contattato SQUILLANTE Renato.
        prog. 73 (ore 18.26 - 93 secondi).  L'avv.  ARE contatta
  ROVELLI
        prog. 74 (ore 18.37 - 48 secondi).  L'avv.  ARE contatta
  ROVELLI
        prog. 76 (ore 19.34 - 20 secondi).  ROVELLI contatta
  PACIFICO in ufficio.
        prog. 78 (ore 21.10 - 28 secondi).  ACAMPORA chiama
  ROVELLI.
        prog. 79 (ore 22.00 - 48 secondi).  ROVELLI contatta
  l'avv.  ARE.
        prog. 81 (ore 22.13 - 103 secondi).  L'avv.  ARE contatta
  ROVELLI
        prog. 82 (ore 22.23 - 11 secondi).  ROVELLI contatta
  l'avv.  ARE.
      Il 30 gennaio 1992 si registrano le seguenti
  telefonate:
        prog. 85 e 86 (ore 09.31 e 09.32).  ARE contatta
  ROVELLI.
        prog. 90 (ore 17.32 - 23 secondi).  ROVELLI contatta
  l'ufficio di PACIFICO (la segretaria annotata sul block notes
  prog. 92): "ore 17.35 ROVELLI richiamare al telefonino");
        prog. 91 (ore 17.34 - 267 secondi).  Dall'utenza della
  PESCHIERA EDILIZIA (0337/...) in uso a CALTAGIRONE e ROVELLI
  Rita parte una telefonata diretta all'abitazione di
  SQUILLANTE.
        prog. 93 (ore 17.35 - 120 secondi).  ROVELLI contatta
  l'avv.  ARE. Pochi minuti prima (17.32) ROVELLI aveva
  contattato PACIFICO (prog. 91).
        prog. 94 (ore 18.39 - 46 secondi).  ROVELLI contatta
  l'abitazione di SQUILLANTE.
        prog. 97 (ore 00.11 del 31 gennaio 1992 - 66 secondi).
  ROVELLI contatta l'avv.  ARE.
        prog. 98 (ore 00.13 del 31 gennaio 1992 - 33 secondi).
  ROVELLI contatta l'Hotel Hassler.
        prog. 99 (ore 01.02 del 31 gennaio 1992 - 30 secondi).
  ROVELLI chiama un taxi.  Pare verosimile ritenere che non fosse
  in albergo così come testimoniato dalla telefonata allo stesso
  e alla richiesta di un taxi.  Significativo appare altresì il
  fatto che alle ore 00.11 venga chiamato l'avvocato ARE, si può
  quindi presumibilmente ritenere che fosse in corso un incontro
  il cui oggetto era proprio la vicenda giudiziaria.
 
                             Pag.65
 
      Il 31 gennaio 1992 si registrano le seguenti
  telefonate:
      Oltre alle tre telefonate effettuate poco dopo la
  mezzanotte del 30 gennaio 1992, di cui si è fatto cenno sopra
  costituendo un naturale prolungamento della giornata del 30
  gennaio 1992, si evidenziano le seguenti:
        prog. 101 (ore 08.26 del 31 gennaio 1992 - 107
  secondi).  ROVELLI chiama l'abitazione di PACIFICO.  Si
  evidenzia che nella stessa mattinata sono state contattate una
  utenza elvetica di Lugano ed il nr. 06/..  (verosimilmente una
  società di taxi).  La prima chiamata quindi della mattina del
  31 gennaio 1992 è diretta a PACIFICO
        prog. 104 (ore 08.35 - 46 secondi).  ARE contatta
  ROVELLI.
        prog. 106 (ore 10.21 - 21 secondi).  Dall'utenza della
  PESCHIERA EDILIZIA (0337/...) in uso a CALTAGIRONE e ROVELLI
  Rita parte una diretta all'avv.  ACAMPORA.  Telefonata in
  partenza da Milano.
        prog. 107 (ore 10.50 - 54 secondi).  ARE contatta
  ROVELLI
        prog. 109 (ore 11.16 - 25 secondi).  ROVELLI chiama lo
  studio PACIFICO (si evidenzia che - prog. 108 - la segretaria
  di PACIFICO annota con estrema precisione: ore 11.15 - ROVELLI
  - Richiamare al telefonino è urgente")
        prog. 112 (ore 15.34 - 85 secondi).  ARE contatta
  ROVELLI (prog. 116 (ore 16.53 - 7 secondi).  Dall'utenza della
  PESCHIERA (CALTAGIRONE/ROVELLI Rita) da Milano, parte una
  chiamata diretta all'avvocato ACAMPORA.
  31 gennaio 1992 ROVELLI lascia l'Hotel Hassler.  Telefonate
  del 5 febbraio 1992 e 7 febbraio 1996 rilevate dalle
  annotazioni sulle agende e block notes di PACIFICO prog. 118 e
  119) si evince che lo stesso era a New York.
      Il 10 febbraio 1992: ROVELLI alloggia nuovamente
  all'Hassler e si registrano le seguenti telefonate:
        prog. 122 e 123 (ore 09.46 - 2 secondi e 09.50 - 18
  secondi): dall'utenza EDICOGI (0333/...) installata sull'alfa
  164 in uso a Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE e ROVELLI Rita
  (vds. sommarie informazioni testimoniali di PENNESI Maurizio -
  amministratore EDICOGI e PESCHIERA EDILIZIA), partono due
  chiamate da Milano dirette all'avv.  ACAMPORA
        prog. 124 e 125 (ore 11.31 - 12 secondi e 11.40 - 36
  secondi).  Dall'utenza telefonica dell'avv.  ARE (0337/...)
  viene chiamato due volte l'ufficio di PACIFICO.  Il cellulare
  in questione era nella disponibilità di ROVELLI Felice, così
  come emerge dalle dichiarazioni rese dall'avv.  ARE (vds.
  assunzione di informazioni) e dalla annotazione riportata
  dalla segretaria di PACIFICO che scrive "ore 11.40 FELICE
  0337-..." (prog. 125).  Considerate le dichiarazioni rese
  dall'avv.  ARE e soprattutto dal contenuto dell'annotazione
  richiamata, tutte le telefonate del
 
                             Pag.66
 
  10 e 11 febbraio 92 in entrata ed in uscita da quel cellulare
  saranno ricondotte all'indagato FELICE ROVELLI.
        prog. 127 (ore 11.52 - 52 secondi), come già detto per
  i progressivi 122 e 123, dall'utenza EDICOGI
  (CALTAGIRONE/ROVELLI) parte una chiamata diretta all'avvocato
  ACAMPORA.  Telefonata in partenza da Milano (cellula 002)
        prog. 128 (ore 13.48 - 8 secondi).  ROVELLI (dal
  cellulare ARE) chiama lo studio PACIFICO
        prog. 129 (ore 19.51 - 14 secondi).  ROVELLI (dal
  cellulare ARE) chiama l'abitazione di SQUILLANTE
  12 febbraio 1992.  Viene depositata l'ordinanza relativa
  all'udienza del 29 gennaio 1992.
        prog. 133 (ore 09.19 - 27 secondi).  Dall'utenza della
  PESCHIERA EDILIZIA (0337...) - impegnando la cellula di
  Milano, viene chiamato ACAMPORA.
        prog. 134 (ore 10.26 - 68 secondi).  ROVELLI (dal
  cellulare ARE) chiama ACAMPORA
        prog. 135 (ore 11.01 - 160 secondi), da Milano e da una
  utenza della PESCHIERA EDILIZIA viene contattata l'utenza di
  ACAMPORA
        prog. 136 (ore 18.54 - 43 secondi).  ROVELLI (dal
  cellulare ARE) chiama l'abitazione di SQUILLANTE
        prog. 137 e 138 (ore 11.21 - 176 secondi e ore 12.19 -
  244 secondi), da Milano e da una utenza della PESCHIERA
  EDILIZIA vengono fatte due telefonate dirette ad ACAMPORA.
  13 febbraio 1992 ROVELLI lascia l'Hotel Hassler.
  17 febbraio 1992 ROVELLI rientra in Italia ed alloggia
  all'Hassler.  Si registrano le seguenti telefonate:
        prog. 144 (ore 12.30 - 121 secondi), ROVELLI chiama
  ACAMPORA.
        prog. 145 (ore 16.38 - 103 secondi), ARE contatta
  ROVELLI.
        prog. 146 (ore 16.41 - 30 secondi), immediatamente dopo
  la telefonata di cui al prog. 145, ROVELLI chiama lo studio di
  PACIFICO.  Diligentemente la segretaria annota: "ore 16.45
  ROVELLI o qui 0337... oppure all'Hassler" (prog. 147).
  18 febbraio 1992
        prog. 153 (14.35 - 147 secondi) - ROVELLI chiama
  SQUILLANTE a casa.
        prog. 154 (15.55 - 471 secondi ) - ROVELLI chiama
  ARE.
  18 febbraio 1992 ROVELLI lascia l'Hotel Hassler.
 
                             Pag.67
 
      25 marzo 1992 ROVELLI alloggia all'Hotel Hassler.  Si
  registrano le seguenti telefonate:
        prog. 170 e 171 (ore 11.26 - 20 secondi e 11.27 - 67
  secondi) ROVELLI Felice contatta il nr. 06/...intestato al
  Tribunale di Roma - piazzale Clodio.
      Dalla rubrica sequestrata all'indagato PACIFICO si rileva
  che tale utenza, unitamente alla nr. ..., è riportata a fianco
  del nominativo "RENATO", che deve a questo punto intendersi
  come RENATO SQUILLANTE.
        prog. 172 (ore 11.33 - 36 secondi) ROVELLI chiama tale
  LUPI (vds. altresì prog. 44), taxista il cui nome - come già
  evidenziato - compare anche su una rubrica di PACIFICO
        prog. 175 (ore 12.59 - 58 secondi) ROVELLI contatta
  l'utenza del Tribunale di Roma di Piazzale Clodio in uso a
  "Renato" (così come già detto per i progressivi 170 e 171).
  26 marzo 1992
        prog. 180 (ore 15.12 - 45 secondi) ROVELLI chiama
  l'avv.  ARE;
        prog. 181 (ore 15.25 - 23 secondi) ROVELLI richiama
  l'avv.  ARE;
        prog. 182 (ore 15.26 - 33 secondi) ROVELLI chiama
  SQUILLANTE a casa (immediatamente dopo la telefonata con
  l'avv.  ARE - prog 181).
  26 marzo 1992 ROVELLI lascia l'Hotel Hassler.
      Con riferimento al traffico telefonico sopra descritto e
  sviluppato dal Pubblico Ministero, lo stesso Pubblico
  Ministero fa presente che i dati acquisiti sono quelli
  attinenti ai contatti tra cellulari (in entrata ed in uscita)
  e tra cellulari chiamanti e utenze "fisse" riceventi, non
  essendo possibile acquisire dati sul traffico telefonico tra
  utenze fisse e tra utenze fisse (chiamanti) e cellulari
  (riceventi).  Nonostante tale limitazione, appare comunque
  significativo il notevole numero di contatti tra gli
  indagati.
      Non si può fare a meno di sottolineare che l'ing.  Felice
  ROVELLI nelle sue brevi visite romane, tutte concomitanti alle
  fasi salienti della controversia giudiziaria, ha avuto quasi
  esclusivamente contatti da un lato con i legali a cui aveva
  dato mandato e dall'altro con i coindagati.  Al riguardo si
  rinvia ad un esame comparato dello schema sopra riportato con
  il tabulato del cellulare intestato a LA FULVIA: dal raffronto
  si può rilevare che ben poche sono le telefonate dirette a
  terzi e pertanto non menzionate nella presente
  ricostruzione.
      Di non minore interesse sono altresì i contatti di Felice
  ROVELLI con recapiti telefonici svizzeri riferibili alla sua
  famiglia ivi residente, ed invero Felice ROVELLI telefona a
  Lugano subito dopo aver avuto contatti con i coindagati, ed è
  legittimo ritenere che ROVELLI comunichi alla madre
  l'evolversi dei fatti.
 
                             Pag.68
 
  ANALISI DEL PERIODO APRILE LUGLIO 1992.
      Altro periodo sottoposto a particolare analisi dal
  pubblico ministero è quello relativo ai mesi aprile-luglio
  1992 (13 luglio 1992) data della prima archiviazione del
  procedimento penale relativo alla scomparsa della procura
  speciale: si evidenziano i seguenti contatti:
 
                             Pag.69
 
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.70
 
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.71
 
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.72
 
  ULTERIORI SVILUPPI DEL TRAFFICO TELEFONICO.
      Una conferma della significatività indiziaria dei
  contatti tra gli indagati si ritrova nelle ulteriori
  acquisizioni di tabulati relativi al traffico telefonico sulle
  utenze 0337-... intestata a MIDOLO (moglie di Pacifico
  Attilio) 0337-... , intestata a PACIFICO ATTILIO, 06-...
  parimenti intestata a PACIFICO (si veda la documentazione
  prodotta dal P.M. ad integrazione degli atti in data 5
  dicembre 1996, della richiesta Battistella - Rovellli).
  Particolare importanza assume anche il fatto che le telefonate
  annotate sull'utenza n. 0337-... intestata al prof. Are, sono
  da ascriversi a Felice Rovelli poiché il cellulare era stato
  concesso in uso a Felice Rovelli durante il suo soggiorno a
  Roma tra il 10 e il 14 febbraio 1992 (si veda lettera
  dell'avv.  Are in data 22 novembre 1996 con allegato tabulato
  delle telefonate e si ricordi che tra l'11 e il 12 febbraio
  1992, data in cui avviene il deposito dell'ordinanza della
  Corte, tale utenza chiama Pacifico, Acampora, Squillante).
      Assumono importanza non solo i frequenti contatti con
  alcuni dei coindagati in coincidenza con gli eventi
  significativi del processo, ma anche l'assenza o comunque la
  notevole riduzione di contatti nei periodi in cui non vi erano
  movimenti processuali importanti.
      Si vedano, a titolo di esempio, e rimandando
  all'integrale lettura dei tabulati depositati:
  20 novembre 1990 ore 8,32 l'utenza 0337-...chiama l'utenza
  intestata a Felice Rovelli in Lugano; durata della
  conversazione 314";
  21 gennaio 1992 con l'utenza 06-... avvengono i seguenti
  contatti:
        ore 13,30 chiama Acampora per 13"
        ore 22,22 chiama La Fulvia per 22"
  27 gennaio 1992 con la stessa utenza avvengono i seguenti
  contatti:
        ore 18,39 con l'utenza cellulare 0337-... intestata a
  Pompili Silvana ( moglie di Previti), via Cicerone 60, Roma:
  durata 247"
        Ore 18,44, come sopra per 30"
        Ore 19,19 con utenza cellulare intestata ad Acampora
  per 60"
  28 gennaio 1992 stessa utenza
        ore 10,05 con cellulare Acampora per 7"
        ore 10,13 come sopra per 6"
        ore 10,49 con La Fulvia per 143"
        ore 17,35 come sopra per 19"
        ore 18,28 come sopra per 95"
  29 gennaio 1992 stessa utenza;
        ore 18,12 con cellulare Pompili Silvana per 17"
 
                             Pag.73
 
        ore 19,20 con Acampora per 36"
        ore 19,34 con La Fulvia per 20"
  Dal tabulato dell'utenza n. 0337-... emergono i seguenti
  contatti
  29 gennaio 1992:
        ore 17,42 chiama Squillante Renato: durata della
  conversazione, 52"
        ore 17,44 chiama lo studio Acampora: durata 79"
        ore 18,01 chiama Squillante Renato: durata 16".
      I contatti nei giorni vicini all'udienza del 29 gennaio
  1992 sono particolarmente significativi poiché non va
  dimenticato che fin dall'8 marzo 1991 il prof. Me era già a
  conoscenza della mancanza in atti della procura speciale alle
  liti IMI e ne aveva informato Felice Rovelli, invitandolo a
  tenere la notizia riservata poiché la circostanza sarebbe
  stata decisiva per la vittoria nella causa.
      Non vi era, quindi, per Felice Rovelli, plausibile motivo
  per tenere contatti con altre persone per informarsi su
  questioni attinenti la causa, a meno di non pensare che egli
  diffidasse delle capacità professionali del prof. Are; in tal
  caso, però sarebbe stato ragionevole aspettarsi una revoca del
  mandato difensivo e non la conferma della piena fiducia in lui
  e nel prof. Giorgianni.
  ULTERIORI ACQUISIZIONI INDIZIARIE
      Si deve ancora prendere atto di un'annotazione contenuta
  nella agenda 1993 di PACIFICO riferibile alla giornata del 7
  dicembre 1993: "11.10 CASTELLO: il terzo del collegio è il
  Cons.  APICE e non MARZIALE".
      Effettivamente in quella data vi è stata una udienza
  collegiale innanzi alla Prima - Sezione Civile della Corte
  d'Appello di Roma ed uno dei membri del collegio era proprio
  il Consigliere Dr. Umberto APICE.
      Sul merito dell'ordinanza si fa rinvio alle dichiarazioni
  rese sul punto dal prof. ARE in data 28 ottobre 1996 ove a
  pagina 3 dichiara: "si tratta appunto dell'ordinanza
  collegiale con la quale è stata respinta l'istanza di
  sospensione della sentenza della Corte d'Appello di Roma".
      Appare chiaro che PACIFICO riceve la notizia dal dr.
  CASTELLO, dirigente (come è stato accertato nel corso delle
  indagini) della Cancelleria della Seconda Corte d'Appello di
  Roma.  (cfr. informativa SCO n. 123G/843752/100B/II-3 del 10
  maggio 1996).
      Non si può sfuggire alla conclusione che tale
  interessamento da parte di PACIFICO sta ancora una volta a
  dimostrare, a livello gravemente indiziante, il vero ruolo
  svolto da quest'ultimo nella vicenda IMI/SIR.
 
                             Pag.74
 
      Va considerato che se CASTELLO comunica la notizia il
  giorno 7 dicembre sta a significare che PACIFICO si era
  rivolto a lui in un momento antecedente all'udienza fissata
  per quella data.
      Alla luce di questa ulteriore risultanza appaiono ancor
  più inverosimili le affermazioni di ROVELLI rispetto ai suoi
  contatti con PACIFICO: informarsi addirittura sulla
  composizione del collegio non può rientrare nelle "mere
  consultazioni" asserite da ROVELLI e nemmeno in un ruolo extra
  giudiziario legato alla vicenda, bensì in una "attività" così
  come descritta nel capo di imputazione.
  6.  DICHIARAZIONI RESE DAI COINDAGATI
      Il quadro indiziario sopra indicato si arricchisce con la
  verifica delle dichiarazioni rese dai coindagati PACIFICO ed
  ACAMPORA
      Pacifico nel primo interrogatorio ha scelto di non
  rispondere alle contestazioni.
      Successivamente ha decisamente negato di aver mai svolto
  attività professionale in relazione alla causa IMI/ROVELLI:
  nell'interrogatorio del 16 luglio 1996 afferma che le somme
  percepite non sono legate alla vicenda giudiziaria IMI/SIR, ma
  sono dovute per prestazioni professionali in favore di Nino
  Rovelli a partire dall'anno 1979, attività che nulla hanno a
  che vedere con i fatti in contestazione e non fatturate perché
  rese all'estero (attività legali e consulenze finanziarie).
      Acampora ha parimenti scelto di non rispondere nel corso
  del primo interrogatorio.  Successivamente ha affermato di
  avere svolto attività professionali in favore di Nino Rovelli
  dal luglio - agosto 1989 fino alla fine del 1990 e di aver
  seguito la causa con l'IMI pur se non formalmente officiato,
  per non urtare la sensibilità dei colleghi incaricati di
  difendere in giudizio Rovelli, ed anche al fine di tentare di
  risolvere la vertenza con una definizione transattiva.
      Ha affermato di non aver fatturato le prestazioni
  retribuitegli nel 1994 dagli eredi Rovelli ma di aver
  regolarizzato il relativo illecito tributario mediante il
  condono fiscale, dimostrando di aver pagato la corrispondente
  somma.
      Ha anche affermato che Felice Rovelli era pienamente a
  conoscenza della sua opera professionale in favore del
  padre.
      Ha asserito, infine, che i rapporti con Felice Rovelli
  erano assolutamente banali; di averlo conosciuto dopo la morte
  del padre, 5 o 6 mesi dopo, di aver discusso con lui delle sue
  aspettative; di averlo rivisto il giorno precedente o quello
  successivo alla sentenza della Cassazione, ove era stato
  informato della mancanza della procura; di averlo rivisto
  successivamente poche volte ( 5 o 6), una delle quali al
  matrimonio della sorella.
      Sia PACIFICO che ACAMPORA negano la versione dei Rovelli
  sulle modalità di richiesta delle somme, contestando che
  Pacifico abbia "introdotto" ACAMPORA e PREVITI.
      Tutte queste dichiarazioni sono in evidente contrasto non
  solo con le dichiarazioni degli eredi Rovelli, ma anche con la
  verifica del traffico telefonico e degli incontri intrattenuti
  tra i coindagati, oltre che con l'assoluta negazione di aver
  mai sentito parlare di Acampora-Pacifico-
 
                             Pag.75
 
  Previti da parte di tuffi coloro che seguirono la vicenda
  IMI/SIR-ROVELLI, sia in sede negoziale, sia in sede
  processuale.
      Il contrasto assume innegabilmente valore indiziario.
      E' rilevante anche la considerazione che Ingrid Annemarie
  Eismann, segretaria di Nino Rovelli e della famiglia, dichiari
  di aver solo sporadicamente sentito il nome di Acampora (uno
  sola volta) di aver visto qualche volta Pacifico e di non aver
  mai visto Previti e soprattutto di non aver mai sentito di
  telefonate tra costoro e Nino Rovelli.
  7.  Gli sviluppi delle indagini dopo l'emissione
  dell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Rovelli
  Felice e Battistella Primarosa.
      Le indagini ulteriormente sviluppate hanno fatto emergere
  ulteriori anomalie, significativamente gravi a livello
  indiziario, nell'  iter  procedimentale della controversia
  civilistica IMI-ROVELLI, ed elementi di responsabilità nei
  confronti di altri indagati.  Ricorda il Pubblico Ministero
  nella richiesta che, dopo che il Tribunale di Roma - collegio
  presieduto da Filippo VERDE - con sentenza 31 ottobre 1986
  aveva accolto la domanda proposta dagli eredi ROVELLI
  limitatamente all'  an debeatur,  disponendo la separazione
  e la prosecuzione del giudizio sul  quantum,  con sentenza
  13 maggio 1989, il Tribunale di Roma determinò il
  quantum,  e cioè l'importo che IMI doveva corrispondere
  agli eredi ROVELLI.
      La formazione del nuovo collegio giudicante ebbe a subire
  un'improvvisa modificazione a causa di una singolare
  circostanza.  Infatti, il Presidente del Tribunale di Roma -
  dr. Carlo Minniti - (cfr. allegato n. 32), che avrebbe dovuto
  presiedere il collegio - attesa la delicatezza della causa -
  aveva preventivamente studiato l'incarto processuale
  formandosi l'idea di dover disporre una nuova perizia per la
  determinazione del  quantum.  Di tale circostanza aveva
  avuto modo di parlare con il dr. Sammarco (Presidente della
  Corte d'Appello di Roma) precedentemente all'udienza fissata
  per il 4 aprile 1989.  Proprio quel giorno ricevette invece una
  convocazione telefonica dal Ministero di Grazia e Giustizia
  (dall'ufficio del Capo di Gabinetto - dr. VERDE o da altro
  ufficio dello stesso Ministero) per una riunione relativa
  "all'edilizia giudiziaria".  Considerato che proprio quel
  giorno era in programma la causa IMI SIR tentò di rinviare la
  convocazione al Ministero ricevendo quale risposta
  l'improrogabilità della stessa.  A questo punto designò la
  d.ssa Campolongo quale presidente del collegio con l'intesa
  che ella avrebbe disposto un rinvio per permettere al dr.
  Minniti di presiedere la causa.
      La riunione al Ministero durò circa un'ora, vi prese
  parte il dr. SAMMARCO e si fece vedere anche il dr. VERDE, e
  non portò ad alcuna decisione definitiva.  Accertamenti svolti
  dall'ufficio del P.M. hanno permesso di accertare che presso
  il Ministero non vi è traccia documentale di tale convocazione
  e della relativa riunione (cfr. allegato n. 33).
      E' da tener presente che il dott. Minniti era già nel suo
  ufficio in Tribunale quando gli giunse la convocazione
  telefonica del Ministero: fece telefonare per avvertire che
  aveva udienza.  Gli fu risposto che la riunione era
  inderogabile.
 
                             Pag.76
 
      Al rientro in Tribunale il dr. MINNITI apprese dalla
  d.ssa CAMPOLONGO che "la causa era stata ritenuta in
  decisione" in quanto "gli avvocati avevano insistito e lei era
  stata costretta a mandarla in decisione".
      Premesso ciò si evidenzia che il collegio presieduto da
  Filippo VERDE emise la sentenza favorevole agli eredi ROVELLI
  il 31 ottobre 1986, (data di deposito) e appena due mesi dopo,
  come emerge dalla documentazione acquisita in Svizzera
  attinente le presenze degli indagati presso l'Hotel Splendide
  di Lugano, Filippo VERDE si trovò appunto in tale località dal
  27 dicembre 1986 al 2 gennaio 1987 occupando più camere.  Il
  soggiorno venne pagato dall'avvocato PACIFICO come risulta
  dalle annotazioni apposte dall'Hotel sulle ricevute (cfr.
  allegato nr. 34), anch'egli presente per tutto il periodo.
      Una nuova anomalia riguarda l'astensione del presidente
  di uno dei collegi della Corte di Cassazione che avrebbe
  dovuto decidere sulla causa.
      Nel 1993, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, fu
  fissata una nuova udienza dalla Suprema Corte di Cassazione
  per il 18 marzo 1993, e quale Presidente fu designato il dr.
  Mario CORDA (cfr. allegato n. 36).  Attesa la rilevanza della
  causa il Presidente provvide per tempo, come da prassi, a
  studiare l'incarto predisponendo un "appunto manoscritto"
  (cfr. allegato n. 37) nel quale si evidenziavano i punti sui
  quali la Corte era chiamata a decidere invitando i colleghi a
  presentarsi "preparati" sui punti in discussione, affrontando
  la questione della improcedibilità anche alla luce della
  sentenza della Corte Costituzionale, e manifestando tra
  l'altro la possibilità di modificare la giurisprudenza con il
  dichiarare ammissibile il ricorso dell'IMI.
      L'appunto in questione venne fotocopiato con l'ausilio di
  una collaboratrice di cancelleria (cfr. allegato nr. 38),
  inserito in buste chiuse dallo stesso Presidente ed inserito
  nella casella della posta di ciascun membro del collegio.
      Nei primi di marzo del 1993 pervenne un esposto anonimo
  indirizzato al Presidente dalla Corte di Cassazione nonché al
  dr. CORDA nel quale, in sintesi, si diceva che quest'ultimo
  aveva già anticipato il giudizio sulla causa e che copia del
  manoscritto era a mani dell'anonimo autore (cfr. allegato n.
  39).
      A seguito ditale missiva il dr. CORDA, con l'animo di
  continuare a presiedere il collegio, predispose la bozza di
  una istanza di astensione al Presidente della Cassazione,
  nella convinzione che sarebbe stata rigettata.  Presentò tale
  minuta al dr. BRANCACCIO che seduta stante e sulla stessa
  bozza dell'istanza di astensione dispose la sostituzione del
  dr. CORDA con altro membro del collegio (vds. allegato n. 40).
  L'udienza venne spostata dal 18 al 25 marzo 1993 e quindi al
  27 maggio 93 con l'ulteriore sostituzione del Presidente del
  collegio.
      Non si può dubitare che il manoscritto sia stato
  consegnato (o comunque letto ad estranei all'amministrazione
  della Giustizia) da un appartenente all'ordine giudiziario od
  al Ministero di Grazia e Giustizia (magistrato o collaboratore
  di cancelleria), con evidente violazione del segreto
  d'ufficio.
      La circostanza è emersa in momento successivo allorquando
  con un altro anonimo è stata recapitata (1^ gennaio 1993) al
  Presidente della Cassazione la procura speciale privata del
  margine sinistro e del
 
                             Pag.77
 
  lembo superiore destro (ove potevano o dovevano essere
  apposti i timbri del deposito) - (cfr. allegato n. 41).  Tale
  ultima lettera indirizzata ai dr. Brancaccio: Sgroi e Corda
  recita: "ringrazio per la sensibilità dimostrata per i flitti
  da me denunciati e per l'astensione che ha permesso di
  chiudere la partita 3 a 2.  Per evitare fastidi a cancellieri e
  avvocati accusati dai servi dell'IMI restituisco l'originale
  del documento che ha fatto punire definitivamente il palazzo e
  tangentopoli".
      L'astensione di cui parla l'anonimo era appunto quella
  del dr. CORDA.  Non a caso destinatario della lettera era anche
  il dr. CORDA che alla data del 1^ giugno 1993, (data in cui è
  stata protocollata in Cassazione) non aveva più nulla a che
  vedere con la causa IMI I SIR.
      Appare evidente dal contenuto dell'anonimo che
  accompagnava la procura speciale mutilata, che esso proveniva
  dallo stesso autore o comunque dallo stesso "centro di
  interessi" che aveva inviato il precedente anonimo che provocò
  l'astensione del Presidente Corda.  Ne segue che la procura
  speciale era in possesso della persona o delle persone che
  inviando quel primo anonimo avevano inteso favorire la "parte
  ROVELLI" nel procedimento in Cassazione.  Ciò rende improbabile
  che la procura speciale non sia stata depositata per mera
  negligenza (cfr. allegato n. 42 deposizioni dr. Bibolini e dr.
  Morelli).
                           *  *  *
      L'approfondimento delle indagini ha fatto emergere un
  altro aspetto, che dimostra generale quale fossero i criteri
  delle gestione della vicenda processuale da parte di
  ROVELLI.
      Dall'analisi dei tabulati sopra riportati è emerso che la
  persona che usava il cellulare intestato alla TECHSO (il nome
  della società risulta nella tabella), l'avv.  Francesco
  BERLINGUER, ha intrattenuto vari contatti telefonici con
  Renato SQUILLANTE e Felice ROVELLI nei primi mesi del 1992,
  proprio nel periodo in cui la Corte di Cassazione si riuniva
  (29 gennaio 1992) e decideva (30 gennaio 1992, ordinanza
  depositata il 12 febbraio 1992) di trasmettere gli atti alla
  Corte Costituzionale.  Intercorrono ben 16 telefonate in poco
  più di un mese.  Sentito più volte in ordine al contenuto
  ditali rapporti, l'avv.  BERLINGUER (cfr. allegato n. 49), dopo
  alcune incertezze, rispose che nel corso del 1992 Renato
  SQUILLANTE gli chiese di incontrarlo e, avuto il contatto, gli
  chiese di avere un colloquio con Felice ROVELLI.  Egli aderì
  all'invito di SQUILLANTE ed incontrò effettivamente ROVELLI in
  almeno due o tre occasione, sempre all'hotel Hassler dove
  alloggiava ROVELLI, in una delle circostanze alla presenza
  dello SQUILLANTE.  BERLINGUER ha riferito: "ROVELLI mi chiese
  se io potevo avvicinare un membro del collegio della Suprema
  Corte - la d.ssa Simonetta Sotgiu - per avere notizie da
  quest'ultima circa l'andamento della causa, ossia quali
  decisioni avevano in mente di prendere rispetto al ricorso che
  era stato presentato" ...  "Tenga presente che sia SQUILLANTE
  che ROVELLI hanno insistito a che io avvicinassi la d.ssa
  Sotgiu".  Alla domanda se gli fosse stato promesso qualche
  cosa da ROVELLI, l'avv.  BERLINGUER risponde:  "Si, una buona
  parcella, queste sono le parole usate da ROVELLI, senza
  peraltro quantificare la cifra"  (nella deposizione
  successiva la cifra viene indicata, salvo
 
                             Pag.78
 
  errori della memoria, in 500 milioni).  "Non ricordo se
  quando mi ha fatto il discorso della parcella era presente
  anche SQUILLANTE, ma il fatto che mi erano stati proposti dei
  soldi da parte di ROVELLI era un fatto conosciuto anche dal
  magistrato...".
      Tra Francesco BERLINGUER e la d.ssa SOTGIU intercorrevano
  rapporti di amicizia.  L'esistenza di tali rapporti è stata
  confermata dalla stessa d.ssa SOTGIU nel corso della
  deposizione resa in data 11 giugno 1997, nonché dallo sviluppo
  del traffico telefonico del cellulare in uso a Francesco
  BERLINGUER relativamente al periodo che qui interessa (cfr.
  allegato n. 50)
      Dall'utenza in uso all'avv.  BERLINGUER viene chiamato, in
  più occasioni, anche il numero telefonico dello studio
  professionale di Cesare PREVITI (cfr. allegato n. 51).
      Commenta il Pubblico Ministero che "l'intervento di
  SQUILLANTE, in funzione chiaramente corruttiva e di
  intermediazione verso magistrati, o comunque persone ad essi
  vicine, per piegare il contenuto dell'attività giurisdizionale
  di costoro alla illecita realizzazione di interessi privati, a
  fronte della promessa e del versamento di somme di denaro,
  dimostra ulteriormente l'attendibilità delle dichiarazioni
  dell'ARIOSTO, nella parte in cui costei indica l'alto
  magistrato come persona che, insieme a Cesare PREVITI ed a
  PACIFICO, non casualmente coinvolti nella vicenda in esame,
  svolge una attività corruttiva anche nel senso della
  intermediazione, nell'interesse di privati, verso altri
  magistrati del distretto romano, con la conseguenza che la
  pregnanza accusatoria delle dichiarazioni dell'ARIOSTO nei
  confronti di Cesare PREVITI viene ulteriormente corroborata e
  costituisce altro elemento di prova a carico dell'indagato in
  relazione alla vicenda in esame".
      Ad ulteriore conferma ditale assunto il pubblico
  ministero, nella sua richiesta richiama la vicenda relativa ad
  un altro magistrato citato dalla ARIOSTO come presente al
  viaggio NIAF e in casa PREVITI (la sua presenza in casa
  Previti è attestata anche da Giorgio Casoli), il dott. FILIPPO
  VERDE.
      Senza riprendere la narrazione delle vicende processuali
  davanti all'autorità giudiziaria di Perugia richiamate dal
  pubblico ministero (pagg. 21 e 55 richiesta), già descritte
  anche nella richiesta inviata al Parlamento il 3 settembre
  1997, rileva, in questa sede, la scoperta del conto corrente
  denominato "MASTER 811" acceso da Filippo VERDE presso la
  Società Bancaria Ticinese di Bellinzona.
      Dall'esame dei documenti relativi conto svizzero risulta
  che:
        1) il n. di conto è 11606.00", denominato "MASTER
  811";
        2) è stato acceso in data 30 aprile 1991;
        3) i beneficiari sono VERDE Filippo e la moglie
  CAPPETTA Anna Maria;
        4) PACIFICO Affilio era delegato ad operarvi.
      I movimenti di rilievo del conto corrente sono i seguenti
  (cfr. allegato n. 56).
 
                             Pag.79
 
  Accrediti.
        il conto, aperto in data 30 aprile 1991, ha registrato
  in data 2 maggio 1991 un accredito di 500.000.000 di lire
  (valuta 6 maggio 1991)
        un versamento di 246.000 franchi svizzeri (pari a circa
  280 milioni di lire) è stato è eseguito in data 31 maggio
  1994, verosimilmente per contante.
  Addebiti.
      bonifico a Chiasso ABN AMRO BANK - dc OKAPI pari a lire
  50.400.000;
      bonifico a Chiasso ABN AMRO BANK - dc OKAPI pari a lire
  50.500.000.
  Versamento di 500.000.000 di lire (2 maggio
  1991).
      Il conto corrente è stato aperto con il versamento di
  500.000.000 di lire.  La contabile trasmessa dalla Società
  Bancaria Ticinese in relazione a questo conto corrente non
  riporta alcuna indicazione in ordine alla provenienza della
  somma.
      Dall'esame della documentazione bancaria pervenuta a
  seguito di rogatoria si è potuto ricostruire, almeno in parte,
  l'articolata operazione finanziaria che si è conclusa, tra
  l'altro, con il versamento di 500.000.000 di lire sul conto di
  VERDE.  L'operazione bancaria in questione, pur apparendo allo
  stato prescindere dai movimenti bancari dei quali è stata
  riscontrata attinenza con la vicenda IMI/ROVELLI, è tuttavia
  dimostrativa di collegamenti tra VERDE e Cesare PREVITI.
 
                             Pag.80
 
      Schematicamente l'operazione in questione può così
  riassumersi (2).
      (2) Per ragioni espositive i fatti verranno elencati in
  progressione cronologica:
        in data 16 aprile 1991 (valuta 18 aprile) sul conto
  corrente "Mercier" di PREVITI Cesare (acceso presso la Darier
  Hentsch di Ginevra) viene accreditata la somma di Lit.
  1.800.000.000 proveniente dalla Società di Banca Svizzera di
  Lugano;
        in data 23 aprile 1991 (val. 26 aprile) dal conto
  "Mercier" viene disposto un bonifico di Lit. 500.000.000
  diretto alla Banca del Sempione di Lugano a favore del c/c
  "pavoncella" di PACIFICO Attilio, ove viene effettivamente
  accreditato in data 24 aprile 1991 (val. 26 aprile).  In data
  30 aprile 1991 (val. 30 aprile) PACIFICO preleva la somma di
  Lit. 500.000.000;
        con ordine datato 19 aprile 1991 (val. 19 aprile) dal
  conto "Mercier" viene disposto un bonifico di Lit. 500.000.000
  diretto alla Società Bancaria Ticinese di Bellinzona a favore
  del conto "771 Pavone" di PACIFICO Attilio.  Su questo ultimo
  conto l'importo viene accreditato in data 22 aprile 1991 (val.
  22 aprile) nel sottoconto in lire italiane, che in precedenza
  aveva un saldo pari a zero.
          1.  Dalle disposizioni impartite da PACIFICO alla
  banca risulta chiaramente che il bonifico era stato
  preannunciato telefonicamente e che la somma doveva essere
  investita a "48h".  In pari data (con valuta 24 aprile) la
  banca investiva l'intera somma in un "deposito fiduciario call
  48 ore".
          2.  In data 30 aprile 1991 PACIFICO dava disposizione
  alla banca di trasferire Lit. 500.000.000 al conto "811
  master" di VERDE con valuta 6 maggio 1991.
          3.  In data 2 maggio 1991 la banca provvedeva in primo
  luogo a rimborsare il deposito fiduciario (val. 6 maggio) e
  quindi a bonificare la somma a favore del conto "811 master"
  con valuta 6 maggio 1991 come da disposizioni impartite da
  PACIFICO.
      A margine si evidenzia che l'apertura del conto di VERDE
  è del 30 aprile 1991, data dell'ordine impartito da PACIFICO
  la cui esecuzione è stata differita di qualche giorno per
  poter liquidare il deposito fiduciario.
        in data 8 maggio 1991 (val. 6 maggio) dal conto
  "Mercier" viene registrato un ulteriore bonifico di Lit.
  250.000.000 diretto alla Banca del Sempione di Lugano a favore
  del c/c "pavoncella" di PACIFICO Attilio, ove viene
  effettivamente accreditato in data 7 maggio 1991 (val. 10
  maggio).  In data 8 maggio 1991 questa somma è stata trasferita
  da PACIFICO a favore del conto "Quasar Business" acceso presso
  la Società di Banca Svizzera di Lugano, verosimilmente dello
  stesso PACIFICO.
 
                             Pag.81
 
  Addebiti di 100.000.000 di lire (settembre-ottobre
  '93).
      Significativi sono i bonifici a favore del dc OKAPI
  presso la ABN AMRO BANK di Chiasso rispettivamente di
  50.400.000 (29 settembre 1993) e 50.500.000 di lire (12
  ottobre 1993).
      Sul punto si richiamano gli interrogatori ed i documenti
  prodotti da BOSSERT Alfredo titolare della società "OKAPI"
  (utilizzata anche in questo caso per le attività di
  spallonaggio), ed in particolare il verbale del 29 luglio 1997
  nel corso del quale ha dichiarato di non conoscere VERDE e di
  aver eseguito le due operazioni su richiesta dell'avvocato
  PACIFICO al quale ha poi consegnato l'equivalente in contanti
  a Lugano (cfr. allegato n. 31).
      Le predette operazioni sono di estremo interesse alla
  luce di quanto specificato nell'ordinanza di custodia
  cautelare della AG di Perugia a carico di VERDE pagina 7 della
  richiesta di ordinanza di custodia cautelare, richiamata
  integralmente dalla conseguente ordinanza): "appena fu
  notiziato delle indagini del SECIT, Filippo Verde pagò
  spontaneamente l'importo delle imposte evase e delle
  soprattasse, che ammontava a 288 milioni di lire.  Il
  versamento fu effettuato il 23 ottobre 1993 presso l'ag. 90
  della Banca di Roma, con denaro contante, in mazzette
  fascettate, estratto da una valigetta.  Non v'é traccia della
  relativa provvista in alcuno dei conti correnti riferibili al
  Verde che sono stati individuati nel corso delle indagini,
  all'esito di richieste rivolte a tutti gli istituti di credito
  operanti sul territorio nazionale".
      Per pagare le imposte e le pene pecuniarie VERDE ha fatto
  rientrare in Italia somme depositate all'estero pari a 100
  milioni di lire previo un parziale disinvestimento), per il
  tramite di PACIFICO e BOSSERT.
      Dell'ulteriore somma di 188 milioni di contante nulla si
  conosce.  Il fatto che non sia stata individuata la fonte
  ditale disponibilità giustifica il sospetto che VERDE fosse
  titolare di altri rapporti bancari all'estero.
  Seconda operazione di versamento.
      A distanza di soli sette mesi (31 maggio 1994) dal
  prelievo di cui al paragrafo precedente, sul conto "Master
  811" viene eseguito un versamento di 246.000 FrS (circa 280
  milioni di lire).
      Il pubblico ministero, nel descrivere gli sviluppi
  investigativi evidenzia, preliminarmente, che non sono stati
  accertati redditi o comunque altri proventi tra la fine
  dell'ottobre 93 (data in cui Verde ha "dato fondo" a tutte le
  sue disponibilità finanziarie in Italia, facendo rientrare
  anche somme dall'estero) ed il maggio 94 (data del
  versamento).  In particolare dall'ordinanza di custodia
  cautelare di Perugia si rileva che l'ultima operazione
  immobiliare ricondotta a VERDE risale al 30 gennaio 1992,
  (vendita dell'immobile di via Albimonti in Roma).
      Nello stesso periodo del versamento sul conto "Master
  811", PACIFICO Affilio ha ricevuto i seguenti bonifici
  disposti da Felice ROVELLI per il tramite dell'avv.  Rubino
  MENSCH, in relazione alla vicenda IMI/ROVELLI:
 
                             Pag.82
 
                      ...  (omissis) ...
      A seguito di rogatorie internazionali venivano acquisiti
  i documenti bancari relativi ai movimenti dei sottonotati
  conti "Emco AG" - "Codava" e "Alvaneu Anstalt", così
  schematizzabili:
                      ...  (omissis) ...
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.83
 
      Immediatamente dopo l'accredito dei bonifici di ROVELLI,
  Attilio PACIFICO ha provveduto a prelevare pari importi per
  contanti.
      Contemporaneamente a queste operazioni PACIFICO ne ha
  eseguito altre sugli altri conti correnti provvedendo ad
  esempio a bonificare a favore di BOSSERT l'equivalente di 300
  milioni (13.04 e 14 aprile 1994, rispettivamente per 100 e 200
  milioni) per il successivo trasferimento del contante in
  Italia (cfr. allegato n. 31 - deposizione BOSSERT).
      In conclusione all'epoca del versamento sul conto "Master
  811", PACIFICO stava "distribuendo" le somme provenienti da
  ROVELLI, eseguendo tutte le operazioni con estrema accortezza,
  ossia prelevando contante dai suoi conti svizzeri oppure
  disponendo il trasferimento di contante m Italia per il
  tramite di Bossert.
      Interrogato su queste movimentazioni PACIFICO non ha mai
  inteso fornire alcuna spiegazione, soprattutto con riferimento
  alle persone destinatarie delle somme.
      In data 31 maggio 1994 si è accertato che PACIFICO
  Attilio:
        soggiornava presso l'Hotel Splendide di Lugano: dalla
  ricevuta dell'albergo si rileva che ha occupato le stanze 653
  e 656 dal 29 maggio 1994 al 31 maggio 1994 (cfr. allegato n.
  59);
        accedeva ai locali del casinò in data 29 maggio 1994 e
  30 maggio 1994 (cfr. allegato n. 60);
        si presentava presso la Società Bancaria Ticinese di
  Bellinzona in data 31 maggio 1994, ove dava disposizione per
  l'investimento di 243.844,25 FrS in "SBC Money Market Fund"
  proprio sul conto "MASTER 811" - cfr. allegato n. 54 relativa
  contabile con specifico riferimento alle disposizioni
  d'acquisto - operazione contabilizzata dalla banca solo il
  successivo 3 giugno 1994;
        eseguiva presso la Società Bancaria Ticinese di
  Bellinzona un versamento di 128.000 FrS accreditandoli sul dc
  "771 Pavone", di cui era beneficiario economico lo stesso
  PACIFICO (contabile rif. n. 36579) - (cfr. allegato n. 61);
        verosimilmente, eseguiva anche il versamento di 246.000
  FrS sul conto "Master 811" (contabile rif. n. 36589: ossia
  solo dieci operazioni
 
                             Pag.84
 
  dopo il versamento di 128.000 FrS sul conto di PACIFICO).  La
  ricevuta bancaria non reca la firma di chi ha eseguito
  l'operazione.
  Tutto ciò premesso il pubblico ministero sviluppa le seguenti
  conclusioni:
        VERDE non disponeva di 280 milioni in contanti in
  Italia;
        PACIFICO non ha provveduto al trasferimento di questa
  somma verso la Svizzera.  Anche ammettendo che le dichiarazioni
  degli indagati siano vere, mai avrebbe svolto una simile
  operazione perché nello stesso periodo stava riportando somme
  in Italia e quindi avrebbe eseguito una "compensazione"
  trattenendo per sé il contante ricevuto in Italia, bonificando
  una pari somma da uno dei suoi conti svizzeri a favore di
  quello di VERDE: evitando il movimento dalla Svizzera
  all'Italia del contante di sua pertinenza e quello dall'Italia
  alla Svizzera del contante di VERDE avrebbe ottenuto altresì
  un doppio risparmio sulle provvigioni dei "corrieri";
        PACIFICO in quel periodo stava "distribuendo" la somma
  proveniente dai ROVELLI.
      A tali elementi si aggiunga poi che il conto di Filippo
  VERDE viene "creato" con una provvista proveniente dal conto
  di Cesare PREVITI.
      Sulla scorta dei dati disponibili la deduzione del
  pubblico ministero si presenta fornita di un elevato grado di
  probabilità.
      Nella stessa prospettiva motivazionale, e a riprova della
  validità dell'ipotesi accusatoria elaborata sulle
  dichiarazioni della teste ARIOSTO, va ricordata la posizione
  di RENATO SQUILLANTE.
      Va ricordato, in generale, che egli disponeva della somma
  di lire 9 miliardi circa alla data del 7 febbraio 1996,
  prelevata precipitosamente in contanti dal figlio e dalla
  nuora dopo la scoperta di una microspia in un bar di Roma
  frequentato dal dott. Squillante.  Vanno ricordati gli acquisti
  immobiliari (si veda provvedimento di sequestro in atti).
      Vanno, più specificamente evidenziati i seguenti dati di
  fatto, richiamati dal P.M. nella sua richiesta.
      In primo luogo dalla documentazione bancaria risulta un
  rapporto di conto corrente acceso dal predetto presso la Banca
  Commerciale di Lugano in data 20 gennaio 1987.  La titolarità
  del conto è adeguatamente mascherata: esso è intestato a
  IBERICA DEVELOPMENT SA, l'amministratore della società e del
  conto è tale avv.  Rubino MENSCH, e soltanto da un fogliettino
  manoscritto, intitolato "Promemoria interno" e datato 18
  febbraio 1987, si apprende che avente diritto economico del
  conto "è il signor Renato SQUILLANTE, magistrato a Roma" (cfr.
  allegato n. 63).  La circostanza non avrebbe particolare
  rilievo se della Banca Commerciale di Lugano non fosse
  azionista la famiglia ROVELLI e se l'avv.  MENSCR non fosse
  colui che dagli inizi degli anni ottanta cura gli interessi
  della famiglia ROVELLI.
      In secondo luogo risulta che nel periodo immediatamente
  successivo ai versamenti da parte dei ROVELLI ad ACAMPORA,
  PACIFICO
 
                             Pag.85
 
  e Cesare PREVITI degli oltre sessantasei miliardi di cui si
  tratta costituenti il compenso per la complessiva attività di
  corruzione (e relative mediazioni), Renato SQUILLANTE ha
  ricevuto bonifici o versamenti in contante per complessivi FrS
  780.000 sui suoi conti correnti aperti presso la Società
  Bancaria Ticinese per l'esattezza sono stati versati 100.000
  FrS il 20 di giugno, 425.000 FrS il 29 di luglio, 127.500 FrS
  il 2 e 127.500 FrS il 3 di agosto).  Il controvalore in lire
  ammonta a più di 920 milioni.  Nulla si è acquisito
  documentalmente, al momento, in ordine alla provenienza e alle
  modalità del versamento, ma è significativa la circostanza che
  Pacifico riceve, in data 24 giungo 1994 850.000, FrS dai
  ROVELLI, e preleva o bonifica rispettivamente il
  corrispondente di 530.000 franchi il 5 di luglio e 127.050
  franchi l'8 di luglio.  (cfr. allegato n. 64).
  b) l'interrogatorio di CESARE PREVITI.
      La vicenda processuale in esame presenta una
  particolarità non abitualmente riscontrabile in altri
  procedimenti.
      La presentazione al Parlamento della richiesta di
  autorizzazione a procedere, ritenuta irricevibile dalla Camera
  dei Deputati, ha messo in condizione l'indagato di conoscere
  integralmente il contenuto delle accuse nei suoi confronti e
  quindi di predisporre le proprie complete difese.
      L'esistenza di un procedimento a proprio carico, gran
  parte del contenuto delle accuse e delle fonti indiziarie,
  l'esperimento di rogatorie e il loro parziale esito, erano già
  note allo stesso indagato, per avere egli tramite i suoi
  difensori) partecipato all'incidente probatorio per
  l'escussione della teste Ariosto, per avere proposto
  opposizione alle stesse rogatorie e per la pubblicità esterna
  data dapprima all'arresto del dott. Squillante e dell'avv.
  Pacifico il 12 marzo 1996 (vicenda contestata al capo
  a),  e, successivamente, all'arresto degli avvocati
  ACAMPORA e PACIFICO il 17 maggio 1996 e di FELICE ROVELLI
  (vicenda contestata al capo  b),  nonché di alcuni dei
  familiari di Renato Squillante per il reato di favoreggiamento
  reale.
      Notevole è stato il rilievo pubblico delle vicende in
  esame, come lo stesso PREVITI fa presente (esponendo, al
  riguardo, le sue critiche) nella memoria depositata il 18
  settembre.
      Si può quindi affermare che , seppure parzialmente in una
  forma impropria, un contraddittorio era già esistente prima
  dello svolgimento dell'interrogatorio del 23 settembre davanti
  ai pubblici ministeri Dott. Boccassini e Colombo.
      Puntuali difese, inoltre, l'indagato aveva potuto
  svolgere tramite i propri difensori in sede di opposizione
  alle richieste di proroga delle indagini preliminari
  notificategli.
      Con l'interrogatorio del 23 settembre 1997 il
  contraddittorio con l'accusa si è potuto pienamente e
  direttamente esercitare.
      Nell'interrogatorio l'on.le PREVITI ha prima di tutto
  eccepito la mancanza di contestazioni specifiche e la pretesa
  dell'accusa di operare un'inversione dell'onere della
  prova.
      Nel merito ha sostanzialmente sostenuto le seguenti
  tesi.
 
                             Pag.86
 
      A) quanto al capo  a)  si è prestata fede cieca alle
  dichiarazioni della ARIOSTO platealmente smentite
  dall'incidente probatorio e dalle attività difensive svolte ai
  sensi dell'articolo 38 disp. att. e documentate sia nel corso
  dell'incidente probatorio, sia nell'immediato seguito, sia
  attraverso denunce per calunnia, falso e diffamazione nei
  confronti della stessa ARIOSTO, presentate anche da altre
  persone chiamate in causa a vario titolo dalla donna.  Di
  questa attività PREVITI lamenta che non vi è stata, da parte
  dell'organo di accusa, piena rispondenza e adeguato
  seguito.
      Non spetta a questo giudice rispondere a quest'ultima
  accusa di PREVITI.
      Nell'esposizione relativa al capo A) si è dato conto dei
  contrasti esistenti tra le affermazioni della teste e le
  contrarie risultanze difensive e si è esposto il complessivo
  valore indiziario degli elementi posti a fondamento delle
  considerazioni finali sull'esistenza di gravi indizi di
  colpevolezza.
                           *  *  *
  B) Quanto al capo B) l'on.le PREVITI sostiene, in sintesi
  quanto segue:
      1) di aver conosciuto l'ing.  Nino Rovelli negli anni
  '70;
      2) di aver avuto approfondita conoscenza delle vicende
  della SIR, avendo curato per EFIBANCA la difesa legale atta a
  dimostrare l'  iter  di un finanziamento alla società
  chimica che vedeva la banca nel ruolo di "capofila".
      3) di aver ricevuto dallo stesso NINO ROVELLI nel 1990 un
  mandato professionale teso ad eseguire una serie di pagamenti
  per suo conto con l'accordo che nell'ambito di questo mandato
  avrebbe potuto trattenere l'importo di una parcella dovuta a
  prestazioni professionali svolte negli anni precedenti.
      4) Di aver utilizzato il conto della HENTSCH da lui
  aperto già dal 1959, ed utilizzato in genere in relazione ad
  incarichi fiduciari
      5) Previti ha poi risposto di conoscere i destinatari
  finali delle somme, indicandoli genericamente come
  professionisti italiani e stranieri, ed escludendo
  categoricamente che si trattasse di pubblici ufficiali e
  magistrati  ("...seppi che queste somme dovevano andare in
  direzione di fatti personali, non soltanto italiani, non...
  diciamo che non mi balenò nemmeno il sospetto o l'ipotesi in
  alcun modo anche perché in qualche modo l'avrei saputo o
  intuito che potessero servire per pubblici ufficiali o
  addirittura magistrati, era un'ipotesi che nemmeno si poteva
  affacciare - pag 6 della trascrizione dell'interrogatorio del
  23 settembre 1997";  Domanda:  "Lei conosceva il nome dei
  destinatari di queste somme oppure no?"  Risposta:  "si,
  però vede, io credo che gli inquirenti il nome lo possano
  ricavare da questi, dai documenti che sono in loro possesso o
  con l'esercizio delle rogatorie o in altro modo, io..." ...
  "non voglio avere nemmeno la responsabilità morale oltreché
  giuridica di diffusione di nomi che a mio giudizio non hanno
  niente a che fare con l'inchiesta in corso..." -  ibid., pag
  7);
 
                             Pag.87
 
      6. di essere stato contraffatto, dopo la morte dell'ing.
  Nino ROVELLI (dicembre '90), dal figlio di quest'ultimo,
  FELICE, che lo aveva informato da un lato di essere al
  corrente del mandato professionale; dall'altro di voler
  mantenere gli impegni assunti dal padre all'esito della
  vicenda giudiziaria;
      7. a tal fine, di aver ricevuto nel 1994, la somma dii
  8.000.000 di FrS dagli eredi ROVELLI e di aver provveduto a
  dare esecuzione al mandato, sulla scorta delle indicazioni
  fornitegli nel 1990 da Nino ROVELLI.
      Secondo il prospetto del P.M. (ogni singola posta è stata
  contestata nel corso dell'interrogatorio), PREVITI ha poi
  destinato altrove questa somma, eseguendo i seguenti
  bonifici:
        in data 15 aprile 1994 (val. 19 aprile) bonifico di Frs
  2.147.000 alla Darier Hentsch di Nassau a favore del conto
  841399 (04677);
        in data 15 aprile 1994 (val. 19 aprile) bonifico di Frs
  2.147.000 alla Darier Hentsch di Nassau a favore del conto
  841402 (04680);
        in data 18 aprile 94 (val. 19 aprile) bonifico di Frs
  5.572.000 alla Verwaltungs e Privat Bank di Vaduz a favore del
  conto Codava Anstalt per Frs 5.571.000 (tramite la SBS di
  Ginevra conto nr. 136183 M.L.).  Si fa presente che la
  contabile riporta la seguente specifica: "via la SBS:
  destinataire final (Chf 5.571.000,-): Verwaultungs e Privat
  Bank Vaduz att. M. Frick - pour le cpte de Codava Anstalt";
        in data 14 luglio 1994 (val. 14.07) bonifico di Frs
  5.570.000 alla Neue Bank di Vaduz a favore del conto Osuna
  Trading Corp. conto n. 00143100;
        in data 14 luglio 1994 (val. 9 agosto) bonifico di Frs
  860.000 alla Neue Bank di Vaduz a favore della Osuna Trading
  Corp. - senza alcuna indicazione di causale e/o
  riferimento;
      8.  A seguito dell'osservazione dell'ufficio del P.M. che
  dalla data del "mandato" asserito da PREVITI alla data del
  pagamento sono passati quasi quattro anni, e che in tale lasso
  di tempo potevano essere intervenute variazioni circa i conti
  correnti dei destinatari, l'on.  PREVITI ha precisato:
  "Queste sono un po' le verifiche che ho fatto ma le ho
  fatte fare a mezzo banca, cioè praticamente ho cercato di
  sapere se esistevano quei destinatari e così ho eseguito...",
  "credo di aver usato il canale interbancario per sapere se la
  banca era giusta se il destinatario esisteva ancora nei
  termini in cui mi è stato indicato"  (ibid., pag 19).
      Contesta il Pubblico Ministero che nonostante queste
  precisissime affermazioni, l'onorevole PREVITI ha però
  sostenuto, di non sapere che i quasi 6 milioni di franchi
  svizzeri indirizzati alla società CODAVA erano destinati ad
  Attilio PACIFICO (ROVELLI  "...mi ha detto questi vanno a
  tale banca con questo riferimento... esatto... nel 1990" - 
  ibid., pag. 21 - allegato nr. 73) - (cfr. altresì allegato nr.
  29).
      A seguito dell'osservazione dell'Ufficio del P.M. che la
  società CODAVA è stata costituita nel 1994, l'onorevole
  PREVITI sostiene: "...il mandato era versare a tale banca
  riferimento tizio, essendo passati tre anni e mezzo io ho
  verificato se il tizio aveva questa aspettativa... il tizio
 
                             Pag.88
 
  è il dirigente diciamo indicato della banca... ho verificato
  questo e ho avuto le successive indicazioni cioè riferimento
  CODAVA" - ibid., pag. 22 - allegato nr. 73.
      Obietta il P.M. che la società CODAVA è stata costituita
  nel 1994, per conto e nell'interesse di Attilio PACIFICO, da
  tale Ettore ABELTINO (cfr. verbale in data 1^ giugno 1996 (3)
  - cfr. allegato nr. 27), che conosceva PREVITI da tempo che ha
  tra l'altro dichiarato di aver conosciuto il PACIFICO nel
  febbraio 1994.  La società doveva servire, secondo quanto
  riferito da PACIFICO ad ABELTINO, per farvi confluire i propri
  risparmi e per ricevere un grosso importo, in ordine al quale
  il PACIFICO aveva urgenza di avere a disposizione la società.
  Una prima tranche, infatti doveva pervenire in tempi molto
  brevi.  Quando è pervenuto l'importo bonificato su disposizione
  di PREVITI, ABELTINO ha chiesto a PACIFICO la causale del
  versamento, e PACIFICO gli ha risposto che si trattava di
  risparmi personali.
      Secondo il Pubblico ministero da tali circostanze di
  fatto deriva che:
      Nino ROVELLI non può aver dato indicazione a PREVITI del
  conto CODAVA, né indicato in Ettore ABELTINO il fiduciario cui
  rivolgersi perché la società ancora non esisteva e ABELTINO
  non conosceva PACIFICO;
      (3) Interrogatorio reso - per rogatoria - da ABELTINO
  Ettore in data 1^ giugno 1996: "Ho conosciuto Attilio Pacifico
  nel febbraio del 1994, presentatomi da un mio precedente
  cliente tale Mauro Siccardi di Roma.  Il SICCARDI mi aveva
  detto di aver un amico, il PACIFICO appunto, che doveva fare
  delle operazioni e che quindi me lo avrebbe presentato.  Dopo
  qualche giorno il Siccardi mi ha portato presso il mio ufficio
  di Milano, insieme a loro c'era un altro amico di Siccardi, di
  cui non ricordo il nome anche se mi pare che mi fu presentato
  quale avv.  CELESTI. ...Il PACIFICO mi disse che intendeva
  darmi l'incarico di costituire una società sulla quale far
  confluire i propri risparmi nonché un grosso importo, in
  ordine al quale aveva urgenza di avere a disposizione la
  società... aggiunse che il grosso importo doveva arrivare per
  una prima tranche in tempi molto brevi.  Io accettai l'incarico
  e feci presente al PACIFICO che per costituire una società
  erano necessari tempi tecnici piuttosto lunghi e cioè 2 o 3
  settimane, tempi che non rispondevano alla fretta di PACIFICO.
  Poiché avevo a disposizione una società che un cliente mi
  aveva incaricato di vendere, la EMCO, proposi al PACIFICO di
  operare tramite la EMCO in attesa che fosse pronta la società
  che dovevo costituire per lui (la CODAVA)...  Consultando le
  mie agende posso dire che il PACIFICO è stato da me il 4 e il
  18 marzo 1994...  In data 29 marzo 1994 è stata costituita con
  il nome CODAVA la società richiestami da PACIFICO...  Il 21
  aprile 1994 sono stati accreditati sul conto della CODAVA
  5.571.000 di FrS provenienti dalla SBS di Ginevra.  Quando sono
  arrivati sul conto questi soldi il mio corrispondente di Vaduz
  mi ha fatto sapere che la banca presso cui era stato acceso il
  conto della CODAVA voleva conoscere la causale del versamento.
  Io mi sono messo in contatto con PACIFICO e questi mi ha
  risposto che si trattava di sui risparmi personali.  Ho
  informato in tal senso il mio corrispondente che ha informato
  il direttore della banca.  Non ricordo se l'accredito della SBS
  era stato preceduto da un incontro o da una telefonata di
  PACIFICO con cui lo stesso mi preannunciava l'arrivo
  dell'importo.  Il 16 maggio 1994 è stato effettuato sul conto
  CODAVA un ulteriore accredito di 6.000.000 FrS disposto dalla
  PITARA TRUST (provvista ROVELLI).
 
                             Pag.89
 
      essendo la società di nuova costituzione, ed essendo
  ignoto ad ABELTINO che sulla stessa dovesse confluire un
  bonifico di PREVITI, non si capisce chi, se non lo stesso
  PACIFICO, abbia potuto informare il fantomatico dirigente di
  banca che era CODAVA il riferimento che avrebbe permesso a
  PREVITI di individuare il destinatario del bonifico;    ma,
  stando alle dichiarazioni di PREVITI, PACIFICO non poteva
  sapere che stava per arrivare il denaro, non avendoglielo lui
  detto;
      non risulta che PACIFICO fosse titolare di ulteriori
  rapporti presso la stessa banca ma, se ne avesse avuti, il
  denaro sarebbe stato bonificato su quei rapporti e non sul
  conto della CODAVA perché nessuno, se non lo stesso PACIFICO o
  ABELTINO, che però stando a PREVITI non potevano sapere del
  prossimo accredito del bonifico, avrebbe potuto rivelare alla
  banca che destinatario del bonifico dovesse essere tale ultimo
  conto):
      PACIFICO, contrariamente a quanto discende dalle
  dichiarazioni di PREVITI, era consapevole dell'arrivo del
  bonifico, ed ha fornito ad ABELTINO una giustificazione non
  veritiera sull'origine dei relativi fondi.
      Prosegue il P.M. nella sua confutazione delle risposte di
  PREVITI: "peraltro, se fosse vera la ricostruzione fornita da
  PREVITI, ci si troverebbe di fronte a due singolarità: che,
  avendo già un "debito" verso PACIFICO di 30 milioni di Frs
  (oltre 30 miliardi di lire), l'ing.  Nino ROVELLI abbia inteso
  far giungere al medesimo la meno rilevante somma di 5.570.000
  Frs per una strada separata, estremamente tortuosa, per il
  tramite dell'avv.  PREVITI senza informarlo che l'effettivo
  destinatario era l'avv.  PACIFICO; che Nino ROVELLI avrebbe
  comunicato a PREVITI i nominativi dei "professionisti"
  destinatari del denaro, omettendo però di fargli quello di
  PACIFICO".
      Questa considerazione appare condivisibile, tenuto conto
  della narrazione degli eredi Rovelli in merito alle modalità
  con cui sono state avanzate le richieste di Pacifico alla
  morte dell'ing.  Rovelli e delle successive modalità di
  "presentazione" di Acampora e Previti e tenuto conto che
  PREVITI esclude che NINO ROVELLI gli abbia mai fatto il nome
  di PACIFICO (pag. 24 trascr.).
      Il Pubblico Ministero confuta, poi, un altro aspetto
  della ricostruzione di PREVITI:
      "Quanto al bonifici disposti alla OSUNA TRADING CORP alla
  Neue Bank di Vaduz, l'intervallo tra la data in cui sono state
  ricevute le somme (25 marzo 1994) e la data del loro invio al
  destinatario (14 luglio 1994) è stata giustificata da PREVITI
  con la necessità di accertare l'attualità delle informazioni
  ricevute nel 1990 da Nino ROVELLI.  Accertata la correttezza
  dei dati, egli ha provveduto a bonificare 5.572.000 Frs e
  860.000 Frs alla società OSUNA.  Tuttavia, a tale società
  vengono, però, accreditate ulteriori somme nella medesima
  giornata (14 luglio 1994) pari ad oltre 4 miliardi di lire
  tratte dal proprio conto personale (il che fa presumere che
  PREVITI conoscesse già il destinatario finale e non avesse
  quindi bisogno di verificare le indicazioni fornite da Nino
  ROVELLI); da tale società vengono poi
 
                             Pag.90
 
  restituiti a Cesare PREVITI 700.000 Frs accreditati sul conto
  Mercier nel novembre dello stesso anno (cfr. allegato nr. 79 -
  annotazione di p.g. rir. 25) - il che conferma l'esistenza di
  rapporti diretti tra PREVITI e soc. OSUNA).
      La ricostruzione fornita da Cesare PREVITI è in netto
  contrasto con la versione addotta dagli eredi ROVELLI, i quali
  sostengono:
        che l'ing.  ROVELLI poco prima di morire ha riferito
  alla moglie del solo credito vantato da Attilio PACIFICO;
        che dopo la morte dell'ingegnere, è stato Attilio
  PACIFICO a far presente agli eredi che anche Cesare PREVITI e
  Giovanni ACAMPORA vantavano dei crediti (la circostanza rende
  ancor più inverosimile la spiegazione fornita da PREVITI del
  bonifico alla CODAVA)".
      A queste osservazioni del p.m. va aggiunto che il
  contrasto tra le dichiarazioni di PREVITI e quelle degli eredi
  ROVELLI è ancor più accentuato, ed assolutamente insanabile,
  laddove ROVELLI nega di aver contattato direttamente e di
  propria iniziativa PREVITI e di essere stato a conoscenza
  della fonte della pretesa avanzata da PREVITI.
      Sul punto PREVITI ha spiegato non esservi contrasto
  poiché è probabile che sia stato l'avv.  PACIFICO a informare
  ROVELLI del mandato conferito da suo padre all'avv.
  Previti.
      Tale spiegazioni non si presenta, allo stato,
  sostenibile: né PACIFICO né ROVELLI hanno mai lasciato
  intendere una possibilità simile: se fosse veritiera non si
  vede per quale motivo dovrebbe essere taciuta: esonererebbe
  l'uno e gli altri da responsabilità e quindi gioverebbe
  all'uno senza danneggiare processualmente gli altri.
      E' poi, scarsamente credibile che in presenza di un
  mandato, seppure fiduciario, né Previti abbia avvertito la
  necessità di dare un rendiconto, né FELICE ROVELLI di
  chiederlo: i destinatari delle pretese avrebbero, infatti
  potuto avanzare ragioni da Rovelli e questi non avrebbe
  minimamente saputo cosa rispondere.
      Ma vi è un altro insanabile contrasto tra le
  dichiarazioni di Rovelli e quelle di Previti.
      Si è visto che Rovelli ha sempre parlato di un debito nei
  confronti di Previti e di un credito che questi vantava (si
  verifichino le dichiarazioni di Felice Rovelli all'origine di
  questo processo).  Le prime dichiarazioni di Previti agli
  organi di informazione erano coerenti con questa impostazione
  poiché parlavano di "parcelle di una vita di lavoro".  Il
  cambio di spiegazione nell'interrogatorio del 23 settembre fa
  risaltare l'inconciliabilità con le dichiarazioni di Rovelli,
  posto che un mandato fiduciario non può essere paragonato ad
  un debito di Nino Rovelli nei riguardi di Previti.
  Rapporti fra PREVITI - PACIFICO - SQUILLANTE
      Nel corso dello stesso interrogatorio del 23 settembre il
  Pubblico Ministero ha chiesto a PREVITI la ragione di un'altra
  operazione finanziaria emersa all'esito delle rogatorie estere
  (domanda del P.M. dott.ssa Boccassini):  "dal conto Mercier
  escono in data 5 marzo 1991
 
                             Pag.91
 
  434.000 dollari diretti alla Società Bancaria Ticinese con un
  bonifico telegrafico e con disposizione che la valuta sia del
  7 marzo 1991, la somma che perviene presso la Società Bancaria
  Ticinese viene contabilizzata in accredito sul conto ROVENA di
  SQUILLANTE Renato in data 6 marzo 1991 con valuta 7 marzo 1991
  con la seguente causale: "bonifico HENTSCH Ginevra un loro
  cliente".  Prima di questo trasferimento ...della somma di
  434.404 dal conto Mercier alla S.B. T, questa stessa somma
  viene accreditata sul suo conto svizzero di Chiasso".
      Nella risposta l'on.le PREVITI ha collocato questa
  operazione a tutto l'insieme dei rapporti da lui intrattenuti
  con PACIFICO: nel corso degli anni, infatti egli aveva
  compiuto numerosissime rimesse in favore di PACIFICO, inviando
  denaro a PACIFICO presso la S.B.T. all'attenzione di Resinelli
  ed attendendo la rimessa in contante in Italia.  Presume quindi
  che la somma accreditata sul conto ROVENA di SQUILLANTE sia
  stata dirottata da PACIFICO, ignorando del tutto che
  Squillante avesse un conto presso quella banca.
      Obietta il P.M.:
        a)  dal conto Mercier della Darier Hentsch viene
  disposto un bonifico telegrafico di 434.404 USD a favore della
  Società Bancaria Ticinese di Bellinzona;
        b)  sui conti correnti di PACIFICO accesi presso
  la S.B.T. di Bellinzona non figura alcun accredito ditale
  somma o di somma equipollente ancorché espressa in altre
  monete;
        c)  l'importo proveniente dalla Darier Hentsch
  viene accreditato sul conto Rowena di Squillante Renato ove
  viene contabilizzato con la causale "bonifico Darier Hentsch +
  Co - d'ordine un loro cliente".
      Il bonifico telegrafico di 434.404 USD del 5 marzo 1991
  non transita sui conti di PACIFICO, ed è documentale che in
  quel periodo quest'ultimo non esegue operazioni di prelievo di
  contante personalmente o per il tramite di BOSSERT Alfredo,
  operazioni queste che avvenivano sempre nell'arco di
  pochissimi giorni (cfr. allegato nr. 80):
        1.  PACIFICO ha prelevato dai propri conti correnti
  svizzeri la somma di 8.004,00 franchi francesi in data 4
  gennaio 1991 (operazione precedente) e la somma di 500.000.000
  lire in data 30 aprile 1991 (operazione successiva - peraltro
  verosimilmente correlata ad bonifico di pari importo e moneta
  ricevuto da PACIFICO in data 24 aprile 1996 - cfr. allegato
  nr. 81 e nr. 57);
        2.  PACIFICO ha svolto operazioni con BOSSERT in data 18
  aprile 1990 per USD 520.000 (operazione precedente) e in data
  6 novembre 1991 per lire 298.800.000 (operazione
  successiva).
                           *  *  *
      Nel corso dell'interrogatorio è stata contestata
  un'ulteriore operazione, che al momento in cui veniva
  evidenziata all'onorevole PREVITI non era ben definita in
  tutti i suoi aspetti e che invece è stata
 
                             Pag.92
 
  approfondita successivamente.  Il chiarimento è rilevante,
  come si vedrà, poiché è stato accertato quale fosse la
  provenienza originaria della somma.
      P.M. (dott.ssa Boccassini): "sul conto di Pacifico
  risulta che vi pervenne un bonifico di 1 miliardo di lire e
  questo in data 24 giugno 1991; una volta arrivata la tranche,
  la somma viene divisa in due tranche da 500 milioni; una prima
  Pacifico la investe in un deposito fiduciario per... giorni e
  alla scadenza preleva contanti; la seconda tranche viene
  trasferita su un conto di PACIFICO che poi dispone nel giro di
  pochissimi giorni due bonifici, di 133.000.000 cadauno, il
  primo a favore del conto di SQUILLANTE, conto ROVENA, e
  l'altro il 2 luglio 1991 a favore del conto Mercier di
  PREVITI, lei ricorda questa operazione, può dire per quale
  motivo Pacifico...
      ON.LE PREVITI: "no, questo accredito da parte di
  PACIFICO... effettivamente è anomalo... completamente
  anomalo...  (..) è possibile che per quanto mi riguarda sia la
  compensazione di un qualche cosa che io gli avevo dato in più
  di un'altra occasione.
  Le indagini successive all'interrogatorio dell'on.le
  CESARE PREVITI e quelle successive al deposito della richiesta
  di misura cautelare.
      Nel passaggio precedente si è vista la difficoltà
  dell'on.le PREVITI nello spiegare per quale motivo sul proprio
  conto MERCIER presso la DARRIER HENTSCH che a suo dire veniva
  utilizzato per depositi fiduciari e sul quale confluirono il
  21 marzo 1994 i 21 miliardi dei ROVELLI, confluiscono 133
  milioni bonificati da PACIFICO, cioè dalla persona che PREVITI
  utilizzava, a suo dire, per far rientrare in Italia il denaro
  depositato in Svizzera.
      Tale circostanza, che potrebbe essere neutrale nella
  prospettiva di un'accusa che sino ad ora faceva leva su
  pagamenti avvenuti nel 1994, acquista invece un grave valore
  indiziante a seguito degli ulteriori sviluppi delle
  indagini.
      Dopo il deposito della richiesta di misura cautelare che
  qui si esamina si è potuto scoprire che la provvista
  originaria di un miliardo che confluisce sul conto Pavoncella
  di Pacifico presso la Banca del Sempione e da qui, attraverso
  il conto PAVONE della Società Bancaria Ticinese di Resinelli,
  giunge a PREVITI, proviene - significativamente - da FELICE
  ROVELLI e precisamente dal conto acceso presso la BANK LIPS
  BURKARDT di Zurigo (si veda verbale di interrogatorio di
  Rovelli in data 25 ottobre 1997 , trasmesso dal P.M. ad
  integrazione degli atti).
      Alla significativa novità peraltro si aggiunge un altro
  particolare.
      Il bonifico di lire 133.000.000 al conto ROWENA
  (SQUILLANTE) è del 26 giugno 1991 mentre l'altro bonifico di
  pari importo viene inviato al conto Mercier presso la Darier
  Hentsch di Cesare Previti in data 2 luglio 1991.
      Dall'esame della documentazione bancaria interna
  trasmessa dalla S.B.T. si evince che già in data 24 giugno
  1991 (ore 11.00) Renato SQUILLANTE aveva preannunciato alla
  banca l'arrivo di 133.000.000
 
                             Pag.93
 
  di lire dando - contestualmente - disposizioni alla banca di
  investire la somma in un investimento fiduciario a sei
  mesi.
      Sempre dalla documentazione interna della banca risulta
  che Attilio PACIFICO aveva dato disposizioni alla banca di
  bonificare i 133.000.000 sul conto ROWENA in data 25 giugno
  1991 e cioè il giorno dopo la comunicazione fatta dallo stesso
  SQUILLANTE alla S.B.T. di Bellinzona.
      PACIFICO, oltre ai due bonifici sopra specificati, ha
  altresì prelevato la somma di 450.000.000 (costituente parte
  del miliardo di lire accreditato qualche giorno prima) in data
  1 luglio 1991 presso la Banca del Sempione.
      Alla richiesta di precisare:
        1. quando sono stati accesi i conti presso la Bank Lips
  Burkardt (...);
        2. chi sono i titolari, i beneficiari economici e le
  persone delegate ad operarvi;
        3. come è stato alimentato il conto corrente in
  relazione a due pagamenti menzionati nella memoria difensiva
  del 14 ottobre 1997;
        4. le ragioni per le quali ha accreditato la somma di
  1.000.000.000 di lire e ad Affilio PACIFICO;
        5. posto che PACIFICO ha bonificato contestualmente
  133.000.000 a Renato SQUILLANTE ed altrettanti a Cesare
  PREVITI ed altresi provveduto a prelevare la somma di
  450.000.000 di lire, se voglia indicare chi erano i reali
  destinatari delle somme bonificate a PACIFICO;
        6. se vi siano stati altri bonifici disposti a favore
  di altri coindagati nell'ambito della presente vicenda.
      Rovelli non ha inteso rispondere.
                           *  *  *
      Identica linea processuale ha tenuto ROVELLI nel recente
  (27 novembre 1997) interrogatorio nel quale gli sono stati
  contestati gli ulteriori sviluppi delle indagini.
      E' infatti emersa una nuova linea telefonica nella
  disponibilità di ATTILIO PACIFICO.
      Dall'utenza cellulare vengono effettuate una serie di
  chiamate, significative del permanere di contatti tra PACIFICO
  e i ROVELLI nel periodo dal 21 novembre 1990-2.8.1993 (da
  ricordare che la decisione della corte d'appello di Roma reca
  la data del 26 novembre 1990).
      Dalla stessa utenza cellulare vengono più volte chiamati
  anche altri indagati nel presente procedimento (si veda
  tabella riassuntiva allegata al verbale di interrogatorio del
  27 novembre 1997 trasmesso ad integrazione degli atti).
                           *  *  *
 
                             Pag.94
 
      Altro elemento indiziante, significativo sul piano
  generale, è relativo alle annotazioni sull'agenda di PACIFICO
  che riguardano un assistente giudiziario in servizio presso la
  Corte di cassazione, ufficio movimento ricorsi del massimario
  civile; tra le tante menzioni ditale persona, significativa è
  quella del 22 gennaio 1993 ore 9,55; accanto al nome
  dell'impiegato appare l'annotazione
  "CORDA-MORELLI-BIBBOLINI-MILANO-BORRE", significativa se posta
  in relazione alla vicenda Corda, oltre ad annotazioni
  riguardanti il 27 maggio 1993 data di discussione del ricorso
  (si veda il verbale di assunzione di informazioni della
  persona informata sui fatti del 18 giugno 1997, trasmesso in
  data 1 ottobre 1997, con gli allegati).
      Pur non prospettandosi elementi indiziari univoci, ci si
  chiede per quale motivo PACIFICO, che non è officiato per la
  difesa ROVELLI, e che ha dichiarato di non essersi mai
  occupato della causa Rovelli, si preoccupi della composizione
  di un collegio, il cui presidente diverrà, suo malgrado,
  protagonista della vicenda già descritta.
                           *  *  *
      Per ciò che attiene più specificatamente alla posizione
  di PREVITI si devono annotare due documenti di integrazione
  degli atti, pervenuti dopo la presentazione della richiesta di
  misura cautelare:
        quello del 10 ottobre 1997 da cui emerge che la OSUNA
  TRADING CORP. di PANAMA è stata costituita il 26 gennaio
  1994;
        quello del 15 ottobre 1997 che riguarda gli
  accertamenti eseguiti presso la fiduciaria "SURVEILLANCE ET
  GESTION FINANCIERE SA" da cui risulta che CESARE PREVITI aveva
  aperto un rapporto con la fiduciaria e che alla fine dell'anno
  1996 ha ricuperato tutta la documentazione di sua pertinenza
  che si trovava nei locali della predetta società (Risposta
  alla rogatoria in data 13 ottobre 1997).
                           *  *  *
      In via di schematizzazione esemplificativa possono, alla
  conclusione dell'esposizione degli elementi indiziari
  raccolti, riprodursi le tabelle indicanti i rapporti bancari e
  i trasferimenti di denaro, utili per l'approfondimento della
  vicenda, elaborati dalla Sezione di Polizia Giudiziaria della
  Guardia di Finanza - (si riportano le annotazioni di servizio
  nn. 3, 9, 11, 24, 25 degli Ufficiali di P.G. M.c. Daniele
  SPELLO, M.c: Giuseppe MANISCALCO e M.c. Emilio DIODATI e M.o.
  Andrea SACCO sull'esame della documentazione bancaria
  pervenuta dall'A.G. Elvetica concernente i conti di PACIFICO
  Attilio, PREVITI Cesare e SQUILLANTE Renato).
  1) Trasferimento della somma di Usd 434.404.
      Persona sconosciuta dà ordine al Credito Svizzero di
  Chiasso di trasferire la somma di 434.404 Usd al conto MERCIER
  di PREVITI Cesare, con riferimento "Lit. 500.000.000".
 
                             Pag.95
 
      L'accredito sul conto MERCIER presso la Darier Hentsch di
  Ginevra avveniva in data 05.03.1991 (val. 7 marzo).
      In pari data viene conferito ordine alla Banca di
  bonificare la medesima somma di denaro su di un conto della
  Società Bancaria Ticinese di Bellinzona (la contabile non
  porta l'indicazione del conto destinatario).
      In data 6 marzo 1991 (val. 7 marzo) sul conto ROWENA di
  SQUILLANTE Renato, presso la SBT di Bellinzona, risulta un
  accredito, a mezzo bonifico proveniente dalla DARIER HENTSCH
  di Ginevra, della somma di Usd 434.404.
      In data 7 marzo 1991, come si evince da un documento
  trasmesso dalla SBT, persona indicata con la sigla "Sq" dava
  disposizione telefonica alla propria banca di frazionare
  l'importo in Usd appena pervenuto dalla DARIER HENTSCH in
  cinque parti' dando alle stesse le seguenti destinazioni:
        due parti, pari a Usd 173.761, 60 al conto ROBY;
        una parte, pari a Usd 86,880,80 al conto 761;
        due parti, pari a Usd 173.761,60 da investire a tre
  mesi.
      Effettivamente la Banca provvedeva nei termini che
  seguono:
        in data 20 marzo 1991 bonificava la somma di Usd
  173.761,60 al conto interno 1414 ROBY (riferibile all'agente
  di cambio di Milano ALOISIO);
        in data 7 marzo 1991 bonificava l'importo di Usd
  86.880,80 al conto interno 761 il cui beneficiario economico
  risulta essere SQUILLANTE Fabio;
        in data 7 marzo 1991 investiva la somma di Usd 175.000
  in un deposito fiduciario dall'11 marzo 1991 all'11 giugno
  1991 (alla scadenza tale deposito è stato rinnovato nel tempo,
  almeno fino al giugno del 1992).
      Antecedentemente all'operazioni di accredito di Usd
  434.404 il conto ROWENA USD presentava un saldo di
  5.486,20.
      Schematicamente l'operazione si può cosi riassumere:
 
                             Pag.96
 
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.97
 
  2) Somma di Frs 17.999.000 - Conto Mercier presso Darier
  Hentsch.
      1.  In data 25 marzo 1994 (val. 25 marzo) risulta
  accreditata sui conto MERCIER presso la Darier Hentsch di
  Ginevra, il cui beneficiario economico è PREVITI Cesare, la
  somma di 17.999.000 Frs provenienti dalla S.B.S. di Ginevra -
  Rif Filipo -.
      Dal 25 marzo 1994 al 15 aprile 1994 la somma di Frs
  appena accreditata viene investita per tre volte in operazioni
  fiduciarie, quindi viene in parte impiegata come segue:
        in data 13 aprile 1989 (val. 15 aprile) bonifico di
  Frs. 178.810,10 (pari a lit. 200.000.000) alla TDB - Unione
  Bancaire Privee di Ginevra a favore del conto n. 4 17023 L.L -
  Rif.  Monsieur Bergamin;
        in data 15 aprile 1994 (val. 19 aprile) bonifico di Frs
  2.147.000 alla Darier Hentsch di Nassau a favore del conto
  841399 (04677);
        in data 15 aprile 1994 (val. 19 aprile) bonifico di Frs
  2.147.000 alla Darier Hentsch di Nassau a favore del conto
  841402 (04680);
        in data 18 aprile 1994 (val. 19 aprile) bonifico di Frs
  5.572.000 alla Verwaitungs e Privat Bank di Vaduz a favore del
  conto Codava Anstalt per Frs 5.571.000 (tramite la SBS di
  Ginevra conto nr. 136183 M.L.);
        in data 3 maggio 1994 prelevamento di Frs. 143.920;
        in data 16 giugno 1994 (val. 20 giugno) bonifico di Frs
  173.410 (pari a lire 200.000.000) alla TDB - Unione Bancaire
  Privee di Ginevra a favore del conto n. 417023 L.L - Rif.
  Monsietir Bergamin;
        in data 14 luglio 1994 (val. 14 luglio) bonifico di Frs
  5.570.000 alla Neue Bank di Vaduz a favore del conto Osuna
  Trading Corp. conto n. 00143100;
        in data 14 luglio 1994 (val. 9 agosto) bonifico di Frs
  860.000 alla Neue Bank di Vaduz a favore della Osuna Trading
  Corp.
      Si evidenzia che, come risulta dal verbale di
  interrogatorio reso per rogatoria all'A.G. dall'Avv.  Rubino
  Mensch (fiduciario della famiglia Rovelli), questi ha disposto
  in data 17 marzo 1994 (val. 25 marzo) un bonifico dai conto
  corrente Pitara Trust di Vaduz presso la Bank In Liechtestein
  di Frs. 18.000.000 a favore della SBS di Ginevra conto 136.183
  ML - Rif.  Filippo.
  3) Trasferimento della somma di Frs. 5.571.000 da Mercier
  a CODAVA.
      Come riferito nell'annotazione di P.G. n. 09 datata 1
  settembre 1997, parte della Somma di Frs 17.999.000 che
  PREVITI riceve sul proprio conto MERCIER presso la Darier
  Hentsch di Ginevra in data 25 marzo 1994, quanto a Frs.
  5.571.000 (+ 1.000 Frs di spese bancarie) viene dallo stesso
  trasferita in data 18 aprile 1994 (val. 19 aprile) alla
  Verwaltungs e Privat Bank di Vaduz a favore del conto CODAVA
  ANSTALT; operazione effettuata tramite la SBS di Ginevra.
 
                             Pag.98
 
      Come dichiarato nel corso del verbale di interrogatorio
  reso su rogatoria all'A.G. Elvetica da ABELTINO Ettore in data
  1 giugno 1996 (che si allega), la CODAVA ANSTALT è soggetto
  economico riferibile a PACIFICO Attillo.
      Tale società, costituita in data 29 marzo 1994, aveva
  aperto un rapporto bancario in data 31 marzo 1994 presso la
  Verwaltungs e Privat Bank di Vaduz, in quanto, come dichiarato
  dal PACIFICO all'ALBELTINO, su tale conto avrebbe dovuto
  essere accreditata una forte somma di denaro.
      In data 21 aprile 1994, intatti, è stata accreditate sui
  conto della CODAVA ANSTALT la somma di Frs 5.571.000
  provenienti dalla S.B.S. di Ginevra.
      La somma di Frs. 5.571.000 uscita in data 18 aprile 1994,
  dal conto MERCIER di Previti Cesare, risulta, quindi,
  accreditata sul conto della CODAVA nella disponibilltà
  economica di PACIFICO Attilio.
  4) somme di denaro bonificate a Bossert.
      Dall'analisi dei conti bancari svizzeri, si è potuto
  accertare che ad Alfredo Bossert sono state bonificate
  complessivamente le seguenti somme di denaro provenienti dai
  conti specificati; importi successivamente dallo stesso
  monetizzati e consegnati in banconote a Pacifico Attilio,
  secondo le modalità descritte nel corso degli interrogatori
  resi per rogatoria all'A.G. Elvetica.
  1. dal conto PAVONCELLA di Pacifico Attilio presso la
  Banca del Sempione:
      Lit. 207.000.000;
      Usd 2.359.000
      dall'11 ottobre 1988 al 18 aprile 1990.
  2. dal conto 771 PAVONE di Pacifico Attilio presso la SBT
  di Bellinzona:
      Lit.8.716.250.000;
      Frs. 501.618,80
      dal 15 aprile 1993 all'11 ottobre 1994.
  3. dal conto 851 GIOVANNI di Pacifico Attilio presso la
  SBT di Bellinzona:
      Lit. 200.000.000;
      il 17 ottobre 1994.
  4. dal conto 904 COCK di Pacifico Attilio presso la SBT di
  Bellinzona:
      Lit. 5.727.510.000;
      Frs. 100.567,30
      dal 28 novembre 1994 al 15 dicembre 1995.
 
                             Pag.99
 
  5. dal conto TEMPELHOF di Pacifico presso la SBT di
  Bellinzona:
      Frs. 161.581,60
      il 31 gennaio 1995.
  6. dal conto FORELIA - Rubrica Principale - presso SBT di
  Bellinzona:
      Lit. 454.500.000
      dal 20 giugno 1995 al 26 giugno 1995.
      per un totale complessivo di:
      Lit. 15.305.260.000
      Usd 2.359.000
      Frs. 763.767,70
      In particolare, analizzando analiticamente le singole
  operazioni, si è potuto accertare quanto segue.
  1.1 somme di denaro bonificate dal conto PAVONCELLA ai
  conti di Bossert (lire 207.000.000 - Usd 2.359.000).
      Nella seguente tabella vengono analiticamente
  specificati gli importi che dal conto PAVONCELLA sono stati
  bonificati ai conti di BOSSERT.
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.100
 
      Nella tabella seguente, invece, quando possibile, in
  corrispondenza di ciaseuna operazione, viene indicata 'a
  provvista sul conto PAVONCELLA necessaria per eseguire i
  bonifici indicati nella tabella precedente, con indicazione
  della data del relativo accredito:
                      ...  (omissis) ...
      Dal raffronto dei dati riportati nella due tabelle si
  nota che, a fronte delle somme bonificate al Bossert, nel
  conto PAVONCELLA vi sono delle entrate di pari importo nello
  stesso giorno o il giorno successivo.  Appare, quindi evidente
  che le stesse somme che entrano immediatamente escono.
 
                             Pag.101
 
  2.1 somme di denaro bonificate dal conto 771 PAVONE ai conti
  di Bossert (Lire 8.716.250.000 - Frs. 501.618,80).
      Nella seguente tabella vengono analiticamente
  specificate gli importi che da tale conto sono stati
  bonificati ai conti di BOSSERT.
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.102
 
      Nella tabella seguente, invece, quando possibile, in
  corsispondenza numerica di ciascuna operazione, viene indicata
  la provvista della somma nel conto PAVONE necessaria per
  eseguire i bonifici indicati nella tabella precedente, con
  indicazione della data dell'accredito.
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.103
 
  3.1 somme di denaro bonificate dal codito 851 GIOVANNI ai
  conti di Bossert (Lire 200.000.000)
      L'importo di lire 200.000.000 bonificato in data 17
  ottobre 1994 al conto OKAPI perviene sul conto 851 GIOVANNI in
  data 14 ottobre 1994 dal conto MERCIER (Cft. all. nr. 6).
  4.1 somme di denaro bonificate dal conto 904 COCK ai conti
  di Bossert (Lire 5.727.510.000 - Frs. 100.490).
      Nella seguente tabella vengono analiticamente specificati
  gli importi che da tale conto sono stati bonificati al conti
  di BOSSERT.
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.104
 
      Nella tabella seguente, invece, quando possibile, in
  corrispondenza numerica di ciascuna operazione, viene indicata
  la provvista nel conto COCK necessaria per eseguire i bonifici
  sopra riportati, con indicazione della data dell'accredito.
                      ...  (omissis) ...
      Dall'analisi effettuata, si è notato che il sottoconto
  in lire del conto COCK è stato utilizzato, quasi
  esclusivamente per compiere le operazioni descritte nel
  presente paragrafo.
  5.1 somme di denaro bonificate dal conto TEMPELHOF ai
  conti di Bossert (Frs. 161.481.60 per un controvalore di lire
  201.600.000).
      All'atto di tale bonifico eseguito in data 31.01.95 per
  un controvalore di Lit.201.600.000 a favore del conto OKAPI
  presso l'ABN di Chiasso, il conto presentava un saldo negativo
  di Frs. 146.193,60 che verrà coperto il successivo giorno 7
  febbraio con un versarnento di Frs. 162.000.000).
 
                             Pag.105
 
  6.1 somme di denaro bonificate dal conto FORELIA - Rubrica
  Principale - ai conti di Bossert (Lire 454.500.000).
      Nella seguente tabella vengono analiticantente
  specificati gli importi che da tale conto sono stati
  bonificati ai conti di BOSSERT.
                      ...  (omissis) ...
      Per eseguire i tre bonifici indicati, in data 14 dicembre
  1994 viene "girata" dal sottoconto in Usd la somma di 300.000
  Usd che viene accreditata nel sottoconto in lire per un
  controvalore di 485.700.000 che, nel tempo, vengono in parte
  utilizzati come indicato.
      7.  Si è proceduto a riscontrare i dati sopra riportati
  con i dati forniti dal Bossert in sede di interrogatorio.
      Da tale riscontro è emerso quanto segue:
        lire 207.000.000 bonificati in data 11 ottobre 1988 dal
  conto PAVONCELLA presso la SBT al conto EVEREST, presso la
  Banca del Sempione di Claasso (tale bonifico non è stato
  segnalato dal Bossert).
      Bossert segnala inoltre due operazioni di monetizzazione,
  rispettivamente:
        in data 6 novembre 1991 di Lit. 298.800.000 consegnati
  al PACIFICO a fronte di Frs 352.000 ricevuti;
        in data 15 settembre 1992 di Lit. 50.310.000 consegnati
  al PACIFICO a fronte di 43.000Usd ricevuti;
      che non trovano riscontro nella documentazione bancaria
  allo stato acquisita.
  5. rapporti tra il conto Mercier di Previti ed il conto
  Osuna presso la Neue Bank di Vaduz.
      Dall'analisi delle movimentazioni registrate sui conto
  MERCIER di Previti presso la banca Darier Hentsch di Ginevra
  si è potuto riscontrare che il 14 luglio 1994, PREVITI ha
  disposto i seguenti bonifici a
 
                             Pag.106
 
  favore della OSUNA TRADINO Corp.  Panama, presso la Neue Bank
  AG di Vaduz:
                      ...  (omissis) ...
      La provvista sui conto MERCIER per effettuare i
  trasferimenti alla OSUNA, in particolare per i due bonifici in
  Frs.  (5.570.000 + 860.000), come già riferito con
  l'annotazione nr. 9, è quella derivante dall'accredito di Frs
  17.999.000 Frs da parte di Rovelli.
      La provvista per le altre valute deriva, per la maggior
  parte, dallo smobilizzo di titoli che in precedenza erano
  stati acquistati.
      Si è potuto altresi riscontrare che in data 22.11.1994 al
  conto MERCIER perviene un bonifico di Frs. 700.000 dalla SBS
  di Zurigo ordine e conto OSUNA JRADING Corp., Panama (per un
  controvalore di circa lire 840.000.000).
  VALUTAZIONE DEGLI INDIZI E DELLE CIRCOSTANZE A
  FAVORE
      Cesare PREVITI, nelle sue difese, eccepisce di non aver
  mai avuto una dei reati addebitatigli, poiché non gli è mai
  stato indicato in specifico processo, a quale specifico
  pubblico ufficiale e segnatamente magistrato, a quale contesto
  temporale vadano riferite le accuse, con la conseguenza
  dell'impossibilità, da parte sua, di esercitare idonee
  difese.
      In relazione alla vicenda IMI/Rovelli egli asserisce che
  l'accusa opera un inversione dell'onere della prova poiché
  pretende la spiegazione di rapporti patritnoniali che sono
  stati invece giustificati da PREVITI con la necessità di dover
  adempiere ad un mandato di pagamento a vari professionisti,
  italiani e stranieri conferitogli dall'ing.  Nino ROVELLI, ed
  asserisce, inoltre che dalla documentazione bancaria acquisita
  dagli inquirenti risultano i destinatari di tali somme.
 
                             Pag.107
 
      Anche per questa vicenda egli lamenta di essere
  nell'impossibilità di fornire una prova contraria in relazione
  a fatti di reato che l'accusa non ha ipotizzato nelle dovute
  connotazioni essenziali, l'individuazione dei corrotti, atto,
  luogo e tempo della corruzione.
      Lamenta, ancora, che nella vicenda contestata al capo A)
  si è prestata cieca fede ad una persona le cui dichiarazioni
  sono caratterizzate da evidenti elementi di calunnia.
      Si deve ricordare che nella dimostrazione del  thema
  probandum  la prova critica ha non minore valenza della
  prova rappresentativa (Cass., I penale, 21 ottobre 1991, Foto
  It., 1993, II, 247).
      I parametri giurisprudenziali che governano il
  procedimento logico- giuridico in tema di valutazione degli
  indizi idonei a fondare un giudizio di probabilità per
  l'applicazione di una misura cautelare ex articolo 273 cpp,
  impongono la verifica dei seguenti requisiti della circostanza
  indiziante:
        certezza della circostanza indiziante nella sua
  storicità;
        gravità dell'indizio, da intendersi come capacità di
  resistenza alle obiezioni (Cass., 24 giugno 1992, id. 30
  gennaio 1991), ovvero come pertinenza rispetto al  thema
  probandum  (Cass., 25 gennaio 1993), o come "rilevante
  continuità logica" rispetto al fatto ignoto da provare.
      Per il reato descritto al capo A) si richiamano le
  osservazioni già svolte in precedenza sulla portata degli
  elementi indizianti.
      A fronte di lacune o mancanza di riscontri nel racconto
  della ARIOSTO (descrizione del circolo Canottieri Lazio,
  descrizione della casa di via Cicerone, affermazione
  dell'esistenza di una disponibilità illimitata di somme presso
  EFIBANCA per alimentare la corruzione dei magistrati) vi sono
  conferme di molte e significative affermazioni: emergere della
  figura dell'avvocato Pacifico, rapporto Squillante-Pacifico,
  disponibilità finanziarie di Squillante proprio nel periodo
  descritto dalla Ariosto (dichiarazioni Aloisio) non spiegabili
  con i leciti proventi da attività lavorativa dipendente,
  conferma delle frequentazione tra Previti e magistrati
  (Casoli) e della presenza in almeno due occasioni della
  Ariosto in casa Previti (Casoli), narrazione delle vicende
  corruttive da parte della Ariosto a Casoli e Dotti in anni di
  molto precedenti la decisione di presentarsi alla Procura
  della Repubblica di Milano (che porta ad escludere un intento
  calunniatorio), conferma documentale (fotografica) di talune
  affermazioni della Ariosto.
      Tutto ciò, se non rende inattaccabile la testimonianza
  Ariosto, rende però altamente probabile la veridicità del suo
  racconto, sulla scorta degli autonomi accertamenti compiuti
  dagli organi di investigazione.
      Vi è da tener presente che la Ariosto riferisce due
  ordini di circostanze:
        quelle apprese direttamente, sulle quali vi è stata una
  rilevante serie di conferme (frequentazioni
  Previti-magistrati; viaggio NIAF);
        quelle apprese per il racconto di altri, in particolare
  di Previti, sulle quali vi sono conferme significative (ruolo
  dell'avv.  Pacifico, contatti con Squillante, natura economica
  dei rapporti tra i due); i rapporti con EFIBANCA appartengono
  a questa seconda categoria: la
 
                             Pag.108
 
  mancata conferma delle circostanze riferite dalla Ariosto sul
  punto, sicuramente valutabile quale elemento a favore della
  difesa, non fa per ciò stesso scomparire il valore indiziante
  degli altri elementi raccolti, poiché essi attestano la
  veridicità del complessivo racconto della donna.
      Non vi è contraddizione tra queste conclusioni e i
  provvedimenti di archiviazione adottati nei confronti di
  alcuni magistrati citati nelle dichiarazioni della signora
  Ariosto, in particolare del dott. MELE.
      Nell'archiviare la posizione di tale magistrato si prese
  atto che non vi erano addebiti specifici sul suo ruolo e che
  vi erano plurime circostanze valutabili in senso a lui
  favorevole, emergenti dalle dichiarazioni della stessa
  Ariosto; si prese atto anche del mancato riscontro di una
  circostanza (il possesso di un quadro di valore all'interno
  del proprio ufficio di Procuratore della Repubblica di Roma e
  che il Procuratore dimostrò appartenere legittimamente
  all'Aniministrazione) in merito alla quale la stessa Ariosto
  ammise il proprio errore, spiegandone l'origine, già prima
  dell'incidente probatorio.
      Sulla sussistenza del reato, va richiamata la decisione
  della Corte di Cassazione 16 aprile 1996 (depositata il 23
  maggio 1996) sul ricorso proposto da Renato SQUILLANTE avverso
  l'ordinanza li marzo 1996 emessa dal G.I.P. presso il
  Tribunale di Milano:
      "La condotta offensiva, attribuita allo Squillante,
  come dirigente dell'ufficio giudiziario, consiste nella
  trasgressione sistematica del dovere di garantire a scopi
  istituzionall quella vigilanza che a lui competeva a presidio
  della legalità dell'organizzazione e dell'azione corretta dei
  componenti della medesima".
      "Ed ancora, la condotta antidoverosa ipotizzata è stata
  identificata nel piegare l'organizzazione dell'ufficio e la
  gestione del medesimo a vantaggio di un gruppo economico ("in
  quanto stabilmente retribuito perché ponesse le sue pubbliche
  funzionial servizio degli interessi degli erogatori... società
  aventi sede a Milano..."), in modo da far risultare l'ufficio
  stesso in un rapporto strumentale rispetto ad interessi
  estranei all'amministrazione della giustizia, e far apparire
  il proprio ruolo e quello di alcuni componenti
  dell'organizzazione giudiziaria in stretto collegamento con
  persone esponenziali del gruppo imprenditoriale".
      "In violazione dei doveri... tipici della funzione
  giudiziaria, in tutti i procedimenti e in ogni altra attività
  in cui ne fosse richiesto...", "avrebbe procurato al gruppo il
  favore di componenti della amministrazione della giustizia,
  ("impegnandosi ad intervenire su appartenenti agli uffici
  giudiziari... in modo da favorire le società predette ...)",
  nonché determinato una credibilità diffusa di influenza di
  detto gruppo sull'andamento della giustizia in settori di
  interesse delle società".
      "Il tutto è stato addebitato allo Squillante in ragione
  di una strumentalità inquinante da costui posta in essere in
  favore del gruppo imprenditoriale costituito dalle società
  aventi sede in Milano, assecondando gli interessi delle
  società stesse secondo determinazioni, ideazioni ed una
  complessiva concertazione illecita incentrata nel luogo stesso
  di collocazione e di diffusione degli scopi delittuosi, cioè
  in Milano".
 
                             Pag.109
 
      "Ciò posto, come risulta dal testo stesso
  dell'ordinanza impugnata, attraverso la stigmatizzazione
  indiziaria degli elementi utilizzati per la ricostruzione
  dell'intera vicenda (rapporti costanti e frequentazioni tra
  Squillante, Previti, Pacifico, intreccio di interessi
  finanziari riferibili all'attività delle società milanesi
  nonché dei su nominati, modalità e circostanze inerenti alle
  intense comunicazioni e motivazioni delle medesime, aderenza
  di un determinato ambiente giudiziario rispetto agli interessi
  del gruppo rappresentati da personaggi di significativo
  rilievo, interferenza nell'attività giudiziaria in corso,
  giacenze finanziarie all'estero) -, la condotta corruttiva
  contestata allo Squillante, ed ai compartecipi, va oltre alla
  individualizzazione di singoli atti formali, ed attiene al
  substrato dell'attività complessiva inerente al suo ufficio,
  caratterizzata illecitamente dalla deviazione rispetto ai
  doveri fondamentali della struttura giudiziaria".
      "Ed allora, identificato nella suddetta condotta il
  veicolo dell'offesa dell'interesse tutelato i due episodi di
  materiale dazione del denaro, indicati dal "teste"
  costituiscono solo momenti della complessiva vicenda
  corruttiva, ed assumono il più riduttivo ruolo di momenti
  satisfattivi dell'apio disegno corruttivo dello Squillante,
  d'intesa con gli esponenti del gruppo economico di Milano".
      "Al fine di definire più puntualmente l'addebito
  corruttivo dello Squillante, questo Collegio non può
  trascurare di considerare come l'inquinamento di
  un'organizzazione, di natura professionale, quale quella
  giudiziaria, possa manifestarsi in un lento e progressivo
  condizionamento delle sue scelte rispetto a gruppi economici
  attraverso la creazione di collegamenti anomali con i suoi
  componenti verso i quali si viene a determinare un rapporto di
  "simpatia" ovvero di condivisione dei subvalori a costoro
  riferibili, sulla base di procurate occasioni di incontri, di
  regalie, di mondanità, di soddisfacimento di esigenze di
  gratificazione individuali di ogni specie.  E ciò non può non
  risultare di più agevole ed incisivo risultato ove l'attività
  possa giovarsi di un esponente, qualificato e quindi di
  vertice, dell'organizzazione stessa, potendo non solo
  "intervenire sugli altri appartenenti" dell'ufficio, non solo
  garantire una copertura di complicità, ma determinare
  motivazioni per la rimozione di ogni remora psicologica a
  livello individuale di slealtà verso l'organizzazione, nella
  commistione che il capo dell'ufficio determina tra potere
  formale, che distorce, e potere informale indirizzato alla
  cura di interessi antinomici, che nell 'ésercizio di quello
  dissimula".
      "Da quanto sopra, s'impone una più approfondita rilettura
  normativa delle ipotesi criminose di corruzione, tutte le
  volte che abbiamo come riferimento fatti non solo di
  mercimonio dei doveri dell'ufficio in relazione ad atti
  squisitamente formali, ma coinvolgenti la condotta in genere
  del pubblico ufficiale di favoritismo e quindi antidoverosa
  (Cass. sez. 6, 29 ottobre 1992, P.m. inproc.  Riso, CED Cass.
  193821, 19382Z idem, 14 marzo 1996, Varvarito); e ciò
  soprattutto quando, come nel caso in esame, la corruzione,
  investendo i doveri di base di un'organizzazione
  ("professionale", in quanto sono ad essa affidate scelte di
  valore, come le decisioni giudiziarie), comporta la
  sistematica abdicazione delle sue finalità legali, e la
  formazione di una subcultura che sostituisce quelle finalità
  con gli scopi illeciti posti a base del mercimonio
  dell'ufficio".
 
                             Pag.110
 
      "Ed il suddetto inquinamento costituiva la ragione,
  come risulta dall'ordinanza impugnata, dell'inserimento dello
  Squillante nell'assetto degli interessi del gruppo economico
  di Milano, dal quale il medesimo risultava destinatario di
  denaro ed utilità patrimoniali".
      Per il reato ascritto al capo B) sono storicamente
  documentati i seguenti fatti specifici:
        1. pagamento di una somma di denaro da parte degli
  eredi Rovelli;
        2. insanabile contrasto tra le dichiarazioni degli
  eredi Rovelli e quelle degli indagati in merito alla causa
  negoziale legittimante la dazione;
        3. uso del fondo Pitara Trust per effettuare il
  pagamento;
        4. contatti telefonici tra indagati ed annotazioni in
  periodi rilevanti per la vicenda processuale sottostante;
        5. vicenda negoziale e processuale con rilevanti
  anomalie (Minniti, Corda, procura speciale);
        6. accertamento di pagamenti e di passaggi di
  denaro.
                           *  *  *
      Prima di esaminare questi elementi, già esposti nella
  parte descrittiva, occorre dare risposta ad un'obiezione della
  difesa di PREVITI nella memoria depositata il 18 settembre
  (pag. 16 e pagg. 19-27).
      Afferma, esattamente, la difesa che il pubblico ministero
  non censura il merito delle sentenza IMII ROVELLI, "il che
  significa che tali sentenze sono giuste" (così la difesa), con
  la conseguenza che "se l'atto o gli atti d'ufficio sono
  giusti, cioè conformi al dovere d'ufficio, non si comprende
  come su tale base si possa costruire un indizio di corruzione"
  (pag. 16 memoria cit.)
      Ad avviso di questo giudice la problematica deve essere
  esaminata in una prospettiva diversa.
      Innanzitutto l'atteggiamento del P.M. è corretto: il
  processo penale non può (perché non lo consente il sistema nel
  suo complesso) diventare la sede di impropria "revisione" di
  decisioni giudiziarie, così che ad ogni vicenda processuale
  (civile, penale, amministrativa, tributaria) possa
  corrispondere una parallela "verifica" penale (coeva o
  posteriore).
      In secondo luogo, ed anche se non si volesse accettare il
  rilievo ora formulato, per ipotizzare una corruzione non è
  necessario dimostrare l'ingiustizia della decisione.  E' invece
  sufficiente che vi sia una incertezza obiettiva o soggettiva
  in relazione alla decisione stessa, incertezza che può
  riguardare tanto l'aspetto sostanziale dedotto in giudizio
  quanto gli aspetti processuali del giudizio stesso, e per
  rimuovere la quale ci si determina all'atto corruttivo.
 
                             Pag.111
 
      Nel caso in esame il processo presentava molteplici
  caratteri di incertezza:
        a)  sull'  an  vale ricordare quanto dichiarato
  dal prof. Schlesinger che fornisce una rappresentazione
  efficace quanto meno dell'incertezza nell'accertamento del
  dirìtto dell'una o dell'altra parte;
        b)  sul quantum va ricordato che il presidente
  Minniti si era determinato a far effettuare una nuova perizia
  estimativa, segno che la precente non veniva ritenuta
  sufficiente.  Anche in questo caso non è necessario dimostrare
  che la successiva perizia avrebbe smentito la prima; di fatto
  non potè essere effettuata perché il presidente Minniti
  dovette recarsi alla "improrogabile" riunione sull'edilizia
  giudiziaria.
        c)  sotto il profilo processuale il clima di
  incertezza è dimostrato dalla stessa investitura della corte
  costituzionale e dalla frenetica attività di FELICE ROVELLI
  nei giorni in cui si doveva discutere la causa in Cassazione.
  L'attività mal si spiega se si tiene presente che fin dal
  marzo 1991 il prof ARE aveva comunicato al Rovelli di aver
  scoperto la mancanza della procura speciale nel fascicolo e lo
  aveva invitato a non divulgare la notizia che rappresentava la
  certa vittoria nella causa.
      Se ciononostante ROVELLI si attiva è il segno di
  un'incertezza quanto meno psicologica sul risultato della
  discussione, tale da rendere concretamente ipotizzabile un
  intervento corruttivo.
      Si spiegano così i contatti con Squillante, che come
  emerge dal tabulato delle telefonate sono continuati anche
  dopo i giorni 29 e 30 gennaio 1992.
      La successiva vicenda del presidente Corda dimostra come,
  rimuovere l'incertezza, si facesse ricorso ad ogni possibile
  mezzo.
                           *  *  *
      Un'altra circostanza sulla quale si accentrano le difese
  di PREVITI riguarda la vicenda della mancanza o sparizione
  (secondo i differenti punti di vista) dell'ormai nota procura
  speciale.
      La difesa di PREVITI coglie l'esattezza del dato
  iniziale; nella nota di deposito del ricorso per Cassazione
  dell'IMI non è elencata la procura speciale (se lo fosse stata
  il problema sarebbe risolto in radice poiché tutto si
  ridurrebbe ad ipotizzare un incolpevole sparizione per le più
  varie ragioni - disordine della cancelleria, erroneo
  inserimento in altro fascicolo, ecc - indipendenti da
  volontarie condotte umane).
      La deduzione che tale procura non è mai stata depositata
  per negligenza dei difensori dell'IMI è una delle ipotesi che
  si affacciano e che PREVITI fa propria.
      Tuttavia le vicende successive, descritte nella parte
  narrativa, lasciano aperta la possibilità di interpretazioni
  alternative fornite di grave valore indiziante.
      Non solo è singolare l'improvvisa ricomparsa delle
  procura nelle more tra la deliberazione in camera di consiglio
  (fatto già citato nell'ordinanza ACAMPORA-PACIFICO), e il
  deposito delle motivazioni della sentenza ma il collegamento
  con la vicenda CORDA conferisce maggior valore indiziante a
  tale fatto.
      Si ricordi che la procura viene "restituita" assieme ai
  ringraziamenti al presidente Corda per l'astensione "che ha
  consentito di
 
                             Pag.112
 
  chiudere la partita 3 a 2".  E' quindi evidente che il
  soggetto (o centro di interessi) che ha restituito la procura
  speciale è lo stesso che ha indotto il presidente CORDA ad
  astenersi.
      Per rendere incontrovertibile la tesi di PREVITI occorre
  ipotizzare che l'IMI (e/o i suoi legali) pur consapevole di
  non aver depositato la procura, venuta a conoscenza che il
  presidente CORDA aveva intenzione di proporre un ripensamento
  dell'orientamento giurisprudenziale, e quindi di ritenere
  ugualmente procedibile il ricorso dell'IMI, abbia voluto
  vanificare questo indubbio vantaggio eliminando dal collegio
  giudicante il presidente CORDA.
      L'enigmaticità della vicenda lascia spazio anche a tale
  ipotesi; ma sul piano del calcolo delle probabilità essa
  appare una autentica fantasia (a meno di non pensare che l'IMI
  volesse così pervicacemente perdere la causa da non depositare
  la procura speciale, eliminare dal collegio una persona
  orientata ad una decisione oggettivamente favorevole a se
  stessa e far ricomparire la procura prima del deposito della
  decisione finale, inneggiando alla sconfitta dei "servi
  dell'IMI").
      Gli elementi riportati nella parte descrittiva
  rappresentano un quadro indiziario grave della sussistenza del
  reato ipotizzato.
      Plurimi indizi, infatti, gravano sull'indagato.
      In primo luogo la corresponsione da parte degli eredi
  Rovelli di un importo assai rilevante senza una causa
  negoziale verificabile porta a ritenere che la causa del
  pagamento sia dovuta ad una prestazione illecita.
      Se, infatti, la somma fosse stata dovuta per prestazioni
  legittime non vi sarebbe stata necessità per l'ing.  Rovelli di
  raccomandare alla moglie il pagamento dell'avvocato Pacifico:
  questi avrebbe reclamato il proprio credito e in caso
  d'inadempimento avrebbe attivato le procedure giudiziarie
  dimostrando il suo legittimo titolo.
      E' significativo che l'ing.  Rovelli non raccomandi alla
  moglie di pagare gli avvocati che lo assistettero nelle varie
  procedure, a cui pure doveva del denaro (come è dimostrato dal
  fatto che il Trust di Vaduz venne utilizzato anche per pagare
  i difensori muniti di procura): di tutti i possibili creditori
  l'ing Rovelli ricorda alla donna proprio Pacifico.
      E' significativo che gli eredi Rovelli non chiedano
  alcuna spiegazione a PACIFICO sul motivo per cui egli viene a
  richiedere una somma tanto rilevante e neppure facciano
  rimostranze alla, imprevista, entrata in scena dell'avv.
  ACAMPORA e dell'avv.  PREVITI, essi pure portatori di una
  pretesa creditoria parimenti rilevante, sulla sola base
  dell'indicazione di PACIFICO  ("il Pacifico mi disse che la
  somma che mi richiedeva riguardava i suoi rapporti con mio
  padre, mi aggiunse che mio padre aveva dei debiti anche nei
  confronti dell'avv.  Acampora e dell'avv.  Cesare Previti.
      Aggiunse che lui richiedeva a me il pagamento del suo
  credito, mentre Acampora e Previti mi avrebbero contattato
  ciascuno per il credito proprio Fin dalla prima volta che l'ho
  visto Acampora mi ha chiesto una somma dell'ordine di una
  dozzina di miliardi senza specificare i motivi, ma dicendo che
  mio padre glieli aveva promessi...  Nel primo incontro Previti
  mi disse che il debito di mio padre nei suoi confronti era di
  circa 20 miliardi.  Anche a Previti non ho mai chiesto
  spiegazioni, perché anche lì si trattava di pagare tutti gli
  impegni che
 
                             Pag.113
 
  mi venivano prospettati come assunti da mio padre, oppure di
  rifiutarli" - dich.  Felice Rovelli 8 maggio 1996).
      Sulla mancanza di titolo legittimo per pretendere le
  somme si deve rilevare che nessuno dei tre avvocati
  beneficiari risulta investito della procura per difendere i
  Rovelli nelle procedure IMI; il solo avvocato Pacifico ha
  svolto un ruolo, definito come marginale da Felice Rovelli,
  che parla di "limitata attività di consulenza" ed attribuisce
  a tale limitata attività il pagamento della parcella da
  200.000.000 rinvenuta nella perquisizione a carico di
  PACIFICO.
      Si deve poi osservare che Pacifico, nell'interrogatorio
  del 19 marzo 1996, accettando di parlare della vicenda
  Battistella Rovelli si limita a precisare di aver effettuato
  una consulenza fiscale relativa al pagamento della tassa di
  successione, sia in Italia che in Svizzera, senza fare alcun
  accenno a pregresse intese con l'ing.  Rovelli.
      Si è già messo in evidenza il contrasto tra le
  motivazioni portate da Pacifico e Acampora e da PREVITI quelle
  degli eredi Rovelli sulla causale del pagamento.
      In particolare le difese svolte da Cesare PREVITI
  nell'interrogatorio del 23 settembre 1997 e l'affermazione che
  egli ebbe conferito un mandato da Nino Rovelli, non hanno
  trovato alcuna conferma, neppure indiretta, dagli eredi
  ROVELLI.
      Di tale mandato (che non necessariamente deve derivare da
  atto scritto, potendosi certamente ipotizzare che nel mondo
  dei commerci e della finanza vi siano mandati fiduciari) non
  vi è traccia neppure indiretta.
      E' del tutto inverosimile che si versino 67 miliardi di
  lire senza minimamente conoscere il motivo per il quale si
  paga.
      Ciò vale non solo per la Battistella che dichiara
  espressamente di escludere che le prestazioni riportate da
  Pacifico nella fattura siano mai state realmente effettuate
  (dimostrando così di benessere consapevole della fittizietà
  del documento), ma ancor più per Felice Rovelli il cui
  curriculum (si veda memoria avv.  Mensch,) è tale da far
  presumere una sua particolare attenzione a problemi finanziari
  e una particolare padronanza dei mezzi di gestione finanziaria
  è pressoché impossibile credere che una persona con il livello
  di studi e di esperienze professionali dell'ing.  Rovelli versi
  67 miliardi senza neppure chiedere, immediatamente o in un
  momento successivo, a quale titolo debba pagare.
      E' invece difficilmente dubitabile che la causa del
  pagamento fosse perfettamente nota all'ing.  Rovelli e a sua
  madre; proprio l'illiceità della causa spiega il silenzio dei
  due.
      E' significativo che per il pagamento venga utilizzato lo
  stesso fondo destinato agli impegni della procedura IMI e che
  il pagamento avvenga solo dopo la materiale percezione della
  somma netta attribuita all'esito del giudizio.
      Si è anche dimostrato che una considerevole quota della
  somma versata a PACIFICO è rientrata in Italia con modalità
  tipiche del rientro di capitali illeciti.
                           *  *  *
      Il secondo elemento indiziante fondamentale è costituito
  dal singolare svolgimento della procedura Rovelli/IMI.
 
                             Pag.114
 
      Attenta riflessione, sotto il profilo indiziante, merita
  la circostanza della ricomparsa m scena della procura alle
  liti (seppure incompleta) in un momento processuale del tutto
  anomalo, nel periodo di tempo intercorrente tra lo svolgimento
  della camera di consiglio e il deposito dei motivi della
  decisione.
      Si sono messe in risalto le vicende Minniti e Corda, che
  pur lontane tra loro nel tempo mostrano un disegno lineare
  volto all'eliminazione degli elementi di possibile
  interferenza con il risultato da raggiungere.
                           *  *  *
      Tra questi due fondamentali momenti della vicenda si
  inseriscono i contatti telefonici rilevati sull'utenza de LA
  FULVIA e tra gli indagati proprio in coincidenza i passaggi
  processuali decisivi e con le scadenze dei pagamenti ed
  altresi i contatti rilevati sull'agenda sequestrata a Pacifico
  relativi agli anni 1990-1996, che contengono, tra gli altri
  richiami a Felice Rovelli, all'ing.  Rovelli, all'avv.  Mensch
  (25 giugno 1992 ore 11,30, agenda 92 rep. 5), ad Acampora e
  Previti.
      L'intreccio tra i contatti telefonici e i momenti
  significativi della procedura IMI/ROVELLI non è irrilevante
  nella valutazione degli indizi; di fronte alle dichiarazioni
  dei Rovelli, alla mancanza di opera professionale nella causa,
  alle spiegazioni degli indagati sulla ragione per cui
  ricevettero il denaro, questi contatti si attagliano con
  precisione all'ipotesi accusatoria, ulteriormente confermati
  dalla vicenda Rovelli- Berlinguer Squillante, indicativa del
  metodo di approccio di Rovelli ai vari passaggi
  processuali.
      Le annotazioni sull'agenda di Pacifico, inoltre, non
  riguardano solo Previti o Rovelli, ma anche personale di
  cancelleria degli uffici giudiziari davanti ai quali si
  svolgevano le vicende processuali.
                           *  *  *
      Grave valore indiziante assumono le vicende significative
  del passaggio di parte delle somme da conto a conto, da banca
  a banca, da indagato a indagato, che sono state descritte
  nella parte espositiva e sintetizzate nelle tabelle:
  emblematica la più recente acquisizione probatoria, relativa
  al passaggio di denaro dalla banca LIPS BURKARDT a PACIFICO e
  SQUILLANTE tramite PREVITI.
      Essa dimostra la contraddittorietà delle tesi difensive
  di PREVITI: non si comprende, infatti , per quale ragione
  egli, che era incaricato da NINO ROVELLI di bonificare somme a
  terzi, bene individuati, debba ricevere da Felice Rovelli,
  tramite Pacifico Somme di denaro.
                           *  *  *
      Tutti gli elementi descritti, sia nella loro lettura
  specifica, sia nella lettura complessiva, rappresentano gravi
  indizi di sussistenza del reato poiché conducono ad una
  interpretazione inequivoca della vicenda; dal primo dato
  indiziante - il pagamento - si sviluppa una continuità logica
  degli elementi indizianti che non si interrompe di fronte
  all'astratta possibilità di letture alternative di singoli
  aspetti della vicenda, in realtà ancor più ridotte dopo le
  acquisizioni probatorie
 
                             Pag.115
 
  nuove, successive alla conferma in sede di merito (Tribunale
  del riesame) e di legittimità dell'ipotesi accusatoria.
                           *  *  *
  INSUSSISTENZA DI CONDIZIONI NEGATIVE
  (ex articolo 273, comma 3).
      I reati contestati non risultano compiuti in presenza di
  una causa di giustificazione, nè di quelle codificate, nè di
  quelle cosiddette non codificate, o di non punibilità, nè
  risulta sussistere una causa di estinzione del reato ovvero
  una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere
  irrogata.
      In particolare i reati ascrivibili agli anni 1988-1989,
  non sono prescritti: la pena edittale massima, è infatti,
  quella di cinque anni ed è pertanto applicabile l'articolo
  157, 1^ comma numero 3 codice penale con prescrizione
  ordinaria di dieci anni.
      Per gli stessi reati vale l'esclusione oggettiva
  dall'amnistia introdotta con decreto del Presidente della
  Repubblica 75/1990.
      Per ciò che concerne l'indulto (decreto del Presidente
  della Repubblica 394/90) occorre fare una previsione
  sull'eventuale pena irrogabile: tenuto conto della gravità
  obiettiva dei fatti, della reiterazione, del complessivo
  contesto in cui i fatti sono maturati , è altamente probabile
  che la pena non verrà contenuta all'interno dei due anni.  Per
  le medesime ragioni, anticipando la valutazione ex articolo
  275, 2-  bis  cpp, non si ritiene che potrà essere concessa
  la sospensione condizionale della pena eventualmente
  irroganda.
      La reiterazione nel tempo delle condotte ascritte, con
  l'emergere della vicenda contestata al capo B), e la rilevante
  gravità oggettiva delle stesse vicende, costituirà ulteriore
  elemento di valutazione negativa sulla possibilità di
  concedere la sospensione condizionale della pena.
  ESIGENZE CAUTELARI
      Si deve premettere, in linea generale, che il giudizio di
  probabilità su una condotta futura, se non si vuol ridurre ad
  un mero vaticinio, deve essere fondato su concreti elementi di
  fatto, e in particolare sulla valutazione di condotte
  antecedenti atte a dimostrare l'esistenza di comportamenti e
  di volontà proiettive di comportamenti futuri.
      Il Pubblico Ministero ha ravvisato le esigenze cautelari
  nei seguenti termini:
      "Ad avviso di questo Ufficio sussistono le esigenze
  cautelari di cui alle lettere  a), b)  e  c)
  dell'articolo 274 c.p.p..
      Quanto all'esigenza cautelare di cui alla lettera
  "a"  dell'articolo 274 c.p.p. il concreto ed attuale
  pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, si può
  desumere dalle seguenti circostanze di fatto:
        dalla natura dei fatti contestati, vale a dire un
  quadro sistematico di corruttela di appartenenti ad Uffici
  giudiziari, cosi da sviare il corso dei procedimenti, falsando
  le decisioni giudiziarie;
 
                             Pag.116
 
        dalla vicenda della "sparizione" della procura speciale
  I.M.I., indicativa della disponibilità, da parte degli
  indagati, di soggetti in grado di operare, su loro
  disposizione, l'occultamento di importanti fonti di prova a
  loro carico;
        dalla conoscenza da parte sua e dei coindagati di
  notizie segrete o riservate sull'attività degli organi
  giudiziari;
        dalla dimostrata capacità di interferire non solo sul
  funzionamento ma persino sulla formazione dei collegi
  giudicanti.
      Peraltro risulta con chiarezza dalle indagini svolte in
  questo come in altri procedimenti che l'on.  Cesare PREVITI si
  era posto da tempo in condizione di poter inquinare le prove.
  Infatti:
        dopo la scoperta della microspia all'interno del bar
  Tombini in Roma SQUILLANTE, PACIFICO e PREVITI hanno acquisito
  notizie riservate in ordine alle presenti indagini come
  risulta anche dalle conversazioni telefoniche intercettate in
  data 19 febbraio 1996 ore 17,50 e 17,58 tra Renato SQUILLANTE
  e Attilio PACIFICO nonché dalla relazione di servizio da cui
  emerge che mezz'ora prima delle due telefonate, Attilio
  PACIFICO si era recato presso lo studio di Cesare PREVITI
  (cfr. allegato nr. 65).  D'altro canto il fatto che fosse stato
  Cesare PREVITI a riferire a PACIFICO di "Stefania ARIOSTO" è
  stato confermato da quest'ultimo in sede di interrogatorio
  reso in data 16 marzo 1996 al P.M (cfr. allegato nr. 25);
        SQUILLANTE in data 12 febbraio 1996 - ore 09,52 -
  utilizzando una cabina telefonica pubblica - si è messo in
  contatto con il Consigliere di Stato Sergio Berlinguer con il
  quale - esprimendosi cripticamente - ha fissato un
  appuntamento.  Sergio BERLINGUER, sentito quale persona
  informata sui fatti, anche all'esito del riascolto della
  conversazione intercettata, ammetteva di essere stato
  sollecitato da Renat6 SQUILLANTE ad acquisire notizie negli
  ambienti giudiziari milanesi (cfr. allegato nr. 66);
        Francesco PACINI BATTAGLIA (int. 13 febbraio 1997) -
  (cfr. allegato nr. 67), persona per la quale èstato chiesto il
  rinvio a giudizio, in altro procedimento (e persona con la
  quale Cesare PREVITI ha intrattenuto rapporti di natura
  finanziaria) ha dichiarato di avere appreso dallo stesso
  Cesare PREVITI, intorno alla metà del febbraio dell 996
  (quando la notizia era ancora coperta da segreto) che Stefania
  ARIOSTO aveva reso dichiarazioni a magistrati di questo
  ufficio;
        l'on.  Cesare PREVITI ha utilizzato una o due schede
  telefoniche GSM svizzere, fornitegli da PACINI BATTAGLIA (int.
  30 luglio 1997) "per essere più tranquillo sulle telefonate
  che faceva" (cfr. allegato nr. 67);
        il 9 e 11 luglio del corrente anno PACINI BATTAGLIA è
  stato notato intrattenersi nello stabile sito in Roma, via
  Cicerone, 60, ove tra l'altro ha sede lo studio legale
  dell'on.  Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 68).
 
                             Pag.117
 
      Appare evidente che se lasciato in libertà Cesare PREVITI
  ben potrà ancora gravemente interferire sul procedimento a
  carico suo e dei coindagati, al fine di impedire il corretto
  accertamento dei fatti, soprattutto se si considera che,
  secondo quanto può univocamente desumersi dalla entità dei
  versamenti con finalità corruttiva e dalla descrizione degli
  atti contrari ai doveri d'ufficio - allo stato esattamente
  identificati solo in parte - devono ancora essere individuati
  numerosi correi i quali hanno tutto l'interesse ad inquffiare
  ulteriormente il quadro probatorio.
      Quanto all'esigenza cautelare di cui alla lettera "b", il
  concreto pericolo di fuga risulta dai seguenti elementi di
  fatto:
        dalla esistenza di ingenti disponibilità finanziarie
  all'estero e da una rete di rapporti con soggetti operanti
  all'estero che potranno permettergli di sottrarsi
  all'esecuzione di una eventuale sentenza di condanna;
        dalla estrema gravità - anzi ben può dirsi dalla
  inaudita gravità - dei fatti oggetto di contestazione, con
  particolare riguardo al capo B: non è dato rinvenire nella
  storia italiana (ma forse neppure in quella di altri Stati) un
  cosi grave episodio di corruzione in atti giudiziari, sia per
  l'entità delle somme oggetto di giudizi, sia per quelle
  versate dai ROVELLI, sia per gli organi giudicanti
  coinvolti.
      Quanto alla esigenza di cui alla lettera  c)  la
  stessa è desumibile:
        dall'inserimento di Cesare PREVITI in un ampio contesto
  di corruttela e come tale crinunoso e criminogeno, con
  manifestazioni delinquenziali durate almeno dal 1988 al 1994 e
  riguardanti anche magistrati al vertice di uffici
  giudiziari;
        dal perdurare di legami originati o caratterizzati
  anche da rapporti illeciti con pubblici ufficiali e dalla
  conoscenza di altrui illeciti con conseguente grave
  possibilità di ricatto;
        dalla possibilità di perpetrare per tali motivi ed ai
  fini di inquinamento probatorio ulteriori reati della stessa
  specie.
      Non risulta ed anzi va all'evidenza escluso che il fatto
  sia stato compiuto in presenza di una causa di
  giustificazione, di non punibilità, e che sussistano cause di
  estinzione del reato o della pena irrogabili.  In
  considerazione della particolare gravità dei fatti e della
  pena edittale stabilita per il reato di cui al capo
  d'incolpazione, si ritiene non possa essere concessa dal
  giudice la sospensione condizionale della pena.
      Le predette esigenze cautelari, in considerazione della
  loro particolare natura ed intensità, non possono essere
  adeguatamente soddisfatte da una misura diversa dalla custodia
  cautelare in carcere, poiché tali diverse misure presuppongono
  tutte la previsione della leale e spontanea sottomissione alle
  prescrizioni imposte agli indagati dall'Autorità giudiziaria,
  ma ciò appare da escludere nel caso concreto, stante il
  giudizio negativo sulla personalità, caratterizzato dal
  reiterato ricorso alla corruzione nei confronti di
  appartenenti ad uffici giudiziari, con violazione di ogni
  regola deontologica ancor prima che
 
                             Pag.118
 
  penale" (si veda originaria richiesta presentata alla Camera
  dei Deputati).
      Successivamente il P.M. ha svolto le seguenti ulteriori
  considerazioni.
        Oltre agli argomenti sviluppati nella richiesta
  indirizzata alla Camera dei Deputati, rafforzati dal contenuto
  degli ulteriori atti di indagine compiuti (in proposito appare
  particolarmente significativo quanto riferito da Giorgio
  CASOLI - cfr. allegato nr. 77), si fa notare ulteriormente
  quanto segue.
      Sono stati già evidenziati i rapporti tra Cesare PREVITI
  e Pierfrancesco PACINI BATTAGLIA, fornendo prova documentale
  di loro recentissimi incontri avvenuto del luglio 1997 (cfr.
  allegato nr. 68).
      Cesare PREVITI, nel corso dell'interrogatorio, ha
  dichiarato di conoscere da anni PACINI BATTAGLIA e che la loro
  frequentazione derivava soprattutto dal fatto che erano vicini
  di casa sull'Argentario.
      Ha ammesso di essersi incontrato anche di recente con
  PACINI BATTAGLIA ma solo ed esclusivamente per ragioni che
  riguardavano la salute dello stesso PACINI BATTAGLIA.
      Quest'ultimo infatti lamentava preoccupazioni per una
  operazione che doveva subire da lì a poco.
      Da quanto sin qui acquisito ed in particolare dai
  contenuti di alcune conversazioni intercettate nell'ufficio di
  PACINI BATTAGLIA nel gennaio 1996 dal GICO di Firenze su
  disposizione della A.G. della Spezia e qui trasmesse al sensi
  dell'articolo 371 c.p.p., emerge invece uno scenario molto più
  ampio di quello rappresentato da PREVITI.  Da alcuni brani di
  tali intercettazioni ambientali, contestati a PACINI BATTAGLIA
  nel corso degli interrogatori resi il 14 febbraio 1994 e l'11
  marzo 1997 risulta che (cfr. allegato nr. 83)
        1) anche in quel periodo i contatti con PREVITI sono
  frequenti;
        2) con diversi interlocutori Emo DANESI nella giornata
  del 24 gennaio 1996, persona non identificata il 9 febbraio
  1996) PACINI BATTAGLIA parla di un impenditore di Taranto,
  senza fame il nome, facendo riferimento a raccomandazioni
  chieste a PREVITI perché costui ottenesse appalti;
        3) PACINI BATTAGLIA ammette di aver raccomandato
  l'imprenditore a Cesare PREVITI, cui si era indirizzato perché
  era un esponente politico del movimento politico "Forza
  Italia" (cfr. allegato nr. 83 - interrogatorio 11 marzo
  1997).
      Dal contesto delle ambientali sin qui menzionate nonché
  dalle circostanze già evidenziate nella richiesta si rileva
  come nel 1995 PREVITI si sia avvalso di PACINI BATTAGLIA per
  riportare in Italia somme di denaro contante, in epoca in cui
  lo stesso risultava universalmente già indagato dalla A.G.
  milanese (nei suoi confronti era stata emessa ordinza di
  custodia cautelare in carcere nell'ambito delle indagini ENI,
  e la vicenda ebbe un clamore tale sulla stampa e sugli altri
  strumenti di informazione da non poter essere sfilggita
  all'attenzione di Cesare PREVITI), ed abbia utilizzato due
  schede telefoniche
 
                             Pag.119
 
  GSM acquistate in Svizzera sempre da PACINI BATTAGLIA.  I
  contatti sono continuati nel 1996 e 1997, anche dopo che
  PACINI BATTAGLIA è stato arrestato per ulteriori fatti reato
  su disposizione del giudice di La Spezia.  Aver mantenuto
  rapporti con PACINI BATTAGLIA ed essere addirittura ricorso a
  lui per far rientrare capitali in Italia dimostra come PREVITI
  abbia inteso mantenere e alimentare i contatti con ambienti
  criminosi e criminogeni particolarmente idonei allo
  svilupparsi di ulterion attivita illecite dello stesso tipo di
  quelle per le quali si sta procedendo.
      Analoghi argomenti possono essere sviluppati per quanto
  riguarda le frequentazioni tra PREVITI e Giancarlo ROSSI,
  intervenute anche dopo che quest'ultimo venne tratto in
  arresto nel 1994 su disposizione del giudice di Milano e di
  quello di Roma in quanto coinvolto nelle vicende ENIMONT.  Le
  frequentazioni tra i due sono ampiamente documentate dalle
  relazioni di servizio redatte dal Servizio Centrale Operativo
  della Polizia di Stato che si allegano (cfr. allegato nr. 84).
  Si richiama in particolare anche il contenuto della
  annotazione di servizio nr. 18 (cfr, allegato nr. 85), nella
  quale si evidenziano i rapporti finanziari tra PREVITI e ROSSI
  a partire dall'agosto 1993.  Quest'ultimo sentito in data 28
  maggio 1996 e 8 giugno 1996 ha riferito di (cfr. allegato nr
  86):
        aver prestato lire 975.000.000 nell'agosto 1993 a
  PREVITI;
        aver ricevuto da PREVITI, in più riprese, a mezzo di
  una serie di bonifici l'importo complessivo di lire
  2.600.000.000, imputando la differenza quale rimesse relative
  ad operazioni finanziarie ancora in corso alla data
  dell'interrogatorio (1996) dal 1994.
      Si fa presente per ultimo, in ordine al contenuto della
  memoria difensiva presentata dalla difesa PREVITI e relativi -
  voluminosi - allegati, che le rare argomentazioni pertinenti
  sono già confutate in fatto o disattese in diritto dalle
  risultanze rassegnate e dalle pronunzie dei giudici di merito
  e legittimità intervenute sulle posizioni SQUILLANTE,
  PACIFICO, ACAMPORA e ROVELLI.
      I difensori di Previti hanno radicalmente contestato
  questa impostazione e queste conclusioni (pagg. 27 e ss.
  memoria del 18 settembre 1997) peraltro con riferimento
  all'originaria richiesta presentata al Parlamento (non
  conoscendo, per ovvie ragioni il contenuto delle successive
  integrazioni, né dovendo conoscerlo, allo stato della
  legislazione in vigore).  All'esito della lettura di tale
  memoria, questo giudice non concorda pienamente con il
  Pubblico Ministero nella prospettazione delle esigenze
  cautelari; in particolare, con riguardo all'esigenza prevista
  dall'articolo 274 lettera  b)  CPP si deve osservare che
  il pericolo di fuga, nella previsione della norma deve essere
  concreto e cioè basato su indici fattuali specifici da cui sia
  ricavabile un giudizio di probabilità su comportamenti
  futuri.
      Nel caso in esame si osserva che PREVITI ha una stabile
  attività professionale in Italia, una fimzione di altissimo
  rilievo (è Parlamentare ed esponente di uno di maggiori
  movimenti politici rappresentati in Parlamento, è stato
  Ministro della Repubblica), un significativo radicamento
  nell'ambiente di appartenenza: la probabilità che tali
  elementi neutralizzino quelli esposti dal P.M. per dimostrare
  l'esigenze
 
                             Pag.120
 
  cautelare in discussione porta a non ritenere sussistente il
  requisito della "concretezza" del pericolo di fuga.
      Vi sono, invece, consistenti elementi per ritenere
  elevata la probabilità di condotte dirette ad influire sulla
  formazione e sulla genuinità della prova, e di ripetizione di
  condotte criminose.
      Vanno qui richiamati gli indici fattuali descritti dal
  Pubblico Ministero, documentati negli atti; va anche tenuto
  conto, in relazione alle obiezioni della difesa PREVITI
  sull'inconferenza dei rapporti con Pacini Battaglia, di quanto
  evidenziato nell'aggiornamento dell'originaria richiesta al
  Parlamento.  Vanno poi tenuti in considerazione altri indici
  fattuali che emergono dall'attività compiuta dal P.M.
        a)  si deve ricordare che nell'interrogatorio del
  23 settembre PREVITI ha dichiarato di aver saputo da Giorgio
  Casoli che Stefania Ariosto stava rendendo dichiarazioni
  all'autorità giudiziaria, in un'epoca in cui il segreto sulle
  indagini era assoluto.  Casoli, sentito immediatamente dopo dal
  pubblico ministero ha dichiarato la circostanza "totalmente
  falsa", ricordando di aver effettivamente parlato con Previti
  nei mesi precedenti l'incontro con Stefania Ariosto, ma solo
  per ottenere appoggio politico per una sua candidatura a
  membro della Corte Costituzionale.
      La dichiarazione di Casoli è rilevante sotto più di un
  profilo.
      In primo luogo dimostra che è tuttora ignota la fonte che
  megittimamente comunicò a PREVITI dell'esistenza di
  indagini.
      Sotto il profilo della genuinità delle fonti di prova e
  delle possibilità della loro alterazione l'importanza non è
  neppure da porre in discussione.
      In secondo luogo, se PREVITI cita Casoli come propria
  fonte significa che - quanto meno - non lo ritiene ostile né
  personalmente né processualmente; se poi Casoli smentisce
  PREVITI ed aggiunge di essere stato almeno due volte a casa
  sua con Stefania Ariosto (né si dimentichi quanto Casoli ha
  dichiarato in merito alle sue frequentazioni con PREVITI negli
  anni 1987-1989), la conclusione che si può trarre è che
  l'ipotesi di una complessiva costruzione calunniatoria in
  danno di PREVITI perde un consistente fondamento: Casoli
  soggettivamente non viene ritenuto da PREVITI un calunniatore
  (non sarebbe stato portato come teste a discarico); le
  affermazioni di Casoli devono ritenersi veritiere con quel che
  ne segue in ordine alla ricostruzione della vicenda.
        b)  Dal verbale di assunzione di informazioni di
  Marco Iannilli, dipendente dello studio PREVITI con funzioni
  di segreteria, si apprende:
        IANNILLI teneva una cassetta di sicurezza presso la
  B.N.L. (fino a circa tre o quattro anni addietro) che non
  aveva mai utilizzato (avendo egli peraltro modeste
  disponibilità economiche); l'avv.  Cesare Previti aveva però la
  procura bancaria ed utilizzava questa cassetta, anche se egli
  non sapeva a quale scopo (ciò avveniva negli anni 1984-85);
  una volta acceso il contratto con la banca egli aveva
  consegnato la chiave a PREVITI;
        IANNILLI ha inizialmente negato di aver operato tramite
  procura su cassette di sicurezza di terzi; a specifica
  contestazione del P.M.
 
                             Pag.121
 
  interrogante che rilevava l'esistenza di una procura ad
  operare su una cassetta di sicurezza presso la Banca
  Commerciale Italiana, ag. 15 di Roma (cassetta di sicurezza n.
  41 aperta il 12 aprile 1990) ed intestata a ISTITUTO ITALIANO
  DI FINANZIAMENTO E INVESTIMENTO spa (ISTIFI) e osservava che
  proprio lo IANNILLI aveva chiuso il contratto il 29 marzo
  1991, lo stesso IANNILLI ha ammesso di avere la procura su
  tale cassetta ed ha spiegato quanto segue.
      Era in atto la c.d. "guerra di Segrate" e l'avvocato
  PREVITI gli chiese se era disposto a fare l'amministratore
  della società AME o AMEF (ARNOLDO MONDADORI EDITORE e ARNOLDO
  MONDADORI FINANZIARIA).
      Egli accettò pur senza compenso, se non un fondo spese
  per sostenere le spese per le trasferte in Italia e
  all'estero.
      Come amministratore delegato di una delle società sopra
  indicate aveva il controllo di un pacchetto di azioni.
      PREVITI gli disse che era opportuno che egli non fosse
  rintracciabile in Italia per un certo periodo di tempo affmché
  non gli venisse notificato l'atto con il quale la parte
  avversa chiedeva il sequestro di tutte le azioni.
      Si rese immediatamente disponibile perché pur avendo
  accettato la carica di amministratore delegato, in realtà
  agiva per conto di Cesare PREVITI.
      Per questa ragione rimase una settimana a Londra e poi
  una settimana a Parigi, spesato in tutto.
      Durante i soggiorni all'estero egli non ricevette nessuna
  notifica.
      Mentre si trovava a Parigi da circa una settimana,
  PREVITI gli telefonò dicendogli che doveva rientrare in
  Italia; doveva dare le dimissioni e restituire le azioni
  perchè si era arrivati ad un accordo e il suo compito finiva
  lì.
      Le azioni erano custodite nella cassetta di sicurezza
  intestata alla ISTIFI, anche se egli, in realtà non ebbe mai
  accesso alla cassetta e quindi non era in grado di affermare
  con certezza che vi fossero custoditi i titoli (si veda
  verbale di assunzione di informazioni in data 17 settembre
  1997, pagg. 6 e ss.).
      IANNILLI conferma altre risultanze di indagine ed in
  particolare che PREVITI gli aveva consegnato un cellulare
  intestato a TIFI Paolo, con spese interamente a carico dello
  studio
        dietro contestazione del P.M. interrogante IANNILLI
  aninietteva di aver effettuato plurime operazioni di deposito
  di contante, il più delle volte per la somma di L. 19.900.000
  anche con versamenti progress ivi presso la stessa cassa.  Così
  gli veniva ordinato di fare da CESARE PREVITI; gli venivano
  consegnate mazzette di denaro contante già suddivise in
  tranches ed eseguiva le operazioni in banca.  Il 26 aprile 1988
  risulta versata la somma di lire 500.000.000 in contanti sul
  conto intestato a PREVITI: nulla ha saputo dire IANNILLI sulla
  provenienza della somma;
        a contestazione del P.M., IANNILLI, che aveva
  dichiarato di avere aperto presso la ROLO banca un solo conto
  corrente e di non avere procura su altri conti, ha dovuto
  ammettere che vi erano ventiquattro conti correnti a lui
  riferibili, sui quali cioè aveva la delega ad operare (elenco
  a foglio 24 del verbale richiamato);
 
                             Pag.122
 
        sempre su incarico di Cesare PREVITI egli aveva
  intestata una cassetta di sicurezza aperta il 19 febbraio 1987
  ed estinta il 26 settembre 1994, sulla quale non aveva
  compiuto alcuna operazione, mentre le chiavi erano in possesso
  di Previti e di un'altra persona (con la quale, a domanda
  precedente aveva dichiarato di non aver avuto nessun tipo di
  rapporto di nessun genere).
      La deposizione di IANNILLI, in particolare la narrativa
  delle vicende relative all'assunzione della carica di
  amministratore delegato della AME o AMEF, assume, come quella
  di Casoli, un duplice significato.
      Dimostra, infatti, che Previti ha spesso frapposto degli
  schermi tra se stesso e le operazioni che compiva, utilizzando
  persone del tutto ignare delle operazioni che si svolgevano
  (si ricordi anche l'intestazione di apparecchi telefonici a
  terzi); ciò rileva ai fIni della dimostrazione del pericolo di
  alterazione delle fonti di prova.
      Dimostra però anche (vicenda AME/AMEF) l'esistenza di
  specifici comportamenti pregressi idonei ad una valutazione
  proiettiva di comportamenti futuri.
      Nel verificare quale misura cautelare sia necessaria per
  tutelare le esigenze che qui si espongono, si deve tener conto
  che ogni misura alternativa alla detenzione presuppone un
  atteggiamento psicologico di lealtà verso chi è tenuto ad
  applicare, ad eseguire e a controllare le misure
  alternative.
      La vicenda IANNILLI/AME (o AMEF) dimostra che già in
  passato sono mancati, in momenti processuali rilevanti,
  comportamenti processualmente ispirati a lealtà da parte
  dell'avv.  PREVITI.
      La c.d. "guerra di Segrate" (ci si limita al notorio) ha
  rappresentato una vicenda importante sia sotto il profilo
  economico, sia sotto il profilo degli assetti del mondo
  dell'editoria; purtuttavia non coinvolgeva la libertà
  personale di nessun individuo, valore sicuramente superiore
  sia a quelli economico-imprenditoriali, sia a quelli più
  generali del rilievo della libertà di stampa.
      Se in una vicenda di valore sottordinato l'avv.  PREVITI,
  che non difendeva un interesse proprio, ma di un proprio
  cliente, ha tenuto un comportamento come quello descritto da
  IANNILLI (nomina di un prestanome e strattagemmi per evitare
  notifiche di atti giudiziari), è arduo sfùggire alla
  previsione che atteggiamento di pari efficacia terrà lo stesso
  avv.  PREVITI per difendere la propria posizione personale,
  stimabile assai maggiormente dell'esito della "guerra di
  Segrate".
        c)  Un ulteriore dato di fatto per formulare il
  giudizio di probabilità su condotte future è costituito dalla
  documentazione, pervenuta dopo il deposito della richiesta del
  P.M. (integrazione 15 ottobre 1997), riguardante la
  SURVEILLANCE ET GESTION FINANCIERE SA di Ginevra: risulta che
  alla fine del 1996 Cesare Previti ha ricuperato tutta la
  documentazione di sua pertinenza che si trovava nei locali
  delle società.
      Si ignora il contenuto di tale documentazione; tuttavia
  desta sospetti il fatto che il ritiro della documentazione sia
  avvenuto nel vivo delle indagini sui conti esteri.
 
                             Pag.123
 
      In termini di prognosi su condotte future il dato si
  presenta fortemente significativo.
                           *  *  *
      Sull'esigenza cautelare indicata alla lettera  a)
  dell'articolo 274 si deve rispondere ad un rilievo fatto da
  PREVITI nel suo interrogatorio del 23 settembre.
      Egli sostiene che dalla documentazione bancaria acquisita
  dalla Procura delle repubblica si ricostruiscono i movimenti
  di denaro così da poter individuare i destinatari.
      Simile affermazione porterebbe a concludere che le
  esigenze in esame sarebbero minimali.
      Tale conclusione è errata.
      In primo luogo l'affermazione è in contraddizione con
  quanto sostenuto dallo stesso PREVITI che afferma di non poter
  dire chi furono i destinatari delle somme bonificategli per
  adempiere all'asserito mandato fiduciario di Nino Rovelli.
      Infatti, se dalla lettura degli atti emergesse  ictu
  oculi  la loro identità non vi sarebbe bisogno di mantenere
  un riserbo così pregnante e il P.M. si limiterebbe a chiedere
  quale fosse la natura dei rapporti sottostanti ai bonifici tra
  PREVITI e i destinatari compiutamente individuati.
      Le tracce bancarie attestano invece che in molti casi il
  denaro proveniente dal bonifico PITARA TRUST è stato
  trasferito in altri conti correnti di cui sono ignoti i
  titolari (si vedano, in particolare i bonifici alla Darrier
  Hentsch di Nassau).
      Vi è poi un'altra contraddizione.
      Quando è stato possibile, l'ufficio del P.M. ha
  individuato i beneficiari di alcuni trasferimenti di
  denaro.
      E' però singolare che in questi casi però lo stesso
  PREVITI non abbia saputo identificare la controparte
  dell'operazione.
      Questo vale per l'operazione CODAVA: PREVITI, che dice di
  conoscere i destinatari delle somme di NINO ROVELLI, non sa
  che uno di questi è PACIFICO.
      Per un'operazione di segno contrario, PREVITI non sa
  spiegarsi il bonifico in suo favore della somma di lire
  133.000.000 nel 1991: si apprenderà poi che il denaro proviene
  da Felice Rovelli che lo mette a disposizione di Pacifico
  tramite la LIPS.  BURKARDT.
      In sintesi: quando PREVITI sa chi sono i destinatari dei
  propri bonilici non lo dice, per ragioni di riservatezza
  professionale; quando gli viene detto chi sono i destinatari o
  i danti causa mostra di non aver avuto preventiva conoscenza
  della loro identità o di non sapersi spiegare l'operazione
  sottostante.
      Tutto ciò ha un particolare significato in relazione alle
  esigenze cautelari, oltre in relazione agli indizi gravanti su
  PREVITI.
      Infatti, il problema fondamentale del presente
  procedimento non è solo quello di acquisire documentazione
  bancaria attestante movimentazioni di denaro, perchè in tali
  termini è solo un problema temporale (rapidità della risposta
  alle rogatone estere) e non un'esigenza cautelare in senso
  stretto (non potendosi dubitare che le rogatorie restituiranno
  documentazione genuina).
 
                             Pag.124
 
      Di fronte alle dichiarazioni dei vari indagati,
  insanabilmente in contrasto tra di loro, uno degli aspetti
  risolutori sarà invece costituito dall'interpretazione dei
  rapporti sottostanti ai molteplici movimenti bancari e proprio
  su tale interpretazione potranno compiersi le più varie
  operazioni di alterazione.
      Non vi è dubbio che in tale campo la possibilità di
  inquinamento è elevatissima, posto che è sufficiente - ed
  estremamente facile - concordare versioni compiacenti sia tra
  gli indagati, sia con persone che con essi siano venuti a
  contatto e vanificare in brevissimo tempo minuziose
  acquisizioni documentali.
                         *    *    *
      I dati messi in rilievo costituiscono concreti e
  specifici elementi dai quali dedurre l'attualità del pericolo
  di inquinamento delle fonti di prova, poiché sono dimostrativi
  di una reiterazione nel tempo di attività volte ad apprendere
  notizie riservate, ad eludere attività d'indagine, a sviare od
  eludere (IANNILLI/AME) i risultati di attività
  giurisdizionali.
      In termini di giudizio di probabilità in proiezione di
  condotte future esse connotano, anche sul piano psicologico,
  l'attitudine a concretizzare attività di pregiudizio per
  l'acquisizione o la genuinità delle prove.
      Al fine di tutelare queste esigenze il termine di
  scadenza della misura va fatto coincidere con quello di
  chiusura delle indagini preliminari.
      In merito al pericolo di reiterazione di condotte
  criminose, si osserva che gli episodi in contestazione
  attraversano un lungo arco temporale e dimostrano una
  entratura particolarmente solida negli ambienti giudiziari,
  diretta o mediata da altri (Pacifico-Squillante).
      I fatti contestati mettono poi in evidenza un metodo che
  supera le contingenze di un singolo processo.
      Si può quindi convenire con il pubblico ministero nel
  ritenere attuale l'esigenza cautelare indicata all'articolo
  274 lettera  c)  C.P.P.
  SCELTA DELLA MISURA
      Sulla scelta della misura specificamente idonea in
  relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da
  soddisfare nel caso concreto, tenuto conto dell'entità dei
  fatti contestati, della sanzione che si ritiene potrà essere
  irrogata, si ritiene di non poter fare ricorso se non alla
  custodia cautelare, pur nella consapevolezza che la persona a
  cui applicare la misura è un parlamentare.
      Le indubbie resistenze psicologiche, derivante dall'alta
  rappresentatività della fimzione svolta, vanno però
  superate.
      In primo luogo si deve ricordare che i fatti sono stati
  commessi al di filori dell'esercizio della funzione
  parlamentare.
      La gravità dei fatti addebitati è un primo indice in base
  al quale può essere affermata l'eccezionale rilevanza delle
  esigenze cautelari indicate nel paragrafo precedente, pur
  nella consapevolezza dell'assoluta residualità della custodia
  cautelare.
 
                             Pag.125
 
      I dati esposti nell'indicare le esigenze cautelari , in
  particolare la vicenda IANNILLI/AME e l'utilizzazione di
  apparecchi cellulari intestati a terzi, anche di provenienza
  estera, dimostrano la particolare necessità di evitare
  qualsiasi contatto con l'esterno anche nell'attuale fase di
  indagine.
      Va tenuto presente che sono ancora in corso di esecuzione
  importanti rogatorie per individuare i movimenti di denaro (si
  ricordino i bonifici effettuati dalla DARRIER HENTSCH verso
  Nassau e verso Vaduz, con la conseguenza che la documentazione
  già acquisita non è sufficiente ad eliniinare l'attualità e
  permanenza delle esigenze cautelari.
      Il clamore pubblico suscitato dalle vicende giudiziarie e
  la stessa presentazione al Parlamento della richiesta di
  autorizzazione non vanificano il carattere di attualità delle
  esigenze cautelari.
      Al riguardo va tenuto presente che occorre far
  riferimento alla proiezione delle esigenze nel filturo, in
  funzione dell'attività di indagine ancora in corso e delle
  ulteriori necessità istruttorie che potranno sorgere
  dall'esame della documentazione bancaria ancora da acquisire
  (esiti delle rogatorie).
      Come sopra detto, che il problema fondamentale è impedire
  la creazione di interpretazioni compiacenti sui dati
  documentali cosi da alterare il quadro indiziario e vanificare
  le acquisizioni probatorie.
      Per queste ragioni misure coercitive meno afflittive
  quali il solo divieto di espatrio o l'obbligo di presentazione
  all'autorità giudiziaria (articoli 281 e 282 c.p.p.), o,
  ancora, le misure previste dall'articolo 283 cpp sono da
  ritenere assolutamente inidonee, in quanto la loro
  caratteristica è quella di lasciare all'indagato una
  possibilità di movimento sufficientemente ampia cosi da non
  impedire incontri e contatti con altre persone e quindi
  intervenire sul processo di formazione della prova.
      L'unica concreta alternativa è la scelta tra gli arresti
  domiciliari e la custodia in carcere, dovendosi ricordare la
  residualità di tale ultima misura.
      Nel caso in esame è particolarmente intensa la necessità
  di evitare contatti con il mondo esterno, data l'elevata
  probabilità di alterazione delle fonti di prova.
      Le vicende descritte nella parte narrativa dimostrano un
  ampio coinvolgimento di persone nella vicenda.
  L'interessamento e l'intervento di terzi potrebbe non venir
  meno anche nell'ipotesi di totale restrizione dell'indagato:
  si deve però tener presente che in regime di arresti
  domiciliari la possibilità di collegamento, anche indiretto,
  tra Previti e i vari protagonisti, non è evitabile con
  assolutezza - come invece richiede il caso in esame, per le
  ragioni indicate - proprio per la natura e le modalità
  applicative della misura alternativa.
      Vero è che non sono in discussione fatti di violenza alla
  persona o di criminalità organizzata o diretti contro l'ordine
  costituzionale, fatti che anche nella coscienza sociale
  destano immediata ripugnanza, cosi che, per le ipotesi in
  esame sarebbe in ogni caso sproporzionata la misura
  cautelare.
      Pur condividendosi la netta separazione che esiste tra le
  due categorie di fatti, si deve osservare che è lo stesso
  legislatore a consentire l'applicazione di misure cautelari
  anche per fatti della
 
                             Pag.126
 
  seconda specie, sia prevedendolo espressamente con il
  richiamo ai "delitti della stessa specie di quello per cui si
  procede", sia con la fissazione dei limiti edittali massimi di
  pena, dei quali il legislatore stesso non ignora le
  conseguenze processuali, ivi compresa l'applicabilità alle
  categorie indicate al comma 4 dell'articolo 275 cpp.
      Nella corruzione del pubblico funzionario che si
  concretizza nel facilitare una parte e danneggiare un'altra in
  un procedimento giudiziario, non sempre si conoscono appieno
  le conseguenze per la parte danneggiata, cosi che la
  determinazione del legislatore non appare illogica.  Ancor meno
  illogica si presenta la scelta di fondo del legislatore se si
  considera la complessiva rilevanza esterna (pubblica in senso
  lato) degli episodi corruttivi in contestazione (si ricordi
  l'importanza complessiva della vicenda SIR).
      Unica misura applicabile è pertanto la custodia in
  carcere.
      Sussiste la condizione indicata nell'articolo 280, comma
  2, C.P.P (pena edittale nin inferiore nel massimo a quattro
  anni).
      Allo stato delle conoscenze non si ravvisano motivi di
  salute ostativi.
  SULLA COMPETENZA TERRITORIALE
      Una discussione sulla competenza territoriale è - a
  questo punto della vicenda processuale - del tutto superata,
  poiché la Corte di Cassazione, investita dei ricorsi avverso i
  provvedimenti sulla custodia cautelare nei confronti dei
  coindagati Squillante, Pacifico ed Acampora ha reiteratamente
  affermato la competenza dell'autorità giudiziaria milanese.
      1.)  In ordine al capo  a)  va ricordato che la
  competenza territoriale è individuata sulla scorta della
  valutazione della elevata probabilità che l'accordo corruttivo
  (che, si deve ricordare, risale alla seconda metà degli anni
  '80), sia intervenuto in Milano.  Ricordatosi che per costante
  giurisprudenza i reati di corruzione si consumano nel momento
  e nel luogo in cui interviene l'accordo tra le parti, nel caso
  ipotizzato al caso A), è ignoto il luogo in cui le intese sono
  intervenute.  Stante la localizzazione territoriale in località
  diversa da Roma del centro di interessi indicato come mittente
  delle somme (società aventi sede nel circondario milanese)
  potrebbe ragionevolmente escludersi che in Roma sia stato
  consumato il reato.  Sul punto concorda la Corte di Cassazione
  , (sent., sez.  VI penale, pres.  Troiano, est.  Albamonte, 16
  aprile 1996 (depositata il 23.5.1996) sul ricorso proposto da
  Renato SQUILLANTE avverso l'ordinanza 11 marzo 1996 emessa dal
  G.I.P. presso il Tribunale di Milano, relativamente al capo A
  (cfr. allegato n. 14):
        "Il tutto è stato addebitato allo Squillante in
  ragione di una strumentalità inquinante da Costui posta in
  essere in favore del gruppo imprenditoriale costituito dalle
  società aventi sede in Milano, assecondando gli interessi
  delle società stesse secondo determinazioni, ideazioni ed una
  complessiva concertazione illecita incentrata nel luogo stesso
  di collocazione e di diffusione degli scopi delittuosi, cioè
  in Milano".
 
                             Pag.127
 
        "In considerazione di quanto sopra, allo stato
  procedimentale deve riconoscersi la competenza territoriale
  dell'autorità giudiziaria di Milano, luogo di intreccio degli
  illeciti interessi e dell'Accordo corruttivo".
      2).  In ordine al capo  b)  va richiamata la
  sentenza emessa il 26 giugno 1996 (depositata il 29 agosto
  1996) sul ricorso proposto da Giovanni ACAMPORA avverso
  l'ordinanza 15 maggio 1996 del G.I.P. presso il Tribunale di
  Milano, relativamente al capo B (cfr. allegato n. 17):
        "Esaminando i motivi dedotti in ordine di
  pregiudizialità logica, va anzitutto disattesa l'eccezione
  diretta a contestare la competenza territoriale dell'A.G. di
  Milano".
        "Al riguardo l'impugnata ordinanza, partendo
  dall'incontestato assunto della non individualità allo stato
  del luogo di perfezionamento degli accordi corruttivi e della
  non utilità, per la dislocazione estera, del luogo di
  effettuazione dei versamenti a favore degli avvocati indagati
  (che comunque è bene aggiungere, non integrerebbe, per
  l'identità dei destinatari, la dazione consumativa della
  corruzione), e premessa quindi la necessità, per stabilire la
  competenza territoriale, di far ricorso alle regole suppletive
  di cui all 'art 9 c.p.p., rileva la non praticabilità dei
  criteri di cui al primo e al secondo comma del citato
  articolo, in base, da un lato, all'irrilevanza del luogo della
  condotta commissiva od omissiva del pubblico ufficiale, non
  facente parte della fattispecie della corruzione, e,
  dall'altro, alla presenza di indagati aventi residenza, dimora
  o domicilio in luoghi diversi, pervenendo così alla
  conclusione della necessaria applicazione del criterio
  residuale, di cui all'ultimo comma dell'articolo 9 c.p.p.,
  della priorità di iscrizione nel registro previsto
  dall'articolo 335 c.p.p. conducente alla competenza dell'A.G.
  di Milano".
        "Nel ricorso si contesta tale argomentazione in base al
  rilievo che tutti i sogetti corrotti (magistrati, funzionari e
  incaricati dello studio legale che patrocinò l'IMI nella causa
  civile con i Rovelli) hanno quantomeno il domicilio in Roma,
  onde potrebbe e dovrebbe trovare applicazione nella specie il
  criterio del forum rei, che identifica il foro competente in
  quello di Roma, da spostarsi poi ex articolo 11 c.p.p., per il
  prospettato coinvolgimento di magistrati appartenenti al
  distretto della Corte di appello di Roma, a quello di
  Perugia".
        "Nei motivi aggiunti si richiama altresì, come
  ricordato in narrativa, il criterio del reato più grave, ex
  coord. disp. articoli 12 e 16 c.p.p., in relazione al falso
  per soppressione che sarebbe sostanzialmente contenuto nella
  contestazione e per il quale le indagini, già chiuse con
  archiviazione, risulterebbero riaperte".
        "Le suesposte obiezioni sono destituite di
  fondamento".
        "Quanto, invero all'invocata praticabilità del forum
  rei, rilevasi che il riferimento ai soggetti corrotti fatto
  nel ricorso, oltre ad essere contenutisticamente lacunoso e
  inidoneo, venendo prospettata con relativa attendibilità la
  comunanza in Roma solo del domicilio dei soggetti stessi,
  laddove, come emerge palesemente dal tenore del cpv. articolo
  9
 
                             Pag.128
 
  c.p.p., i criteri della residenza, della dimora o del
  domicilio vanno applicati in graduale successione fra di loro
  (v. in relazione alla medesima previsione del vecchio codice,
  Cass. 18 gennaio 1979, Sammartino), è soggettivamente
  parziale, ricavandosi chiaramente dalla contestazione il
  concorso anche di altri corruttori (fra i quali in primo luogo
  gli eredi Rovelli), per i quali la comunanza suddetta non è
  dedotta (nè, per quanto attiene agli eredi Rovelli,
  ravvisabile)".
        "L'affermazione dell'ordinanza sulla diversità dei
  luoghi di residenza, dimora o domicilio dei vari soggetti
  sottoposti alle indagini, non può dunque ritenersi validamente
  confutata e superata dai rilievi del ricorrente".
        "Circa poi l'argomentazione facente leva sul reato più
  grave, deve senz'altro respingersi la tesi che nella
  contestazione mossa all'indagato sia sostanzialmente contenuto
  anche il reato di falso per soppressione, in riferimento alla
  sparizione della procura speciale autenticata, posto che tale
  sparizione è messa nella contestazione in alternativa
  all'ipotesi minore dell'omesso deposito, risultando così
  priva, per definizione, della consistenza della gravità
  indiziaria.
      (omissis).
        "Deve pertanto ritenersi correttamente individuata
  nell'ordinanza impugnata, allo stato degli atti, la competenza
  territoriale del GIP del Tribunale di Milano".
      Va ricordato, ad integrazione dei dati riguardanti il
  procedimento inerente la mancanza della procura speciale, che
  attualmente sulla vicenda indaga l'autorità giudiziaria
  milanese, a seguito di trasmissione degli atti da parte del
  P.M. di Roma, così confermandosi sotto questo profilo la
  competenza dell'autorità procedente.
      Le residue contestazioni della difesa ed in particolare
  il richiamo alla sentenza della Corte di Cassazione del 13
  agosto 1996 (che rinviò gli atti al Tribunale del Riesame di
  Milano), su ricorso di Pacifico in ordine al capo B), non sono
  più attuali, dopo che la stessa Corte di cassazione in data 24
  giugno 1997, ha confermato la decisione del Tribunale del
  Riesame di Milano nella quale si è affermata la competenza di
  questa autorità giudiziaria in relazione al reato contestato
  al capo B).
  LA RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE
      La Camera dei Deputati, alla quale appartiene l'onorevole
  CESARE PREVITI, eletto al Parlamento nella XIII legislatura,
  nella seduta del 18 settembre 1997 ha ritenuto irricevibile la
  richiesta presentata dall'ufficio del Pubblico Ministero per
  l'autorizzazione a formulare al Giudice per le indagini
  preliminari presso il Tribunale Ordinario di Milano richiesta
  di applicazione della custodia cautelare in carcere; per il
  Giudice per le Indagini Preliminari eventualmente ad emettere
  ordinanza di custodia cautelare in carcere o altra minore
  misura; per lo stesso Ufficio e gli organi di polizia
  giudiziaria che saranno delegati ad eseguire l'eventuale
  ordinanza applicativa della misura.
 
                             Pag.129
 
      Si propone il problema dell'organo legittimato a
  richiedere al Parlamento l'autorizzazione a procedere
  all'applicazione di misura cautelare nei confronti dell'
  Onorevole PREVITI.
      Nell'attuale formulazione l'articolo 68 della
  Costituzione, dopo le modifiche introdotte con legge
  costituzionale n. 3 del 29 ottobre 1993, statuisce: "senza
  autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun
  membro del Parlamento può essere ... arrestato o altrimenti
  privato della liberta personale".
      Nessuna statuizione contiene la norma in merito a quale
  sia l'organo tenuto a chiedere la prevista autorizzazione così
  che si sono posti problemi di raccordo con la normativa
  esistente e precisamente con gli articoli 343 e seguenti del
  codice di procedura penale.
      I decreti legge succedutisi dal 1993 al 1996 colmavano il
  vuoto normativo derivante dalla mancata previsione della
  fattispecie nell'articolo 343 cod. proc. pen., ma la loro
  caducazione ha lasciato inalterato il problema originario.
      Va ricordato che l'articolo 343 c.p.p., introdotto
  nell'ordinamento dal 24 ottobre 1989, si innestava nella
  normativa costituzionale vigente in quel momento, la quale
  prevedeva che senza autorizzazione della Camera di
  appartenenza nessun membro del Parlamento potesse essere
  sottoposto a procedimento penale, né arrestato o altrimenti
  privato della libertà personale.
      Coerentemente con questa normativa costituzionale
  l'articolo 344 cpp prevedeva l'obbligo di chiedere
  l'autorizzazione a procedere prima di procedere agli atti
  tipici del passaggio alla fase del processo, dopo la chiusura
  delle indagini preliminari, salvo l'obbligo di presentare la
  richiesta comunque entro trenta giorni dall'iscrizione nel
  registro delle notizie di reato.
      In questo quadro normativo si colloca la previsione
  dell'articolo 343 comma secondo CPP che fa divieto di disporre
  misure cautelari personali, fino a quando non sia stata
  concessa l'autorizzazione (salvi i casi di flagranza che qui
  non rilevano).
      Con la riforma costituzionale del 1993 il quadro si
  presenta meno nitido ed ènecessario un lavoro interpretativo
  per colmare l'apparente lacuna normativa nel collegamento tra
  la norma costituzionale e la norma processuale.
      La lacuna è solo apparente, se si utilizzano i comuni
  criteri interpretativi.
      Le norme che disciplinano processualmente l'istituto
  dell'autorizzazione a procedere (articoli 343, 344, cod. proc.
  pen.; 111 disp. att.) attribuiscono la legittimazione a
  presentare la richiesta unicamente al pubblico ministero.
      Nessuna norma attruibuisce al giudice pari
  legittimazione; se ne deve concludere, sul piano
  dell'interpretazione letterale che unico organo o ufficio
  investito dell'onere di richiedere l'autorizzazione è il
  pubblico ministero.
      L'interpretazione estensiva dell'articolo 343 conduce a
  colmare l'apparente vuoto normativo dopo l'introduzione della
  novella dell'articolo 68 Cost., con l'attribuzione quindi al
  pubblico ministero dell'onere di richiedere l'autorizzazione a
  procedere in tutti i casi in cui l'autorizzazione sia
  prevista.
 
                             Pag.130
 
      Questa conclusione è coerente con l'evoluzione storica
  della disciplina: nel codice di procedura penale previgente
  alla riforma (articolo 15 c.p.p. 1930) l'autorizzazione veniva
  richiesta dal pubblico ministero "prima che (fosse) emesso
  alcun mandato".
      Anche nel sistema antecedente, quindi, la legiffimazione
  alla richiesta di autorizzazione era attribuita al P.M., ed il
  dato è ancor più significativo se si considera che l'emissione
  di un mandato era atto tipico del Giudice istruttore (articolo
  251 c.p.p. 1930).
      L'evoluzione storica della disciplina e il dato normativo
  vigente sono stati ben compresi dai parlamentari intervenuti
  nella seduta del 18 settembre 1997 per la discussione della
  presente vicenda.
      Si legge infatti nell'intervento dell'on.le Carrara che
  "quando il Parlamento si è occupato dei decreti legge che
  hanno accompagnato l'entrata in vigore del nuovo articolo 68,
  ha esplicitamente previsto che l'autorizzazione a procedere
  per quanto riguarda gli atti cautelari, i provvedimenti
  restrittivi della libertà personale, non è più strutturata
  come un'autorizzazione a procedere al giudizio ma come una
  condizione di eseguibilità di un provvedimento coercitivo, di
  un provvedimento restrittivo della libertà personale che già
  deve essere formato in tutti quelli che sono i suoi
  essentialia  ".
      Così si è espresso il primo relatore, onorevole Gitti,
  che ha affermato che non si configura più come una condizione
  di procedibilità, cioè come un'autorizzazione in ordine ad un
  intento della magistratura di perseguire un parlamentare, ma
  come un'autorizzazione ad eseguire un provvedimento coercitivo
  che già è stato emesso dal giudice.  Sulla stessa falsariga si
  sono orientati i nuovi relatori Azzano Cantarutti nel 1994 e
  Siniscalchi nel 1996.
      In ordine poi alla legittimazione a richiedere
  l'eseguibilità la Giunta si è orientata nel senso che,
  correttamente, questa individuazione va orientata nei
  confronti del pubblico ministero.  Ciò non soltanto perché
  manca qualsiasi ulteriore modifica dopo che sono decaduti i
  decreti-legge che hanno accompagnato l'entrata in vigore del
  nuovo articolo 68, ma perché nel nuovo codice di procedura
  penale il pubblico ministero è visto come organo di esecuzione
  di tutti i provvedimenti del giudice e mai si è vista
  un'autorità giudiziaria (soprattutto un giudice) che abbia
  sollecitato l'esecuzione del provvedimento.  Il problema,
  quindi, non è stato affrontato in relazione all'autorità che
  deve richiedere l'eseguibilità del provvedimento (perché essa
  va certamente individuata nel pubblico ministero), ma nella
  condizione di eseguibilità in cui è strutturata oggi
  l'autorizzazione a procedere di cui all'articolo 68 della
  Costituzione (intervento on.le Carrara,  atti
  parlamentari,  seduta del 18 settembre 1977 in G.U., n.
  244).
      Altrettanto inequivoca è l'interpretazione delle norme
  vigenti nell'intervento dell'on.le Marianna Li Calzi, la quale
  ha richiamato i decreti legge non convertiti, nei quali era
  chiaro che l'autorizzazione a sottoporre un parlamentare a
  misure coercitive e limitative della libertà fosse nella
  responsabilità dell'autorità giudiziaria procedente, e cioè
  del G.I.P. Ma in carenza di detti decreti non può che trovare
  applicazione l'articolo 343 del codice di procedura penale che
  prescrive che, qualora sia prevista l'autorizzazione a
  procedere, è il pubblico
 
                             Pag.131
 
  ministero che ne fa richiesta a norma dell'articolo 344"
    (atti,  cit. pag. 73).
      L'evoluzione legislativa ben si coglie anche negli
  interventi degli on.li Borrometi e Manzione  (atti, 
  cit.).
      Conclusivamente, l'evoluzione normativa, comprensiva
  della mancata conversione dei decreti-legge che attribuivano
  al giudice l'onere di richiedere l'autorizzazione a procedere,
  la considerazione che anche la fase esecutiva è fase della
  procedura e quindi il "procedere" si rivolge anche ad essa,
  l'inequivoco risultato della discussione parlamentare portano
  a ritenere che debba essere sempre il pubblico ministero ad
  agire per richiedere l'autorizzazione a procedere per
  l'esecuzione di un provvedimento giurisdizionale di natura
  cautelare.
      Il presente provvedimento pertanto viene trasmesso al
  pubblico ministero ai sensi dell'articolo 92 c.p.p. e potrà
  essere eseguito solo dopo che la Camera di appartenenza avrà
  concesso l'autorizzazione a procedere nei confronti del
  parlamentare interessato alla misura.
                            P.Q.M.
      Visti gli articoli 272 e seguenti C.P.P.; 91 e seguenti
  disp. att. CPP; 343, 344 C.P.P, 111 disp. att. C.P.P. in
  relazione all'articolo 68 Cost.
  accoglie la richiesta del Pubblico Ministero in data 29
  settembre 1997.
                            ORDINA
      agli Ufficiali ed agli agenti di PG. di procedere alla
  cattura di
  PREVITI CESARE, nato a Reggio Calabria, il 21 ottobre 1934
      in relazione ai reati contestati ai capi A) e B) della
  rubrica;
      e di tradurre lo stesso indagato in un istituto di
  custodia per ivi rimanere a disposizione di quest'Ufficio.
                            MANDA
  alla cancelleria di trasmettere immediatamente la presente
  ordinanza in duplice copia al P.M che ha richiesto la misura,
  per la esecuzione,  previa autorizzazione della Camera dei
  Deputati a cui appartiene l'on.le Cesare PREVITI  nonché per
  gli ulteriori adempimenti di conseguenza.
                            MANDA
  agli Organi incaricati dell'esecuzione del presente
  provvedimento di comunicare immediatamente a questo giudice
  l'avvenuta esecuzione
 
                             Pag.132
 
                           DISPONE
  che copia del presente provvedimento sia trasmessa, ad
  esecuzione avvenuta, a cura della polizia giudiziaria
  incaricata dell'esecuzione, al direttore dell'Istituto
  Penitenziario perchè provveda a quanto stabilito dal comma
  1-  bis  dell'articolo 94 disposizioni di attuazione del
  codice di procedura penale.
  Milano, 11 dicembre 1997.
            Il giudice per le indagini preliminari
                   Dott. Alessandro Rossato
 
                    RELAZIONE DELLA GIUNTA
        PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
    (Relatore:  CARMELO CARRARA, per la maggioranza) 
                            sulla
                  DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE
               AD ESEGUIRE LA MISURA CAUTELARE
                  DELLA CUSTODIA IN CARCERE
                  nei confronti del deputato
                           PREVITI
  per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
  penale - nel reato di cui agli articoli 81 e 321, in relazione
  all'articolo 319 dello stesso codice (corruzione per un atto
  contrario ai doveri d'ufficio, continuata); per concorso - ai
  sensi dell'articolo 110 del codice penale - nel reato di cui
  agli articoli 81, 112 n. 1 e 321, in relazione agli articoli
  319 e 319-  ter,  dello stesso codice (corruzione per un
  atto contrario ai doveri d'ufficio in atti giudiziari,
                   continuata e aggravata)
 
         TRASMESSA DAL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA
                           (FLICK)
                     il 12 dicembre 1997
 
        Presentata alla Presidenza il 14 gennaio 1998
 
                              Pag.2
 
     Onorevoli Colleghi! - La presente relazione compendia
  le varie posizioni emerse nell'ambito della maggioranza che ha
  votato nel senso del diniego dell'autorizzazione ad eseguire
  la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti
  del deputato Previti.
     Com'è noto oggetto della presente procedura autorizzativa
  è la richiesta di eseguibilità di un provvedimento cautelare
  concretamente compiuto e la cui attuazione è destinata a
  rimanere sospesa fino a quando l'Assemblea non decida di
  autorizzarla.  Invero poiché l'autorizzazione occorre quando si
  deve eseguire un atto e risolvendosi in una condizione di
  eseguibilità del provvedimento di coercizione non può
  riguardare la scelta della specifica modalità esecutiva che
  resta compito esclusivo del giudice, sicché la Giunta prima e
  l'Assemblea dopo dovrà verificare non tanto la legittimità
  della scelta della misura cautelare ma la fondatezza o meno
  del provvedimento, e ciò poiché la infondatezza può venire in
  considerazione come indice del suo carattere persecutorio.
     Il  fumus persecutionis  ha costituito la motivazione
  per numerosissimi dinieghi di autorizzazione a procedere ed è
  stato definito dalla dottrina come quella serie di elementi e
  di indizi che possono fare ritenere che l'accusa sia stata
  richiesta falsamente contro il parlamentare per colpirlo nella
  sua attività politica o che comunque si procede contro di lui
  con un rigore ingiustificato o dovuto a ragioni politiche.
     Pertanto la domanda dovrà essere respinta se verrà
  ritenuto sussistente un intento persecutorio e cioè se verrà
  riconosciuto che dietro la richiesta ci sarebbero finalità
  politiche, e il procedimento penale risulterebbe sviato
  rispetto alla sua funzione tipica.  In tal senso il diniego
  dell'autorizzazione è a salvaguardia del libero esercizio
  delle funzioni parlamentari che potrebbe essere compromesso
  dalla malignità e dall'accanimento dell'accusa.
     Ciò si rileva innanzitutto dalla infondatezza della
  azione, ma anche dal contesto storico-processuale in cui
  avviene la richiesta ed ancora dalla sussistenza delle
  esigenze di cautela processuale il cui travisamento o la
  eccessiva enfatizzazione non solo in funzione di necessità di
  evitare l'inquinamento di fonti probatorie, ma in funzione
  "offensiva" potrebbero essere decisive e strumentali per
  eliminare un avversario politico.
     Nel caso di specie, limitatamente alla cosiddetta vicenda
  "Squillante", appare chiaro quale sia in carenza di qualsiasi
  esigenza di cautela processuale (inesistenza del pericolo di
  fuga e di possibilità di inquinamento di fonti probatorie,
  rappresentate maggiormente dagli accertamenti bancari
  acquisiti agli atti e dalla deposizione dell'Ariosto raccolta
  nelle forme dell'incidente probatorio) l'accanimento dei
  giudici di Milano; invero, da un lato, si pretende l'arresto
  di Previti (autore mediato della corruttela) e, dall'altro, si
  coinvolge Silvio Berlusconi, come regista e finanziatore di
  tale corruttela, in un impianto accusatorio che finora ha
  retto sulla competenza di Milano per la  vis attractiva
  costituita dall'ipotesi accusatoria (non dimostrata alla
  Giunta perché non sono stati allegati atti e documenti in tal
  senso) del falso in bilancio attribuito a società del gruppo
  Fininvest e che sarebbero state le casseforti dalle quali,
  poi, sarebbero stati alimentati i conti di Previti per le
  conseguenti corruzioni.
 
                              Pag.3
 
     Tale accusa, non supportata innanzi alla Giunta da alcuna
  documentazione e portata avanti nei confronti del Previti con
  il procedimento custodiale, potrebbe arrecare un danno di
  immagine, oltre che politico ed economico agli esponenti di
  Forza Italia (i quali verrebbero penalizzati in maniera
  irrecuperabile dall'adozione di un provvedimento coercitivo
  nei confronti di colui che è stato sicuramente un punto di
  riferimento del  leader  azzurro ed al quale lo legano
  anche interessi di natura economica e professionale, che
  sarebbero in questo caso del tutto strumentalizzati ai fini di
  sorreggere un'accusa che è ancora tutta da dimostrare).
     Ma l'eccesso di zelo della Procura di Milano è censurabile
  anche in ordine alla qualificazione giuridica delle
  fattispecie contestate.  Invero, che, vi sia un particolare
  accanimento nei confronti di Previti e un'evidente
  strumentalizzazione della misura cautelare si ricava e dalle
  ultime esternazioni apparse sulla stampa dal Procuratore
  Borrelli che sulla vicenda ha invitato il Parlamento a dare un
  segnale di "moralità", in tal modo decampando non soltanto dal
  suo ruolo professionale ma ponendosi come soggetto politico
  che affida ai "media" messaggi ed ancora dall'ennesimo
  provvedimento restrittivo emesso dallo stesso Gip nei
  confronti di Squillante, sia pure nella forma meno grave degli
  arresti domiciliari.
     Non può sottacersi, peraltro, quanto all'intervista del
  dottor Borrelli dell'11 settembre 1997, il quale ha
  dichiarato, fra l'altro, di essere intervenuto "sul vuoto
  politico", che vi è stata un'unanime sollevazione dei
  parlamentari, che hanno censurato gravemente l'iniziativa del
  Procuratore di Milano, definita "inopportuna" sia dal
  Presidente della Camera dei deputati sia dal Presidente del
  Consiglio dei ministri.
     L'ambito della valutazione spettante alla Camera,
  comunque, non è costituito da una rivisitazione della
  decisione dell'organo giudiziario con la pretesa della
  sostituzione di un potere all'altro, bensì da una valutazione
  di bilanciamento tra la tutela del  plenum  assembleare
  della prerogativa del parlamentare e le concrete esigenze del
  procedimento penale pendente, con la conseguenza che i profili
  di merito possono essere oggetto dell'autonomo vaglio
  parlamentare, al fine della verifica non più della
  persecuzione politica del deputato bensì nella chiave del cd.
  fumus persecutionis,  sottoponendo ad autonoma
  valutazione la rispondenza della richiesta misura cautelare ai
  suoi archetipi legali (gravità degli indizi, condizioni di
  applicabilità della misura, esigenze cautelari).  Tale fumus
  va, poi, ravvisato ogniqualvolta nei confronti di un
  parlamentare gli organi inquirenti agiscono in violazione
  della legge processuale o sostanziale o eludendo lo spirito
  della stessa legge o i principi della Carta costituzionale o
  delle convenzioni internazionali ratificate dallo Stato
  italiano o, infine, attraverso ricostruzioni distorte e
  artificiose della realtà processuale elaborate al fine di
  ottenere la privazione della libertà personale del
  parlamentare medesimo. - attraverso questi parametri che la
  Giunta prima, e l'Assemblea dopo, dovrà verificare l'esistenza
  del  fumus persecutionis.  Nel caso di specie, si sono
  sicuramente verificate una serie di anomalie nel procedimento.
  Va innanzitutto osservato che in ordine al capo  a)  di
  imputazione ancora oggi, dall'inizio dell'indagine, l'accusa
  non ha specificato quali siano gli atti che sarebbero stati
  oggetto degli accordi corruttivi, né le persone che avrebbero
  compiuto tali atti, né i luoghi in cui tali sarebbero stati
  compiuti, né i tempi della presunta azione criminosa.  In
  ordine all'imputazione sub B) non si ha certezza sul tempo
  dell'accordo corruttivo tra l'imputato Rovelli e gli avvocati
  senza mandato giudiziale, né sui tempi dei successivi accordi
  tra costoro e i magistrati che avrebbero fatto mercimonio del
  loro ufficio.
     Va, invece, rilevato che:
       dieci giudizi o sentenze sono stati resi in più fasi
  giurisdizionali, sia sul principio della responsabilità
  dell'IMI, sia sulla quantificazione del danno subìto dalla
  SIR;
       si sono occupati della causa: varie decine di giudici,
  della Corte costituzionale, tre procuratori generali presso la
 
                              Pag.4
 
  Corte di Cassazione, oltre ad uno stuolo di aiutanti e
  coadiutori di cui molti, anche essi, magistrati.
     Quanto alle irregolarità procedurali vanno sicuramente
  segnalate:
       l'utilizzazione di una intercettazione ambientale mai
  avvenuta al fine di radicare la competenza
  territoriale-funzionale dell'autorità giudiziaria di Milano e
  di sostenere l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza.  Il
  giudice Rossato, autore del provvedimento custodiale emesso
  nei confronti di Pacifico e Squillante ha anche verificato
  "l'autenticità" dell'intercettazione - in realtà inesistente -
  e persino "la veridicità della riproduzione" di una
  conversazione mai "intercettata", così inducendo in errore la
  Corte di Cassazione su un dato processuale ritenuto
  determinante per l'affermazione della competenza
  territoriale-funzionale della Procura di Milano e per la
  sussistenza dei gravi indizi necessari per la custodia
  cautelare.  Non si comprende, poi, per quali ragioni il P.M.
  Boccassini abbia chiesto ed ottenuto la segretazione di tale
  atto che figura dallo stesso P.M. più volte utilizzato.
       E' ravvisabile, inoltre, la violazione delle prerogative
  parlamentari sancite nell'articolo 68 cost. in ordine al
  divieto di intercettazioni di conversazioni di acquisizione di
  tabulati riepilogativi e di sequestro di corrispondenza
  bancaria.
       Non va trascurato, peraltro, nel portare avanti il
  provvedimento cautelare, l'inserimento ad opera dei P.M. di
  prospettive economiche di carattere privato nel procedimento
  in corso, con l'instaurazione di numerosi giudizi civili con
  richieste miliardarie per risarcimento dei danni, anche
  biologici, direttamente collegate, quanto alla possibilità
  della loro soddisfazione, allo sviluppo ed ai risultati delle
  indagini condotte dai P.M., allo stesso tempo, attori in sede
  civile.
     Quanto all'ipotesi delittuosa delineata al capo sub
  a),  va osservato che la testimonianza dell'Ariosto è in
  gran parte crollata
  al vaglio dell'incidente probatorio su molte circostanze
  relative ai tempi, ai luoghi della consumazione dei fatti e
  alle modalità delle progettate azioni criminose.
     Nel corso delle indagini preliminari può serenamente
  affermarsi che gli inquirenti hanno costruito un impianto
  accusatorio individuando come gravi indizi di colpevolezza
  elementi che non avevano né il requisito materiale né quello
  formale per poter essere contestati a fondamento di misure
  cautelari (e tra di esse vanno rammentate soprattutto le
  intercettazioni telefoniche, l'acquisizione dei tabulati
  relativi al traffico telefonico e l'intercettazione al bar
  Mandara, mai effettuata, ma posta a fondamento dei
  provvedimenti di custodia cautelare per il dottor Squillante e
  l'avvocato Pacifico).
     Per quanto attiene inoltre, la vicenda cosiddetta Imi-Sir,
  va subito detto che non vengono indicate né irregolarità
  formali, né tantomeno vizi determinati da contrarietà al
  proprio dovere d'ufficio da parte dei magistrati.  In sostanza
  quindi i provvedimenti decisori risultano, per esplicita
  ammissione degli inquirenti fondati nel merito e corretti
  nella forma.
     Tuttavia, in maniera apodittica e senza esaustiva
  spiegazione rispetto alle decisioni di altri organi
  giudiziari, viene definita "sottratta" la procura  ad
  litem  IMI, ipotizzando per tale "sottrazione" la
  responsabilità di pubblici ufficiali corrotti, quando invece
  vi è in atti la prova del mancato deposito della medesima
  procura da parte dei difensori IMI (sul punto si sono
  pronunciati con decreto di archiviazione, esaustivamente e
  attentamente motivato, i gip Vincenzo Rotundo e Stefania Di
  Tommassi).
     Per com'è stato acclarato, infatti, dalla Procura della
  Repubblica di Roma all'epoca in cui l'incarto processuale
  venne trasmesso ai magistrati del Massimario per lo studio, le
  annotazioni sulla mancanza della procura alle liti già
  esistevano sulla copertina del fascicolo e sul registro
  generale, né nella nota di deposito predisposta dai difensori
  dell'IMI figurava la voce relativa alla Procura fra i
  documenti depositati.
 
                              Pag.5
 
     Non può comunque non destare perplessità il fatto che non
  figuri affatto contestata la ipotizzata sottrazione né sotto
  forma di furto, né di peculato, né di falso per soppressione,
  tutte ipotesi delittuose che avrebbero comunque radicato la
  competenza del Tribunale di Roma.
     Per quanto concerne le esigenze cautelari che il Gip non
  ha concretamente motivato in ordine alla sussistenza delle
  condizioni previste dall'articolo 274 c.p.p., va ricordato che
  la Cassazione ha chiaramente stabilito che "in tema di misure
  cautelari personali, il pericolo per l'acquisizione o la
  genuinità della prova, richiesto dall'articolo 274 lettera
  a)  c.p.p. per l'applicazione delle stesse, deve essere
  concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dalle
  quali sia possibile desumere, secondo la regola dell'  id
  quod plerumque accidit,  che l'indagato possa realmente
  turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la
  ricerca o inquinando le relative fonti.
     Per quanto concerne strettamente la ricorrenza di gravi
  indizi, si è universalmente condiviso che tale verifica deve
  essere riferita al reato oggetto di indagine.  Devono quindi
  sussistere gravi indizi in relazione ad uno specifico fatto
  corruttivo, in relazione ad un atto dell'ufficio del quale uno
  specifico pubblico ufficiale avrebbe fatto mercimonio, in un
  luogo ed in un tempo determinati e oggetto di uno specifico
  accordo corruttivo.
     E' bene però precisare che, anche secondo tale indirizzo
  interpretativo, non possono mancare dalla contestazione gli
  elementi fondamentali del reato, e cioè, l'indicazione del
  pubblico ufficiale corrotto, il luogo e la data della
  corruzione e l'oggetto del mercimonio; dati tutti mancanti
  nella costruzione dell'accusa strutturate al capo sub a).
     Viene poi indicato come sintomo di inquinamento di fonti
  probatorie l'aver appreso dell'inizio del procedimento prima
  di averne avuto notizia ufficiale da parte della Procura di
  Milano; orbene tale risultanza, in assenza di dati o elementi
  oggettivi da cui risulti il tentativo di alterazione del
  quadro probatorio al fine di precedere l'intervento delle
  autorità inquirenti è poi circostanza del tutto priva di
  valore ai fini della configurabilità del pericolo concreto per
  la genuinità della prova.
     Non può evidentemente bastare la semplice affermazione che
  l'indagato sia a conoscenza del procedimento nei suoi
  confronti, fatto rispetto al quale ha peraltro un diritto,
  trattandosi di situazione giuridica che lo riguarda
  direttamente, per concludere apoditticamente circa l'esistenza
  dell'esigenza cautelare di cui alla lettera a) dell'articolo
  274 c.p.p., mancando totalmente gli elementi oggettivi in base
  ai quali formulare il giudizio prognostico del probabile e non
  astrattamente possibile tentativo di alterazione della prova
  da parte dell'indagato in condizioni di libertà.
     Nel caso di specie vi è anzi la prova contraria, e che
  cioè una volta venuto a conoscenza dell'inizio del
  procedimento e quindi da circa un anno e mezzo, il Previti non
  ha, in alcun modo, tentato di falsare il quadro probatorio.
     Sotto quest'ultimo aspetto occorre considerare l'altro
  requisito previsto nell'articolo 274 c.p.p. del tutto
  trascurato dal GIP di Milano, e cioè l'attualità del pericolo
  dell'inquinamento probatorio.
     Tale requisito, aggiunto espressamente dalla legge del
  1995 a quello della "concretezza", attribuisce una particolare
  connotazione all'attività "inquinante" dell'indagato che al
  momento dell'applicazione della misura cautelare deve
  risultare "imminente" o "in corso", di modo che la misura
  cautelare possa, rispettivamente, "prevenire" o "interrompere"
  l'inquinamento probatorio.
     Invero, ai sensi della lettera a) dell'articolo 274 c.p.p
  il GIP avrebbe dovuto indicare in modo specifico le
  circostanze di fatto da cui si possa desumere che la presunta
  attività di inquinamento probatono sia "imminente" o "in
  corso".  Attività che evidentemente non vi è mai stata e non vi
  è neppure in questo momento in cui il Previti è al corrente
  già ormai da diversi mesi della richiesta di arresto che lo
  riguarda, e tanto più che almeno per l'ipotesi delittuosa
  delineata al capo sub a) è ormai decorso il termine ultimo per
 
                              Pag.6
 
  l'espletamento delle indagini preliminari.
     Quanto al requisito di cui alla lettera c) dell'articolo
  274 c.p.p. e cioè al pericolo della reiterazione del reato gli
  inquirenti milanesi fondano il proprio ragionamento
  sull'asserito inserimento del Previti in un "ampio contesto di
  corruttela", "criminoso e criminogeno", sul "perdurare di
  legami originati o caratterizzati anche da rapporti illeciti
  con pubblici ufficiali".
     Anche in questo caso risulta ignorato il disposto della
  lettera c) dell'articolo 274 c.p.p; che impone l'indicazione,
  al di là di sommarie descrizioni, della tipologia dei reati
  ascritti e oggetto di indagine, degli elementi di fatto che
  giustifichino la misura adottata.  In tal senso si è
  chiaramente espressa la Cassazione che ha stabilito che "il
  pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di
  quello per il quale si procede, ai fini del giudizio in ordine
  alla sussistenza o meno dell'esigenza cautelare prevista
  dall'articolo 274 lettera c) c.p.p., deve essere desunto da
  elementi concreti che lo facciano ragionevolmente ritenere
  sussistente" (n. 1176, Tebai, del 22.02.96, in  Mass.  Uff.
  dec. pen.,  1996, 204189).
     Sempre in ordine alla contestazione di cui al capo a) che
  si regge essenzialmente sulle dichiarazioni della teste
  Ariosto, al fine di valutare la consistenza degli indizi e
  l'attendibilità intrinseca ed estrinseca della teste, la
  Giunta non può ignorare le seguenti circostanze:
       secondo l'accusa, Previti, quale autore mediato, avrebbe
  corrotto Squillante e altri giudici, allo stato non
  identificati, per conto di Silvio Berlusconi che allo scopo
  avrebbe aperto e affidato al Previti un conto presso Efibanca
  a Roma.  Orbene, a prescindere dal fatto che non è stato
  dimostrato alcun flusso economico ai fini corruttivi tra
  società di Berlusconi e Previti, né tanto meno l'istituzione
  artificiosa di fondi neri della Fininvest per alimentare il
  progettato quadro di corruttela, rimane incomprensibile il
  fatto che sia stata del tutto tralasciata la circostanza
  secondo cui presso Efibanca non vi erano c/c o somme liquide
  prontamente disponibili, trattandosi di Istituto di credito e
  medio termine.
     Quanto alla verifica della genuinità della fonte di prova
  non può trascurarsi il fatto che l'Ariosto è stata indagata a
  Milano per bancarotta fraudolenta nonché per estorsione e
  truffa ai danni dei Lloyds di Londra per simulata rapina nel
  suo esercizio commerciale e che all'epoca in cui iniziò la sua
  collaborazione con i PM di Milano versava in una situazione di
  particolare illiquidità a causa di debiti di giuoco.
     E' rimasta, altresì, accertata la presenza dell'avvocato
  Dotti negli uffici della procura della Repubblica di Milano,
  quanto meno all'inizio della "collaborazione" dell'Ariosto con
  la Procura di Milano e, del resto, la stessa Ariosto, a
  proposito del PM Davigo, ha confermato che quest'ultimo, sia a
  lei che a Dotti, a conforto della sua dichiarazione, avrebbe
  assicurato un'opera di "ingegneria giuridica".
       Nel caso dell'incidente probatorio l'Ariosto ha riferito
  di avere consultato negli uffici giudiziari elenchi di nomi di
  magistrati, di cui alla fine ha ricordato soltanto quello di
  Renato Squillante.
       Quasi tutti i Magistrati coinvolti nell'indagine a
  seguito delle dichiarazioni rese al PM dall'Ariosto hanno
  negato di conoscerla e le varie posizioni processuali di
  costoro sono state archiviate dalla stessa Procura di
  Milano.
       La teste è stata incerta in ordine ai tempi e alla
  dazione delle somme costituenti oggetto della contestata
  corruzione.
       La Procura di Milano ha completamente ignorato, a
  quest'ultimo riguardo, circa 100 dichiarazioni rese alla
  difesa di Previti a norma dell'articolo 38 disp. att. del
  c.p.p. e che contrastavano i vari punti della deposizione
  dell'Ariosto.
       La Procura di Milano non ha dato seguito alcuno alle
  numerose denunce per calunnia inoltrate da più parti contro la
  Ariosto e ne avrebbe chiesto l'archiviazione senza svolgere
  approfonditi accertamenti al riguardo.
       Il giudice Renato Squillante, per quanto è dato
 
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  conoscere dagli atti pervenuti alla Giunta, non ha mai gestito
  vicende giudiziarie concernenti la Fininvest.
       Nella fattispecie contestata non risulta alcun dato
  certo sulla identità dei giudici direttamente corrotti, sulla
  determinatezza della condotta, dell'evento e sulla
  qualificazione giuridica dei fatti (corruzione propria o
  impropria, antecedente o susseguente rispetto all'atto del
  loro ufficio).  In conclusione, per la verifica sulla
  sussistenza o meno del "fumus persecutionis", la Giunta ha
  attentamente valutato le seguenti circostanze che denotano un
  particolare accanimento nella richiesta di arresto nei
  confronti del parlamentare:
         a)  in ordine alla vicenda "Squillante", avendo,
  peraltro, la procura di Milano richiesto il rinvio a giudizio
  degli imputati, sono già decorsi i termini per l'espletamento
  delle indagini preliminari, sicché sotto tal profilo la
  custodia cautelare si appalesa completamente svuotata di
  necessità sotto il profilo della ricorrenza delle esigenze
  della custodia cautelare; sempre a tale riguardo, non vi è
  assolutamente sussistenza dei gravi indizi, né contestazione
  alcuna di specifici fatti di mercimonio.
         b)  inoltre non si comprende perché mai Previti
  debba essere rinviato a giudizio in  "vinculis"  anche per
  l'imputazione di cui al capo sub  a)  mentre per
  Berlusconi che risulterebbe il vero interessato del progettato
  quadro di corruttela, imputato anche del reato più grave di
  false comunicazioni sociali, viene invece richiesto il rinvio
  a giudizio a piede libero;
         c)  per entrambe le imputazioni sussiste il forte
  dubbio sulla presenza della causa di estinzione del reato
  della prescrizione;
         d)  per assicurare la competenza di Milano è
  stata utilizzata come prova legale di intercettazione
  telefonica una semplice annotazione di brevi e discontinue
  comunicazioni ascoltate al bar Mandara da un ufficiale di
  P.G., inducendo in tal modo in errore la Corte di cassazione
  che, allo stato degli atti, aveva statuito sulla competenza
  del foro di Milano.
     Non si comprende poi quale motivo vi era di chiedere la
  segretazione della presunta intercettazione al bar Mandara da
  parte del pubblico ministero di Milano, il cui comportamento è
  stato censurato, nella sede del Consiglio superiore della
  magistratura, dal componente Marco Pivetti.
     Parimenti opinabile, sotto il profilo della legittimità, è
  il ricorso da parte del pubblico ministero di Milano al dottor
  Stefano Fortunato, collaboratore della K.P.M.G. Audit s.r.l.,
  in qualità di consulente tecnico, per acquisire ogni notizia
  utile circa la costituzione e l'andamento gestionale di alcune
  società panamensi (Osuna Trading, etc.) facultando lo stesso
  all'accesso presso banche dati estere e ciò senza
  l'esperimento di apposita rogatoria internazionale e senza
  alcun controllo sul contenuto delle risultanze da accertare e
  sulle modalità di acquisizione delle notizie attinte da quel
  professionista e poi trasmesse al giudice per le indagini
  preliminari Rossato;
         e)  né il pubblico ministero né il giudice per le
  indagini preliminari di Milano hanno agito con il dovuto
  distacco ed equidistanza in quanto essi stessi risultano o
  attori in controversie civili intentate per risarcimento dei
  danni morali e materiali, la cui sorte è legata all'esito del
  procedimento penale contro Previti o destinatari di denunce
  inoltrate dalla Procura di Brescia e al Consiglio superiore
  della magistratura.
     Ed invero, in epoca ben precedente alla richiesta di
  custodia cautelare (30 giugno 1997) Previti denunziò
  pesantemente al Consiglio superiore della magistratura le
  gravi anomalie commesse dal pubblico ministero Boccassini e
  dal giudice per le indagini preliminari Rossato a proposito
  della conversazione svolta tra Misiani e Squillante ed
  "intercettata" al bar Mandara;
         f)  le esternazioni del procuratore Borrelli
  sulla lezione di moralità che il Parlamento avrebbe dovuto
  dare votando per l'arresto di Previti denotano nel pubblico
  ministero di Milano un insolito accanimento giudiziario in
 
                              Pag.8
 
  questa vicenda come è confermato dall'ennesima adozione di un
  provvedimento custodiale a carico del giudice Squillante per
  gli stessi fatti di reato contestati con precedenti
  provvedimenti restrittivi della libertà personale;
         g)  violazione delle prerogative parlamentari ex
  articolo 68 della Costituzione in materia di utilizzazione di
  intercettazioni telefoniche, di acquisizione dei tabulati sul
  traffico telefonico di utenze in uso al Previti, nonché in
  materia di sequestro di documentazione bancaria.
     Invero la prerogativa fissata dall'articolo 68 della
  Costituzione vieta l'intercettazione in qualsiasi forma delle
  comunicazioni del parlamentare.  In tal senso si sono espresse
  sia la Corte costituzionale (sentenza n. 81 del 1993) sia la
  Corte di cassazione (sez.  VI, 18 dicembre 1995, Persichini,
  Cass.  Pen. 1996, 2090) secondo cui: "le garanzie fissate
  dall'articolo 15 della Costituzione sono riferibili non solo
  alle intercettazioni del contenuto di conversazioni e
  comunicazioni, ma anche alle tecniche che consentono di
  identificare i soggetti colloquianti, il tempo ed il luogo
  della comunicazione.  Tali principi si applicano anche per
  l'acquisizione di tabulati relativi ai telefoni cellulari, che
  non possono essere utilizzati in difetto della preventiva
  autorizzazione dell'autorità giudiziaria";
         h)  violazione del disposto dell'articolo 270
  c.p.p. in ordine al mancato deposito ed all'utilizzazione di
  intercettazioni acquisite in distinto procedimento penale;
         i)  insussistenza di esigenze di cautela
  processuale secondo i parametri normativi di cui all'articolo
  274 c.p.p. (assenza di pericolo di inquinamento di fonti
  probatorie, del pericolo di fuga e della reiterazione del
  reato);
     A tal riguardo giova sottolineare che, a prescindere dal
  fatto che la testimonianza dell'Ariosto è stata assunta anche
  nelle forme dell'incidente probatorio e che non è
  ipotizzabile, alla stregua della legislazione vigente, una
  possibilità di inquinamento delle fonti probatorie
  rappresentate dalla documentazione bancaria, sono già decorsi
  i termini di scadenza delle indagini preliminari per quanto
  riguarda il capo di imputazione  sub  a) trattandosi di un
  procedimento iscritto nell'apposito registro di notizie di
  reato il 6 settembre 1995.  Per quanto concerne il capo di
  imputazione  sub  b) (procedimento iscritto l'8 maggio
  1986) è presumibile che il termine di scadenza delle indagini
  preliminari (due anni, trattandosi di indagini per le quali è
  stato richiesto il compimento di atti all'estero), non sia
  ancora scaduto, anche se tra i documenti in possesso della
  Giunta non figura l'ennesimo provvedimento del giudice per le
  indagini preliminari di Milano sulla richiesta di proroga
  inviata dalla Procura.
         l)  mancanza delle condizioni di applicabilità
  della misura anche in ordine ai tempi ed alle modalità del
  commesso reato e ciò anche in considerazione del fatto che gli
  inquirenti milanesi non hanno mai revocato in dubbio la
  giustezza delle decisioni giudiziarie sulle vicende
  IMI/SIR;
         m)  insussistenza degli estremi della fattispecie
  di cui all'articolo 319  ter  e non operatività nei
  confronti del deputato Previti della punibilità del corruttore
  introdotto con L. 7/2/1992 n. 19932 n. 181.
     La mancanza delle condizioni di applicabilità della misura
  si appalesa anche sotto altro profilo.  Invero, l'accusa è
  articolata in due capi di imputazione concernenti fatti che,
  se effettivamente commessi, sarebbero comunque prescritti o su
  di essi sarebbe comunque imminente l'avvento della causa
  estintiva della prescrizione.
     Per quanto concerne l'imputazione di cui al capo A va
  osservato che l'ipotesi accusatoria, priva di adeguati e
  concludenti supporti probatori, è quella di una corruzione
  generalizzata che l'imputato avrebbe commesso attraverso
  l'intermediazione del giudice Squillante, il quale avrebbe
  ricevuto somme di denaro per corrompere magistrati non
  individuati ed in relazione ad atti di ufficio non
  individuati.
     Secondo la stessa prospettazione accusatoria descritta nel
  capo d'imputazione, la corruzione si sarebbe consumata
  mediante un accordo i cui atti esecutivi sarebbero stati posti
 
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  in essere a partire dal 1986 e fino al 1989.
     Evidentemente l'accordo che avrebbe dato luogo alla
  consumazione del reato deve essere necessariamente coevo o
  antecedente al 1986.
     Poiché il reato di corruzione contestato ex articolo 319
  c.p. si prescrive nel termine di dieci anni dal momento della
  consumazione e poiché nessun atto interruttivo della
  prescrizione è stato compiuto prima del decorso del decennio
  ne deriva - se prendessimo come  tempus commissi delicti
  l'agosto del 1988, così come prospettato in sede di incidente
  probatorio dalla teste Ariosto - che il reato si è prescritto
  o sta per prescriversi.
     Anche ipotizzando, contrariamente alla stessa impostazione
  accusatoria, una consumazione del reato successiva all'86 e
  prendendo viceversa in considerazione la data del 1989,
  anch'essa indicata nel capo d'imputazione, il reato
  risulterebbe comunque prescritto o in via di prescrizione.
     Va comunque osservato che le norme sostanziali di
  riferimento nel caso di specie sono gli articoli 319 e 318
  c.p. in relazione all'articolo 321 c.p. nella formulazione
  precedente alla modifica del 1990, considerato appunto che i
  fatti contestati agli imputati sono antecedenti al 1990.
     Gli articoli 319 e 318 c.p. nel testo precedente al 1990,
  distinguono, rispettivamente, quanto all'entità della pena, la
  corruzione propria (pagamento o promessa di pagamento in
  relazione al compimento di un atto contrario ai doveri
  dell'ufficio), punita con la reclusione da due a cinque anni,
  della corruzione impropria (pagamento o promessa di pagamento
  in relazione ad un atto conforme ai doveri dell'ufficio),
  punita con la reclusione fino a tre anni.
     La netta distinzione di pena edittale tra le due figure di
  corruzione ha evidenti riflessi nella sfera di operatività
  della prescrizione.
     Infatti, nel caso di corruzione propria il termine di
  prescrizione risulta decennale essendo la pena edittale
  massima non inferiore a cinque anni di reclusione (articolo
  157 n. 3 c.p.), mentre nel caso di corruzione impropria il
  termine di prescrizione risulta quinquennale, essendo la pena
  edittale massima inferiore a cinque anni (articolo 157 n. 4
  c.p.).
     Vi è comunque un fortissimo dubbio nel senso
  dell'esistenza di una causa estintiva del reato.
     Non è infatti provata in alcun modo l'individuazione dei
  singoli atti di ufficio legati agli assenti pagamenti
  corruttivi.
     Questo stato di incertezza è definitivo, poiché le
  indagini sono ormai concluse per il capo a), essendo
  presentata la richiesta di rinvio a giudizio da parte
  dell'ufficio del p.m., mentre stanno per concludersi per la
  vicenda IMI/SIR.
     Se dunque le indagini non hanno consentito di accertare la
  natura degli atti compiuti da Squillante né la natura degli
  atti compiuti da magistrati appartenenti al distretto
  giudiziario di Roma che sarebbero oggetto di accordi o
  pagamenti corruttivi, tale stato di obiettiva incertezza è
  destinato inevitabilmente ad essere parte integrante
  dell'oggetto delle valutazioni giurisdizionali che dovranno
  essere adottate nel processo in senso proprio.
     Il giudice doveva cioè considerare che la mancata
  individuazione degli atti in vista dei quali sarebbero
  avvenuti promesse o pagamenti corruttivi, peraltro anch'essi
  non individuati ed in particolare l'impossibilità di verifica
  della conformità di tali atti ai doveri d'ufficio, rendono
  insolubile il quesito circa l'intervenuta prescrizione, a
  seconda che le ipotizzate corruzioni siano da considerarsi
  proprie o improprie.
     Nel capo di imputazione sub A è indicata come data del
  commesso reato l'anno 1989.
     L'indicazione è fondata sulle dichiarazioni dell'Ariosto
  rese nel corso delle indagini preliminari che ha collocato i
  fatti da lei stessa riferiti tra la fine del 1988 e l'inizio
  del 1989.
     In realtà nel corso dell'incidente probatorio la Ariosto
  ha ridimensionato la collocazione temporale degli avvenimenti
  descritti all'autorità giudiziaria, precisando che i fatti
  riferiti sarebbero avvenuti prima dell'8 settembre 1988,
 
                             Pag.10
 
  giorno in cui conobbe l'Avv.  Dotti ed in cui smise di
  frequentare l'Avv.  Previti.
     Sicché, in assenza di ulteriori riscontri probatori, gli
  episodi corruttivi descritti nel capo di imputazione devono
  essere riferiti ad una data antecedente all'8 settembre
  1988.
     Considerato il termine di prescrizione decennale di cui al
  n. 3 dell'articolo 157 c.p. e la circostanza che i fatti
  ipotizzati dall'accusa sono necessariamente riferibili ad
  epoca precedente all'8 settembre 1988, e quindi a periodi
  rispetto ai quali è decorso, ininterrotto, il termine
  prescrizionale si deve necessariamente concludere che anche
  nella prospettiva della commissione del delitto di corruzione
  propria ex articolo 319 e 321 c.p., sussiste la situazione di
  dubbio sull'esistenza della causa di estinzione del reato per
  intervenuta prescrizione.
     In altre parole, a seconda che dazione o promessa
  corruttive siano state effettuate anteriormente o
  successivamente al compimento dell'atto dell'ufficio da parte
  del pubblico ufficiale corrotto, in base alla legge penale
  vigente al momento del commesso reato, muterebbe sensibilmente
  la pena edittale e conseguentemente il termine di prescrizione
  del reato: reclusione da due a cinque anni per la corruzione
  antecedente (articolo 319 comma 1 c.p. prescrizione decennale
  ex articolo 157 n. 3 c.p.); reclusione da uno a tre anni per
  la corruzione susseguente (articolo 319 comma 4 c.p.
  prescrizione quinquennale ex articolo 157 n. 4 c.p.).
     Ebbene, anche in questo caso, essendovi incertezza
  assoluta circa il tipo di corruzione ipotizzata (antecedente o
  susseguente), sussiste automaticamente il dubbio
  sull'esistenza della prescrizione del reato che nel caso di
  corruzione susseguente sarebbe decorso dopo cinque anni a
  partire dalla data che, pur in contrasto con le risultanze
  processuali, come si è visto, l'accusa ha esteso nel capo di
  imputazione fino al
  1989.
     Anche per il reato di cui al capo b) sussistono forti
  dubbi sulla prescrizione.  L'accusa, il giudice per le indagini
  preliminari (pagina 147 dell'ordinanza custodiale) e la stessa
  Cassazione in data 17 dicembre 1997, escludono che gli
  accrediti di denaro proveniente dagli eredi Rovelli possano
  integrare la "dazione consumativa della corruzione".
     Dunque, il momento consumativo del reato deve essere
  ancorato alla data in cui sarebbe intervenuto un accordo
  illecito tra gli indagati e l'ingegner Rovelli.
     Il momento in cui sarebbe avvenuto tale accordo è indicato
  nello stesso capo d'imputazione, e cioè l'anno 1986, è
  sicuramente un momento antecedente alla data del decesso di
  Nino Rovelli.
     Ne consegue che il reato o si è prescritto ai sensi
  dell'articolo 157 n. 3 c.p. già nel 1996, ovvero se si
  considera nell'ottica di una sequela di atti corruttivi,
  questi ultimi non sarebbero certamente punibili a norma
  dell'articolo 319  ter  c.p., contestato nel capo di
  imputazione perché tale punibilità è stata estesa dalla legge
  al corruttore soltanto nel marzo del 1992, con legge 7
  febbraio 1992, n. 181 entrata in vigore il 17 marzo 1992, che
  ha interpolato l'articolo 321 c.p., come già modificato dalla
  legge 26 aprile 1990, n. 86.
     Infatti, come osserva il giudice per le indagini
  preliminari nell'ordinanza il reato di corruzione si
  perfeziona con l'accordo corruttivo; orbene poiché l'accordo
  corruttivo in relazione alla vicenda IMI-Rovelli dovrebbe
  essere necessariamente intervenuto con l'ingegner Nino
  Rovelli, titolare della SIR e deceduto il 31.12.1990, ne
  deriva che tale accordo non potrebbe essere successivo a tale
  data.
     Sotto altro aspetto, anche ipotizzando assurdamente, un
  accordo corruttivo con persone diverse dall'ingegner Nino
  Rovelli, poiché l'ultimo atto che può assumersi nel quadro di
  corruttela e che ha originato la vittoria finale di Rovelli, è
  costituito dalla rilevata inammissibilità del ricorso in
  cassazione IMI (a causa della "mancanza" o " sparizione" come
  sostiene l'accusa, della procura  ad litem  della difesa
  IMI e tenuto conto che tale circostanza si è verificata in
  cassazione nell'udienza del 29 gennaio 1992, ne deriva che
  l'accordo corruttivo non può comunque essere successivo al 29
  gennaio 1992).
 
                             Pag.11
 
     Il fatto, perfezionatosi, come sostenuto dallo stesso
  giudice per le indagini preliminari, con l'accordo corruttivo,
  può dunque essere stato commesso soltanto in epoca in cui non
  era entrata in vigore la legge che estendeva la punibilità ex
  articolo 319  ter  c.p. al corruttore.
     Infine, anche ipotizzando, contrariamente alle risultanze
  processuali e alla stessa impostazione dell'accusa avallata
  dal giudice per le indagini preliminari e dalla cassazione,
  che il reato si sia consumato con riferimento al momento
  dell'accredito da parte della famiglia Rovelli e cioè nel
  1994, si dovrebbe necessariamente ammettere che nei confronti
  del deputato Previti non si sarebbe comunque potuto
  contestare, il reato di cui all'articolo 319  ter  c.p.
  poiché la parte significativa dell'azione sarebbe in ogni caso
  avvenuta entro e non oltre il 29 gennaio 1992, giorno in cui
  in Cassazione fu rilevata l'assenza della procura  ad
  litem  della difesa IMI, e quindi, in epoca in cui non era
  intervenuta la legge 7 febbraio 1992, n. 81, che ha esteso la
  punibilità ex articolo 319  ter  c.p. anche al privato
  corruttore.
     Infatti, ai sensi dell'articolo 2 c.p., nell'ipotesi di
  successione dileggi penali nel tempo, si applica la legge
  penale più favorevole e cioè nel caso di specie, la legge
  previgente all'entrata in vigore della legge n. 181/92.
     Pertanto, in assenza di prova in ordine alla difformità ai
  doveri d'ufficio dell'atto attribuibile al pubblico ufficiale,
  si dovrebbe necessariamente pervenire alla contestazione del
  reato di corruzione impropria ex articolo 318 c.p., punito con
  la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.  Risulta così
  preclusa, anche sotto questo aspetto, la custodia cautelare,
  in base all'articolo 280 c.p.p., comma 2, che consente tale
  misura coercitiva soltanto con riferimento ai reati puniti con
  la pena della reclusione non inferiore, nel massimo, a quattro
  anni.
     Peraltro, lo spostamento del momento consumativo della
  corruzione all'epoca della dazione, e cioè, come si è detto,
  al 1994, determinerebbe automaticamente la natura
  "susseguente" della corruzione impropria ex articolo 318,
  comma 2 c.p., essendo l'accredito della famiglia Rovelli
  avvenuto in epoca certamente successiva a tutti gli atti
  giudiziari della vicenda IMI-Rovelli.
     A questo punto, collegando il disposto dell'articolo 2
  c.p. secondo quanto sopra precisato con la natura impropria e
  susseguente della corruzione, ne deriverebbe la non punibilità
  del fatto di cui al capo B) in quanto non previsto dalla legge
  come reato, ai sensi dell'articolo 321 c.p., che esclude la
  punibilità per il corruttore l'ipotesi di cui al comma 2
  dell'articolo 318 c.p.;
         n)  incompetenza territoriale, trattandosi di
  fatti iscritti nel registro delle notizie di reato per la
  prima volta a Roma e per i quali opera la competenza
  funzionale ed inderogabile prevista dall'articolo 11 del
  c.p.p.
     L'ulteriore corso delle indagini ha profondamente
  modificato le risultanze istruttorie.
     Secondo l'impostazione accusatoria la competenza si
  radicherebbe presso il Tribunale di Milano in virtù della
  forza assorbente del reato più grave, il falso in bilancio
  aggravato contestato all'imprenditore milanese titolare e
  proprietario delle società aventi sede in Milano.
     La Giunta, in carenza di qualsiasi documentazione che
  possa suffragare l'assunto accusatorio, con specifico
  riferimento alla effettiva sussistenza del reato di cui
  all'articolo 2621 c.c. (contestato al solo Berlusconi, senza
  indicazione alcuna di concorso - nel caso di specie,
  necessario - con gli amministratori della società del gruppo
  Fininvest che avrebbero attraverso false comunicazioni sociali
  creato i "fondi neri" per alimentare le supposte corruzioni),
  non può fare a meno di sottolineare nell'ordinanza di custodia
  cautelare il giudice per le indagini preliminari, riproponendo
  i rapporti tra l'avvocato Previti e l'Efibanca, abbia omesso
  però di riferire che le indagini hanno smentito l'affermazione
  della teste stabilendo in maniera incontrovertibile che presso
  Efibanca, istituto di finanziamento a lungo e medio termine,
  non sono mai esistiti né sportelli né servizi di conti
  correnti.
 
                             Pag.12
 
     Nella citata sentenza della Cassazione si fa poi
  riferimento (pagina 11) "alla localizzazione dell'accordo e
  quindi della relativa promessa di denaro e di altre utilità in
  Milano che trova conferma laddove, nell'ordinanza impugnata
  richiamando il giudice alcune intercettazioni ambientali di
  particolare valore indiziario (come quella del bar Mandara),
  viene fatto riferimento agli incontri diretti ed al livello
  paritario, ivi avvenuti tra lo Squillante e i massimi
  esponenti del gruppo societario in questione, incontri aventi
  ad oggetto la gestione e l'esito di affari economici":
     Come già esposto, tuttavia, tale intercettazione
  ambientale comprovante i descritti accordi non esiste.
     Va quindi ribadito che la decisione della Cassazione
  veniva assunta sull'erroneo presupposto dell'esistenza di una
  intercettazione e della legittima acquisizione di quei
  dati.
     In relazione, quindi, al capo A dell'imputazione entrambi
  i presupposti fondanti la pretesa competenza degli uffici
  giudiziari milanesi sono stati superati dall'ulteriore corso
  delle indagini.  Ciononostante la richiesta di arresto avanzata
  nei confronti dell'onorevole Previti insiste nel porre a
  fondamento della affermazione della sussistenza della
  competenza territoriale della Procura di Milano, la
  conversazione tra il dottor Squillante e il dottor Misiani,
  asseritamente intercettata presso il bar Mandara di Roma che
  le richiamate pronunce della Corte di Cassazione utilizzavano
  come dato di fatto certo e che in realtà è soltanto stata
  origliata e parzialmente riportata senza alcuna possibilità di
  verifica da un vice ispettore di p.g.
     Quanto al capo B di imputazione va rilevato che la
  competenza presso gli uffici giudiziari di Milano è stata
  radicata con il criterio di cui all'articolo 9 n. 3 c.p. e
  cioè del luogo in cui è avvenuta l'originaria iscrizione.
     In ordine a ciò si osserva quanto segue:
       a)  i fatti oggetto d'indagine, per la complessa
  vicenda IMI/SIR, nei numerosi gradi di giudizio, si sono con
  certezza svolti a Roma;
       b)  i magistrati che se ne sono occupati e che
  risultano iscritti nel registro degli indagati fanno tutti
  parte del distretto della Corte d'Appello di Roma e/o della
  Corte Suprema di Cassazione e risiedono in tale distretto
  giudiziario;
       c)  gli eventuali atti giudiziari contrari al
  dovere d'ufficio ancor oggi non individuati sono stati
  indubbiamente compiuti a Roma;
       d)  non vi è alcuna indicazione sul luogo nel quale
  si sarebbe raggiunto l'accordo corruttivo;
       e)  né, tantomeno, gli ultimi sviluppi
  dell'inchiesta relativa all'analisi dei tabulati documentanti
  il traffico telefonico dei cellulari appartenenti agli
  indagati indicano, quale teatro di incontri dal potenziale
  contenuto corruttivo, la città di Milano (anzi lo escludono e
  risultano tutti avvenuti a Roma).
     Dal quadro rassegnato non risulta individuato, dunque, il
  luogo in cui si sono perfezionati gli accordi relativi alla
  perpetrazione del delitto di corruzione.  Risulta anche che i
  pagamenti sono avvenuti all'estero, sicché nessun elemento
  consente allo stato gli atti di individuare il luogo del
  commesso delitto.
     Il pubblico ministero e il giudice per le indagini
  preliminari hanno individuato la competenza di Milano sulla
  base della priorità di iscrizione degli indagati nel registro
  delle notizie di reato.
     In realtà, tuttavia, in epoca ben precedente, il pubblico
  ministero di Roma, dottor Pietro Giordano, aveva effettuato
  l'iscrizione per la vicenda IMI/SIR, a carico del professor
  Carmine Punzi nel procedimento n. 2554/94 R.G. Il procedimento
  citato aveva chiaramente come oggetto gli stessi fatti ed è
  stato iscritto nel registro generale della Procura di Roma ben
  prima dell'iscrizione avvenuta presso la Procura di Milano il
  10 maggio 1996.
     Anche tali risultanze, pertanto, devono essere prese in
  considerazione dalla Giunta per verificare l'esistenza del
 
                             Pag.13
 
  fumus persecutionis  in quanto è evidente che il criterio
  dell'articolo 9 è surrettiziamente invocato in quanto potrebbe
  trovare applicazione solo nella sede nella quale è avvenuta la
  prima iscrizione e cioè a far data dal 1994 presso la Procura
  di Roma.
     Pertanto, poiché i fatti contestati sarebbero stati
  commessi in Roma, i due episodi di corruzione risulterebbero
  di competenza dell'autorità giudiziaria di Perugia ai sensi
  dell'articolo 11 c.p.p.
     Sul punto è necessario precisare che la competenza
  speciale per i procedimenti riguardanti i magistrati è
  inderogabile anche in presenza di connessione con altri
  procedimenti.
     Il comma 2 dell'articolo 11 c.p.p. stabilisce infatti che
  "i procedimenti connessi a quelli in cui un magistrato assume
  la qualità di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata
  dal reato sono di competenza del medesimo giudice individuato
  a norma del comma 1".
     Dunque la competenza dell'autorità giudiziaria di Perugia
  riguarderebbe anche gli ulteriori reati collegati dal vincolo
  della continuazione o dal vincolo teleologico (articolo 12
  lettere  b)  e  c)  alle corruzioni contestate a
  Squillante.
     Ne consegue che per tutte le ipotesi di reato oggetto di
  indagine sarebbe competente la Procura presso il Tribunale di
  Perugia e non invece la Procura presso il Tribunale di
  Milano.
     Le cennate risultanze convincono pertanto la Giunta non
  solo dell'opportunità di preservare il  plenum
  dell'Assemblea ma soprattutto che vi è un'esasperazione
  accusatoria nella richiesta del giudice per le indagini
  preliminari di Milano di arresto nei confronti del deputato
  Previti, di guisa che, non essendovi completa rispondenza tra
  la richiesta misura cautelare e i suoi archetipi legali
  (gravità degli indizi in relazione a tutte le fattispecie
  contestate, condizioni di applicabilità dell'accusa e
  sussistenza delle esigenze cautelari), la Giunta medesima, a
  maggioranza, ha deliberato di proporre all'Assemblea il
  diniego dell'autorizzazione all'esecuzione della misura
  cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato
  Previti.
                                              Carmelo CARRARA,
                                  Relatore per la maggioranza.
 
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