| RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE
nei confronti del deputato
SGARBI
TRASMESSA DAL TRIBUNALE DI ROMA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 23 ottobre 1995
(mantenuta all'ordine del giorno dalla precedente
legislatura)
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IL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA
Sezione I
così composto:
dottor Alberto BUCCI, presidente;
dottoressa Marina ATTENNI, giudice;
dottor Massimo CRESCENZI, giudice relatore.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nelle cause civili riunite di primo grado iscritte ai n.
49150 e 56864 del ruolo generale degli affari contenziosi
civili dell'anno 1993, poste in deliberazione all'udienza
collegiale del 7 luglio 1995 e vertenti
TRA
Eugenio SCALFARI
domiciliato elettivamente in Roma, piazza delle Muse 8,
presso lo studio dei proc. avv. Alessandro Pace e Giovanni Le
Pera, che lo rappresentano e difendono per procure speciali a
margine degli atti di citazione
ATTORE
Vittorio SGARBI
domiciliato elettivamente in Roma, piazza Bainsizza n. 1,
presso lo studio del proc. avv. Mauro Mellini, che lo
rappresenta e difende per procura speciale in data 20 giugno
1995
NONCHE'
RTI - Reti Televisive Italiane -s.p.a.
con sede, in Roma, in persona del legale rappresentante,
domiciliata elettivamente in Roma, v.le Angelico n. 92, presso
lo studio del proc. avv. Romano Vaccarella, che la rappresenta
e difende per procura speciale a margine della comparsa di
costituzione, unitamente agli avvocati Vittorio Dotti e Fulvio
Morese
CONVENUTI
Il Tribunale,
premesso che:
a) con citazione notificata il 16 ed il 21 giugno
1993, l'attore ha esposto che, il giorno 4 maggio 1993, nel
corso della trasmissione "Sgarbi quotidiani", messa in onda
sul network televisivo "Canale 5" di cui è titolare la
società convenuta, il convenuto on. Sgarbi aveva
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usato espressioni gravemente ingiuriose nei confronti di esso
attore, qualificandolo come "ladro" e "servo" ed ha chiesto la
condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento dei
danni;
b) con successivo atto di citazione, notificato
il 13 ed il 17 luglio dello stesso anno, 1'attore ha dedotto
che, nelle trasmissioni andate in onda il 18 ed il 23 giugno
dello strsso anno, il convenuto lo aveva falsamente e
ripetutamente accusato di evasione fiscale, nonché di aver
"cacciato" dal giornale "La Repubblica" il critico televisivo
Beniamino Placido perché aveva "osato parlare bene" del
convenuto stesso;
c) in relazione ad entrambi i fatti all'origine
delle due cause riunite la difesa del convenuto ha sostenuto
l'applicabilità dell'articolo 68 della Costituzione;
considerato che:
a) relativamente alle dichiarazioni espresse
nella prima delle citate trasmissioni (oggetto della causa
introdotta con il primo atto di citazione), si deve porre in
rilievo che le stesse risultano formulate a margine di un
discorso complessivamente ed evidentemente incentrato sulla
polemica conseguente al voto della Camera sulla posizione
giudiziaria di Craxi e sul modo di rapportarsi del giornale
diretto dall'attore in relazione a tale voto; appare quindi
fondato ritenere che le predette dichiarazioni rispondano a
finalità politiche proprie dell'autore di esse e si
riconnettano in una qualche misura all'attività del
Parlamento, talché deve escludersi che possa pronunciarsi la
manifesta infondatezza della questione relativa
all'applicabilità dell'articolo 68 della Costituzione,
restando preclusa al giudice ogni ulteriore e più specifica
valutazione circa l'effettiva correlazione tra le predette
dichiarazioni ed il mandato parlamentare;
b) di contro, negli interventi trasmessi nei
giorni 18 e 23 giugno 1993 le dichiarazioni lesive
dell'onorabilità dell'attore appaiono prescindere da qualsiasi
discorso di carattere genericamente politico; nella prima
delle predette occasioni il convenuto, dopo un'ampia
dissertazione su aspetti architettonici, artistici e
culturali, ha inteso soffermarsi, in termini elogiativi, su un
giornale locale e, in particolare, su di un sondaggio
realizzato e pubblicato da alcuni giornali nazionali e
riguardante esso convenuto, criticando il giornale diretto
dall'attore per l'omessa pubblicazione dell'esito del
sondaggio; in tale contesto, il convenuto ha ritenuto di
accusare l'attore di una gestione dittatoriale e non
democratica del giornale per aver "cacciato" il critico
televisivo Beniamino Placido perché questi si era espresso in
termini positivi nei confronti di esso convenuto ed ha poi
aspramente polemizzato sulla mancata pubblicazione
dell'inchiesta, introducendo improvvise insinuazioni sulla
correttezza delle dichiarazioni fiscali dell'attore ("e se
l'inchiesta non è come vuole il direttore Scalfari, con i
cento miliardi presi a De Benedetti che li ha portati via in
qualche modo in un clima di corruzione generale, di tangenti
che tutti conoscono, quell'uomo che dichiara quattrocento
milioni all'anno e paga delle tasse su quelli avendo cento
miliardi in banca, quell'uomo che dovrebbe fare un giornale
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democratico e oggettivo se riscontra in paese che Sgarbi
è amato, non pubblica l'articolo, censura") per poi concludere
il proprio intervento ribadendo il medesimo concetto (...
Eugenio Scalfari. Cento miliardi in banca con le tasse che
chissà chi le paga");
c) nella seconda delle citate trasmissioni, il
convenuto esordisce con una critica al giornale diretto
dall'attore, ponendo in risalto i rapporti tra la stampa ed il
potere economico; e non v'è dubbio che un tale argomento si
presti a valutazioni di contenuto squisitamente politico;
peraltro, le dichiarazioni denunciate dall'attore si
inseriscono in una diversa e successiva fase delle
dissertazioni del convenuto, connessa al sequestro di un
immobile di proprietà dell'ex ministro Pomicino, evento
da cui il convenuto trae spunto per affermare "se dovevano
sequestrare, sequestrassero meglio i magistrati, andassero da
qualcuno che aveva almeno un Caravaggio, un vero Mattia Preti,
andassero sulla pista giusta. Se mi chiamano gli dico dove
andare. Conosco delle case, come quella di Eugenio Scalfari,
dove trovano dei quadri bellissimi e senza nessuno che li
abbia denunciati o pagato le tasse relative ai soldi che sono
serviti a comprare quei quadri ... Andate da Scalfari, che poi
c'è il problema dell'indagine per vedere quante tasse
paga";
ritenuto che in entrambi gli interventi televisivi
all'origine della seconda causa non risulti, invero,
ravvisabile alcun collegamento tra la qualità di parlamentare
propria dell'on. Sgarbi e le suddette dichiarazioni, sia
perché espresse nell'esplicazione della "propria attività di
attore/conduttore/ entertainer " (secondo la formulazione
del contratto intercorso tra i convenuti), nell'ambito di un
rapporto di lavoro e nel contesto di una trasmissione di mero
intrattenimento nella quale il convenuto è solito affrontare
gli argomenti più svariati, sia perché esse sembrano
riflettere esclusivamente un intendimento polemico di
carattere personale, che nel primo caso risulta, addirittura,
legato a motivazioni assolutamente individuali (la polemica
sulla mancata pubblicazione del sondaggio riguardante il
convenuto), e che, nel secondo caso, si evidenzia anche nella
palese tortuosità del percorso logico seguito dal conduttore
della trasmissione per arrivare a parlare dell'attore;
ritenuta, pertanto, la non manifesta infondatezza della
questione relativa all'applicabilità della predetta norma in
ordine ai fatti di cui al primo atto di citazione (causa
iscritta al n. 49150 del ruolo generale per gli affari
contenziosi civili dell'anno 1993);
ritenuta, invece, la manifesta infondatezza della
questione relativa all'applicabilità dell'articolo 68 della
Costituzione in ordine ai fatti di cui alla causa n. 56864 del
ruolo generale per gli affari contenziosi civili dell'anno
1993;
ritenuto, pertanto, che, previa separazione delle due
cause riunite, ai sensi dell'articolo 279, n. 5), c.p.c. e
dell'articolo 3 del decreto-legge 165 del 1995, si debba, in
ordine alla causa n 49150, emettere il provvedimento di
sospensione previsto dalla predetta disposizione,
pronunciando, invece, nel merito, con separata sentenza, in
relazione
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alla causa n. 56864, con la correlativa adozione del
provvedimento di comunicazione alla Camera di appartenenza del
convenuto;
P.Q.M.
visti gli articoli 3, 2^ comma, e 5 del decreto-legge 12
maggio 1995, n. 165, 279, 2^ comma, n. 5), 295 e 297
c.p.c.,
dispone:
a) la separazione delle menzionate cause;
b) la trasmissione a cura della Cancelleria alla
Camera dei Deputati degli atti relativi alla causa n
49150/1993, perché deliberi se il fatto per cui è in corso il
procedimento concerna o meno opinioni espresse o voti dati da
un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni;
c) la sospensione del predetto giudizio, fissando
per la prosecuzione dello stesso l'udienza collegiale del 5
aprile 1996;
d) la trasmissione a cura della Cancelleria alla
Camera dei Deputati di copia della presente ordinanza.
Roma, 14 luglio 1995.
Il Presidente
Alberto Bucci
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| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
(Relatore: VALTER BIELLI)
sulla
RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO CIVILE
nei confronti del deputato
SGARBI
TRASMESSA DAL TRIBUNALE DI ROMA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 23 ottobre 1995
Presentata alla Presidenza il 20 settembre 1996
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Onorevoli Colleghi! - La vicenda su cui è chiamata ad
esprimersi l'Assemblea riguarda un procedimento civile nei
confronti dell'onorevole Sgarbi proposto da Eugenio Scalfari,
allora direttore del quotidiano La Repubblica.
E' opportuno far osservare che l'ordinanza trasmessa dal
tribunale civile di Roma fa riferimento a due procedimenti
separati, a suo tempo riuniti, e che proprio l'ordinanza in
questione ha separato ai sensi dell'articolo 279 n. 5 del
Codice di Procedura Civile.
Detta ordinanza sul primo procedimento (causa 49150/1993)
ha disposto l'invio degli atti alla Camera dei deputati perché
si esprima e pertanto deliberi se il fatto per il quale è in
corso il procedimento attenga o meno ad opinioni espresse da
un Parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni. Per quanto
attiene al secondo procedimento (causa n. 56864/1993) il
collegio ha ritenuto la manifesta infondatezza della questione
relativa all'applicabilità dell'articolo 68 della
Costituzione.
Pertanto il processo prosegue ed è stata data notizia alla
Camera di questa decisione perché questa, attraverso la Giunta
per le autorizzazioni a procedere eventualmente deliberasse di
richiedere gli atti del procedimento. La Giunta ha deliberato
di non richiedere gli atti.
Pertanto la relazione riguarda il procedimento
contrassegnato dal numero causa 49150/1993.
Il fatto attiene alle dichiarazioni dell'onorevole
Vittorio Sgarbi nei confronti del dottor Eugenio Scalfari,
definito come "ladro" e "servo". Dall'ordinanza trasmessaci,
le dichiarazioni del deputato Sgarbi nei confronti dell'ex
direttore di Repubblica, vengono ascritte a margine di un
ragionamento conseguente alla polemica innestatasi dopo il
voto della Camera sulla posizione giudiziaria di Craxi.
Questa argomentazione ha trovato qualche eco anche tra
coloro, che anche nella Giunta per le autorizzazioni a
procedere hanno sostenuto la tesi della insindacabilità, in
ragione del fatto che tali apprezzamenti critici - che io però
definisco ingiurie - erano stati pronunciati in un contesto in
cui alta era la tensione e lo scontro politico e nella quale
posizione assunta da Scalfari e dal suo giornale si collocava
quasi come un "soggetto politico" che interveniva su una
questione così delicata e importante. Pertanto gli
apprezzamenti rivolti dal deputato Sgarbi al giornalista
Scalfari, alla luce di una giurisprudenza "estensiva"
avrebbero dovuto far rientrare l'asserito illecito civile
nell'insindacabilità, nella copertura che assicura il primo
comma all'articolo 68 della Costituzione: pertanto
nell'esercizio delle sue funzioni.
In realtà a giudizio del relatore e della maggioranza
della Giunta per le autorizzazioni, non pare di poter
condividere tale interpretazione.
La Giunta e l'orientamento da essa espresso intende
salvaguardare e tutelare il parlamentare per tutte quelle
funzioni ed espressioni che possono attribuirsi all'esercizio
di funzioni parlamentari ma proprio la salvaguardia di questo
principio richiede di escludere assolutamente dall'ambito di
applicazione dell'articolo 68 della Costituzione espressioni e
termini che sono insulto gratuito e personale, che nulla ha a
che vedere con la funzione parlamentare.
Se così non fosse, cari colleghi, ci troveremmo nella
situazione per la quale un Parlamentare, con
"l'insindacabilità" in ogni sede, luogo e situazione potrebbe
insultare diffamare e offendere chiunque.
E nel caso in questione non regge il collegamento e il
riferimento tra la votazione alla Camera su una richiesta di
autorizzazione a procedere nei confronti dell'onorevole Craxi
e il fatto di aver apostrofato
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e ingiuriato il Signor Eugenio Scalfari definendolo
"ladro" e "servo".
La vicenda in esame per il relatore pare possa
rappresentare, indipendentemente dalle varie posizioni
politiche un segnale ed un paradigma utile del discrimine tra
sindacabilità e insindacabilità, su cui la Giunta dovrà
attestarsi.
Per questi motivi la Giunta propone all'Assemblea di
votare nel senso per cui i fatti per i quali è in corso il
Procedimento Civile di cui al doc. IV- ter n. 7 non
concernono opinioni espresse da un parlamentare nell'esercizio
delle sue funzioni.
Valter BIELLI, Relatore.
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