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Domande di autorizzazioni a procedere della XIII Legislatura

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28
DOC4T-0007
DOC IV ter n. 7 Legisl. XIII
23-10-95 [ DOC13-4TER-7 DO C134TER0007 13DOC4TER 00007 DOC13-4TER-7A 13DOC4TER 00007 A 000500032 DOC4TER 00007 000004T000700000101000521SI1 5 000101000312SI1 3 0000 00 00 ]
  RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
  AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
            NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE
                  nei confronti del deputato
                            SGARBI
               TRASMESSA DAL TRIBUNALE DI ROMA
           E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
                      il 23 ottobre 1995
  (mantenuta all'ordine del giorno dalla precedente
                         legislatura)
 
                              Pag.2
 
                 IL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA
                          Sezione I
  così composto:
      dottor Alberto BUCCI,  presidente; 
      dottoressa Marina ATTENNI,  giudice; 
      dottor Massimo CRESCENZI,  giudice relatore.
  ha pronunciato la seguente
                          ORDINANZA
  nelle cause civili riunite di primo grado iscritte ai n.
  49150 e 56864 del ruolo generale degli affari contenziosi
  civili dell'anno 1993, poste in deliberazione all'udienza
  collegiale del 7 luglio 1995 e vertenti
                             TRA
  Eugenio SCALFARI
       domiciliato elettivamente in Roma, piazza delle Muse 8,
  presso lo studio dei proc. avv. Alessandro Pace e Giovanni Le
  Pera, che lo rappresentano e difendono per procure speciali a
  margine degli atti di citazione
                                                        ATTORE
 
  Vittorio SGARBI
  domiciliato elettivamente in Roma, piazza Bainsizza n. 1,
  presso lo studio del proc. avv. Mauro Mellini, che lo
  rappresenta e difende per procura speciale in data 20 giugno
  1995
                           NONCHE'
  RTI - Reti Televisive Italiane -s.p.a.
  con sede, in Roma, in persona del legale rappresentante,
  domiciliata elettivamente in Roma, v.le Angelico n. 92, presso
  lo studio del proc. avv. Romano Vaccarella, che la rappresenta
  e difende per procura speciale a margine della comparsa di
  costituzione, unitamente agli avvocati Vittorio Dotti e Fulvio
  Morese
                          CONVENUTI
  Il Tribunale,
      premesso che:
        a)  con citazione notificata il 16 ed il 21 giugno
  1993, l'attore ha esposto che, il giorno 4 maggio 1993, nel
  corso della trasmissione "Sgarbi quotidiani", messa in onda
  sul  network  televisivo "Canale 5" di cui è titolare la
  società convenuta, il convenuto on. Sgarbi aveva
 
                              Pag.3
 
  usato espressioni gravemente ingiuriose nei confronti di esso
  attore, qualificandolo come "ladro" e "servo" ed ha chiesto la
  condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento dei
  danni;
        b)  con successivo atto di citazione, notificato
  il 13 ed il 17 luglio dello stesso anno, 1'attore ha dedotto
  che, nelle trasmissioni andate in onda il 18 ed il 23 giugno
  dello strsso anno, il convenuto lo aveva falsamente e
  ripetutamente accusato di evasione fiscale, nonché di aver
  "cacciato" dal giornale "La Repubblica" il critico televisivo
  Beniamino Placido perché aveva "osato parlare bene" del
  convenuto stesso;
        c)  in relazione ad entrambi i fatti all'origine
  delle due cause riunite la difesa del convenuto ha sostenuto
  l'applicabilità dell'articolo 68 della Costituzione;
      considerato che:
        a)  relativamente alle dichiarazioni espresse
  nella prima delle citate trasmissioni (oggetto della causa
  introdotta con il primo atto di citazione), si deve porre in
  rilievo che le stesse risultano formulate a margine di un
  discorso complessivamente ed evidentemente incentrato sulla
  polemica conseguente al voto della Camera sulla posizione
  giudiziaria di Craxi e sul modo di rapportarsi del giornale
  diretto dall'attore in relazione a tale voto; appare quindi
  fondato ritenere che le predette dichiarazioni rispondano a
  finalità politiche proprie dell'autore di esse e si
  riconnettano in una qualche misura all'attività del
  Parlamento, talché deve escludersi che possa pronunciarsi la
  manifesta infondatezza della questione relativa
  all'applicabilità dell'articolo 68 della Costituzione,
  restando preclusa al giudice ogni ulteriore e più specifica
  valutazione circa l'effettiva correlazione tra le predette
  dichiarazioni ed il mandato parlamentare;
        b)  di contro, negli interventi trasmessi nei
  giorni 18 e 23 giugno 1993 le dichiarazioni lesive
  dell'onorabilità dell'attore appaiono prescindere da qualsiasi
  discorso di carattere genericamente politico; nella prima
  delle predette occasioni il convenuto, dopo un'ampia
  dissertazione su aspetti architettonici, artistici e
  culturali, ha inteso soffermarsi, in termini elogiativi, su un
  giornale locale e, in particolare, su di un sondaggio
  realizzato e pubblicato da alcuni giornali nazionali e
  riguardante esso convenuto, criticando il giornale diretto
  dall'attore per l'omessa pubblicazione dell'esito del
  sondaggio; in tale contesto, il convenuto ha ritenuto di
  accusare l'attore di una gestione dittatoriale e non
  democratica del giornale per aver "cacciato" il critico
  televisivo Beniamino Placido perché questi si era espresso in
  termini positivi nei confronti di esso convenuto ed ha poi
  aspramente polemizzato sulla mancata pubblicazione
  dell'inchiesta, introducendo improvvise insinuazioni sulla
  correttezza delle dichiarazioni fiscali dell'attore ("e se
  l'inchiesta non è come vuole il direttore Scalfari, con i
  cento miliardi presi a De Benedetti che li ha portati via in
  qualche modo in un clima di corruzione generale, di tangenti
  che tutti conoscono, quell'uomo che dichiara quattrocento
  milioni all'anno e paga delle tasse su quelli avendo cento
  miliardi in banca, quell'uomo che dovrebbe fare un giornale
 
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  democratico e oggettivo se riscontra in paese che Sgarbi
  è amato, non pubblica l'articolo, censura") per poi concludere
  il proprio intervento ribadendo il medesimo concetto (...
  Eugenio Scalfari.  Cento miliardi in banca con le tasse che
  chissà chi le paga");
       c)  nella seconda delle citate trasmissioni, il
  convenuto esordisce con una critica al giornale diretto
  dall'attore, ponendo in risalto i rapporti tra la stampa ed il
  potere economico; e non v'è dubbio che un tale argomento si
  presti a valutazioni di contenuto squisitamente politico;
  peraltro, le dichiarazioni denunciate dall'attore si
  inseriscono in una diversa e successiva fase delle
  dissertazioni del convenuto, connessa al sequestro di un
  immobile di proprietà dell'ex ministro Pomicino, evento
  da cui il convenuto trae spunto per affermare "se dovevano
  sequestrare, sequestrassero meglio i magistrati, andassero da
  qualcuno che aveva almeno un Caravaggio, un vero Mattia Preti,
  andassero sulla pista giusta.  Se mi chiamano gli dico dove
  andare.  Conosco delle case, come quella di Eugenio Scalfari,
  dove trovano dei quadri bellissimi e senza nessuno che li
  abbia denunciati o pagato le tasse relative ai soldi che sono
  serviti a comprare quei quadri ...  Andate da Scalfari, che poi
  c'è il problema dell'indagine per vedere quante tasse
  paga";
      ritenuto che in entrambi gli interventi televisivi
  all'origine della seconda causa non risulti, invero,
  ravvisabile alcun collegamento tra la qualità di parlamentare
  propria dell'on.  Sgarbi e le suddette dichiarazioni, sia
  perché espresse nell'esplicazione della "propria attività di
  attore/conduttore/  entertainer  " (secondo la formulazione
  del contratto intercorso tra i convenuti), nell'ambito di un
  rapporto di lavoro e nel contesto di una trasmissione di mero
  intrattenimento nella quale il convenuto è solito affrontare
  gli argomenti più svariati, sia perché esse sembrano
  riflettere esclusivamente un intendimento polemico di
  carattere personale, che nel primo caso risulta, addirittura,
  legato a motivazioni assolutamente individuali (la polemica
  sulla mancata pubblicazione del sondaggio riguardante il
  convenuto), e che, nel secondo caso, si evidenzia anche nella
  palese tortuosità del percorso logico seguito dal conduttore
  della trasmissione per arrivare a parlare dell'attore;
      ritenuta, pertanto, la non manifesta infondatezza della
  questione relativa all'applicabilità della predetta norma in
  ordine ai fatti di cui al primo atto di citazione (causa
  iscritta al n. 49150 del ruolo generale per gli affari
  contenziosi civili dell'anno 1993);
      ritenuta, invece, la manifesta infondatezza della
  questione relativa all'applicabilità dell'articolo 68 della
  Costituzione in ordine ai fatti di cui alla causa n. 56864 del
  ruolo generale per gli affari contenziosi civili dell'anno
  1993;
      ritenuto, pertanto, che, previa separazione delle due
  cause riunite, ai sensi dell'articolo 279, n. 5), c.p.c. e
  dell'articolo 3 del decreto-legge 165 del 1995, si debba, in
  ordine alla causa n 49150, emettere il provvedimento di
  sospensione previsto dalla predetta disposizione,
  pronunciando, invece, nel merito, con separata sentenza, in
  relazione
 
                              Pag.5
 
  alla causa n. 56864, con la correlativa adozione del
  provvedimento di comunicazione alla Camera di appartenenza del
  convenuto;
                            P.Q.M.
      visti gli articoli 3, 2^ comma, e 5 del decreto-legge 12
  maggio 1995, n. 165, 279, 2^ comma, n. 5), 295 e 297
  c.p.c.,
                           dispone:
      a)  la separazione delle menzionate cause;
      b)  la trasmissione a cura della Cancelleria alla
  Camera dei Deputati degli atti relativi alla causa n
  49150/1993, perché deliberi se il fatto per cui è in corso il
  procedimento concerna o meno opinioni espresse o voti dati da
  un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni;
      c)  la sospensione del predetto giudizio, fissando
  per la prosecuzione dello stesso l'udienza collegiale del 5
  aprile 1996;
      d)  la trasmissione a cura della Cancelleria alla
  Camera dei Deputati di copia della presente ordinanza.
      Roma, 14 luglio 1995.
                        Il Presidente
                        Alberto Bucci
 
                    RELAZIONE DELLA GIUNTA
        PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
                 (Relatore:  VALTER BIELLI)
                            sulla
  RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
  AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
            NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO CIVILE
                  nei confronti del deputato
                            SGARBI
               TRASMESSA DAL TRIBUNALE DI ROMA
           E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
                      il 23 ottobre 1995
       Presentata alla Presidenza il 20 settembre 1996
 
                              Pag.2
 
     Onorevoli Colleghi! - La vicenda su cui è chiamata ad
  esprimersi l'Assemblea riguarda un procedimento civile nei
  confronti dell'onorevole Sgarbi proposto da Eugenio Scalfari,
  allora direttore del quotidiano  La Repubblica.
     E' opportuno far osservare che l'ordinanza trasmessa dal
  tribunale civile di Roma fa riferimento a due procedimenti
  separati, a suo tempo riuniti, e che proprio l'ordinanza in
  questione ha separato ai sensi dell'articolo 279 n. 5 del
  Codice di Procedura Civile.
     Detta ordinanza sul primo procedimento (causa 49150/1993)
  ha disposto l'invio degli atti alla Camera dei deputati perché
  si esprima e pertanto deliberi se il fatto per il quale è in
  corso il procedimento attenga o meno ad opinioni espresse da
  un Parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni.  Per quanto
  attiene al secondo procedimento (causa n. 56864/1993) il
  collegio ha ritenuto la manifesta infondatezza della questione
  relativa all'applicabilità dell'articolo 68 della
  Costituzione.
     Pertanto il processo prosegue ed è stata data notizia alla
  Camera di questa decisione perché questa, attraverso la Giunta
  per le autorizzazioni a procedere eventualmente deliberasse di
  richiedere gli atti del procedimento.  La Giunta ha deliberato
  di non richiedere gli atti.
     Pertanto la relazione riguarda il procedimento
  contrassegnato dal numero causa 49150/1993.
     Il fatto attiene alle dichiarazioni dell'onorevole
  Vittorio Sgarbi nei confronti del dottor Eugenio Scalfari,
  definito come "ladro" e "servo".  Dall'ordinanza trasmessaci,
  le dichiarazioni del deputato Sgarbi nei confronti dell'ex
  direttore di Repubblica, vengono ascritte a margine di un
  ragionamento conseguente alla polemica innestatasi dopo il
  voto della Camera sulla posizione giudiziaria di Craxi.
     Questa argomentazione ha trovato qualche eco anche tra
  coloro, che anche nella Giunta per le autorizzazioni a
  procedere hanno sostenuto la tesi della insindacabilità, in
  ragione del fatto che tali apprezzamenti critici - che io però
  definisco ingiurie - erano stati pronunciati in un contesto in
  cui alta era la tensione e lo scontro politico e nella quale
  posizione assunta da Scalfari e dal suo giornale si collocava
  quasi come un "soggetto politico" che interveniva su una
  questione così delicata e importante.  Pertanto gli
  apprezzamenti rivolti dal deputato Sgarbi al giornalista
  Scalfari, alla luce di una giurisprudenza "estensiva"
  avrebbero dovuto far rientrare l'asserito illecito civile
  nell'insindacabilità, nella copertura che assicura il primo
  comma all'articolo 68 della Costituzione: pertanto
  nell'esercizio delle sue funzioni.
     In realtà a giudizio del relatore e della maggioranza
  della Giunta per le autorizzazioni, non pare di poter
  condividere tale interpretazione.
     La Giunta e l'orientamento da essa espresso intende
  salvaguardare e tutelare il parlamentare per tutte quelle
  funzioni ed espressioni che possono attribuirsi all'esercizio
  di funzioni parlamentari ma proprio la salvaguardia di questo
  principio richiede di escludere assolutamente dall'ambito di
  applicazione dell'articolo 68 della Costituzione espressioni e
  termini che sono insulto gratuito e personale, che nulla ha a
  che vedere con la funzione parlamentare.
     Se così non fosse, cari colleghi, ci troveremmo nella
  situazione per la quale un Parlamentare, con
  "l'insindacabilità" in ogni sede, luogo e situazione potrebbe
  insultare diffamare e offendere chiunque.
     E nel caso in questione non regge il collegamento e il
  riferimento tra la votazione alla Camera su una richiesta di
  autorizzazione a procedere nei confronti dell'onorevole Craxi
  e il fatto di aver apostrofato
 
                              Pag.3
 
  e ingiuriato il Signor Eugenio Scalfari definendolo
  "ladro" e "servo".
     La vicenda in esame per il relatore pare possa
  rappresentare, indipendentemente dalle varie posizioni
  politiche un segnale ed un paradigma utile del discrimine tra
  sindacabilità e insindacabilità, su cui la Giunta dovrà
  attestarsi.
     Per questi motivi la Giunta propone all'Assemblea di
  votare nel senso per cui i fatti per i quali è in corso il
  Procedimento Civile di cui al doc. IV-  ter  n. 7 non
  concernono opinioni espresse da un parlamentare nell'esercizio
  delle sue funzioni.
                                    Valter BIELLI,  Relatore.
 
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