| RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE
nei confronti del deputato
SGARBI
per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
penale - nei reati di cui agli articoli 81, capoverso, 595,
primo, secondo e terzo comma dello stesso codice, 30, primo,
quarto e quinto comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223, 13 e
21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione col mezzo
della stampa continuata e aggravata); per concorso - ai sensi
dell'articolo 110 del codice penale - nei reati di cui agli
articoli 81, capoverso, 595, primo, secondo e terzo comma
dello stesso codice, 30, primo, quarto e quinto comma, della
legge 6 agosto 1990, n. 223, 13 e 21 della legge 8 febbraio
1948, n. 47 (diffamazione col mezzo della stampa continuata e
aggravata).
TRASMESSA DAL TRIBUNALE DI BRESCIA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 3 maggio 1996
Pag.2
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BRESCIA
Ufficio del Giudice per le indagini preliminari
Proc. n. 2804/95 R.G.N.R. Proc. Rep. c/o Trib. Brescia
Proc. n. 299/96 R.G. G.I.P. Trib. Brescia
ORDINANZA DI RIGETTO DI ECCEZIONE E DI
CONTESTUALE TRASMISSIONE DEGLI ATTI ALLA CAMERA
DEI DEPUTATI DELLA REPUBBLICA ITALIANA
art. 2 comma IV decreto-legge 12 marzo 1996, n. 116
Il Giudice per le indagini preliminari dott. Giuseppe
Ondei,
letti gli atti del procedimento penale in epigrafe
indicato;
preso atto che il Pubblico Ministero ha chiesto il
rinvio a giudizio dell'on. Vittorio Sgarbi imputandolo:
1) del delitto previsto e punito dagli articoli 81
capoverso, del codice penale; 110, 595 comma I, II e III del
codice penale nonché articolo 30, commi I, IV e V della legge
n. 223 del 1990 in relazione agli articoli 13 e 21 della legge
8 febbraio 1948 n. 47 - fatti commessi in data 29 e 30
settembre 1995 nell'ambito della trasmissione televisiva
"Sgarbi Quotidiani", trasmessa dalla rete televisiva a
diffusione nazionale Canale 5, ai danni del sostituto
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano Dr.
Piercamillo Davigo;
2) del delitto previsto e punito dagli articoli 81
capoverso, del codice penale; 110, 595 comma I, II e III del
codice penale nonché dell'articolo 30, commi I, IV e V della
legge n. 223 del 1990 in relazione agli articoli 13 e 21 della
legge 8 febbraio 1948 n. 47 - fatti commessi in data 30 e 31
ottobre 1995 nell'ambito della trasmissione televisiva "Sgarbi
Quotidiani", trasmessa dalla rete televisiva a diffusione
nazionale Canale 5, ai danni del sostituto Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Milano Dr. Piercamillo
Davigo;
rilevato che, nelle more dell'udienza preliminare, il
difensore dell'on. Sgarbi ha depositato memoria scritta nella
quale sono state avanzate, tra le altre, le seguenti
preliminari eccezioni e/o istanze poi ribadite all'odierna
udienza:
a) applicazione al caso di specie - trattandosi
di attività divulgative connesse all'attività parlamentare pur
se svolte fuori dal Parlamento - dell'articolo 68, I comma,
della Costituzione e conseguente pronunzia per il disposto
dell'articolo 2 n. 3 decreto-legge 12 marzo 1996 n. 116 di
sentenza ex articolo 129 codice di procedura penale;
b) in subordine, trasmissione degli atti alla
Camera dei Deputati, ex articolo 2, comma IV, decreto-legge 12
marzo 1996 n. 116, e conseguente sospensione del processo,
rilevato, preliminarmente, che il parlamentare può, ex
articolo 68, I comma, della Costituzione, esprimere opinioni e
valutazioni anche critiche e con eventuale contenuto
diffamatorio "attorno a problemi che possono
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interessare la pubblica opinione" senza per ciò essere
chiamato a risponderne e che tale attività - secondo il
disposto dell'articolo 2 decreto-legge 12 marzo 1996 n. 116 -
può trovare esplicazione non solo nelle aule parlamentari ed
in atti tipicamente parlamentari ma anche in luoghi diversi
purché, in ogni caso, presenti una connessione con il mandato
parlamentare; che, del resto, lo stesso articolo 68, I comma,
della Costituzione - per l'attuazione del quale é stato
emanato il citato decreto-legge n. 116 del 1996 - correla
strettamente le opinioni espresse dal parlamentare alle
funzioni parlamentari stesse (in tal senso v. anche Corte
Cost. 16 dicembre 1993 n. 443); che tale normativa - la quale
introduce una forma speciale di "immunità" - trova
giustificazione nell'esigenza di tutela delle delicate e
importanti funzioni parlamentari e proprio per la sua
"specialità" è insuscettibile di applicazioni analogiche od
estensive che si pongano in contrasto sia con la dizione
dell'articolo 68, I comma, della Costituzione sia con la
"ratio" che ha presieduto alla introduzione della prerogativa
parlamentare inscrutinio, che, invece, laddove un parlamentare
abbia pronunziato espressioni diffamatorie a danno di terzi
non nell'esercizio delle funzioni parlamentari -
nell'accezione sopra descritta - devono ritenersi applicabili
allo stesso i medesimi limiti espressivi posti alla libertà di
opinione, giudizio e critica che fa capo agli altri cittadini,
che, infine, all'evidenza, proprio per la summenzionata cesura
tra svolgimento di attività parlamentare anche connesse e
svolgimento di altre attività non può certo ritenersi che
ilparlamentare abbia una sorta di irresponsabilità estesa ad
ogni forma di manifestazione diffamatoria del proprio pensiero
in qualunque occasione esternato;
preso atto che nel caso di specie l'on. Sgarbi ha
divulgato giudizi che presentano, quanto meno, un fumus
diffamatorio e una potenzialità offensiva nell'ambito di
una trasmissione televisiva alla quale lo stesso era presente
non come parlamentare ma come conduttore televisivo legato da
regolare rapporto contrattuale professionale con la SpA "Reti
televisive Italiane" sedente in Roma; che, pertanto, tali
espressioni vanno certamente ricollegate alla sua attività di
conduttore-opinionista per ciò retribuito e non a quella di
parlamentare; che, invero, proprio l'esplicito rapporto
professionale - sancito formalmente da un contratto - che
legava all'epoca dei fatti l'on. Sgarbi alle "Reti Televisive
Italiane" impedisce di qualificare l'attività televisiva
svolta dallo stesso come "comizio politico quotidiano" - sia
pur nella più ampia accezione - dovendosi più correttamente
definire tale attività come "svolgimento di prestazione
professionale retribuita"; che, infine, eventuali giudizi
"politici" espressi dal conduttore-opinionistaSgarbi
nell'adempimento di una prestazione contrattuale retribuita
non possono confluire nel concetto di attività parlamentari
divulgative connesse se non a pena di concedere
illegittimamente la facoltà ad un parlamentare di dire tutto
ciò che vuole in modo diffamatorio in qualunque occasione e
circostanza, facoltà, per vero, esclusa dallo stesso articolo
68 I Cost. come innanzi spiegato; che, infine, le conclusioni
cui è giunto questo Giudice sono già state ribadite in caso
analogo dalla Camera dei Deputati nella seduta del 14
settembre 1995 ove è stata concessa l'autorizzazione a
procedere proprio nei confronti dell'on.
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Sgarbi con riferimento ad affermazioni diffamatorie che lo
stesso avrebbe pronunziato nella trasmissione "Sgarbi
quotidiani" ai danni del Procuratore della Repubblica di
Palermo dr. Giancarlo Caselli;
ritenuto che alla luce di quanto sopra esposto non va
accolta l'eccezione concernente l'applicabilità dell'articolo
68, I comma, della Costituzione proposta dalla difesa dello
Sgarbi; che, quindi ex articolo 2 IV comma decreto-legge 12
marzo 1996 n. 116 deve disporsi la trasmissione di copia degli
atti alla Camera dei Deputati con conseguente sospensione del
processo fino alla deliberazione della Camera dei Deputati -
e, comunque, non oltre il termine di 120 giorni dalla
recezione degli atti da parte della predetta Camera - e rinvio
del processo all'udienza preliminare del 10 ottobre 1996 ore
10,00.
Per Questi Motivi
visti l'articolo 2 decreto-legge 12 marzo 1996 n. 116
RIGETTA
l'eccezione avanzata dalla difesa dell'on. Vittorio
Sgarbi concernente l'applicabilità dell'articolo 68 I comma
Cost. ai fatti per i quali si procede;
ORDINA
l'immediata trasmissione di copia degli atti del processo
alla Camera dei Deputati per le determinazioni di
competenza.
DICHIARA
la sospensione del processo sino alla deliberazione della
Camera dei Deputati e, comunque, per un periodo non superiore
a 120 giorni dalla recezione degli atti da parte della
predetta Camera.
RINVIA
il processo all'udienza del 10 ottobre 1996 ore 10,00
dandone avviso alle parti presenti.
MANDA
alla Cancelleria per quanto di competenza.
Brescia, lì giovedì 18 aprile 1996.
Il Giudice
Dott. Giuseppe Ondei
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| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
(Relatore: PARRELLI)
sulla
RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE
nei confronti del deputato
SGARBI
per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
penale - nei reati di cui agli articoli 81, capoverso, 595,
primo, secondo e terzo comma, dello stesso codice, 30, primo,
quarto e quinto comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223, 13 e
21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione col mezzo
della stampa continuata e aggravata); per concorso - ai sensi
dell'articolo 110 del codice penale - nei reati di cui agli
articoli 81, capoverso, 595, primo, secondo e terzo comma,
dello stesso codice, 30, primo, quarto e quinto comma, della
legge 6 agosto 1990, n. 223, 13 e 21 della legge 8 febbraio
1948, n. 47 (diffamazione col mezzo della stampa continuata e
aggravata)
TRASMESSA DAL TRIBUNALE DI BRESCIA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 3 maggio 1996
Presentata alla Presidenza il 3 ottobre 1996
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Onorevoli Colleghi! - Dagli atti risulta:
a) che l'onorevole Vittorio Sgarbi ha assunto
formale impegno, datato 1^ settembre 1995, di prestazione
d'opera con la Spa Reti televisive italiane quale
"conduttore- entertainer commentando ed esprimendo le
proprie opinioni su argomenti di attualità e su quanto
riportato dalla stampa in genere... - partecipando - alle
attività di produzione, registrazione, promozione e
diffusione...". Nelle corolle dell'accordo sono previsti una
serie di dettagliati obblighi dell'onorevole Sgarbi, così ad
esempio finanche quello di indossare "adeguato vestiario
moderno di sua proprietà a meno che la Rti non ritenga di
dover fornire eventuali abiti e relativi accessori che Sgarbi
dovrà restituire dopo l'uso". Il corrispettivo sinallagmatico
è stabilito in un compenso forfettario al lordo delle ritenute
di legge, previdenziali e al netto di IVA, oltre al rimborso
delle spese. La durata di siffatte intese copre l'arco
temporale dall'11 settembre 1995 al 20 settembre 1996;
b) che, nel territorio operativo delle intese
suddette televisivamente titolato Sgarbi quotidiani
nelle trasmissioni del 29 e 30 settembre 1995, replicate
nei giorni successivi, l'onorevole Sgarbi compariva mentre
veniva trasmesso in apertura di trasmissione anche un quadro
raffigurante due figure abbracciate, con fattezze di maiali,
rivestiti di toga, tocco e un grembiule sporco di sangue, con
una delle stesse figure che impugnava un coltello. Nel corso
di tale trasmissione quale conduttore televisivo, l'onorevole
Sgarbi chiamava in causa anche il dottor Piercamillo Davigo
con frasi e concetti che quest'ultimo riteneva lesivi della
propria reputazione; di conseguenza sporgeva formale querela
contro il medesimo onorevole Sgarbi e i soggetti che avevano
omesso i dovuti controlli;
c) che il pubblico ministero chiedeva rinvio a
giudizio dell'onorevole Vittorio Sgarbi imputandolo "del
delitto previsto e punito dagli articoli 81, capoverso, 110,
595, primo, secondo e terzo comma, del codice penale nonché
articolo 30, primo, quarto e quinto comma della legge n. 223
del 1990, in relazione agli articoli 13 e 21 della legge 8
febbraio 1948, n. 47, perché, con più azioni esecutive del
medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro,
rispettivamente Sgarbi Vittorio, Gori Giorgio in qualità di
persona delegata dal concessionario televisivo privato al
controllo della infradetta trasmissione televisiva,
nell'ambito di trasmissione televisiva a diffusione nazionale
denominata Sgarbi quotidiani, andata in onda il giorno
29 ottobre 1995, e riproposta in replica il 30 ottobre 1995,
sulla rete televisiva Canale 5, rendevano dichiarazioni
false e comunque gravemente offensive della reputazione del
dottor Piercamillo Davigo, sostituto procuratore della
Repubblica presso il tribunale di Milano, in particolare,
tenendo esposto alle proprie spalle un disegno raffigurante
due maiali vestiti da magistrati con coltello e con grembiule,
dichiarando - tra l'altro - testualmente quanto segue:
- ma adesso tocca a quelli che vengono ammirati,
ospitati nei musei, guardati come lo stile italiano ...la moda
è arte, Armani fa arte...
Non risulta che nessuno ambisca a scrivere libri su Romeo
Simi de Burgis, su Piercamillo Davigo e su altri illustri
magistrati che stanno cercando di dimostrare
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il lato criminale di Armani, Krizia, Ferrè... non grandi.
Corrotti.
Il processo oggi agli uomini che ho detto, dovunque
ammirati, da noi processati, viene fatto a Milano.
No, amici della mafia sarete voi, voi che usate sistemi
violenti contro le persone che hanno fatto e hanno detto cose
importanti. Bisogna dimostrare non che Armani, Krizia, Ferrè,
gli altri hanno pagato la finanza, quindi sono stati concussi.
Ma no! Che sono andati a cercare loro i finanzieri per
corromperli, che sono corrotti. Invece che pensare alle cose
che dovevano fare, bisogna immaginare Armari, Krizia, Ferrè,
Versace, Etro che andavano a cercare i finanzieri: vieni che
ti do i soldi io, ti corrompo io. No questo non è stato. Ma
questa è la tesi di Piercamillo Davigo.
Annunciavo ieri documenti importanti, che meriteranno
molta attenzione da parte vostra e da parte mia. Documenti che
dimostrano la complicità storica fra magistrati e magistrati,
che si proteggono e l'impunità che essi hanno garantito a se
stessi ed ai politici corrotti, in tal modo favorendo la
mafia. Questo ha fatto, e qui pubblicamente lo denuncia,
Piercamillo Davigo che oggi è pubblico ministero di un
processo in cui il giudice è Romeo Simi de Burgis.
Il presidente del tribunale avrà di fronte il pubblico
ministero che lo accusò di corruzione. E all'epoca, erano gli
anni ottanta, essendo giudici, amici della stessa casta,
decise di archiviare tutto.
Quando Davigo chiederà di condannare Armani, Krizia,
Ferrè, eccetera come potrà dirgli di no il giudice che fu
aiutato da lui.
(Trasmissione del 30 settembre 1995):
Romeo Simi de Burgis, di cui ieri parlavamo, fu
indagato per corruzione, per connivenze e complicità con la
mafia. Il suo accusatore era Piercamillo Davigo. Non è da
pensare che chi ha fatto l'accusa si convinca così rapidamente
che l'accusato è innocente da diventare amico e addirittura da
trovarsi in tribunale con lui come avviene adesso nei processi
Enimont e nei processi della moda, a essere pubblica accusa
con giudice, giudice quello che fu giudicato, quello che fu
accusato e la cui responsabilità deve rimanere ben ferma nella
mente di chi lo accusò allora essendo pubblico ministero
ovvero Davigo.
Questo singolare meccanismo di rapporti che oggi ribalta,
rimette la figura dell'accusato addirittura al posto di quella
di giudice, non può aver mutato l'animo di Davigo che in tempi
lontani evidentemente non aveva la forza di reagire al comune
andazzo che era quello di tentare di insabbiare, soprattutto
le cose che riguardavano magistrati...
Con l'aggravante dell'attribuzione di fatti
determinati.
In 29 e 30 settembre 1995 (foro della persona offesa).
Querele presentate il giorno 14 e 31 ottobre 1995;
il citato pubblico ministero imputava inoltre il
deputato Sgarbi, in concorso con il signor Giorgio Gori, "del
delitto previsto e punito dagli articoli 110 e 595, primo,
secondo e terzo comma, del codice penale, nonché articolo 30,
primo, quarto e quinto comma, della legge 6 agosto 1990, n.
223, nonché articoli 13 e 21 della legge 8 febbraio 1948, n.
47", perché, in concorso tra loro, offendevano l'onore e la
reputazione del dottor Piercamillo Davigo, sostituto
procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario di
Milano, nell'ambito di trasmissione televisiva a diffusione
nazionale denominata Sgarbi quotidiani, andata in onda
il giorno 30 ottobre 1995 (con replica nella notte tra il 30
ed il 31 ottobre 1995), sulla rete televisiva Canale 5,
accusando falsamente il magistrato di aver "insabbiato",
quale incaricato delle indagini contro il dottor Romeo Simi de
Burgis, tali indagini relative ad accuse di corruzione contro
quest'ultimo da parte del "pentito attendibile" Angelo
Epaminonda, archiviando il caso dopo essere stato a cena con
il Simi de Burgis medesimo, il quale, a sua volta, sarebbe
stato a cena con Angelo Epaminonda, nonché ed ancora accusando
il dottor Davigo di non aver adempiuto, in tal modo, ai propri
doveri, così intimandolo pubblicamente a provvedere alla
riapertura del processo
Pag.4
altrimenti lo avrebbe denunciato per "collusione con la mafia,
per concorso in associazione mafiosa", ammonimento,
quest'ultimo, correlato dal conduttore televisivo a precedenti
querele proposte contro di lui dal dottor Davigo nonostante la
"lampante verità" delle cose dette in trasmissione.
Commettendo il fatto lo Sgarbi quale conduttore della
trasmissione Sgarbi quotidiani, il Gori quale persona
delegata dal concessionario televisivo privato al controllo
della suddetta trasmissione, peraltro replicata nella medesima
giornata.
Con l'aggravante dell'attribuzione di fatti
determinati;
d) che, prima dell'udienza preliminare, il
difensore dell'onorevole Sgarbi depositava una memoria
difensiva nella quale, tra l'altro, invocava la tutela ex
articolo 68, primo comma, della Costituzione, chiedendo
pronuncia ai sensi dell'articolo 125 del codice di procedura
penale per il disposto dell'articolo 2, numero 3, del
decreto-legge 12 marzo 1996, n. 116 e, in subordine,
trasmissione degli atti alla Camera dei deputati a mente
dell'articolo 2, quarto comma, del decreto-legge n. 116 sopra
menzionato;
e) che il GIP del tribunale di Brescia, respinta
l'istanza principale, rimetteva gli atti alla Camera dei
deputati per le determinazioni di competenza;
f) che nella seduta del 3 ottobre 1996 la Giunta
per le autorizzazioni a procedere, dopo ampia e approfondita
discussione, riteneva che i fatti addebitati all'onorevole
Sgarbi non potessero godere della tutela costituzionale ex
articolo 68. Sorreggono tale convincimento le sintetiche
ragioni che seguono.
1. Il contesto giuridico e fattuale nel quale l'onorevole
Sgarbi ha pronunciato le frasi oggetto della querela, in una
con la natura e qualità della terminologia usata, è tale da
escludere l'operatività delle quarentigie invocate.
E' proprio la sinergia concorsuale di tale complesso
contesto che fonda siffatta convinzione. Si pensi, ad esempio,
al messaggio di certo non subliminale della raffigurazione che
si pone a titolazione muta, ma proprio perché tale più
eloquente e penetrante, dei due maiali, come dire, "togati" e
con le "attrezzature" e conseguenze di macellai. Si pensi al
prestigio e consapevolezza dell'onorevole Sgarbi, del quale
non si può non apprezzare la cultura e il dominio dei mezzi
espressivi e concettuali.
Si ponga, infine, mente al sapiente uso spettacolare:
della presunta complicità tra magistrato e magistrato per
scagliare l'accusa di "in tal modo favorendo la mafia " e
"...di insabbiare soprattutto le cose che riguardano i
magistrati", che trova il suo apice effettuale nella qualifica
di "corrotto", così assolutizzata con recisa e secca
affermazione.
2. Tutto questo induce a ritenere che non sempre e
comunque il deputato possa godere dell'immunità concessagli
dalla suprema legge statuale e dalle norme ordinarie
applicative, poiché l'essere onorevole deputato della
Repubblica comporta anche dei doveri ai quali non è dato
sottrarsi quando, come è del caso - ed è quel che più conta -
non si possa in alcuna maniera ricondurre l'attività e le
espressioni esplicative della stessa al mandato parlamentare
né in modo tipico e neppure atipico, intendendosi per queste
ultime quelle manifestazioni "divulgative" di cui al numero 3
dell'articolo 2 del decreto-legge reiterato col numero 466 del
6 settembre 1996, per quanto lata e permissiva possa esserne
la interpretazione.
Ennio PARRELLI, Relatore.
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